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Il processo di Napoli. Le tappe importanti
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Il processo di Napoli è stato seguito poco e male dai media, salvo poche eccezioni. Giornalisti e telecamere hanno invaso la piccola aula 216 solo dopo che il collegio difensivo di Luciano Moggi ha trovato le telefonate "scartate" e la cui esistenza era stata respinta da Narducci, ad ottobre 2008, come "Balle smentite dai fatti...", ma l'hanno abbandonata dopo poche udienze. Il nostro impegno è stato quello di colmare le lacune di chi dovrebbe fare informazione, e per farla viene pagato.
Abbiamo raccolto il lavoro prodotto in un sommario con audio, video, documenti e cronache delle udienze:
Ancora prima che il processo prendesse il via, dalla lettura attenta delle informative e dalle notizie in nostro possesso, abbiamo redatto le nostre analisi:
Scommessopoli - Primo atto
Scommessopoli - Secondo atto
I misteri delle informative
Chi ha ispirato le informative?
Il supertestimone ignorato
Calciopoli, perché Napoli
Calciopoli, la fuga di notizie
Calciopoli, un'indagine "debole"
Omissis
Farsopoli 2 - Le schede svizzere: tutte le incongruenze
Sim 'e Napule
Chi mente tra Nucini, Moratti e Tavaroli?
Intercettazioni di Calciopoli: forti dubbi di irregolarità
Due telefonate che aiutano a comprendere molto:
Baldini fa un discorso molto serio: il ribaltone
Moggi-Tosatti: il lato oscurato di Farsopoli
IL PROCESSO.
24 marzo 2009. E' la prima vera udienza, perché quella del 20 gennaio è stata una falsa partenza dovuta agli addetti alle notifiche. I giudici decidono di estromettere dal processo le parti civili ritenendo che "non sussistono danni diretti ed immediati".
21 aprile 2009. La stampa non dà nessuna rilevanza a quanto dice l'avvocato Prioreschi, che parla di "curiose anomalie" riscontrate in "un elenco di tutte le intercettazioni, 2.600 pagine, che riguarderebbero ben 171.000 telefonate". Prioreschi dice al giudice: "Ora, esaminando tutte le telefonate che abbiamo agli atti, noi ad esempio non troviamo queste telefonate di Moratti, e fanno riferimento anche ad alcune telefonate di Facchetti" (articolo sull'udienza). Auricchio e Narducci hanno avuto un anno di tempo per preparare una risposta, ma un anno dopo saranno impreparati. "Qualcosa può essere sfuggita".
Le udienze sono poco seguite anche da quei media che nel 2006 sgomitavano per un posto nella prima fila del plotone, dimostrando che quello che interessava loro ormai l'avevano ottenuto con la loro campagna mediatica nel 2006. Lo abbiamo evidenziato in chiave ironica con l'articolo "Giornalisti à la carte ".
6 maggio 2009. La tesi dell'avvocato Prioreschi sulla non utilizzabilità delle intercettazioni trova nel pm Beatrice un fiero oppositore che, però, va in difficoltà quando il giudice chiede chiarimenti sul "sistema base". L'avvocato Messeri, legale di Bertini, evidenzia che, secondo lo studio delle sim straniere fatto dagli investigatori, Bertini starebbe prima ad Arezzo e 10 minuti dopo a Milano.
19 maggio 2009. Depongono i primi testimoni, Romeo Paparesta e Armando Carbone, ma l'articolo di Maurizio Galdi sulla Gazzetta è un aperitivo della ricusazione del giudice Casoria che i pm chiederanno cinque mesi dopo.
Leggi l'articolo: Dalla mezza verità di Galdi alla ricusazione della Casoria.
Continua la sfilata dei testimoni dell'accusa e nessuno fornisce una prova inconfutabile. Tante "sensazioni", "impressioni", "si dice", come quelli ammessi da Gazzoni Frascara, che aveva "graffiato l'immagine di Facchetti", come piace dire al direttore rosa Andrea Monti, tirandolo in ballo per la storia della falsa fidejussione a favore della Reggina. Nel sommario trovate anche un riassunto delle loro deposizioni ("Farsopoli, i testi dell'accusa").
26 giugno 2009. Depone Danilo Nucini, che da arbitro in attività aveva contatti fitti con Facchetti, ne era il confidente, e che viene presentato dai media come "quinta colonna" interista all’interno della CAN e teste "rilevante" dell'accusa. La sua deposizione è piena di contraddizioni (leggi l'articolo), si descrive come vessato dai designatori ma le telefonate che saranno "ritrovate" e fatte trascrivere dicono altro, come ulteriori dubbi nascono da quanto la stampa riporterà sulla deposizione spontanea di Facchetti Jr.
Il teste Nucini ha detto tutta la verità?
Chi mente e chi è attendibile?
11 luglio 2009. La Cassazione riammette le parti civili. Tornano nel processo il Brescia, l'Atalanta, le curatele fallimentari di Bologna e Salernitana, la FIGC, la RAI, l'Avvocatura dello Stato e la Federconsumatori campana. La Juventus, la Fiorentina e la Lazio erano state già citate per la richiesta danni come "responsabili civili".
21 ottobre 2009. Ricusata la Casoria. Il Procuratore capo di Napoli, Giandomenico Lepore, ha assecondato la richiesta dei pm e firmato l'istanza di ricusazione del giudice Casoria, perché il suo atteggiamento e certe frasi sono "un'anticipazione di giudizio".
7 novembre 2009. Depone Manfredi Martino e, dopo tante contraddizioni evidenziate dalle difese, parla di un colpo di tosse di Bergamo al momento del sorteggio. Alla Gazzetta passa la "nausea per il penale", quel colpo di tosse piace, si sveglia dal torpore e riporta "Calciopoli" ed i sorteggi truccati in prima pagina, con grande enfasi. Quello che segue a quei titoli, come la replica dell'USSI, potete leggerlo in "Il processo secondo Galdi/1".
10 novembre 2009. Inizia la sfilata, come testi dell'accusa, degli uomini della superdecantata "squadra Off-side" che, agli ordini di Auricchio, ha curato la fase investigativa. Clicca per leggere una breve analisi de "Le deposizioni degli investigatori".
4 dicembre 2009. L'Inter non interessava. Depone l'ex assistente Rosario Coppola e riferisce della sua deposizione spontanea del 2006, delle dichiarazioni che aveva iniziato a fare sulle pressioni ricevute affinché cambiasse un referto sul giocatore Cordoba dell'Inter, e della risposta ricevuta dagli investigatori: "A noi non risulta che l'Inter facesse pressioni, non abbiamo registrazioni... Non è un argomento di discussione perché non ci interessa". Coppola ricorda anche: "Sulla stessa partita, per esempio, nell'intervallo io ho avuto la visita del presidente Facchetti negli spogliatoi, sempre sullo stesso argomento".
8 gennaio 2010. Rigettata la ricusazione. La settima sezione della Corte di Appello di Napoli ha dichiarato inammissibile, e bocciata anche nel merito, l’istanza di ricusazione presentata dalla Procura nei confronti di Teresa Casoria.
9 gennaio 2010. - Dopo le fanfare mediatiche della docufiction è l'ora del vero Auricchio, ed è interessante capire come abbia svolto le indagini, come abbia costruito questa cupola, visto che quella edificata per la GEA è miseramente crollata. Nelle prime due udienze Auricchio appare preparato, risponde alle domande del pm e sono duetti in scioltezza. Quando iniziano le domande delle difese le cose cambiano, si moltiplicano i "Non ricordo" di Auricchio, tanto che l'avvocato Prioreschi lo evidenzia: "Alle domande del pm ha risposto punto e virgola, poi a noi dice che non ricorda".
23 marzo 2010. E' il turno dell'avvocato Prioreschi nel controesame del teste Auricchio. E' l'udienza clou del processo. Prioreschi chiede perché nelle informative non siano riportate telefonate dell'Inter, pur essendovene tracce nelle intercettazioni con progressivo 15.237 e 5033 (foto: le due pagine delle informative). Auricchio annaspa ed il pm Narducci gli va in soccorso "Qualcosa può essere sfuggita". Per Auricchio il Milan non ha televisioni.
Beccantini scrive nell'articolo "Qualcosa sarà sfuggito. Appunto": "... al processo di Napoli il tenente colonnello Attilio Auricchio sta facendo di tutto, con tutti, per passare alla storia. [...] «Non lo so, non so dare spiegazioni», brontola Auricchio, e «Qualcosa sarà sfuggito» aggiunge il pm Narducci quando l’avvocato Prioreschi incalza il teste... [...] Auricchio è stato sentito il 16 e il 23 marzo. Fra un’udienza e l’altra, temo che non si sia nemmeno preparato. Fingere di non sapere che davanti e dietro al Milan c’è Mediaset, cioè Silvio Berlusconi, appartiene alla volontà di buttare tutto in vacca. E poi la memoria ballerina su Antonelli & Baldini, non proprio il massimo della coerenza professionale (se non, addirittura, etica). [...] Non ricordo un teste così contro l’accusa come colui che, dell’accusa, avrebbe dovuto essere il caposaldo".
Aprile di fuoco. Dopo quell'udienza, a partire dal primo aprile, le intercettazioni "scartate" vengono diffuse dai media. "Piaccia o non piaccia" c'erano, non come aveva garantito il pm Narducci. La Procura reagisce solo con "voci della Procura" che vengono "captate" da qualche "giornalista nei corridoi della Procura" (Verdelli cit.). Piccioni capta e riferisce: "Poche, lapidarie frasi raccolte a Napoli: «Si tratta di un'opera di disinformazione allo stato puro. Il reato non è parlare al telefono, il reato è quando si stipulano accordi illeciti. Le vittime non possono essere trasformate in autori del reato. Alcune delle persone citate nelle telefonate sono parti lese»" (03-04-2010). Certe telefonate, però, generano smottamenti anche nei palazzi dei sostenitori: Palombo parla di "Buchi nell'inchiesta di Auricchio" e scrive che quelle telefonate non riportate sono "un'omissione che oggi per Auricchio diventa un boomerang", mentre per il direttore rosa Andrea Monti: "Al lume dei fatti, l'inchiesta del colonnello Auricchio non è il granitico totem su cui Guido Rossi credette di poter rifondare l'etica sportiva di questo Paese".
La Procura accusa, la difesa replica. Maurizio Galdi informa: "Ma ora sono carabinieri e pm a diffondere i testi delle telefonate dell'inchiesta, per dimostrare che in realtà le «scoperte» del super perito Nicola Penta non sono tali, e soprattutto che nell'istruttoria guidata dal colonnello Attilio Auricchio non ci fu nessun trattamento di favore per l'Inter. [...] Secondo gli inquirenti, contatti già studiati. Tanto che vengono diffusi i testi di due conversazioni designatore-presidente interista". Prioreschi non ci sta e rimanda la palla nel campo avverso: "Le nuove intercettazioni scoperte non figurano in nessuna informativa. Le telefonate a cui fanno riferimento gli inquirenti sono quelle della procura di Torino, regolarmente trascritte e note da anni. Calciopoli doveva ancora cominciare. Questa è disinformazione allo stato puro". Quelle telefonate furono riportate da La Stampa, Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport nel 2006 (nostre news). C'è bisogno di una controffensiva, anche mediatica, e Galdi/Piccioni informano che "la controffensiva è pronta... Contropiede della Procura. Le telefonate di rimbalzo".
13 aprile 2010. La difesa di Luciano Moggi chiede l'acquisizione di 74 intercettazioni scartate dagli investigatori. Il giudice Casoria durante il dibattimento dice: "Mi sembrano rilevanti". E' l'udienza nella quale l'avvocato Trofino fa ammettere ad Auricchio che a cena da Bergamo, a Collesalvetti, c'è andato anche Facchetti. L'avvocato legge anche l'intercettazione Facchetti-Bergamo e chiede ad Auricchio perché non l'abbiano trascritta. La risposta è sconcertante: "Perché non è stata valutata investigativamente utile" (video della dichiarazione). La stampa, di fatto, riduce quell'udienza alla disputa su chi dice "Collina" tra Bergamo e Facchetti, ignorando quanto Facchetti chiede il giorno prima a Mazzei. Noi scriviamo: "Metti Collina", il dito e la luna. I pm non si oppongono all'acquisizione delle nuove telefonate ed alla fine il pm Narducci rilascia una dichiarazione con la quale, in pratica, condivide la paternità del criterio di selezione delle intercettazioni con Auricchio, smentendosi rispetto al suo famoso "Piaccia o non piaccia..." (vedi il video). Nessuno dei giornalisti osa far notare che certe telefonate non sono lamentele ma ben altro.
Se qualcosa "esce dalla Procura" Galdi l'acchiappa e riferisce: "Dalla Procura esce anche una ricostruzione dei fatti. [...] E qual è per la Procura il ruolo dell'Inter? «Un gruppo di sfrantumati (disorganizzati, ndr)»".
La madre di tutte le griglie è di Facchetti
Calciopoli, Inter-Juventus 2004 senza sforbiciate
27 aprile 2010. L'avvocato Prioreschi chiede di contattare il service che ha lavorato per i Carabinieri nel 2004-2005 perché non si riescono ad aprire due Cd con alcune telefonate di Pairetto (avrà la chiave informatica dai CC solo a settembre, ndr). Il presidente Casoria impone che "tutte le telefonate devono essere depositate in cancelleria". Narducci replica che "nei faldoni ci sono tutti i cd rom e non solo una parte e che la difesa, sin dalla chiusura delle indagini preliminari, è stata in grado di accedere a tutte le intercettazioni. Così come le hanno avuto, in forma completa, i periti del tribunale, che hanno dovuto esaminarle tutte". Però anche due periti del tribunale su tre ebbero problemi con alcuni Cd. In chiusura d'udienza il pm Stefano Capuano annuncia: "Da domani nuovi atti investigativi sono a disposizione delle difese". Galdi garantisce "Documenti, pare di una certa rilevanza". Di cosa si tratta? Della deposizione di Gianfelice Facchetti che, dopo quattro anni dai fatti e solo dopo il ritrovamento delle telefonate nerazzurre, si era recato il 24 aprile a Napoli per rendere una deposizione spontanea, riferendo quanto appreso dal padre. Facchetti Jr consegna ai pm anche qualche foglio sparso con appunti del padre (solo uno specifico su Moggi) che la stampa ha battezzato "Il Memoriale di Facchetti".
Dal 4 al 6 maggio è scontro Procura-Difesa sui Cd con le intercettazioni. Galdi e Piccioni parlano de "Il mistero dei dvd. Da dove sono usciti?", chiedono "da dove sono usciti gli audio su cui consulenti e avvocati hanno lavorato giorno e notte per scovare le famose intercettazioni-bis?". "Le abbiamo prese in cancelleria, abbiamo i documenti e la ricevuta di pagamento" dice Penta, "Macché, nessuno le ha chieste da due anni e mezzo... Ora, questo dice la Procura, nessuno ha detto «le voglio»". Chi della Procura dice questo? Non si sa, sono senza nome le "voci della Procura".
11 maggio 2010. L'autorete di Narducci. L'avvocato Prioreschi chiede l'acquisizione di altre 43 telefonate ed il pm Narducci bacchetta le difese e precisa: "I cd-rom, al pari di qualsiasi documento, quindi parliamo di tre anni fa, erano chiaramente utilizzabili dalle difese". Pochi secondi dopo Narducci chiede al giudice. "Anche la Procura intende chiedere ulteriori trascrizioni, altre 78... una parte riguardano intercettazioni fatte da Torino, altra parte riguarda il periodo febbraio-maggio 2005". Le difese non si oppongono, ma Prioreschi fa notare: "Nulla quaestio sulle telefonate ma, se la difesa è imputata di ritardo, che dire del pm che le aveva con sé?". Eh sì, Narducci le aveva da cinque anni, non da tre.
1 giugno 2010. Sorteggi regolari. Iniziano a sfilare i testimoni delle difese. Angelo Pesciaroli, giornalista che partecipava ai sorteggi dice: "Per gli anni di esperienza non ho notato nulla di irregolare. Magari avessi fatto questo scoop almeno avrei avuto la possibilità di allungarmi la carriera". Il notaio Ioli che certificava i sorteggi a Roma, conferma che i sorteggi erano "regolari".
1 ottobre 2010. Baldini contro Moggi. E' il giorno in cui depongono Abete, che smonta le accuse sulle elezioni federali, e i giornalisti Riccardo Bianchi, Fulvio Bianchi e Nozzoli, i quali confermano che i sorteggi erano regolari. Depone anche Collina ma è, soprattutto, Baldini a calamitare l'attenzione. Baldini, uno degli storici accusatori di Moggi, era un teste dell'accusa cui i pm avevano rinunciato, ma è stato convocato dalla difesa di Moggi per il controesame. La sua deposizione è da leggere e ha un apice quando Baldini, riferito a Moggi, dice "Possiamo parlare di cosa è questo signore... questo è un uomo senza qualità, di nessuna qualità...". Per questa frase Baldini, il 7 dicembre 2010, viene querelato per "ingiurie".
12 ottobre 2010. Depone il notaio Tavassi, che certificava i sorteggi effettuati a Coverciano; ribadisce che i sorteggi "erano regolarissimi" e, alla domanda di Prioreschi se fosse mai stato sentito dai carabinieri, risponde: "NO, e mi sono anche meravigliato di questo". Anche per il giornalista Antonello Capone, all'epoca giornalista della Gazzetta e Presidente dell'USSI, i sorteggi erano regolari, anche lui non è mai stato interrogato dagli investigatori o dai pm. L'avvocato Gallinelli, legale di De Santis, produce un documento che prova come il suo cliente sia stato informato dell'indagine in data successiva a quella dichiarata da Auricchio e chiede al giudice "la trasmissione degli atti all'Ufficio del Pubblico Ministero per valutare l'eventuale falsità delle dichiarazioni del colonnello Auricchio con riferimento a questa specifica circostanza".
19 ottobre 2010. Una sfilata di testimoni smonta diverse accuse. Gamberini ammette che Nastase e Petruzzi, all'epoca suoi compagni, "venivano sanzionati con una certa frequenza". L'avvocato Gallinelli evidenzia che il Bologna era sceso in campo con ben sette diffidati; De Santis, per non ritrovarsi un capo d'imputazione per "ammonizioni dolose", poteva solo sperare che a far fallo da ammonizione fosse qualcuno dei quattro non diffidati!
26 ottobre 2010. Smontati i calcoli di Auricchio. La professoressa Beccacece, consulente della Fiorentina, smonta le ipotesi degli investigatori sul piano salva-Viola a proposito di Lecce-Parma. Paris, Failla, Giubilo e Maffei discolpano Scardina.
23 novembre 2010. De Falco smonta Di Laroni. L'udienza inizia con l'avvocato Prioreschi che fa mettere a verbale: "Noi abbiamo trovato nel CD dei brogliacci alcune telefonate tra Facchetti ed il designatore Pairetto che, poi, nei file audio non vengono... non siamo riusciti a... non ci sono, insomma, ecco" (un brogliaccio del quale manca l'audio). Moretti su Tuttosport del 28 dicembre aggiungerà che di Pairetto "non ci sono brogliacci e addirittura registrazioni (per un errore nei file, stando a quanto detto dai carabinieri) nel gennaio 2005. E sono stranamente sparite anche le chiamate dalle utenze fisse delle sedi di Parma e Bologna (anche verso il telefonino di De Santis)".
L'ingegner De Falco, consulente della difesa di Fabiani, evidenzia i limiti dell'attribuzione sim straniera/imputato fatta dal maresciallo Di Laroni. De Falco inoltre dichiara che anche le sim straniere sono "tutte totalmente intercettabili".
Sulle sim svizzere nessuno ha mai evidenziato una stranezza nell'indagine della quale parliamo nell'articolo:
Sim svizzere: la principale stranezza investigativa.
11 gennaio 2011. Nuovi interrogatori. Mentre kle difese hanno rinunciato ad ascoltare diversi testimoni compresi nelle loro liste, i pm continuano ad indagare e alla fine di dicembre hanno avvisato le difese che è stata effettuata "nuova attività di integrazione di indagine". Sono stati ascoltati come "persone informate sui fatti": Minotti, Zamparini, Corbelli, il giornalista Fabio Monti del Corriere della Sera; sono stati riascoltati Baraldi e Nucini che avevano già testimoniato in aula. I pm, però, non chiedono l'acquisizione di questo materiale e l'avvocato Gallinelli sottolinea: "Sono indagini ombra delle quali non abbiamo notizia, così come non ne abbiamo dell’interrogatorio di Gianfelice Facchetti". Il Presidente Casoria risponde: "Fin quando il pm non fa richieste al tribunale, le sue indagini non ci riguardano. Non possiamo sollecitare. Sono indagini del pm che quando vorrà esporre le esporrà. Certo, prima o poi dovremo saperlo".
E' una udienza rilevante, perché la sentenza Telecom viene acquisita agli atti del processo, come altri atti presentati dall'avvocato Prioreschi. L'udienza ha in De Santis il dominatore, con una deposizione spontanea che smonta il lavoro investigativo degli uomini di Auricchio e l'accusa che lo riguarda. Deposizione spontanea anche di Cennicola: "La Juve omaggiava la terna con magliette, il Milan regalava borsone con materiale tecnico Adidas e orologio; dall’Inter ricevemmo abbigliamento e borsona della Nike, orologio e in tutte le gare un maglione di cashmere".
Testo della deposizione spontanea di De Santis
Nucini riascoltato dopo la deposizione di Facchetti Jr?
Nucini versione 2.0, nuova verità e autosmentita
Nucini, sim sala bim
Tavaroli mette KO Nucini. Sveglia!
22 febbraio 2011. L'udienza del 25 gennaio, praticamente, non si svolge perché il l perito trascrittore, Porto, chiede un ulteriore mese di tempo per le trascrizioni. Il 22 febbraio sia il perito che il pm Narucci tirano nuovamente il freno a mano sul processo: il perito Porto non consegna tutte le trascrizioni delle intercettazioni per le quali era stata concessa l'acquisizione, ed il pm Narducci chiede, quando la fase dibattimentale volgeva al termine e dopo che già da almeno due mesi si aveva notizia di una "ulteriore indagine investigativa", di poter ascoltare come testimoni Gianfelice Facchetti sul "Memoriale del padre", nuovamente Danilo Nucini, Fabio Monti giornalista del Corriere della Sera ed amico di Facchetti, Maurizio Zamparini, Corbelli, Baraldi, Lorenzo Minotti, il maresciallo Ziino, il signor Bresciani. A voler andare in fretta verso la fine del processo sono solo il giudice Casoria e le difese.
1 marzo 2011. Assenti Gianfelice Facchetti, Nucini, Zamparini ed il pm Narducci. Baraldi, Minotti e Corbelli non sono autori di deposizioni "rilevanti" come, invece, era stato annunciato da Narducci, mentre il maresciallo Ziino spiega l'iter investigativo compiuto come accertamento su dei numeri di telefono ritornati alla memoria di Nucini. Singolare che uno di questi numeri, che Nucini dice essergli stati dati da Fabiani durante l'incontro all'eroporto di Lamezia Terme, risulti non assegnato ad alcun utente in quel periodo. Nella sua deposizione il giornalista Fabio Monti dice al pm Capuano che Facchetti "Di Nucini non aveva parlato in particolare, mi pare che lui su Nucini avesse un'idea un po'... non riusciva a decifrare bene il personaggio", poi, a Prioreschi che gli ha chiesto "Quindi Facchetti Le disse che Nucini faceva parte della cupola?", Monti risponde: "Confermo tutto quello che è stato detto". Per Fabio Monti l'ex arbitro Nucini faceva parte della cupola. L'udienza è caratterizzata per lo sdegno manifestato da Paolo Bergamo durante la deposizione di Monti: "Ma sono considerazioni.... Ma facciamo le cose serie... Ha ragione mi mandi via che è meglio", con la Casoria che lo allontana e Bergamo che abbandona l'aula dicendo ad alta voce "Non è una cosa seria!".
2 marzo 2011. Il giorno dopo la sua assenza in aula, Narducci, con Capuano ed il procuratore capo Giandomenico Lepore, firma la seconda istanza di ricusazione per il giudice Casoria, che deve comparire davanti al CSM l'8 aprile per difendersi da un procedimento disciplinare. Vale la pena rileggere i seguenti articoli:
La ricusazione bis frena la Casoria e la giustizia
I panni del tribunale di Napoli messi in piazza con la ricusazione
Un buffetto alla Casoria ma la notizia è un'altra
L'incredula Casoria: perché mi dovevo astenere?
15 marzo 2011. Lo show di Nucini. C'è Zamparini, ci sono, soprattutto, Facchetti Jr e Nucini, c'è di nuovo Narducci. Non acquisito agli atti del dibattimento il così detto "Memoriale" di Facchetti, il cui valore probatorio è stato ritenuto "molto molto scarso", oltre a non essere garantita l'effettiva autenticità. Gianfelice conferma che avrebbe saputo dal padre che Nucini faceva parte dell'organizzazione e che in una partita del Messina "aveva fatto qualcosa di irregolare". Nucini, nervoso, tira in ballo Marconi e Garibaldi e la Casoria lo ammonisce: "Nucini, Lei si sta squalificando come teste". L'ex arbitro è protagonista, come era previsto, di molte contraddizioni emerse dalle tante versioni dei fatti fornite, ed il Presidente Casoria deve ammonirlo più volte. Nucini conferma i tanti colloqui di lavoro con diverse banche (anche con quella di Paolillo) che gli avrebbe procurato Facchetti per trovargli un posto quando era ancora in attività.
3 maggio 2011. Ritorno al passato. Narducci inizia la sua requisitoria che dura per tre udienze, fino al 24 maggio, parlando per complessive 18 ore, suo primato, come dichiarerà fiero a Galdi e Piccioni a settembre 2011: "Ho battuto il mio record personale con oltre diciotto ore di requisitoria". La requisitoria non si smuove di un millimetro dalla visione del 2006, nonostante i nuovi scenari aperti dalle intercettazioni "sfuggite", alcune delle quali a discolpa degli imputati per fatti oggetto di capi di imputazione.
31 maggio 2011. Richieste le pene. La requisitoria che doveva durare tre udienze si protrae e la quarta giornata vede come protagonista il giovane pm Capuano, che ci fa un riassunto delle informative redatte da Auricchio. Al termine vengono richieste le pene per gli imputati e, dopo averli tenuti sulla graticola per cinque anni, i pm chiedono l'assoluzione per Ceniccola, Gemignani, e per l'assistente Ambrosino, prima ritenuto associato e possessore di un sim "riservata, svizzera". Motivazioni del ripensamento? Non è dato sapere. Per tutti gli altri imputati pene richieste da minimo un anno (per Rodomonti e Titomanlio) fino a 5 anni ed 8 mesi per Luciano Moggi.
21 giugno 2011. La Juve si è difesa. Dopo che nelle udienze precedenti avevano parlato le parti civili, tocca all'avvocato Vitiello prendere la parola per la "responsabile civile" Juventus FC e, finalmente, la società di corso Galfer dà segni di presenza e di volersi difendere sul serio dalle accuse. Durante l'udienza si registra una deposizione spontanea di Luciano Moggi.
12 luglio 2011. Fiorentina e De Santis si difendono attaccando le indagini. E' il giorno delle arringhe dei legali dei Della Valle e di De Santis. Soprattutto i legali della Fiorentina esprimono giudizi molto duri sull'indagine, come se ne avessero scoperto dei lati fino ad allora oscuri. Nella pausa si diffonde nell'aula la notizia di un "pentito".
19 luglio 2011. Altri attacchi all'indagine. Gli attacchi al metodo utilizzato durante le indagini prosegue durante le arringhe degli avvocati di Pairetto, Bertini, Titomanlio e Mazzei. E' l'ultima udienza prima della pausa estiva
Ermanno Pieroni: Moggi, basta il pensiero.
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Nei sette anni passati alla corte di Gaucci (1993-2000) dimostra le sue qualità di talent scout scoprendo giovani calciatori di buon livello, quali Grosso, Gattuso, Nakata, Materazzi.
Nel 2000 diventa presidente dell'Ancona Calcio Spa, conduzione che terrà fino al suo fallimento, a causa del quale, nell'agosto 2004, viene condannato per bancarotta fraudolenta ed inibito per cinque anni. Attualmente dichiara di essere consulente di alcune società di calcio. Piccola parentesi per notare ancora un caso di inibizione di facciata, davanti alla quale nessun custode della legalità si è stracciato le vesti, così come fatto ad esempio, di fronte all'ipotetica consulenza di Moggi al Bologna.
Pieroni si presenta il 15 dicembre 2009 come testimone dell'accusa nel Processo di Napoli. Il Pubblico Ministero intende dimostrare con la sua deposizione l’ennesimo ostracismo verso chi ha in qualche modo osteggiato la Triade.
Specificamente si sostiene che la causa delle disgrazie dell’ex ds perugino sia stato un maledetto, rato e non consumato contratto da DS stipulato nel 2000 con il Torino di Cimminelli. La storia racconta che l'ex presidente granata fu costretto a recedere pochi giorni dopo l'accordo a causa di “problemi ambientali”. In pratica avvenne che, quando la notizia dell’assunzione fu resa pubblica, i tifosi granata insorsero in quanto persona non gradita all’ambiente ed il dirigente preferì recedere. Purtroppo nel frattempo Pieroni aveva già rescisso il contratto con il Perugia ritrovandosi così di colpo disoccupato. Da notare che anche in questo caso, come per Zeman, il teorico ostracismo fa guadagnare alla vittima 650.000 euro.
Ma quello che racconta la storia, lo abbiamo già visto, è relativo secondo l'accusa, i rumors ambientali sono altrettanto importanti, anche se evidentemente irrazionali.
Vediamo quindi come Moggi sia riuscito ad ostacolare l’assunzione di un elemento presso una società sulla carta ostile alla Juventus, organizzando addirittura cortei di loro ultrà per raggiungere tale obiettivo.
Galeotta fu l’intervista e chi la scrisse.
Quasi tutta la deposizione ruota intorno ad una intervista rilasciata l’8 febbraio 2005 a Corrado Zunino, giornalista de La Repubblica, nella quale lo jesino rivela che, a suo dire, l'artefice delle sue disgrazie sportive e finanziarie è il dg juventino.
Intervista, epurata dagli usuali commenti di contorno, apparsa su La Repubblica l'8 febbraio 2005:
"Se devo ricostruire chi me l'ha fatta pagare, Moggi è in cima ai pensieri".
Lo scontro tra i due prende corpo il 14 maggio del 2000 quando il Perugia di Mazzone, in una domenica folle di diluvi e sospensioni, batte 1-0 la Juventus e le nega lo scudetto. La Juventus di Lippi e di Moggi (qui Zunino prende una cantonata, perché l'allenatore era Ancelotti e non Lippi ndr). Pieroni racconta: "Il martedì che precede la gara mi avvicina il presidente Gaucci, un uomo per cui ho lavorato tanto e che mi ha fatto ricco, un presidente generoso che viaggia con gioielli e tagli da 500 euro nei tasconi del Mercedes, ama fare regali lui. "Pieroni", mi dice Gaucci, "se contro la Juve non giochiamo alla morte e non vinciamo metterò in discussione il nostro rapporto, passato, presente, futuro". La Lazio non poteva perdere lo scudetto a Perugia per due anni di seguito. Avrei scoperto in seguito che Capitalia, già nel consiglio di amministrazione della Lazio, nel Duemila aveva già in pegno tutte le azioni del Perugia".
Domenica 14 maggio gli umbri si giocano tutto, nonostante siano già salvi, e una Juve senza gambe perde il campionato. "Moggi non me l'ha mai perdonato". Spiega Pieroni: "Il martedì raggiunsi Cimminelli nel suo ufficio di Borgaro Torinese, alla Ergom. Mi offrì un contratto di tre anni, tre miliardi netti. Firmai e in pochi giorni la stampa sportiva locale montò una dura campagna contro di me. Puntuale arrivò la contestazione degli ultrà: in settemila sotto la sede contro il sottoscritto. Credo siano stati aizzati. Una settimana e Cimminelli si fece vivo: "Pieroni, non se ne fa nulla - mi disse - qui c'è un'incompatibilità ambientale". Avevo un contratto firmato e la Lega di Franco Carraro fece finta di non sapere. Per riparare il danno il patron del Torino mi offrì 600 milioni, li avrei investiti sull'Ancona. Quello che ho sempre sospettato, e cioè l'intervento di Moggi sulla dirigenza granata come ritorsione per Perugia-Juventus, è diventato un elemento del processo in corso ad Ancona. L'avvocato Maglione, dirigente di calcio, lo ha dichiarato al pm: "Pieroni al Torino è stato bruciato da Moggi".
Effettivamente l'articolo sembra un duro attacco all'ultimo direttore generale juventino, ma durante la deposizione Pieroni cambia notevolmente i toni del suo discorso, anche se conferma in parte quanto scritto.
Conferma che i tifosi non gradivano la sua presenza, che l'episodio ha segnato in negativo la sua attività professionale, ma sottolinea che l’ipotesi di Moggi quale artefice della combutta ai suoi danni è un'idea dell’avvocato Maglione, presentata durante il processo dell’Ancona Calcio. Ripete spesso, come aveva già fatto a Zunino, che quanto afferma è agli atti del processo, ma onestamente questa frase oggi, a differenza di allora, assume un significato diverso, viene riferita da Pieroni non per dimostrare la veridicità di quanto afferma ma per rafforzare la sua dichiarazione, per confermare cioè che non è una sua convinzione che il DG juventino sia il responsabile di quanto avvenuto.
Questa supposizione è ovvia e sarebbe disonesto far trapelare l’opposto; d'altronde ritenere vera qualsiasi asserzione detta da un avvocato o da un teste durante un processo è obiettivamente assurdo, altrimenti dagli atti del processo su Calciopoli risulterebbe assolutamente vero, ad esempio, che Zeman è uno dei più grande allenatori del mondo, soltanto perché lo ha dichiarato lui stesso.
Il PM si sofferma molto su un incontro avvenuto a Perugia fra lui ed un giornalista Rai, Ignazio Scardina. Suppone che Scardina sia una delle pedine dello scacchiere moggiano inviato come messo al dissidente dal deus ex machina di tutte le vicende scabrose della storia del calcio. Durante l'esame tenta di far ammettere a Pieroni che tale incontro sia l'ennesima macchinazione per ricondurlo con ogni mezzo all’ovile.
L’azione dell’uomo Rai ha effettivamente tutti i connotati di un'ambasciata di stampo mafioso. Infatti il bravo ("un vecchio amico dai tempi del Perugia") si presenta all’appuntamento nel capoluogo umbro accompagnato da membri della famiglia (moglie e figlioletta), in una spedizione camuffata da normale gita familiare domenicale; si incontrano in un luogo losco e molto discreto: un bar. Durante il colloquio il teste viene dopato con speciali ritrovati chimici a base di teina o caffeina (talmente efficaci che lo stesso soggetto nemmeno ricorda la loro vera natura) e davanti alle sue preghiere, in cui confessa che a séguito delle sue vicende giudiziarie è stato spogliato di ogni avere, tanto da non avere nemmeno più un’auto per recarsi in ospedale per seguire una terapia, il cinico giornalista gli dice spietatamente che la mamma è molto rammaricata per le dichiarazioni apparse giorni prima sulla stampa e che dovrà aspettarsi una dolorosa ritorsione come riparazione allo sgarro. Infatti la punizione non si fa attendere: pochi giorni dopo Scardina lo richiama confermandogli che il boss ha deciso di completare la sua vendetta regalandogli una Panda, per permettergli di recarsi scomodamente in ospedale, lasciando ai sanitari il compito di completare l’opera.
Leggendo uno dei passaggi della deposizione, si nota che anche questa testimonianza si rivela come il solito buco nell'acqua (a cui chi segue questo processo è ormai abituato) per l'accusa; anzi, in questo caso è ancora peggio, sembra quasi il processo di beatificazione di alcuni imputati:
Avv. Bonzano (parte civile Rai): Io voglio sapere se [...] il signor Scardina lo chiama (Pieroni ndr) per dire che Moggi si lamenta di questo episodio, dopodiché gli dice: 'Non ti preoccupare che ti faccio avere dallo stesso Moggi una macchina'. Io francamente vorrei che mi si spiegasse come tutto questo si verifica.
Presidente Casoria: Ma l’ha descritto come un rapporto umano.
Pieroni: Bravissima! Presidente, mi scusi, io anche nell'intervista di Repubblica dico “emerge dagli atti del processo”, quindi nell'intervista è scritto.
[…]
Avv. Bonzano: Il signor Scardina Le presenta che il signor Moggi sarebbe rimasto dispiaciuto di questo Sua intervista che Lei avrebbe rilasciato?
Pieroni: Era rimasto dispiaciuto perché non era la verità, ed era molto rammaricato di questo ed aggiungo ora che lui con le mie disgrazie non c'entrava niente, mi disse queste parole.
Avv. Bonzano: Perfetto. In ragione del vostro rapporto personale, [...], il dottor Scardina Le offre disponibilità affinché Lei possa avere a disposizione un'autovettura con la quale recarsi presso i nosocomi nei quali era sottoposto a terapia, giusto?
Pieroni: Confermo.
Avv. Bonzano: E Le riferisce, così mi sembra di aver capito, che si sarebbe interessato presso il Moggi per farLe avere questa autovettura, o sbaglio?
Pieroni: Sì!
Avv. Bonzano: Qua mi si dice che Moggi si lamenta per le dichiarazioni e poi gli offre una macchina, a me sembra strana come spiegazione.
Pieroni: SIGNORI!! Ignazio Scardina è stata la prima ed unica persona che ha avuto a cuore i miei problemi, Le ripeto, se ricordo bene credo di avere anche scritto una lettera di ringraziamento all'epoca a Luciano Moggi perché mi era stata data questa macchina.
Gli accusatori devono essere vittime di qualche deviazione professionale che li spinge a vedere reati in qualsiasi azione di un inquisito, anche quando questa è palesemente portata a fin di bene: è inconcepibile, infatti, come un pubblico ministero possa portare come teste un soggetto che già in fase preliminare aveva deposto scagionando l’imputato, anzi si era detto riconoscente per un’azione solidale nei suoi confronti.
Infatti il teste ripete anche in aula la sua versione dei fatti: innanzitutto specifica che le dichiarazioni rilasciate nell’intervista a Zunino sono state fatte a caldo, preso dalla foga, quando le ferite per la vicenda giudiziaria erano ancora aperte e cercava capri espiatori per poter giustificare quanto accaduto, aggrappandosi così alla frase: “Pieroni al Torino è stato bruciato da Moggi”, cosa che, come lui stesso ha specificato, oggi non sottoscriverebbe.
Chiamo a mio cuggino.
Nella deposizione Pieroni racconta anche di una lite con i vertici GEA:
Pieroni: Eravamo a Milano in un momento in cui l'Ancona aveva delle difficoltà, quindi io, dall'alto anche di questo rapporto che c'era negli anni, quasi diffidai, più che invitai, mi pare che c'era Alessandro Moggi, c'era Zavaglia, c'era Tomei, il mio direttore sportivo, dissi: “Ragazzi, capisco che voi dovete fare tutti i vostri interessi però non mi toccate l'Ancona perché io nell' Ancona ho riversato 40 anni della mia vita”, guarda caso poi è successo che, avendo firmato con le mie garanzie personali, ho perso tutto quello che avevo, quindi dissi: “Cercate un attimino di rispettare l'Ancona perché, se qualcuno dovesse fare un danno, io dopo saprei a chi rivolgermi”.
Per il processo questo fatto non è assolutamente rilevante, ci sarebbe da notare, però, come lo stesso episodio venga descritto con maggiori particolari già da Zunino nel 2005:
"Nella primavera 2002 entrai in rotta di collisione con il figlio Alessandro sulla campagna acquisti. Io lavoravo per l'Ancona in serie B, Moggi junior procurava giocatori alla Ternana. "Se mi tocchi questa squadra", gli dissi, "ti porto dal pm Guariniello".
Se fosse vero quanto scritto su La Repubblica, potremmo addirittura supporre che la sua deposizione fatta a Guariniello sia frutto di una ritorsione, facendoci intendere che le indagini viziate non siano peculiarità solo di questo processo. Ma questa è una storia chiusa ed acclarata, meglio soprassedere.
Il baricentro della combriccola romana.
Torna anche in questa deposizione un riferimento alla famigerata combriccola romana. Neanche Pieroni, però, sembra fornire ulteriori indizi per svelare l'arcano, conferma senza mezzi termini, apparentemente seccato, che erano solo voci. Aggiunge solo una novità: a suo dire, l'artefice di questo pettegolezzo è Dal Cin, che ha già deposto in questo processo sostenendo anche lui che erano cose che si dicevano:
PM: Lei ne era a conoscenza (di una combriccola romana, ndr)?
Pieroni: Non ne ero a conoscenza, ne ho sentito parlare
...
PM: Da chi era composta?
Presidente Casoria: Ma, pubblico ministero, se si diceva, erano voci…
PM: Presidente, allora se è per questo io allora procedo a contestazione, Lei è stato sentito come persona informata sui fatti in data 29 maggio 2006, Lei dice “Nell'ambiente del calcio tutti sapevano e di conseguenza ne ero conoscenza anch'io”; Lei dice che ne era a conoscenza.
Pieroni: Certo, perché se ne parlava, Dottore, Le dico di più, che ci fu anche, se può essere utile alla causa, Franco Dal Cin, che all'epoca era presidente del Venezia, se non vado errato, che, dopo una partita giocata a Bari, fu lui a lanciare queste accuse, lo fece anche pubblicamente, ma ecco io… nell'ambiente si poteva anche sentir dire questa cosa, ma personalmente io, come ho detto ai Suoi colleghi precedenti, non ho un elemento che sia uno per poter dire che un arbitro o degli arbitri erano associati, che poi si dicesse nell'ambiente del calcio questo è un altro problema.
Presidente Casoria: Ma l’ha descritto come un rapporto umano.
Solo una considerazione su questa frase, sarà grazie alla sensibilità femminile, sarà l'assenza di scorie calcistiche che spesso offuscano i gesti nobili di un avversario, ma crediamo che la giudice Teresa Casoria, in questo caso, sembra la persona più lucida fra gli interlocutori. Capisce che in realtà dietro il regalo dell’auto non c’è alcun sotterfugio, è semplicemente il compassionevole gesto di un uomo, Moggi, verso una persona, un collega prima che avversario, una persona come lui, “fatta da sé”, solo più sfortunata e che il calcio, la sua passione, ha fagocitato.
Trascrizione integrale della deposizione di Pieroni in PDF.
Cellino: "Avessi avuto delle prove, avrei denunciato"
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- By inunmondoche
La deposizione di Massimo Cellino, presidente del Cagliari da circa 18 anni, era molto attesa per diverse ragioni: la prima, va da sé, è che Cellino si è fatto attendere, non presentandosi in tribunale per ben tre volte; la seconda è la sua indubbia popolarità all'interno del mondo del calcio italiano, in cui è noto per il suo carattere fumantino, "esuberante", finanche "indisciplinato", questi i termini utilizzati dal giudice Teresa Casoria per descrivere qualche intemperanza del teste, incalzato da magistrati ed avvocati: un personaggio non banale insomma, da cui attendersi sempre qualche sorpresa; la terza, infine, è che la deposizione di Cellino era molto importante nel merito, per corroborare alcune tesi dell'accusa e per far luce su alcuni aspetti, invero misteriosi, dell'inchiesta, soprattutto per quanto concerne gli esordi della stessa.
La fondatezza degli elementi da cui sono scaturite le intercettazioni che hanno cambiato il volto del calcio italiano; i rapporti tra l'arbitro De Santis e la GEA, ed eventualmente Luciano Moggi; l'eventuale vendetta del De Santis nei suoi confronti; il presunto tradimento dei Della Valle nei confronti del fronte delle piccole, costretti ad andare a Canossa per elemosinare favori arbitrali. Argomenti non certo di poco conto, è chiaro. Il responso? Contraddittorio.
La memoria del presidente sardo è selettiva, a tratti confusionaria e in difficoltà nel dare un ordine cronologico agli eventi: talvolta smentisce le sue dichiarazioni a verbale, salvo poi riconfermarle quando incalzato dal Pm Capuano. Si appella spesso ai due anni e passa trascorsi dalla sua testimonianza di fronte alla polizia giudiziaria, ai cinque dall'epoca dei fatti, e al racconto che della vicenda è stato fatto dai media. Interrogato riguardo ad alcuni fatti non ricorda se li ha appresi a mezzo stampa o in altro modo, nega però che la sua deposizione (un anno dopo lo scoppio di Calciopoli circa) sia stata influenzata dalla lettura dei quotidiani, un assunto francamente indimostrabile.
A intramezzare la sua testimonianza con frequenza sono i "si dice", le voci di corridoio, le chiacchiere, i luoghi comuni, come lui stesso li chiama. Argomenti, ammetterà lui stesso, buoni da utilizzare per uno sfogo da tifoso frustrato, come gli accade al telefono, ma inconsistenti per fungere da base per un'accusa seria. Del resto, dirà nel corso della deposizione, a proposito della famosa telefonata con Ghirelli, segretario FIGC, in cui accusa De Santis: "Non potendomi permettere di accusare nessuno... mi sfogavo con una persona che sapeva capire... non è una denuncia, se io ho delle prove la faccio... non ho dati a suffragio", riferendosi alle proprie parole come "atti di mia poca lucidità". Uno sfogo post-partita, che a risentirlo oggi, sostiene, lo mette in imbarazzo e di cui si vergogna.
Dal principio: Messina-Venezia
L'inizio di tutta Calciopoli. Campionato di serie B, stagione 2003/2004: il Messina di Franza e Fabiani, che combatte per la promozione, incontra il Venezia di Franco Dal Cin, in campo neutro a Bari. Tutto inizia e tutto finisce in campo neutro a Bari, scherzi del destino.
Arbitra Palanca di Roma e il Venezia, a fine partita, si lamenterà per la direzione di gara. La partita passa alla storia per la scazzottata selvaggia del portiere Soviero che affronta l'intera panchina del Messina: tre - di cui due sacrosante - le espulsioni comminate da Palanca ai lagunari, più un rigore dubbio assegnato al Messina.
I magistrati Narducci e Beatrice, della procura di Napoli, alle prese con un'inchiesta sul calcioscommesse, ascoltano il giocatore di serie C2 Ambrosino, vicino a un giro di scommesse illegali, sostenere che la partita finirà sicuramente con la vittoria del Messina, per volontà dell'"uomo nero", riconosciuto nell'arbitro Palanca. Tale convinzione deriverebbe dalla confidenza fattagli da Salvatore Aronica, oggi al Napoli, ai tempi terzino del Messina nell'orbita GEA.
Narducci e Beatrice interrogheranno quindi Franco Dal Cin, il presidente del Venezia che, con la sua testimonianza, cambierà il corso delle indagini, riferendo di arbitri - De Santis, Gabriele, Palanca: la celeberrima "combriccola romana" - al servizio delle squadre della GEA, riconosciute nella Juventus di Luciano Moggi e nel Messina di Mariano Fabiani. Affermazioni senza riscontro alcuno, invero, come ha precisato Dal Cin nella sua deposizione davanti al giudice, ma che comunque hanno consentito l'avvio delle intercettazioni per un gran numero di imputati.
Oggi sappiamo: 1) che la GEA non era un'associazione a delinquere, come da sentenza del Tribunale di Roma; 2) che la "combriccola romana", stante l'archiviazione per Palanca e l'assoluzione nel rito abbreviato per Gabriele, non esiste; 3) che Messina-Venezia fu una partita regolare; 4) che le affermazioni di Dal Cin erano basate su sensazioni, per sua stessa ammissione.
Dal Cin riferì che a metterlo in guardia sull'arbitro Palanca furono tre colleghi, casualmente tutti avversari del Messina nella lotta per la promozione, ossia Zamparini, patron del Palermo, Spinelli, presidente del Livorno, e per l'appunto Cellino, che gli telefonarono dicendogli che era già "spacciato", una volta conosciuto il nome dell'arbitro che avrebbe diretto l'incontro.
Vediamo quindi su quali basi Cellino telefonò a Dal Cin per avvertirlo della presunta malafede del Palanca.
Comincia con un'excusatio non petita: come presidente di Serie B, aveva votato in Lega perché la partita si giocasse a Bari, nonostante le pressioni di Franza per un luogo più vicino a Messina, ma senza alcuna intenzione di danneggiare i peloritani, che pur erano suoi concorrenti nella lotta per la Serie A.
Inizialmente Cellino sostiene di essere stato chiamato da Dal Cin, e non il contrario come finora noto, e che sia stato il presidente del Venezia a raccontargli dei suoi sospetti sull'arbitro Palanca, instillatigli dall'allenatore Gregucci, già vice di Mancini alla Fiorentina, nell'orbita GEA, anch'egli poi espulso durante l'incontro, il quale avrebbe indicato l'arbitro romano come "arbitro della GEA". Cellino gli avrebbe finanche risposto con sufficienza: "Giocatevi la partita, Franco".
Poi gli viene fatto leggere il verbale in cui risulta che fu lui a chiamare Dal Cin, consigliandogli di risparmiare i soldi della trasferta, in quanto il risultato era già scritto. Dapprima si corregge, poi afferma di non ricordare l'effettiva dinamica ma che comunque su Palanca "si vociferava", "si riportano luoghi comuni", "per sentito dire", erano "voci insistenti", ma "non ho nessuna prova". Unico elemento: l'ex arbitro Carlo Longhi, moviolista della Domenica Sportiva, gli telefona quel giorno (ah, ma allora i moviolisti non sono solo amici di Moggi...) per comunicargli che De Santis ha accompagnato Palanca in aeroporto. Elemento a prova del fatto che De Santis e Palanca, ebbene sì, erano amici. Punto.
Infine Cellino ammette che "magari ho parlato a sproposito" e che "se certe cose non le sapevo le ho lette dopo sui giornali".
"Luciano queste cose non le faceva"
Si passa dunque a Fiorentina-Cagliari della stagione 2005/2006, terminata 2-1 per i viola in rimonta. L'arbitro è il già assolto Gabriele, gli episodi arbitrali contestati un possibile rigore nel primo tempo per i sardi, e le espulsioni nel finale, entrambe per doppia ammonizione, dei rossoblu Conti e Canini. Dal verbale di interrogatorio, Cellino ricorda che l'arbitro ciociaro, vedendolo litigare prima dell'incontro con alcuni addetti allo spogliatoio, lo avrebbe provocato dicendogli: "Sei nervoso adesso, figurati dopo la partita..." L'arbitraggio, secondo Cellino, fu scandaloso, ma, tiene a precisare con onestà intellettuale, "io tifo la mia squadra". Guardò la partita dietro ai fratelli Della Valle e a Davide Lippi, ai quali, al termine della partita, sta a verbale, si rivolse: "Complimenti alla GEA World!". Frase che ammette tranquillamente, ma di cui "non sono orgoglioso... potevo evitarla... ho sbagliato io" dice, ammettendo l'infondatezza di alcun legame immaginato tra arbitro e GEA. Gli viene contestato inoltre di aver verbalizzato a proposito di una telefonata di rimprovero da parte di Luciano Moggi il giorno successivo, per questa frase. Qui, Cellino è categorico: "No, Luciano queste cose non le faceva... forse ci parlai in Lega il giorno dopo."
L'arbitro Gabriele avrebbe quindi rifiutato di riceverlo per i saluti a fine gara.
De Santis contro Cellino?
La presunta acrimonia degli arbitri della cosiddetta "combriccola romana" nei confronti di Cellino, poteva anche essere motivata proprio dalla sua telefonata con Dal Cin - fatto noto pubblicamente e uscito sui giornali - poi scaturita nella testimonianza del presidente veneziano, che portò alla sospensione degli arbitri Palanca e Gabriele, poi completamente scagionati, e a un'esposizione mediatica certo non richiesta anche per il De Santis. Acrimonia che certo non testimonia della colpevolezza rispetto ai fatti suddetti.
Anche Cellino pare convenire, allorquando commenta il famoso Reggina-Cagliari 3-2, per cui unico rinviato a giudizio è De Santis, che avrebbe voluto, secondo i magistrati, vendicarsi di queste affermazioni. Ecco come descrive il loro rapporto: "Era un arbitro a cui non stavo molto simpatico.... atteggiamenti... modo di arbitrare che aveva... secondo me non era un arbitro che arbitrava bene... non nutrivo fiducia in lui... anche se come arbitro aveva qualità ."
Cellino è preoccupato quando De Santis sostituisce l'arbitro designato Rosetti, che deve abbandonare per motivi familiari, proprio per queste ragioni, e lo testimonia il fatto che, prima della partita, vada da lui, offrendogli una spiegazione per quella telefonata: "Non sono stato solamente io", gli dice. De Santis gli avrebbe risposto che avrebbe dovuto farsi gli affari suoi, invece di andare a sparlare in giro, mostrandosi irritato.
"L'arbitraggio fu veramente penoso", sostiene poi il presidente del Cagliari, cui viene successivamente riportata la sua telefonata con Ghirelli, per lamentarsi dell'arbitraggio, dopo la partita. “Luciano Moggi ci fa l'occhiolino a tutti", "De Santis: un bastardo tra i peggiori al mondo", “Non sapeva più come aiutarli”,“La Reggina sappiamo di che colore è”,"Che vada ad arbitrare la Juve fisso e non ci rompa i coglioni", "Sai quali sono le squadre che hanno il più alto numero di GEA? Messina e Reggina.", queste le frasi di cui è tenuto a dar conto.
Riguardo alla Reggina "si dice era vicina a Luciano Moggi", ma "dopo non mi sembrava neppure". Che significa vicina? "Amici, buoni rapporti..."
Ammette che si tratta di "sfoghi anche un po' esagerati... oggi confermo certe cose, mentre su altre ho esagerato." Riguardo ai giocatori della GEA presenti nelle due squadre, mostra, incalzato dal legale di Fabiani, di non ricordarne in verità alcuno. La Morescanti gli ricorda quindi che come direttore sportivo del Messina, Fabiani cedette 7 giocatori su 8 della GEA, presenti in rosa.
Derubrica infine la telefonata a sfogo post-partita, per cui ora prova vergogna e imbarazzo, soprattutto risentendo alcune sparate troppo colorite.
La scelta di Della Valle
Cellino fu uno dei propulsori del fronte delle squadre medio-piccole che, in quegli anni, cercava di opporsi al potere delle grandi (Juventus, Milan e Inter, sì già l'Inter), sia in tema di diritti tv, che di scelte federali. Il carisma di una figura di industriale di spicco come Della Valle riuscì, secondo Cellino, a compattare il gruppo e a dargli una guida, permettendo che fosse un'alternativa seria e possibile alla gestione del calcio che esprimeva Carraro presidente federale e Galliani presidente di Lega. "Ci ha dato la forza di combattere" dice in riferimento al patron marchigiano.
Mantenne però questa posizione di guida "fino a un certo punto... il calcio è una brutta bestia... stava per retrocedere... lo vidi molto provato io." Riassume per sommi capi, e con diverse inesattezze temporali, rivelerà poi il controesame, la storia del movimento formato da 13 squadre, e che esprimeva come rappresentanti in Lega lo stesso Cellino come presidente della Serie A e Zamparini come Vice Presidente Vicario. Il gruppo decise di esprimere un candidato federale alle elezioni, trovato in Abete, scegliendo però una tattica attendista, al fine di non esporsi in caso di vittoria di Carraro, temendo ripercussioni politiche sfavorevoli. Abete però, con il consenso di Della Valle, concordò infine con Carraro un passaggio del testimone graduale, facendo convergere il voto su di lui, per poi alternarsi alla guida della FIGC, due anni ciascuno.
Questa scelta, che non era stata discussa da Cellino e presumibilmente da altri, fu vissuta come un tradimento, tanto che ebbe a dire che la battaglia di Della Valle fu solo un modo per "cercare di entrare tra le grandi". Dichiarazione che oggi definisce "avventata". Perché Della Valle, però, abbia abbassato la testa, Cellino non lo sa, e non fa alcun riferimento ad errori arbitrali nei confronti della Fiorentina.
Tombolini terrorizzato e Racalbuto arrogante
Nonostante il perseverare nelle domande dei magistrati e degli avvocati di parte civile per l'unica partita che chiama in causa la Juve, Cagliari-Juventus, appunto, terminata sull'1 a 1, gli elementi di cui dispone il Cellino sono minimi. Rileva soltanto l'arroganza del Racalbuto nei confronti dei suoi giocatori, da cui l'arbitro calabrese non accetta proteste, mostrandosi invece magnanimo con i bianconeri. E' un atteggiamento, sottolinea Cellino, da sempre presente negli arbitri, che perdonano volentieri i giocatori famosi delle grandi squadre, mentre si mostrano inflessibili con i giocatori di provincia: succede ancora oggi.
Sempre nella stagione 2004/2005 il Cagliari viene battuto dal Milan con un goal, originato probabilmente da un fallo su un difensore rossoblu, ma convalidato da Tombolini. Quest'ultimo a fine gara, secondo Cellino, si mostra terrorizzato e si premura di chiedergli di "dire anche a Luciano che ho arbitrato bene", in quanto grazie alla rete dubbia, il Milan si era avvicinato pericolosamente alla Juve in classifica. Anche qui nulla di eclatante, se non la consapevolezza degli arbitri che i rappresentanti delle grandi squadre venivano ascoltati con attenzione dai designatori. Non solo la Juve.
I sorteggi truccati
Ancora qualche elemento interessante. Il primo è che, incalzato nel controesame, Cellino esprime la convinzione che comunque i sorteggi fossero truccati. Il motivo? "Casualità troppo strane." Un'ulteriore convinzione è, però, che Bergamo e Pairetto fossero, ad ogni modo, persone meravigliose, da lui difese fino alla fine e stimate per la loro professionalità. Ammette di averli chiamati per lamentarsi, seppur di rado, nella convinzione di non commettere alcunché di illecito.
E' chiamato inoltre ad esprimersi sul Fabiani, che non conosce e non saprebbe nemmeno riconoscere fisicamente. Vox populi dice che il Fabiani era un collega di Massimo De Santis, entrambi guardie carcerarie e amici intimi, poi misteriosamente approdato al calcio. Chi lo diceva? In tutti i bar della Lega, "lo sapevano anche i muri" dice Cellino. Altre voci riguardavano Franza che si sarebbe indebitato - si dice, ovviamente - per ottenere favori arbitrali. Le "dicerie" finiscono per irritare gli avvocati difensori, che ricordano il divieto codicistico di riferire impressioni e voci di corridoio, di oscura provenienza.
Il pubblico ministero invece incalza Cellino, convinto di sapere chi gli avrebbe riferito queste cose, ma il presidente non ricorda. Gli chiede infine chi fosse il direttore sportivo del Cagliari quell'anno. Cellino ricorda il nome di Nicola Salerno, negli anni precedenti direttore sportivo proprio del Messina, contro cui aveva lanciato i suoi strali una volta accantonato per far posto a Fabiani. Salerno, oggi alla Salernitana, artefice, tra le tante cose, del passaggio di Suazo all'Inter, era stato curiosamente coinvolto nell'inchiesta sul calcioscommesse che, abbiamo ricordato, portò a Calciopoli, venendo indicato come "il santone", nel gergo della banda di scommettitori. La sua posizione fu però archiviata.
Infine Cellino prende una topica clamorosa sostenendo di sapere, sempre dai corridoi, che Fabiani, prima di lavorare in Sicilia, avesse precedentemente lavorato con la Juventus. Circostanza del tutto falsa, spiega nel suo intervento spontaneo Luciano Moggi.
Processo di Napoli: le SIM svizzere e la rogatoria
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- By Rinasco Bianconero
Il 22 dicembre 2009 viene sentito dall'avvocato difensore di Moggi, Maurilio Prioreschi, il maresciallo capo Simone Nardone che, insieme al carabiniere Della Ratta, ha svolto la maggior parte delle attività di Osservazione, Controllo e Pedinamento (O.C.P.), sia a Roma che al di fuori del raccordo anulare, passando per Como fino ad arrivare in Svizzera.
Il filo conduttore sembra di nuovo essere legato alla cucina nostrana, e chi ci segue avrà notato che, dopo le rivelazioni di Carraro sugli chef Collina e Rodomonti, ora Nardone racconta degli appostamenti presso i ristoranti romani "Panda" ai Parioli e "Tullio" in zona Piazza Barberini. A questo aggiungiamo anche il ristorante, sulla sponda di quel ramo del lago di Como, di proprietà del fratello di Teodosio De Cillis, il titolare del negozio di telefonia di Chiasso in cui vennero acquistate le SIM estere. Curiosi i ritrovi carbonari presso luoghi pubblici e ad ampia visibilità, dove Moggi soleva incontrarsi con personaggi legati al mondo dello sport ma, spesso e soprattutto, con i suoi avvocati difensori, Melandri e Trofino. Ancor più curioso che nel filone dei ristoranti e ristoratori sia stato intercettato, ma non perseguitato, anche Pierluigi Collina, promosso da miglior arbitro e chef del mondo a designatore degli arbitri che sbagliano in buona fede, nonostante le cene, quelle sì, programmate all'imbrunire con l'addetto agli arbitri del Milan, Meani, nel suo ristorante di Lodi.
Bene fa l'avvocato Prioreschi a sottolineare, nuovamente, la "meticolosità" con cui vennero svolte le indagini. Con migliaia di ore di registrazione su tutti i numeri ascoltabili di Moggi & C., dopo vari appostamenti, tutti filmati e fotografati, gli zelanti inquirenti non sapevano chi fossero né Trofino, né Melandri, sebbene quest'ultimo, data l'omonimia con l'allora Ministro dello Sport, suscitasse qualche remora. Davvero curioso.
Dopo aver chiarito parte dell'attività investigativa svolta dal maresciallo Nardone presso la sede della Juventus, dove in due giorni e con l'aiuto di quattro segretarie fu fotocopiato ed acquisito tutto lo storico relativo ai gadgets bianconeri ufficialmente autorizzati dalla Triade, Prioreschi prende in esame le modalità con cui sono stati rilevati gli elenchi delle SIM straniere. Emerge chiaramente che, per quanto riguarda le 385 schede telefoniche del Liechtenstein, l'elenco venne spedito via fax dal De Cillis direttamente ai carabinieri di Roma, mentre per i dati delle prime 9 SIM svizzere della Sunrise, quelle da cui è partita tutta l'indagine, essendo intestate a parenti dello stesso De Cillis, è stato necessario, per gli inquirenti, recarsi direttamente a Chiasso. Riportiamo dalla deposizione del maresciallo Nardone:
Avv. Prioreschi: Ho capito, ma Lei ha svolto attività di indagine in Svizzera, per esempio?
Nardone: Diciamo che siamo arrivati lì, abbiamo sentito il De Cillis e lui ci ha detto che era lui che aveva venduto queste schede e poi, con la macchina del De Cillis, siamo andati al suo negozio, abbiamo acquisito la documentazione investigativa e poi ... però sul verbale abbiamo ...
Avv. Prioreschi: Cioè, non ho capito, voi siete andati al suo negozio in Svizzera ad acquisire la documentazione relativa alle schede svizzere?
Nardone: Sì
Avv. Prioreschi: Ah, quindi a queste prime nove …
Nardone: Perché lui diceva che erano sette, otto, "intestate a mio padre" e, alla fine, abbiamo dovuto controllare...
Avv. Prioreschi: Quindi siete andati con la macchina di De Cillis a Corso San Gottardo, 27, Chiasso, Svizzera, nel suo negozio. Quindi lui che ha fatto? Ha preso tutta la documentazione relativa ..
Nardone: L'abbiamo presa noi.
Vale la pena rivalutare a questo punto sia la testimonianza di De Cillis, che negò questo frangente, sia la testimonianza del Di Laroni che non accennò minimamente a questo argomento, facendo riferimento esclusivamente ad "uffici collegati svizzeri". Di Laroni confermò che non era a conoscenza di indagini svolte sul territorio svizzero da parte di altri colleghi, potendo rispondere solo per se stesso e per il collega Di Foggia con cui aveva lavorato fianco a fianco. Vedremo in seguito se fosse o meno necessaria la rogatoria internazionale per accedere a questi dati da parte degli inquirenti italiani, dato che, durante la testimonianza, Nardone conferma che la lista dei 9 numeri fu spontaneamente loro consegnata da Teodosio De Cillis.
Sembrano non finire mai le udienze nelle quali, più che confermare la posizione di capo cupola Moggi, vengono sollevati dubbi non solo su come riuscisse Moggi a manipolare persone e campionati, ma anche sulla bontà e professionalità delle indagini della squadra del Maggiore Auricchio, atteso con impazienza in aula. La nostra speranza è che possa venire ascoltato al più presto per contribuire a sciogliere eventuali dubbi, a meno che Narducci non intenda rinunciare anche alla sua testimonianza costringendo le difese e le parti civili a convocarlo direttamente.
Clicca qui per leggere la trascrizione integrale della deposizione del maresciallo Nardone.
Operazione Offside o Gambero Rosso?
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- By Redazione
Delle capacità investigative di queste persone avevamo già avuto prova nel corso delle deposizioni del Maresciallo Di Laroni, colui il quale aveva provveduto all’analisi dei tabulati delle famigerate schede svizzere. Nel corso di un interminabile esame e controesame, il maresciallo Di Laroni aveva battuto il record mondiale di avverbi. Al primo posto si era classificato "verosimilmente". Al secondo posto, staccato di poco, "presumibilmente". E non aveva fatto mistero di aver “lavorato” quella immensa mole di dati senza nessun software certificato dai tribunali, ma semplicemente facendo copia/incolla su fogli excel, praticamente a mano.
Dopo la performance di Di Laroni, i PM Narducci e Capuano, in attesa di esaminare il Comandante Auricchio (era atteso in aula ieri, ma la deposizione è stata rinviata), hanno stranamente rinunciato ad interrogare, in qualità di testimoni dell’accusa (!), i tre marescialli Maraca, Di Foggia e Zino, i quali però non hanno potuto sottrarsi alla grinfie di Prioreschi e degli altri avvocati della difesa che li hanno regolarmente ascoltati.
Il primo ad essere interrogato è stato il maresciallo Di Foggia, responsabile dei pedinamenti fatti a Moggi in data 10 novembre 2006 e 6 dicembre 2006. Da notare che, dopo lo scoppio dello scandalo e con il Processo Sportivo già concluso, i carabinieri continuavano a indagare. Come mai? Se le prove erano così schiaccianti, come mai i PM avevano ordinato un supplemento di indagine, peraltro infruttuoso, nei confronti di Moggi e degli altri imputati?
Atteso che alla nostra domanda non vi sarà mai risposta, è esilarante seguire i passaggi del racconto dei pedinamenti a Moggi! Per chi vuole leggersi tutti i passaggi abbiamo messo a disposizione QUI le trascrizioni.
Divertente, d’accordo, ma mica tanto. Infatti ad un certo punto si scopre che i carabinieri pedinavano Moggi mentre era a colloquio con i suoi avvocati, cosa non permessa dalla legge. E lo facevano addirittura in cinque, come sottolineato da Prioreschi con una certa enfasi. Manco Moggi fosse Totò Riina! Beccato con le manine nella marmellata, il Di Foggia tenta di difendersi dicendo che non sapeva che il Melandri fosse l’Avvocato di Moggi, circostanza poco credibile in quanto l’attività di pedinamento era susseguente a quella di intercettazione telefonica, per cui gli investigatori conoscevano perfettamente tutti gli interlocutori e gli stessi pedinamenti erano fatti sulla base di quanto ascoltato al telefono.
La circostanza si evince chiaramente da questo stralcio dell’udienza:
Avv. Prioreschi: Sì, maresciallo, ascolti, Lei ci fa la cronistoria. Allora adesso Le faccio le domande. Come nasce questo pedinamento?
Di Foggia: Questo pedinamento nasce perché in quel momento avevamo... c'era l'indagine tecnica in corso, in cui era emerso che Luciano Moggi si sarebbe recato a Roma e, quindi, praticamente, è stato attivato questo servizio per monitorare poi gli spostamenti che avrebbe fatto a Roma e, quindi, per cercare di capire i contatti che avrebbe avuto sulla capitale.
Passiamo al secondo carabiniere ascoltato il 15 dicembre 2009, il maresciallo Maraca.
Il Maraca si era occupato di attività di pedinamento nei dintorni della casa di Paolo Bergamo, nei pressi di Livorno. Vale la pena, in questo caso, di soffermarsi su un passaggio delirante della deposizione:
Maraca: Alle ore 20.05 abbiamo visto giungere sul posto una Nissan Terrano che procedeva ad andatura bassa, proprio a cercare un posto per potersi fermare. Questo ci ha colpito e l'abbiamo attenzionata. La stessa si è fermata e subito dopo veniva raggiunta da una Mitsubishi Pajero, che si affiancava alla Nissan giunta precedentemente, e la Nissan apriva lo sportello lato conducente, mentre dal Pajero veniva abbassato il finestrino lato conducente. Si sono intrattenuti a parlare alcuni secondi e poi hanno continuato la marcia immettendosi sulla SS206, per raggiungere casa del Bergamo, e proprio ultimata la rotonda per immettersi sulla SS206 un militare notava che all'interno della Mitsubishi Pajero, lato passeggero, c'era il signor Giraudo. Poi si notava la presenza di una persona che era seduta dietro però si notava solo il pezzo inferiore del corpo, non si poteva notare l'individuo. Poi abbiamo seguito le macchine fino a quando è stato possibile, perché poi le abbiamo dovute perdere per forza, per ragioni di servizio, perché oltrepassavano la sbarra e si dirigevano verso l'abitazione.
Noi della redazione del Team abbiamo provato ad entrare in un Pajero e a sederci dietro, ma ancora non abbiamo capito come si fa a mostrare solo la parte inferiore del corpo. Forse il Pajero aveva i vetri oscurati e la lamiera della portiera trasparente. Oppure verosimilmente, per dirla alla Di Laroni, i carabinieri indossavano i mitici occhiali a raggi X in vendita negli anni Settanta sul famosissimo giornalino Intrepido. Si trovavano nelle ultime pagine di solito, tra le “scimmie di mare” e l’immancabile pomatina per ipodotati. Non si capisce però quale materiale probatorio forniscano questi pedinamenti. In effetti la quantità di ristoranti citati dai marescialli farebbe ipotizzare che i pericolosissimi imputati della cupola lavorassero per la Guida del Gambero Rosso anziché taroccare campionati.
L’ultimo a sfilare è il maresciallo Zino ed è in realtà quello che offre gli spunti più interessanti.
Dopo essere stato anche lui colto con le manine nel sacco, avendo pedinato Moggi con l’avvocato Melandri e con l'avvocato Trofino personaggio tra l'altro notissimo, amico storico di Moggi e frequentatore dello stadio di Torino. Difficile negare obiettivamente di conoscerlo.
Il maresciallo Zino racconta di essere colui che si occupò di indagare sui sorteggi arbitrali, recandosi personalmente sul posto durante lo svolgimento di alcuni di essi. A questo punto il racconto si arricchisce di un interessante particolare, purtroppo trascurato dal Presidente Casoria, che impedisce a Prioreschi di rigirare il coltello nella piaga. Leggiamo uno stralcio:
Avv. Prioreschi: Va bene, allora andiamo avanti. Parliamo un attimo del servizio che Lei ha fatto in relazione ai sorteggi: ci dice come ha fatto ad entrare a Coverciano, o a Roma, dove c'erano i sorteggi?
Zino: Sì, allora, il primo servizio che ho fatto è stato nella sede di Roma di Via Tevere. Sono entrato, diciamo, è un palazzo con guardiania, però la guardiania non mi ha chiesto nulla all'ingresso, anche perché il sorteggio, a quanto ho capito, poteva essere pubblico.
Avv. Prioreschi: Lei era accompagnato da qualcuno?
Zino: Sì, mi sono fatto accompagnare da qualcuno perché non sapevo fisicamente dove si teneva il sorteggio.
Avv. Prioreschi: Qualcuno chi?
Zino: E' necessario per forza che lo devo dire? Perché...
Presidente Casoria: Perché è rilevante questa specificazione, avvocato?
Avv. Prioreschi: Per sapere come è entrato
Presidente Casoria: Vabbè, dice "Era pubblico" e si è fatto accompagnare da persona che conosceva il posto, no, va bene no? Non si ammette la domanda, andiamo avanti.
Zino: Sono entrato in questa stanza che era ad un piano interrato di via Tevere, dove già erano presenti i due bussolotti per la successiva estrazione. La stanza non è molto grande, è piccolina, ci siamo messi dalla parte opposta dei bussolotti ed abbiamo atteso l'arrivo dei componenti dell'AIA, il notaio...
Avv. Prioreschi: Quando è entrato nella sala dei sorteggi, però, qualcuno Le ha chiesto chi era?
Zino: Sì, una donna mi ha chiesto chi era e mi ha accompagnato.. ha detto "E' un amico che passa da qui per caso". Non avevo né telecamera, né macchina fotografica.
Avv. Prioreschi: Senta, era un giornalista quello che l'ha accompagnata?
pm Narducci: Non è stata già ammessa questa domanda.
Presidente Casoria: Va bene, abbiamo chiarito che non è andato in veste ufficiale, insomma, ufficiosa, ufficiosa.
Avv. Prioreschi: Io ho chiesto solo la categoria, non ho chiesto il nome.
Presidente Casoria: Lei non era in divisa, era in borghese?
Zino: No, ero in borghese.
Avv. Prioreschi: No, dico se era un giornalista quello che l'ha accompagnato, non voglio sapere il nome.
Presidente Casoria: E perché è rilevante sapere se è un giornalista o è di un'altra categoria? Lei ci deve spiegare perché è rilevante questo...
Avv. Prioreschi: Per capire come ...
Presidente Casoria: Andiamo, abbiamo già rigettato la domanda, andiamo avanti.
L’avvocato Prioreschi tenta inutilmente di andare sull’argomento e poi di tornarci, senza successo. E’ importante sapere chi accompagnò il maresciallo Zino ai sorteggi perché, se fosse stato un giornalista, è probabile che questi fosse a conoscenza dell’indagine in corso. Con quello che ne consegue.
Notate anche che il PM Narducci, muto fino a quel momento, si sveglia dal torpore per ribadire l'inammissibilità della domanda. Chissà perché.
D’altronde nell’ambito del Processo GEA abbiamo riscontrato che alcuni degli inquirenti avevano rapporti di cordiale e consolidata amicizia con dirigenti di alcune squadre di calcio che, casualmente, si ritenevano danneggiate proprio dagli uomini GEA.
La tenuta stagna della comunicazione nella fase investigativa è uno dei punti deboli delle indagini sul calcio. Elementi e circostanze giuridicamente irrilevanti sono state fate filtrare e date in pasto ai giornali in maniera quasi scientifica, in barba a qualunque rispetto per la privacy e senza riuscire a scovare mai i responsabili.
In definitiva, dei "magnifici 12 della squadra Offside", i PM avevano convocato sei elementi più il comandante Auricchio. Dopo lo show di Di Laroni i PM hanno rinunciato agli altri cinque. Questi cinque sono stati chiamati comunque dalle difese, ma si sono presentati in tre e hanno dato una bella mano agli imputati. Rimane adesso da sentire il comandante Auricchio, quello vero, non il patinato Daniele Liotti de La7. Se ne riparlerà nel 2010.
Leggi e scarica la versione in PDF della deposizione dei tre marescialli (clicca qui).