CantaNapoli - Il processo
Calciopoli non era un'indagine da Bar Sport, leggevano la Gazzetta
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- By Alessandrella e Incandenza
C’è stato un momento, durante l’udienza di ieri al processo di Napoli, in cui in aula si è avvertita come una sensazione di spiazzamento generale, quasi d’incredulità, in primis da parte degli stessi avvocati. E’ stato quando, durante il controesame dell’avvocato dell’ex designatore Pairetto, si è capito che il metodo d’indagine del Colonnello Auricchio, il responsabile dell’indagine Offside oggetto anche di docufiction televisiva, consisteva nell’ascoltare un’intercettazione, ipotizzare una frode relativa a una partita in programma la domenica entrante e poi, senza verificare se sul campo l’ipotesi si fosse realizzata, demandare il responso al giorno dopo, alla lettura della Gazzetta dello Sport.
La Gazzetta! Sembra la battuta di uno juventino "rancoroso", la "Pravda Rosa”, ma è proprio quel che ha detto ieri il Colonnello. Aggiungendo, incredibile a dirsi, che Tuttosport non lo consultava, no, "perché era di parte".
Altro momento topico: il teste, colui che ha condotto le indagini per oltre un anno, a un certo punto non solo ha ammesso di aver visto in quell’arco di tempo sì e no due o tre partite, ma le ha pure confuse fra loro.
Da non credersi.
Gran parte della mattinata, almeno fino a mezzogiorno, era stata occupata dalla conclusione dell’esame dell’accusa, che si protraeva già da due udienze (vedi i nostri resoconti: qui e qui). Il colonnello Auricchio ha così ripercorso le ultime intercettazioni del campionato 2004-05. Tra le altre, anche le telefonate intercorse tra Moggi e Mazzini e tra Baldini e Mazzini, aventi per oggetto un rimpasto dirigenziale all’Arezzo. Mazzini raccomanda a Moggi di mettere una buona parola per Castagnini, suggerimento che, si capisce, gli viene da Franco Baldini, come sappiamo dall’intercettazione pubblicata recentemente, la quale per la verità contiene passaggi molto interessanti su cui gli inquirenti hanno invece glissato.
Verso mezzogiorno, finalmente, è stata data voce alle difese. E l’indagine Offside ha cominciato a sgretolarsi.
Ha iniziato l’avvocato di Mazzini, contestando prima un malizioso collegamento degli inquirenti fra le elezioni di Carraro e di Mazzini ai vertici della Figc, poi la ricostruzione di una cena fra Mazzini, Moggi, Giraudo e Bergamo, fatta omettendo la presenza delle rispettive mogli; e, soprattutto, sottolineando il passaggio di una telefonata fra il suo assistito e Della Valle, nella quale Mazzini afferma esplicitamente che “comprare le partite non va mica bene”.
Il difensore di Foti, presidente della Reggina, ha invece chiesto al teste di entrare nel dettaglio di partite con errori arbitrali contro la sua squadra, ma Auricchio ha ammesso di non aver analizzato tutte le partite della Reggina. In particolare, l’avvocato ha citato due partite, arbitrate dagli imputati Pieri e Dondarini, nelle quali la Reggina era stata, secondo gli organi di stampa, sfavorita.
L’avvocato dell’ex vicecommissario arbitrale Mazzei ha puntualizzato che le nomine dei guardalinee non venivano decise autonomamente dal suo assistito, ma gestite anche da Bergamo e Pairetto, evidenziando come gli inquirenti non abbiano mai acquisito la documentazione relativa alla composizione delle griglie dei guardalinee, nella quale si possono notare anche le correzioni dei due designatori.
L’avvocato di Bertini ha messo in evidenza come non siano stati fatti accertamenti su come si svolsero le elezioni per le cariche di presidente Figc e Lega, nonostante nelle informative si sottolineasse il rilievo della “partita politica” nelle azioni degli imputati. Inoltre fa particolarmente specie come, a domanda specifica, Auricchio non abbia saputo elencare quali siano stati, precisamente, i telefoni fatti mettere sotto controllo e per quanto tempo. Incalzato dai legali, dopo aver consultato a lungo i suoi atti, è riuscito solo a recitare i nomi di: “Moggi Alessandro, Zavaglia, Geronzi, Moggi Luciano, Calleri, Palanca, Gabriele, Gea, Ghirelli, De Mita, Lanese, Bergamo, Pairetto, Mazzei, Fazi, Mazzini, Meani, Carraro", aggiungendo che vennero tenuti sotto controllo dal 11.10.04 al maggio 2005. Al che l'avvocato ha sottolineato che non esiste una sola telefonata in cui l’interlocutore era il suo assistito Bertini.
Ma il bello deve ancora venire. Prima il legale di Bertini ridicolizza il teorema degli interventi mediatici presso Biscardi, citando un’intercettazione in cui il mitico Pel di Carota nazionale dice a Moggi che attaccherà proprio il presunto associato a delinquere Bertini; poi, e questo è uno dei passaggi più impressionanti, chiede ad Auricchio quali partite abbia visionato, sentendosi rispondere: “Non ricordo, ma dal mio punto di vista non era necessario, perché le nostre indagini non erano rivolte a vedere se era rigore o no, ma era un'analisi di dati investigativi.”. In particolare, Auricchio ha detto di aver visto Milan-Juve in Tv, ma poi sbaglia il risultato, capendo così di essersi confuso con la partita del ritorno, arbitrata da Collina. Ma non è finita. Chiede l’avvocato: “Lei ha parlato alla scorsa udienza di ammonizioni che non c'erano, di gol in evidente fuorigioco relativo a Siena-Milan, quindi le ha analizzate anche da questo punto di vista?"
Risposta: "No, abbiamo fatto solo riferimento ai tabellini delle partite tratti dai giornali sportivi tranne Tuttosport. Ho fatto riferimento al contenuto dei tabellini delle gare dei giornali. Io non mi sono mai permesso di valutare i singoli episodi". Lo stesso dicasi per la teoria delle ammonizioni mirate, per le quali Auricchio ha ammesso di non aver mai verificato se il fallo c’era o meno. “Lo abbiamo dedotto dalle cronache dei giornali. Le ammonizioni dolose vengono fuori dalle intercettazioni degli imputati”. Già, ricordiamo la fonte: Leonardo Meani, addetto arbitrale milanista.
Dopo l’avvocato di Bertini, è toccato al legale di Lotito, che si è limitato a chiedere da quando fosse in vigore il sorteggio arbitrale. Il teste ha risposto dal 1984, provocando la reazione stizzita di Pairetto, che assisteva nel pubblico. Questo deve aver caricato il suo avvocato, che ha preso la parola facendo alcune delle domande che hanno suscitato più clamore.
Prima di tutto, ha chiesto ad Auricchio di entrare nei dettagli delle verifiche effettuate sulle procedure di sorteggio arbitrale, che i Carabinieri ipotizzavano truccato, sentendosi rispondere che i notai non sono mai stati interrogati e non avevano verbalizzato nulla di "strano", non si è indagato su chi fossero i giornalisti presenti e chiamati ad effettuare il sorteggio (“sapevamo solo che c’erano dei giornalisti”, ha incredibilmente affermato), non è stato indagato il metodo di designazione (Auricchio non sapeva come avvenivano le interazioni tra designatori e vice-designatore addetto ai guardalinee) e non è stata verificata la griglia per la giornata di Milan–Juve del ritorno, lo scontro decisivo per lo scudetto (“per noi la designazione di Collina era una garanzia”). Lo stesso vale per le mancate verifiche dei referti degli osservatori arbitrali: Auricchio dice di averlo fatto solo in qualche caso, citando Reggina–Juve (la partita di Paparesta rapito), al che si sente Pairetto esclamare: “Questo è un falso!”.
La presidente Casoria concede così a Pairetto di fare una dichiarazione spontanea, nella quale afferma che non è vero che Paparesta venne sospeso dopo Reggina–Juve, dato che arbitrò la domenica successiva in B e venne inserito nella griglia di una partita importante due domeniche dopo. A differenza ad esempio di Racalbuto che, dopo essere stato contestato dopo Roma-Juve per alcuni errori a favore dei bianconeri, venne fermato per nove turni.
Il controesame dell’avvocato di Pairetto finisce qui, ma non l’udienza, perché anche altri imputati chiedono di intervenire. Ignazio Scardina contesta la ricostruzione degli inquirenti sull’influenza di Moggi nel caso Pieroni, negando assolutamente di aver ricevuto in cambio una macchina, sostenendo di avere la documentazione bancaria che prova il pagamento di una Idea che era stata citata dall’accusa.
Buon ultimo, anche Moggi chiede di parlare. Si sofferma sul caso Scardina–Pieroni, individuando in un articolo di Repubblica la fonte del teorema accusatorio in questione. Torna su Roma–Juve e le accuse di aver difeso l’arbitro Racalbuto presso l’Ufficio Indagini, specificando di non aver mai “difeso” l’arbitro, ma la legittimità della vittoria della Juve: infatti una punizione esemplare contro un arbitro accusato di aver favorito la Juve condizionava i colleghi, spingendoli ad arbitrarle contro.... In generale, Moggi ha negato di aver avuto particolare influenza sulla Figc, ricordando diversi casi che lo provano: lo scudetto perso a Perugia con Zambrotta espulso nella piscina, dopo 75 minuti di attesa; il cambio delle regole sugli extracomunitari prima della decisiva Juve-Roma del 2001. E conclude dimostrando, orari di sorteggi e di telefonate alla mano, di non essere mai stato al corrente delle designazioni prima del tempo.
Nonostante il controesame di ieri abbia messo a dura prova il metodo d’indagine del Colonnello Auricchio, le difese non hanno ancora finito. Per il 23 marzo prossimo sono previsti gli interventi dei difensori di Moggi e dell’arbitro De Santis.
E’ presumibile che ne vedremo delle belle, ammesso che non ne abbiamo già viste abbastanza.
Alcune incongruenze del secondo esame del Colonnello Auricchio
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Il 16 febbraio scorso, a Napoli, la pubblica accusa ha proseguito l'estenuante esame del Colonnello Auricchio, responsabile delle indagini di Calciopoli. In attesa del controesame degli avvocati difensori, in programma per il prossimo 16 marzo, vi proponiamo un breve approfondimento dell'udienza.
La seduta, durata 5 ore, si è svolta sulla falsariga dell'udienza precedente: l'accusa ha posto domande che i difensori hanno spesso contestato, definendole letture parziali, supposizioni, estrapolazioni e interpretazioni di intercettazioni telefoniche. La presidente Casoria, pur non rigettando completamente le obiezioni difensive, ha comunque consentito all'accusa di seguire la propria impostazione.
Noi, dal canto nostro, segnaliamo le più evidenti incongruenze emerse.
PRIMA INCONGRUENZA: SCUSI, DOV'E' CHE BERGAMO E MAZZINI PARLEREBBERO DI JUVE?!
C'è un passaggio dell'esame del pm che, in modo esemplare, dimostra la fondatezza delle obiezioni della difesa, quando il Pubblico Ministero chiede ad Auricchio di indicare una telefonata fra Mazzini e Bergamo.
PM: Vorrei che mi commentasse...ehm... illustrasse il contenuto di una conversazione che intercorre il 30 aprile alle 19.11, il progressivo è 11819, fra Innocenzo Mazzini e Paolo Bergamo.
Auricchio: 30 aprile, Mazzini contatta Paolo Bergamo, si fa riferimento sostanzialmente nella prima parte del colloquio ad alcune vicende di tipo istituzionale legate ad un recente consiglio federale che si è svolto, e successivamente il Mazzini segnala a Bergamo la necessità di non... non so dovrei leggere il...
PM: No, se mi indica... se ha necessità di rileggere anche Lei...
Auricchio: Siccome il momento, il 30 aprile, è un momento molto significativo dal punto di vista dell'andamento del campionato, le due squadre di testa sono ancora appaiate, soltanto che in quella circostanza il Milan ha giocato l'anticipo il sabato e la Juventus invece gioca regolarmente alla domenica, quindi la conversazione verte sul fatto che Mazzini ricorda a Bergamo di mantenere alta l’attenzione... in sintesi... dovrei citare il testuale insomma...
L’avvocato Prioreschi, difensore di Moggi, si oppone.
Casoria: Va bene, quando l'andremo a leggere, Pubblico Ministero, così dovrebbe essere. Sentiamo il riassunto...
Auricchio: Solo il testuale, Mazzini ricorda a Bergamo, siccome il Milan ha giocato sabato e la Juve deve giocare la domenica, Mazzini ricorda testualmente: “stasera se per caso succede qualcosa fra oggi e domani tu ci ragioni, perché poi cambiano a seconda di chi...” - e Bergamo gli risponde – “ma le cose impossibili non si possono fare”. Quindi questo è il testuale ritenuto di interesse in considerazione del fatto... perché se no altrimenti non si comprende che c'è una distanza temporale tra le due partite cioè il Milan gioca al sabato e la Juventus gioca la domenica, sostanzialmente la giornata successiva.
Trascurando l’inesattezza del Colonnello che sintetizzando parla come se il Milan avesse già giocato, cosa non vera, visto che lui stesso dice che la telefonata è del 30 aprile alle 19.11, mentre il Milan giocherà alle 20.30 dello stesso giorno, c’è da notare che Auricchio, riassumendo la telefonata, lega le frasi alla giornata calcistica, che vede il Milan impegnato nell’anticipo del sabato contro la Fiorentina e la Juventus il giorno dopo in casa contro il Bologna. Ciò viene sottolineato anche dal dott. Narducci:
PM: Però mi scusi, colonnello, Lei nella prima parte di illustrazione di questa telefonata, prima di leggere questi segmenti testuali, asserisce che c’è un riferimento da cui si può desumere che c'è un riferimento nel colloquio alla situazione esistente in quel momento ed anche specificamente alla figura di Moggi, Giraudo e della propria squadra.
Auricchio: La discussione è piuttosto lunga, diciamo in sintesi che Mazzini non fa altro che richiamare l'attenzione a Bergamo nei confronti di Moggi e Giraudo.
A quel punto, l’opposizione dell’avvocato difensore De Falco obbliga il teste a leggere l’intera telefonata. Ed ecco che, dalla lettura della trascrizione, l’unica cosa che si evince è che i due interlocutori criticano Lanese, che di sua iniziativa aveva deciso di apportare modifiche strutturali nell’AIA. Lanese, secondo Mazzini e Bergamo, starebbe cercando l’appoggio della stampa per promuovere se stesso come candidato. La trascrizione integrale è agli atti, ne riportiamo la parte che secondo gli inquirenti si dovrebbe legare alle partite di Milan e Juventus di quella giornata, e solo per chi volesse verificare la nostra buonafede. Chi si fida passi pure oltre.
Auricchio: saltando il colloquiale.
Bergamo: Mi è rimasta la curiosità che ieri c'era stata in Consiglio Federale la discussione.
Mazzini: Non ne ha parlato per niente, siamo stati sempre in tre anche in forma molto riservata mai si è detto niente.
Bergamo: Mah, meglio così comunque.
Mazzini: Ma ora lui... io non conosco... lui lo chiama eh?!
Bergamo: Guarda questo è un bastardo, questo Lanese qui ragazzi.
Mazzini: Lanese sta lavorando, eh?!
Bergamo: Ma sta lavorando anche in maniera scomposta, perché capito?!
Mazzini: E perché tu come credevi che facesse?!
Bergamo: Alla Gazzetta insomma, sta chiedendo che il giornale gli faccia...
Mazzini: Certo!
Bergamo: Una campagna per lui.
Mazzini: Certo!
Bergamo: Me lo ha detto Borlini, mi ha detto guarda Paolo stai attento perché questo è un bastardo vero, perché così proprio attraverso Capone vuole...
Mazzini: Sì! Sì! Sì!
Bergamo: Mamma mia ragazzi.
Mazzini: Mamma mia, capitano tutte a lui.
Bergamo: (ride) Di lui... di lui non mi sono mai fidato, quindi per me non è una novità, credimi.
Mazzini: No! No! Son d’accordo.
Bergamo: Quindi va preso con le molle.
Mazzini: Sta' attento eh?!
Bergamo: Sì! Sì! Lo so! Ma loro però hanno perso...
Mazzini: E' perché pensano che tutti siano contro di loro capito?!
Bergamo: Ma scusami tanto per essere...
Mazzini: No! No! Lascia fare l'assistente, io ho capito tutto.
Bergamo: Dai! Ma come è possibile.
Mazzini: Però te bisogna che tu gli dia comunque la sensazione, anche se tu fai in un'altra maniera.
Bergamo: Ricordati che ti dico ora…
Mazzini: Dare comunque la sensazione di...
Bergamo: Innocenzo, quando ti trovi di fronte a questa situazione non c'è una mezza strada, capito?! Perché è che non puoi...
Mazzini: Ma non per queste situazioni.. Ma non come rapporti.
Bergamo: Eh lo so!
Mazzini: Sempre stretti, eh?!
Bergamo: Non ci ragioni, non ci ragioni, non ci ragioni.
Mazzini: Se stasera per caso succede qualcosa tra oggi e domani tu ci ragioni.
Bergamo: Mmh…
Mazzini: Perché poi cambiano a seconda di...
Bergamo: Eh lo so...
Mazzini: A seconda di chi...
Bergamo: Mah... Le cose impossibili non si possono fare.
Mazzini: E no eh?!
Bergamo: Eh ma però quello vuol dire mandare all'aria tutto...
Mazzini: Però ora loro vedono... vedono nemici dappertutto capito?!
Bergamo: Si va lì, il nemico è stato soltanto quello che ha preso la prima decisione.
Mazzini: Lo so... lo so...
Bergamo: Eh!
Mazzini: Ma dico, ora loro sono alterati perché vedono nemici dappertutto.
Bergamo: Ho capito.
Mazzini: Capito?!
Bergamo: Ho capito, ma sbagliano.
Mazzini: Lo so, ma non è mica semplice. Però insomma tanto vengono sempre alla fede, eh?!
Bergamo: Anche perché il lavoro viene fatto, perché non puoi passà da una domenica all'altra ad allacciare...
Mazzini: No! No!
Bergamo: Capito?!
Mazzini: Senti comunque stasera...
Bergamo: Ma speriamo che... eh oh! Sai lui... ti dico ora io lui stasera cosa fa lui va alla partita...
Mazzini: Sì, bene, bene
Bergamo: Capito... perché lui...
Mazzini: Benissimo che lui è in una posizione ora che...
Bergamo: Ma che scherzi davvero?
Mazzini: Non esiste, dai.
Bergamo: E poi c'è tempo, capito?!
Mazzini: Bene, bene. Senti un'altra cosa... i biglietti sono posto.
Bergamo: Bene, ti ringrazio, uno è mio ho un ispettore di Massafra.
Mazzini: Sì, tutto a posto.
Insomma, oggettivamente non esistono riferimenti alle due squadre in quel momento in testa al campionato o a loro dirigenti, tanto che l'avvocato Prioreschi è intervenuto definendo fantasiosa l'interpretazione datane dall'accusa. Ciò che può aver tratto in inganno è la frase in cui si fa riferimento ad eventi di quel giorno e del giorno dopo, ma, visto che il discorso non verte sulle partite di campionato, bensì sulla politica sportiva, il coinvolgimento dei dirigenti juventini appare del tutto artificioso.
SECONDA INCONGRUENZA: MAZZINI PRUDENTE CON DELLA VALLE E LEGGERO CON MOGGI
A dimostrazione della “fantasia interpretativa” degli inquirenti, come sottolineato ironicamente dall’avvocato di Moggi, vediamo come viene commentata la frase ”queste non sono cose che per telefono… non se ne può parlare al telefono” detta da Mazzini il 20 aprile 2005 durante un colloquio con Andrea Della Valle, che si sfoga con lui per l’esito della partita Fiorentina-Messina: in essa l’arbitro Nucini, non indagato e testimone citato dall'accusa, danneggiò enormemente, a detta del dirigente, la squadra toscana, concedendo sei minuti di recupero, nel corso dei quali fu espulso un viola e una punizione per la Fiorentina venne invertita, permettendo così ai siciliani di segnare il gol del pareggio.
PM: Che risposta dà Mazzini a questo sfogo di Della Valle?
Auricchio: Mazzini sostanzialmente raccoglie lo sfogo senza pronunciarsi. Ricordiamo che, l’avevamo accennato prima, a quella data c’è anche l’inchiesta di Torino che avevamo ricordato prima della pausa e quindi Mazzini istintivamente dice: “vabbè queste cose per telefono… non se ne può parlare per telefono”…
Dell’inchiesta di Guariniello, come sostiene lo stesso Auricchio, il mondo del calcio è venuto a conoscenza almeno il 25 febbraio 2005, giorno in cui il magistrato torinese invita Martino Manfredi e Maria Grazia Fazi a presentarsi come persone informate sui fatti. Bene! Non si capisce come mai allora il prudente e sospettoso Innocenzo Mazzini non voglia parlare al telefono di “certe cose” solo con il dirigente fiorentino, quando, proprio per quanto emerso durante questa deposizione, è uno dei soggetti che ha permesso di raccogliere più intercettazioni con elementi “indiziariamente utili” in tutto l’arco dell’inchiesta, sia prima che dopo la data di questa telefonata.
TERZA INCONGRUENZA: PERCHE' SOLO INTERCETTAZIONI TELEFONICHE? LE AMBIENTALI NO?
Un’altra incongruenza sulla conduzione dell’inchiesta sta in apparenti negligenze degli stessi inquirenti. I soggetti intercettati, non sapendo di esserlo, danno spesso inavvertitamente informazioni che potrebbero permettere agli organi di polizia di eseguire indagini più approfondite su quelli che loro ritengono ipotetici misfatti: ad esempio, Auricchio racconta di almeno quattro riunioni sospette fra alcuni degli imputati. Una fra Moggi, Giraudo e Lanese a Torino in un ristorante; un’altra fra Moggi, Giraudo, Mazzini e Bergamo a Collesalvetti nell’abitazione del designatore; un’altra fra Moggi e la Fazi al santuario del Divino Amore a Roma; un’altra a Firenze, in un rinomato ristorante, fra Diego Della Valle, Mencucci, Bergamo e Mazzini.
I carabinieri, grazie proprio alle intercettazioni, vengono a conoscenza di tutti questi appuntamenti almeno tre giorni prima: ci sarebbe da chiedersi come mai non abbiano mai installato un sistema di intercettazione ambientale, per cercare almeno di captare i contenuti di questi loschi incontri.
QUARTA INCONGRUENZA: LA JUVE COMPLOTTA PER VINCERE ANCHE DOPO AVER VINTO
Ci sarebbe da aggiungere inoltre una clamorosa gaffe del PM Narducci e del colonnello Auricchio nel descrivere l’incontro del 21 maggio 2005 a casa Bergamo, alla vigilia della penultima giornata di campionato.
PM: E' questa la giornata in cui la Juventus consegue lo scudetto?
Auricchio: Sì, matematicamente diciamo...
PM: Poi resta ancora un turno ultimo da disputare.
In realtà è facilmente dimostrabile che la Juventus il 21 maggio 2005 aveva già vinto matematicamente lo scudetto, infatti aveva 4 punti di vantaggio sul Milan, a cui restava solo una partita da disputare a causa dell'anticipo al venerdì della gara contro il Palermo. Pertanto non sarebbe assurdo ipotizzare che questa riunione sia stata appositamente rimandata dai compoonenti a tale data proprio per non destare sospetti.
Probabilmente, secondo la tesi accusatoria, questo incontro doveva servire alla cupola per “completare l’opera” e salvare le società affiliate, ad esempio la Fiorentina. Peccato che il 22 maggio la partita Lazio-Fiorentina sia finita 1-1 e che sia stata diretta da un arbitro considerato dagli inquirenti al di sopra di ogni sospetto, Rosetti, il quale danneggiò vistosamente la squadra toscana, non assegnandole un rigore per un fallo di mano del laziale Zauri, sostituitosi al portiere sulla linea di porta.
Allora, a cosa servì questa riunione? Perché il cerchio non si chiuse? C’era forse una cosca antagonista evidentemente più forte che l’inchiesta non è riuscita a svelare? Se i sorteggi erano truccati, come può avvenire che per una partita importantissima venga designato un arbitro “pulito” come Rosetti?
QUINTA INCONGRUENZA: PERCHE' MEANI NON ASSOCIATO?
Il Colonnello Auricchio, nel descrivere l’attività del dirigente milanista, ha confermato davanti al tribunale che aveva regolari contatti diretti con arbitri ed assistenti in attività. Emblematica un'osservazione della presidente Casoria: “Pubblico ministero, ma Meani non è inquisito per il primo capo di imputazione, associazione a delinquere...”.
Se non l’illecito, sul quale spetta al tribunale sentenziare, il primo dato che emerge è quantomeno la disparità di trattamento riservata ai dirigenti juventini rispetto agli altri coinvolti in quella che da anni vi abbiamo descritto come una farsa.
Insomma, almeno per quanto riguarda le fasi preliminari di un’inchiesta, pare che anche per la giustizia ordinaria ci si debba porre la stessa domanda che ci si pone per quella sportiva: la legge è uguale per tutti?
Colonnello Auricchio/1: da un pettegolezzo di Dal Cin alla Juve in B
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- By Mario Incandenza
Come abbiamo raccontato in diretta, martedì è ripreso il processo di Napoli con l’attesissima deposizione del Colonnello Auricchio, coordinatore della squadra che ha svolto le indagini illecitamente trasformate da ignoti nel 2006 in linciaggio mediatico. A tal proposito, sembrerebbe ormai che la manina galeotta che fece andare la Juve in serie B sia riuscita a far perdere le proprie tracce, ma questa è la "norma" in questo Paese, non l'eccezione.
L’udienza è stata lunga e noiosa e la deposizione continuerà la settimana prossima. La parte interessante dovrebbe arrivare col controesame degli avvocati difensori, ma dovremo avere pazienza perché il pm non ha ancora finito questo suo esame e non sappiamo quanto tempo prenderà la prossima volta. Melina?
L’udienza di martedì è stata inoltre caratterizzata dalle reiterate proteste degli avvocati difensori per la modalità con la quale il teste ha ricostruito l’indagine da lui guidata. In particolare, è stato contestato l’utilizzo di un pc tramite il quale il Colonnello ha letto documenti definiti dai difensori “brogliacci” parziali, in particolare trascrizioni di intercettazioni (ad esempio, i verbali di trascrizione del 3 febbraio 2005) non autenticate dal tribunale, che ha incaricato in proposito periti terzi il cui lavoro sarà discusso più avanti. Il giudice Casoria ha però rigettato le obiezioni, motivando la decisione col fatto che alla fine il processo è fondato solo sulle intercettazioni, non c’è davvero nient’altro, e così il Colonnello Auricchio ha potuto trascorrere quattro ore a rileggere frammenti di telefonate, attribuendo loro quasi sempre un senso che, ormai da anni, abbiamo dimostrato non essere quello corretto.
E allora via con Reggina–Juve e il falso sequestro di Paparesta, il quale ormai è un testimone dell'accusa che ha negato la circostanza ma fa niente; e fa niente se si è stabilito che la telefonata del giorno dopo la partita non era di scuse, e fa niente se è stato spiegato che l’ingresso dei dirigenti nello spogliatoio arbitrale dopo la partita era lecito, e fa niente se il referto della partita e del dopopartita non lo scrive l’osservatore arbitrale, perché il Colonnello ancora non lo sapeva.
Ah, che spasso poi riascoltare frammenti delle fondamentali telefonate tra Moggi e il moviolista di Biscardi, nonché quella in cui l’arbitro De Santis si compiace con Manfredi Martino di essere riuscito a farsi regalare le pregiatissime magliette di Kapo e Olivera (ma una volta la Juve non dispensava le Fiat? Mala tempora currunt.)!
Davvero azzeccata poi la citazione della Carraro–Bergamo di due giorni prima Inter–Juve del 28 novembre 2004. “Mi raccomando, che faccia la partita onesta, ma non faccia errori a favore della Juventus”, si raccomandava Carraro, e ancora oggi sbalordisce come un Presidente Federale che si raccomanda col designatore perché istruisca un arbitro a fischiare nel dubbio a favore dell’Inter porti poi le indagini a tenere nel mirino solo la Juve.
E le telefonate della segretaria della Juve che non riesce a sorprendere Moggi con i nomi degli arbitri designati? Ormai si è scoperto da tempo che avvenivano ben dopo le designazioni ufficiali, e che Moggi quelle informazioni le riceveva in modo lecito e a sorteggio avvenuto. Ma tant’è. E poi i pregiati panettoni per la cena di Natale con i designatori, le letali ammonizioni mirate dei fuoriclasse Nastase e Petruzzi del Bologna, i biglietti per Juve–Milan chiesti da Lanese, i check di Pairetto (“Elettrocardiogramma?”, si sente chiedere ironicamente da un avvocato), Moggi che si lamenta con Girotto di un arbitro (embè?), e i piagnistei di Cellino per un Cagliari-Juve, fino ad arrivare alla madre di tutte le farsopolate: la telefonata delle griglie pre Juve-Udinese del 13 febbraio. Qui il Colonnello parla di griglia telefonica che corrisponde a quella poi predisposta nella realtà; peccato, fanno notare i difensori, che la scelta di quegli arbitri era pressoché obbligata e che non furono i nomi ipotizzati da Moggi quelli che andarono a comporre quella griglia. E nello stesso equivoco il Colonnello incorre quando commenta una conversazione tra Bergamo e la sua segretaria sulla designazione degli assistenti.
Più di una volta Bergamo e Moggi, presenti in aula, non sono riusciti a trattenersi dall’intervenire per puntualizzare, rischiando anche di far prendere alla Presidente Casoria dei provvedimenti disciplinari nei loro confronti, tanto che alla fine Moggi ha chiesto di fornire una deposizione spontanea che potete ascoltare qui.
Alla fine, gli interrogativi più sostanziosi riguardano l’esposizione preliminare che il Colonnello ha fatto sulla genesi della sua inchiesta. Il 21 luglio 2004 la procura di Napoli gli chiede di indagare su eventuali rapporti tra il Messina, la GEA e alcuni arbitri della sede romana, sulla base di una deposizione di Dal Cin, nell’ambito di un’inchiesta sul calcio scommesse. Sì, Dal Cin, quello la cui testimonianza qualche mese fa è stata definita in aula frutto di sole "sensazioni". Auricchio ha parlato di una prima attività investigativa durata dal 21 luglio al 18 settembre 2004, che avrebbe portato a verificare la fondatezza di un’ipotesi di reato e alla conseguente decisione della procura di Napoli di consentire le intercettazioni, a partire dall’11 ottobre 2004, a carico di Moggi Alessandro, Zavaglia Francesco, Calleri Riccardo, Cellini Tommaso, Geronzi Chiara, Moggi Luciano, De Mita Giuseppe (anche se per breve tempo causa cellulare non funzionante), Palanca Luca, Gabriele Marco e fax GEA.
Quel che non si capisce è la facilità con la quale lo spettro si allarghi in pochi giorni, andando a comprendere esponenti del mondo arbitrale e federale. Auricchio parla di una telefonata di Pairetto a Moggi del 16 ottobre (per altro priva di “interesse investigativo”) che porta a mettere sotto controllo anche i telefoni dei due designatori. A inizio novembre salta fuori anche una telefonata di un osservatore arbitrale a Lanese il giorno di Reggina–Juve, quindi abbiamo anche l'allora presidente dell’AIA intercettato (ma l’autorizzazione quando?). E così, via, comprendendo anche il vicesegretario della Figc Innocenzo Mazzini. Insomma, al controesame i difensori avranno senza dubbio molte curiosità da sottoporre al teste.
Sono davvero tanti i perché che frullano nella testa. Ad esempio: perché nel 2006 gli inquirenti non s’interessarono al guardalinee Coppola che voleva raccontare un episodio che coinvolgeva l’Inter? Perché nel 2005-2006 nessuna intercettazione, ma solo seconde (2-11-05; la prima è del 16 aprile 2005) e terze informative (21-1-06)? Il metodo del “riascolto” utilizzato, che prevede le intercettazioni in caserma, era davvero congruo per quella indagine? E la telefonata di Baldini in cui preannuncia a Mazzini il ribaltone, vogliamo parlarne?
Fa davvero impressione il pensiero che tutto il pandemonio che quattro anni fa ha fatto ha pezzi la Juve della Triade possa essere scaturito, ripetiamo, da un’ipotesi investigativa su Messina, arbitri romani e GEA, quando noi oggi sappiamo che la GEA non delinqueva e che di quei due arbitri romani indagati all’inizio, Palanca e Gabriele, uno manco è stato rinviato a giudizio e l’altro è stato assolto in primo grado nell’abbreviato.
Speciale Auricchio dall'aula di Napoli
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Sono presenti in aula Moggi, Bergamo e Pairetto.
Il Presidente Casoria, in via eccezionale, consente all'Auricchio di leggere i brogliacci delle intercettazioni per ricordare meglio fatti e circostanze, ma appena esce dal seminato e fa commenti personali lo bacchetta.
Moggi si è inquietato un paio di volte ed è intervenuto, in paricolare quando Auricchio ha citato la famosa telefonate dell'"ambiente interno e ambiente esterno". Quando Auricchio ha identificato l'ambiente esterno con gli arbitri, Moggi si è alzato e ha preso la parola, autorizzato dalla Casoria, per specificare che "l'ambiente esterno", per lui, era quello costituito dai giornalisti e dai media.
L'esame del testimone dell'accusa, tenente colonnello Auricchio, si chiuderà verso le 15.30 per problemi familiari del teste e verrà ripreso, come garantito dal PM, nella prossima udienza, quando, si spera, potremo ascoltare le domande poste nel controesame dalle difese.
Il puzzle delle Sim svizzere: “Ognuno li legge come vuole”
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- By Mario Incandenza
Immaginate che una coppia di amici vi chieda aiuto per una sera, hanno bisogno che gli accudiate il bambino che sta attraversando una fase d’infatuazione per i puzzle.
Accettate, è giusto che ogni tanto stacchino. Così loro prenotano due posti in multisala per "Baciami ancora" e voi vi presentate a casa loro con una confezione da 1000 pezzi, che andranno a comporre l'immagine di un mito della vostra infanzia: Jeeg Robot d’acciaio.
Contento per il regalo, sotto i vostri occhi attenti, il bimbo dei vostri amici inizia a comporre il mosaico, incastra le prime tessere. Man mano che la figura prende forma, però, la sua espressione si fa perplessa, delusa. Lui va matto per i Dragon Ball. Per lui il mito è Goku. Non è l’immagine di Goku che sta comparendo, è qualcun altro che non conosce e che non gli interessa vedere.
Finché, arrabbiato, spazza tutto e ricomincia da capo. Ora inizia a scegliere pezzi non secondo il corretto incastro, ma secondo il colore e la trama della superficie, per tentare di comporre qualcosa che abbia a che fare col suo Goku. Forza i bordi, li piega, in alcuni casi strappa dei lembi di tessera, per poterli inserire dove più gli garba. Alle vostre obiezioni fa i capricci, s’impunta, finché vi rassegnate, lo lasciate fare e accendete la tivù.
Dopo un paio d’ore, il bimbo vi chiama, dice che ha finito, è contento. Ma il risultato che vi mostra, ovviamente, non è quello giusto, non è Jeeg Robot d’Acciaio. Ricorda, anche se molto vagamente, Goku dei Dragon Ball, una figura composta da pezzi deformati, mutilati, che stentano a stare insieme. Molti altri pezzi giacciono in piccoli mucchietti nei pressi, avanzano, non hanno nulla a che fare con Goku, nemmeno nei colori e nella trama. Non gli servono, vi dice il bambino, e aggiunge che evidentemente i puzzle erano due, e che il secondo non gli interessa risolverlo. Per l’ultima volta provate a spiegargli che il risultato del suo lavoro è sbagliato, ma lui fa i capricci, batte i piedi.
Esausti, gli date ragione. Va bene, piccolo, è Goku, non è Jeeg Robot d’acciaio. Stai buono, fra un po’ arriva la mamma.
Con i bambini è così.
Tra le deposizioni del processo Calciopoli del 2009, ne avevamo lasciata indietro una che pubblichiamo oggi, per celebrare degnamente la ripresa delle udienze dopo le feste. E' quella del maresciallo Di Laroni dei cc di via In Selci di Roma. Il maresciallo è l’autore delle informative sul teorema delle Sim Svizzere. Aveva deposto una prima volta il 10 novembre scorso (rileggi qui il nostro resoconto), ma un'udienza non era bastata ed era tornato in aula il 13 novembre per farsi controesaminare dagli avvocati Prioreschi (difesa Moggi), Morescanti (difesa Fabiani) e Sena (difesa Pairetto).
Di seguito, un elenco delle maggiori incongruenze riguardanti il famigerato teorema delle Sim svizzere emerse da quella seconda udienza.
CAPITOLO MOGGI
- IMPOSSIBILE STABILIRE NUMERO E DURATA DELLE IPOTETICHE TELEFONATE FRA UTENTI SIM
Incalzato dall’avvocato Prioreschi e anche dal giudice, lo stesso Di Laroni ha ammesso che è impossibile stabilire quante telefonate siano state fatte con le famigerate SIM svizzere, né, tantomeno, è possibile stabilirne la durata. I dati che i CC hanno analizzato sono stati forniti da gestori diversi, che sulle medesime telefonate (o semplici tentativi di chiamata) riportano spesso orari e numero di contatti molto discordanti fra di loro. Alcune discrepanze messe in rilievo dal controesame dei difensori sono clamorose. Uno tra gli esempi più eclatanti: verso l'utenza 0041764334751 attribuita a Fabiani noi abbiamo, dall’utenza attribuita a Moggi, 10 contatti in uscita e 33 in entrata, al contrario 129 in uscita e 29 in entrata.
- LE IPOTETICHE ATTRIBUZIONI DELLE SIM AGLI ARBITRI SONO STATE FATTE CON METODI APPROSSIMATIVI E NON CERTIFICATI
Per mettere insieme gli schemini delle attribuzioni di cui da tre anni si straparla sui media, non è stato utilizzato alcun software o sistema di gestione professionale dei dati. I cc hanno fatto tutto a mano. Dalla deposizione di Di Laroni: ”Generalmente il gestore Tim li fornisce in txt, la Vodafone li fornisce in Excel, quindi noi ci siamo preoccupati di trasformare manualmente quelli forniti in txt in Excel in modo da averli tutti dello stesso formato; vengono inseriti con un copia e incolla.” Dunque l’analisi dei carabinieri, come ha sottolineato il difensore di Moggi, è stata fatta “a mano”, “un tanto al chilo”, senza usare software “certificati forensi, perché devono consentire che l'originale corrisponda alla copia e devono evitare che nella trasmigrazione dei dati possono esserci errori oppure possono andar persi dati”. Sulla questione, inoltre, emblematica una risposta data da Di Laroni al presidente del tribunale: “Presidente, ognuno interpreta i dati come vuole, c'è un famoso esperto in Italia, lasciamo stare il nome, che li interpreta in maniera informatica”.
- IMPOSSIBILE STABILIRE CON ESATTEZZA QUANDO SAREBBERO AVVENUTE LE IPOTETICHE TELEFONATE
Sempre sui famigerati schemini: come molti lettori ben ricorderanno, vi si indicavano i presunti contatti telefonici nell’arco della settimana pre e dopo gara, senza specificare in che giorno e a che ora. L’avv. Prioreschi ha chiesto spiegazione: “A dire il vero Lei non ha specificato quando questi contatti sono avvenuti, ha detto solo nella settimana prima, anche qui Le chiedo che tipo di contatti sono: chiamate, tentativi, eccetera?” La risposta del maresciallo è stata: “Non si può sapere, con il tabulato davanti uno li interpreta, io sono rimasto nel generico”.
- GLI SPECCHIETTI DISTRIBUITI ALLA STAMPA ERANO FRUTTO DI INFORMATIVE INCOMPLETE O ERRONEE
Sull’argomento i cc scrissero ben tre informative: marzo 2007, luglio 2007 e dicembre 2007. Nel controesame scopriamo che le prime erano in qualche modo incomplete, se non in conflitto con le seguenti (ad esempio, secondo Prioreschi, sia in quella di marzo che in quella di luglio sarebbero stati analizzati dei dati che in seguito le compagnie telefoniche avrebbero rettificato). Ebbene, a livello mediatico, la storia delle sim svizzere uscì ad aprile 2007, e cioè dopo la prima informativa, e da allora a livello popolare si ragiona ancora su quell’ipotesi, che evidentemente è fondata su dati erronei.
CAPITOLO FABIANI
Ad Angelo Fabiani i Carabinieri hanno attribuito “verosimilmente” due sim svizzere. Le basi della “verosimiglianza” sarebbero: la residenza (che era a Roma), le partite del Messina (per cui lavorava come DS) e le telefonate della Sim svizzera a utenze nazionali. Anche l’avvocato Morescanti, legale del Fabiani, nel suo controesame, ha messo a dura prova il metodo dei cc.
- MANCANO I RISCONTRI TECNICI SULLE CELLE E SULLA PRESENZA O MENO DI FABIANI A ROMA
Sulla residenza. Prima di tutto, non si capisce se le due schede in questione accendessero celle telefoniche romane in generale o celle del quartiere di “Primavalle”, dove risiedeva Fabiani. Lo stesso Di Laroni ha detto che solo una delle due schede accendeva, di Roma, prevalentemente la cella di Primavalle. Inoltre, il quartiere è molto vasto e contiene molte celle telefoniche. La Morescanti ha contestato l’assenza di diverse necessarie verifiche per attestare quell’attribuzione: non è stato verificato se le celle accese erano unidirezionali o multidirezionali (se unidirezionali, alcune celle non potevano essere agganciata dalla casa di Fabiani). Non è stato verificato che Fabiani si trovasse effettivamente a Roma in occasione delle telefonate (si è verificato solo che si trovasse nei luoghi delle partite). Non è stato verificato che le celle fossero di tipo SRB (stazione radio base – che dà l’indicazione del terminale) o MSC (che è solo un aggancio fra altre celle); e ciò è grave, perché le MSC non danno la localizzazione del cellulare. Non è stato verificato che la Sunrise avesse un roaming preferenziale (che a volta fa sì che il cellulare agganci una cella più lontana, perché in convenzione con il gestore straniero).
- MANCANZA DI RISCONTRO SULLA PRESENZA DI FABIANI A MESSINA E SULLE CELLE DELLO STADIO
Sulle partite a Messina: non si è verificata la zona di Messina in cui il cellulare agganciava la cella, in particolare che si trattasse di una cella vicina allo stadio. Non si è verificato quale fosse l’albergo in cui dimorava Fabiani quando era a Messina. Non si è verificato quante fossero le persone che seguivano il Messina in trasferta, e in particolare dove dimorasse il Messina quando giocava a Roma (se in un albergo di Primavalle o no).
- MANCANZA DI RISCONTRO SUI NUMERI ITALIANI CHIAMATI DALLE SIM E IN EFFETTI IN USO A PERSONE SCONOSCIUTE A FABIANI
Sui contatti con utenze italiane. Riguardo a una delle sim attribuite a Fabiani, ci sono diversi numeri italiani, con tanto di anagrafica degli utenti che la contattano, ma i Carabinieri non hanno controllato chi fossero queste persone. In pratica, dal dibattimento del 13 novembre scorso, si è intuito che si tratta di gente che non ha nulla a che fare con Fabiani.
CONCLUSIONI (?)
La domanda finale è semplice: quali sono gli elementi che fanno sì che i carabinieri siano così convinti di aver attribuito le sim acquistate da Moggi ai corretti utilizzatori, e cioè a un gruppo consistente di arbitri? Fin troppo significativo un passaggio del controesame della Morescanti: il maresciallo Di Laroni ammette che gli inquirenti sono partiti dalla fine, e cioè che il novero dei possibili utenti è stato individuato solo fra gli indagati (poi imputati). Solo loro sono stati considerati, gli arbitri, nessuna ipotesi alternativa, perché era l’unica che interessava prendere in considerazione.
E non è tutto, ci sono altre tre o quattro cosette, emerse dall’udienza del 13 novembre, che vanno evidenziate.
1) IL NUMERO DELLE TELEFONATE DEI FAMOSI SPECCHIETTI DELLE SIM SVIZZERE ERA DEL TUTTO CAMPATO IN ARIA
Come ammesso dal Di Laroni su richiesta dell’avvocato Sena, difensore di Pairetto, che si è soffermato sulle incongruenze fra le diverse compagnie telefoniche sul numero di contatti fra le sim incriminate, i famosi schemini diffusi alla stampa non sono attendibili riguardo al numero delle telefonate intercorse, ma servono solo a indicare che dei contatti sono intercorsi. Gli schemini non hanno alcun valore né verità, non indicano il numero di telefonate, ma al massimo possono testimoniare che due numeri, genericamente, si sentirono fra di loro. Altro che "40 telefonate prima di Juve-Milan".
2) DELLE SIM PRESE IN CONSIDERAZIONE, QUANTE FURONO VERAMENTE FATTE ACQUISTARE DA MOGGI?
Di Laroni aveva raccontato che le Sim prese in considerazione appartengono a tre gruppi: il primo di 9, il secondo di 12, il terzo di 10. In seguito alla richiesta dell’avv. Morescanti su due numeri svizzeri, Di Laroni risponde che fanno parte del terzo gruppo, ma che il secondo e il terzo gruppo (12 e 10 sim) non corrisponde alle sim indicate come vendute dal De Cillis, ma sono deduzioni che i carabinieri fanno dal traffico, dai tabulati.
Dunque solo le prime 9 vennero acquistate da Moggi?
3) IN SVIZZERA SENZA ROGATORIA
L’avvocato Prioreschi ha ripetutamente chiesto al maresciallo se lui o qualche suo collega, in fase d’indagine, fosse stato in Svizzera, ma Di Laroni ha recisamente negato. Peccato che un mese dopo, e cioè il 22 dicembre scorso, il collega Nardone l’abbia contraddetto, ammettendo che almeno un viaggio a Chiasso ci sarebbe stato.
4) GIA' TRE ARBITRI ACCUSATI DI AVER AVER USATO LE SIM SONO STATI SCAGIONATI
Il 14 dicembre scorso c’è stata la sentenza di primo grado del rito abbreviato, nella quale è giunta l’assoluzione degli arbitri Gabriele e Cassarà, entrambi accusati, nel processo principale, di far parte della rete “segreta” di Sim protette, come illustrato dal maresciallo Di Laroni. Gabriele e Cassarà si aggiungono a Gianluca Paparesta, già prosciolto in fase istruttoria e poi testimone d’accusa che ha raccontato, ad uso del pm che non ha obiettato, che la sim svizzera a lui attribuita era in realtà in uso al padre per fini tutt’altro che illeciti.
E oggi tocca al capo di Di Laroni, l'allora maggiore Attilio Auricchio.
Video:
- Deposizione del maresciallo Di Laroni del 10-11-2009
- Prioreschi controesamina Di Laroni/1
- Prioreschi controesamina Di Laroni/2
- La Morescanti esamina Di Laroni sulle sim attribuite a Fabiani/1
- La Morescanti esamina Di Laroni sulle sim attribuite a Fabiani/2
- Prioreschi spiega le indagini sulle sim svizzere
- Trofino controesamina Auricchio sulle sim svizzere