CantaNapoli - Il processo
Moggi e Giraudo: posizioni a confronto
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- By inunmondoche
I CONTENUTI - Può un procedimento influenzare l'altro?
Il processo con rito abbreviato, anche in appello, si svolgerà esclusivamente basandosi sulle carte delle indagini preliminari. La possibilità che i difensori di Giraudo e degli altri tre imputati riescano a produrre verbali del dibattimento principale riguardante Moggi non sono molte, tenuto conto che per ammettere questi atti ci vorrebbe il consenso delle altre parti, p.m. e parti civili.
Anche in riferimento agli episodi di frode sportiva per cui Giraudo è stato condannato, che si intrecciano con altri comportamenti imputati a Moggi, e a quelli per cui è stato assolto, soprattutto Siena-Milan che invece non riguardava il direttore sportivo della Juventus, è molto probabile che anche la condanna dell'ex amministratore delegato per associazione a delinquere, in cui è inquadrato, leggendo il dispositivo della sentenza, come semplice partecipante, venga motivata proprio in riferimento alle condotte di Moggi.
Se lo schema della motivazione della condanna fosse basato sul fatto che Giraudo fosse a conoscenza e condividesse determinati comportamenti di Moggi, è ovvio che un'assoluzione di Moggi andrebbe a minare questa sentenza.
Per questo diventano importantissimi i tempi: purtroppo, come andiamo a vedere, appare probabile che la sentenza di secondo grado per Giraudo possa essere pronunciata prima di quella per Moggi.
I TEMPI - Chi arriverà per primo a sentenza, dunque? Giraudo in appello o Moggi in primo grado?
Nel caso il giudice per le udienze preliminari Eduardo De Gregorio decida di avvalersi interamente dei novanta giorni a disposizione per rendere pubbliche le motivazioni che hanno portato alle quattro condanne e alle sette assoluzioni del processo celebrato con rito abbreviato, l'atto di appello da parte dei legali dei condannati verrà presumibilmente depositato tra maggio e giugno del 2010. I tempi per la fissazione della prima udienza del processo, compatibilmente con il calendario della Corte d'Appello, indicherebbero quindi l'inizio del procedimento in appello nel periodo immediatamente precedente quello feriale o, più probabilmente, per il mese di Settembre. Come previsto dalla procedura, si passerà subito alla discussione con i legali delle quattro parti condannate. Si possono prevedere quindi due o tre udienze al massimo per il processo di appello riguardante Giraudo.
Molti i testimoni ancora da sentire nel processo principale invece: un breve calcolo, considerando l'istruttoria e la discussione con le parti, che qui sono numerosissime, suggerisce come altamente improbabile che si possa concludere entro il 2010.
Chi finirà prima? Difficile dirlo, non conoscendo i calendari dei due collegi giudicanti, ma appare possibile che si arrivi a sentenza per l'appello che riguarda Giraudo nello stesso periodo della sentenza di primo grado per Luciano Moggi.
LA GIUSTIZIA SPORTIVA - Quante assoluzioni servono alla Juve per poter sperare in un ritorno dei due scudetti? Basterà quella nel processo principale per Moggi, anche se per Giraudo, l'amministratore delegato, il procedimento si concluderà con una condanna? Cosa succederà in caso di sentenze confliggenti, caso che, abbiamo visto, è tutto fuorché impossibile?
E' difficile a dirsi. L'art. 39 consente la revisione dei processi sportivi, in caso di fatti nuovi emersi, o di prove rivelatesi false. Una sola delle due sentenze che sancisca l'insussistenza dell'associazione a delinquere dovrebbe prestarsi con successo a motivare la revisione le decisioni della Giustizia Sportiva, al fine di riconsiderare quello che nell'estate 2006 fu ritenuto un "illecito associativo".
Un illecito che un Tribunale sentenzierebbe non essere esistito, mentre un altro potrebbe confermarlo.
A rigor di logica e di diritto, il processo sportivo dovrebbe riaprirsi in caso anche di una sola sentenza favorevole, posto che è la novità nel materiale probatorio il criterio fondante.
Alcune novità sono già emerse, come ad esempio la testimonianza del guardalinee Coppola che aggiunge senso a una teoria che valuti i comportamenti dei dirigenti juventini come speculari a quelli dei concorrenti. Ovviamente attendiamo altre novità, e tutto questo materiale sarebbe corroborato da una sentenza finale che prosciolga gli accusati dall'imputazione di associazione a delinquere.
Certo, consci della politicizzazione dimostrata più volte dal meccanismo della giustizia sportiva, l'argomento contrario troverebbe in una sentenza di condanna passata in giudicato per Giraudo un formidabile appiglio, dato anche il ruolo e la responsabilità legale dello stesso Giraudo.
Certo: un'associazione a delinquere senza capo non avrebbe alcuna coda, sarebbe illogico.
Ma proprio questa è l'altra faccia della moneta del tentativo di separazione della posizione di Giraudo da quella di Moggi: la palese illogicità si potrebbe palesare soltanto a iter processuale concluso, per chi ha scelto l'abbreviato.
Carraro: nessuna irregolarità, solo sfoghi
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- By Rinasco Bianconero
Si avvicina Natale e Radio Radicale ci regala il racconto del Mega presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC, organo di governo, controllo ed organizzazione del calcio tricolore), nel periodo di fuoco Dicembre 2001 - Maggio 2006, quando rassegnò le dimissioni. Oggi testimone del processo sullo scandalo del calcio in Italia, tenta, in parte riuscendoci, di infiocchettare regali per tutti usando come nastro l'abilità dialettica.
Attesissima la sua deposizione il 15 dicembre scorso, proprio per il ruolo ricoperto; non si avvale della facoltà di non rispondere, pur essendo uno dei protagonisti della stessa inchiesta, appunto per contribuire a sciogliere le tante incongruenze di questo processo. L'esordio è dei più tranquillizzanti, quando racconta che le Sue dimissioni, previste per dicembre 2006, furono invece anticipate a maggio dello stesso anno proprio per permettere e garantire un giusto e regolare svolgimento delle indagini provenienti dall'inchiesta di Napoli, inchiesta a lui sconosciuta e di cui aveva avuto notizia dalla stampa nazionale: infatti dichiara senza mezze misure che non era a conoscenza diretta di illeciti o irregolarità durante il campionato 2004/2005, altrimenti come presidente avrebbe dovuto procedere interessando l'ufficio indagini della FIGC, vedremo più avanti se lo fece. Ma prima di arrivare alle sue dimissioni, il PM Narducci vuole ovviamente ricordare come è stato invece eletto e rieletto e, nel farlo, chiede nello specifico quale sia stato il peso della Juventus nell'occasione. Vallo a sapere quanto possa aver contato l'opinione del consigliere della Juventus, per due chiari motivi: il primo è che lo scrutinio era segreto, il secondo che, alla fine del 2004, in concomitanza delle Olimpiadi di Atene, tutte le federazioni Europee dovevano rieleggere la propria presidenza, Italia inclusa, e Carraro fu rieletto con il 94% delle preferenze dei votanti. In questa larga maggioranza multi-partisan, non era invece troppo segreto, viste le dichiarazioni pubbliche, che anche la Juventus aveva contribuito sia alla sua designazione, che alla sua rielezione, avvenuta il 14 febbraio 2005.
Collina e Rodomonti: Lo Chef che non sbaglia mai, e lo Chef che fa anche le frittate.
Il Pubblico Ministero comincia ad interrogare Carraro ripetendo parti salienti delle telefonate intercorse tra il presidente e i designatori arbitrali, anzi, il designatore arbitrale Bergamo, in quanto Pairetto non viene quasi mai chiamato in causa. La prima richiesta di chiarimento riguarda un colloquio telefonico antecedente al posticipo tra Inter e Juventus, alla vigilia dell'elezione del presidente della Lega Calcio: in essa vi fu un'esplicita richiesta di non arbitrare pro Juventus o se vogliamo, di arbitrare in modo da NON favorire la Juventus. Carraro rispondendo, premette che non conosceva appieno le modalità di formazione delle griglie, e conferma che al sorteggio arbitrale aveva richiesto la presenza di un notaio per garantire trasparenza; aveva altresì proposto il coinvolgimento di un rappresentante della stampa con l'intenzione di evitare le "chiacchiere" dei giornali sulla dubbia genuinità dei sorteggi. In realtà nessuna delle due iniziative servì allo scopo in quanto, per la stampa, i sorteggi erano "truccati" come e più di un Vip4 con marmitta Polini, dimenticandosi però di scrivere che lo guidavano anche loro. La spiegazione di Carraro è senz'altro insolita e fa il primo riferimento alla rivalità storica tra le due compagini, accennando soprattutto al famoso non-rigore su Ronaldo, al fatto che l'Inter non vincesse lo scudetto da molti anni, e che dunque la rivalità, già di per sé accesa, si fosse molto acuita; in ultimo, fatto non meno importante, il giorno dopo si sarebbe rieletto il presidente della Lega Calcio ed un arbitraggio ambiguo non avrebbe favorito un clima disteso in tale riunione. Insomma una sorta di cuscinetto preventivo per attutire i colpi del giorno dopo. Ma perché vi fu bisogno della telefonata e delle raccomandazioni? Beh, Carraro propone un parallelismo azzardato, spiegando che, nel caso avesse arbitrato Collina, arbitro internazionale, considerato da tutti al di sopra di ogni sospetto, se anche avesse sbagliato, sarebbe stato considerato un errore in buona fede; invece, pur essendo Rodomonti un ottimo arbitro, se avesse sbagliato lui, beh, i sospetti ci sarebbero stati eccome!!
Ma perché Rodomonti avrebbe dovuto stare attento a non sbagliare a favore della Juventus e non anche a favore dell'Inter? La domanda del PM è diventata doverosa e Carraro non trova di meglio che azzardare una metafora culinaria facendo diventare Collina il miglior Chef al mondo che, se sbaglia una pietanza, può capitare, mentre invece Rodomonti, pur essendo un buon Chef, se sbaglia il primo non è escluso che sbagli anche il secondo, riferendosi ai piatti e non ai tempi ovviamente. Insomma, se si trova un capello nella frittata, di certo non è colpa di Collina! Non solo, Carraro va oltre e spiega in poche parole Calciopoli. Le raccomandazioni per non far accadere episodi pro Juventus erano determinate dalla sua percezione dell'ormai famosissimo "sentimento popolare". Nel novembre 2004, secondo Carraro, gli eventuali errori pro Juventus sarebbero stati accolti in malafede dall'opinione pubblica, proprio in virtù, secondo Carraro, della supremazia politico-sportiva del club piemontese, mentre errori pro Inter sarebbero stati meno considerati e più accettabili, non solo dalla gente, ma anche dai giornali nazionali e dai programmi televisivi, a partire dalla Gazzetta dello Sport fino ad arrivare al canale tematico "Gambero Rosso". Non c'è che dire, il presidente di tutti.
Carraro: Lazio-Brescia, niente pasticci.
Il secondo episodio che il PM contesta a Carraro è una telefonata intercorsa tra lo stesso e Paolo Bergamo prima della partita Lazio-Brescia. Carraro ricorda a Bergamo che i laziali arrivano a questa partita in una condizione di stress, convinti di aver subito tra dicembre 2004 e gennaio 2005 troppe decisioni arbitrali a loro sfavore (dati estrapolati dalle moviole e dai giornali, e altrimenti da dove??!!). Questa situazione gli è stata segnalata da una telefonata precedente di Claudio Lotito, presidente della Lazio, che denunciava una chiara irregolarità: la settimana precedente, durante la partita Reggina-Lazio, secondo Lotito, il presidente reggino Foti si era recato nello spogliatoio dell'arbitro durante l'intervallo, contravvenendo a qualsiasi regola: infatti era possibile, secondo il regolamento, incontrare l'arbitro per i saluti di rito, solo prima o dopo la partita, ma MAI durante la sosta tra il primo e il secondo tempo.
Il giorno successivo alla partita, terminata con un pareggio (0 a 0) determinato da un evidente rigore non concesso alla Lazio, Bergamo contatta telefonicamente Carraro che lo redarguisce abbondantemente, Bergamo conferma l'errore arbitrale sottolineando che l'arbitro Tombolini pagherà personalmente e che verrà fermato un mese.
La partita immediatamente successiva sarebbe stata a Milano contro il Milan, Carraro non si preoccupa di "tutelare" i romani a Milano, ma non dimentica di ricordare a Bergamo di "dare loro una mano" nelle partite successive, quando saranno impegnati negli scontri diretti per la salvezza. Riconosco che l'italiano è senz'altro un idioma ricco e complesso e permette di usare sfumature e doppi sensi, ma le spiegazioni dell'ex presidente Federale rilasciate in aula sono largamente interpretabili, come fece in effetti Bergamo che chiosò la telefonata con un "Non si preoccupi, recuperiamo, recuperiamo". E meno male che hanno recuperato, la Lazio infatti si salvò evitando così alla Federazione, ed alla città di Roma, di finire sotto l'assedio degli esagitati tifosi biancazzurri, così come era successo l'anno prima quando la piazza romana era riuscita a far sospendere un Derby diffondendo la notizia, peraltro infondata, della morte di un tifoso durante scontri prepartita. Insomma, il presidente di tutti, soprattutto del sentimento popolare, dell'ordine pubblico, e degli stressati, un po' meno presidente di Brescia e Livorno, ad esempio, nonostante i relativi presidenti Corioni e Spinelli fossero i più assidui frequentatori del numero amico Carraro.
I debiti della Lazio: Mediocredito Centrale, Banco di Roma, Capitalia e Unicredit.
Tra una telefonata e l'altra come presidente della FIGC, Carraro svolgeva anche altri compiti non legati al mondo del calcio ma, comunque, affini a soldi e numeri. Infatti ricopre la carica di Presidente del Mediocredito Centrale, una banca prima pubblica, poi diventata privata dopo l'acquisizione per conto del Banco di Roma proprio nel 1999, più o meno in concomitanza con la nomina di Carraro alla presidenza della stessa. Con la costituzione della Holding Capitalia, entrambe le banche (Banco di Roma e Mediocredito Centrale) vi fecero riferimento fino al 2007, quando Capitalia venne assorbita all'interno del Gruppo Unicredit. In Italia siamo abituati ai conflitti di interessi, ci mancherebbe, quindi come potremmo definire un presidente della FIGC che cerca di tutelare una Lazio a rischio retrocessione, e quindi a rischio perdita sponsor ed introiti, considerando che la stessa squadra ha un consistente debito verso il gruppo Unicredit di cui fanno ancora parte Mediocredito Centrale e Banco di Roma? Forse Carraro potrebbe fare un'altra metafora culinaria spiegandoci come si fa un soffritto d'interessi?
Missione Germania 2006: Lippi e Moggi in Nazionale.
L'ultima domanda del PM verte sui rapporti di Carraro con Moggi, sui quali viene richiesta una spiegazione, in particolare per sapere perché vi fosse bisogno di parlare con il Direttore Generale della Juventus. Interessanti le risposte di Carraro che, in vista dell'avventura mondiale del 2006, stava cercando di formare una nuova Nazionale dopo la débâcle mondiale di Trapattoni in Corea ed il prematuro rientro in patria dall'Europeo portoghese del 2004. Moggi, a detta di Carraro, pur non avendo nessun ruolo ufficiale in Federazione, a livello sportivo rappresentava comunque il Direttore Generale della Juventus, la squadra più blasonata d'Italia e quella che forniva il maggior numero di calciatori alla Nazionale; quindi era ritenuto estremamente competente dal punto di vista sportivo, tanto competente che Carraro domandò a Giraudo, referente per la politica sportiva bianconera, un contatto informale per sondare la possibilità di portarlo a lavorare in Federazione insieme al nuovo allenatore Marcello Lippi. La considerazione di Moggi era anche legata al pluriennale e vincente rapporto di lavoro che lo stesso aveva con Lippi, neo allenatore azzurro in rodaggio, anche per capire e chiarire quanto effettivamente fosse preparato il viareggino visti i risultati alterni; eccellenti con la Juventus e fallimentari con l'Inter. La vittoria del Mondiale 2006 ha definitivamente sancito quanto contasse l'apporto di un buon allenatore in una struttura organizzata per vincere, come lo era la Juventus, e in una organizzata per vincere arrivando terza, come era l'Inter. Quella "banda di truffatori" costituita dai dirigenti bianconeri, dall'allenatore bianconero e da un corposo numero di campioni Juventini, alzò la Coppa del Mondo a Berlino ma, nonostante questo, Carraro non riuscì nemmeno questa volta a diventare il presidente di tutti gli Italiani. Chi si affacciò da quella finestra di tempo, circa quattro mesi, fu il commissario straordinario Guido Rossi, più indaffarato a far diventare gli interisti Campioni d'Italia a tavolino che a festeggiare gli azzurri mondiali.
Le parti civili: irregolarità e sfogo, trova le differenze.
Quello che più stupisce è quella sorta di deferenza che tutti gli avvocati, nessuno escluso, hanno avuto nei confronti di Carraro, mai una contestazione, solo obiezioni alle domande e carta bianca alle sue risposte, nelle quali ha potuto permettersi di testimoniare che pagava il Green Fee per giocare a golf con Gazzoni Frascara con cui si sollazzava anche sulle piste da sci. Durante gli interventi delle parti civili, oltre a ribadire la sua posizione di innocenza soggettiva e di colpevolezza oggettiva in quanto, per usare le sue parole, riferendosi ad un'intervista rilasciata al TG5, sentiva il peso della situazione anomala fuoriuscita dalle indagini, Carraro ripete due cose abbastanza importanti che smentiscono parte della testimonianza fin qui rilasciata: dichiara che TUTTI i presidenti hanno SEMPRE E SOLO chiamato per comunicare degli sfoghi e mai per denunciare delle irregolarità perché, qualora fosse successo, avrebbe riferito l'eventualità all'Ufficio Indagini. Ma allora Lotito, quando gli ha riferito dell'intrusione di Foti nello spogliatoio dell'arbitro a Reggio Calabria, si stava sfogando oppure denunciava un'irregolarità? E quante volte sarà successo che il buon padre di famiglia Franco Carraro ha confuso un'irregolarità con uno sfogo? Oltre a questo, nella prima parte della testimonianza, e ribadendolo nel controesame, Carraro sostiene di non conoscere nei dettagli sia il meccanismo dei sorteggi, sia la composizione delle fasce, ammissione già di per sé imbarazzante per un presidente di Federazione. Nel rispondere al difensore di Claudio Lotito, che quasi si scusa nel dovergli formulare delle domande, riporta invece con precisione chirurgica sia il meccanismo dei sorteggi sia le attribuzioni degli arbitri per fascia durante il sorteggio stesso. Non saprei dare la definizione di falsa testimonianza e probabilmente non vi saranno gli estremi, rimane però il dubbio che a Carraro sia stato permesso di dire tutto ed il contrario di tutto senza nemmeno farglielo notare.
Il calcio in Italia: un sistema unico ed autogestito.
Sempre rispondendo al difensore di Claudio Lotito prima, ed a una domanda diretta del Presidente della Giuria Teresa Casoria dopo, Carraro spiega l'unicità del sistema calcio Italia, sia per quanto riguarda la politica economica di alcuni club, sia per quanto riguarda il sistema di designazione arbitrale. Contrariamente a quanto avvenne per la Fiorentina che, ai tempi della gestione Cecchi Gori non riuscì ad iscriversi al campionato di Serie A per bancarotta e quindi fu retrocessa in serie C, la Lazio, ma non solo, approfittando della depenalizzazione delle sanzioni per le società che trattenevano i versamenti IRPEF degli stipendi dei giocatori, riuscì ad accumulare debiti fino a 125/130 milioni di Euro. Per venire incontro alle società, tra cui la Lazio ma non solo, e poter risolvere una situazione più scomoda che unica, la FIGC stabilì che bisognasse saldare il debito con il fisco, oppure, cosa più gradita, varare un piano di rientro del debito con il fisco con un accordo, ottenendo, a questo punto, la possibilità di iscriversi al campionato di calcio di serie A senza ulteriori problemi. Non c'è che dire, un altro intervento da buon padre di famiglia, che però è andato a vantaggio solo ed esclusivamente delle società che erano indebitate con il fisco. Ed i meriti delle società che fino a quel momento avevano agito con rigore e rispettato tutte le regole in materia fiscale?
Sperando prima o poi di ricevere una risposta adeguata a questa domanda, è interessante anche sottolineare la risposta di Carraro alla domanda del Presidente di Giuria circa la pressione degli organi sportivi internazionali ad adottare anche in Italia la designazione diretta degli arbitri e sul perché, da noi, invece, si procedesse al sorteggio. Beh, la risposta di Carraro è davvero semplice da capire: così come si preferiva che gli sfoghi e le irregolarità denunciate dei presidenti rimanessero all'interno del sistema, così anche il sorteggio pilotato veniva preferito alla designazione meritocratica per non dare adito alla cultura del dubbio, per preservare la sicurezza negli stadi, per non costringere le forze dell'ordine ad impiegare ulteriori uomini nel controllo delle partite!!
Insomma, non mi rimane che ringraziare Carraro che, con la sua forbita testimonianza, ha garantito il regolare svolgimento del campionato di calcio durante la sua presidenza, mettendolo al riparo da episodi sgraditi. Visti però i risultati, sia in ambito penale sia soprattutto ricordando i molti spiacevoli incidenti e tafferugli occorsi in questo periodo, purtroppo mi viene il dubbio che la cura sia stata peggiore del male. Di certo stravaganti lo siamo senza dubbio, però rimane ancora da stabilire se gli errori venissero fatti solo e semplicemente sul campo davanti agli occhi di tutti, o anche in stanze chiuse e difficili da aprire.
Per leggere la trascrizione della deposizione di Carraro, clicca qui.
Per ascoltare i passaggi più interessanti, clicca qui.
Sentenza di Giraudo: cosa c'è di positivo
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- By inunmondoche
La condanna di tre anni inflitta ad Antonio Giraudo dal GUP De Gregorio ha destato grande sorpresa nella nostra redazione, è inutile negarlo. Per quanto "abbreviata", una giustizia che condanna in tale deserto probatorio non può che generare riflessioni amare.
"Le sentenze non si commentano, si appellano" ha detto l'avvocato Krogh, difensore di Giraudo. Noi ci siamo permessi di commentare, e criticare duramente, la sentenza emessa. Perché le sentenze, in democrazia, si commentano. Perché giustizialismo (che è diverso da colpevolismo) è, prima di tutto, prescindere dagli atti e rifarsi solamente al verdetto, sbandierando con orgoglio l'ignoranza di tutto quello che sta dietro.
Altra cosa è rispettarle le sentenze, giuste o sbagliate che vengano reputate. Ma fatta salva questa facoltà.
Del resto, abbiamo criticato anche la strategia difensiva di Giraudo (e di Lanese e Pieri): perché affrontare un processo con le stesse deboli garanzie di quello sportivo? E' stata, ora è chiaro, l'extrema ratio del tentativo fallimentare di separare la posizione dell'amministratore delegato della Juve da quella del suo direttore sportivo, Luciano Moggi.
Così diceva Krogh nella sua requisitoria: "(...)In ogni caso Giraudo e Moggi avevano ognuno una propria autonomia d’azione e nei due processi si deve dare a Cesare quel che è di Cesare. Giraudo era un uomo del sistema Agnelli prestato per un po’ al calcio."
Tredici anni, più o meno.
Questo approccio si è rivelato perdente.
Giraudo si è messo a disposizione del Pm Narducci per essere interrogato, ma il magistrato napoletano ha deciso di non avvalersi nemmeno di tale facoltà, ha deciso di lasciare che a parlare fossero solo gli atti. Quegli atti che sin dall'inizio dello scandalo abbiamo definito frutto di una visione parziale e fuorviata, avanzando dubbi che hanno trovato, nel corso di questi tre anni, più di un riscontro.
Nonostante tutto questo, tra una sentenza incredibile e l'incredibile racconto giornalistico della vicenda Calciopoli, c'è lo stesso una certa distanza. Nonostante la rapidità, le scarse garanzie, la grossolanità del giudizio con rito abbreviato, ancora una volta alcuni "miti" giornalistici si sono rivelati per quello che sono: favole partorite da una fervida fantasia ma senza alcun fondamento. E almeno queste non le vogliamo sentire più. Mai più. Eccole di seguito.
LA COMBRICCOLA ROMANA NON ESISTE PIU'
Con l'assoluzione di Marco Gabriele nel processo con rito abbreviato, cade uno dei capisaldi mediatici della Calciopoli della prima ora: la famigerata combriccola romana, la terribile cellula deviata di arbitri al servizio della GEA, con sede nel "distretto" arbitrale di Roma Due. I nomi dei pericolosi truffatori? Luca Palanca, Marco Gabriele, Massimo De Santis. Bene, Palanca è uscito subito dall'inchiesta, ancora nella fase investigativa. Oggi anche Marco Gabriele può vantare una piena assoluzione, che lo scagiona in pieno dalle accuse mossegli.
Considerato che Massimo De Santis non può ovviamente rappresentare da solo un'intera combriccola, non è più possibile sostenere quindi che esercitasse la sua nefasta influenza sugli arbitri più giovani che si appoggiavano a lui per fare carriera. Nessuna centrale del crimine arbitrale, nessuna Banda Bassotti della frode sportiva.
Le sensazioni di Dal Cin sulla "combriccola romana", che nel 2004 fecero scattare l'inchiesta Off Side, capitanata dai Pm Narducci e Beatrice, si sono rivelate dunque infondate. Non solo erano affermazioni senza riscontro e senza base fattuale, come ha notato Dal Cin nella sua testimonianza al processo, ma - oggi lo afferma un tribunale - erano affermazioni sbagliate. Così, teniamo a ricordare, è nata Calciopoli.
LE SCHEDE SVIZZERE NON RAPPRESENTANO LA PISTOLA FUMANTE
Gli arbitri Gabriele e Cassarà, infatti, che, secondo la ricostruzione degli inquirenti, erano in possesso di una sim svizzera tra quelle presuntamente distribuite da Luciano Moggi, sono stati assolti.
Sono stati invece condannati Antonio Giraudo e l'arbitro Paolo Dondarini, a cui non è attribuita alcuna tra le utenze considerate sospette. Il caso di Tiziano Pieri si colloca invece a metà, essendo l'unico tra i condannati a rientrare nella ricostruzione delle "schede svizzere", immaginata dalla Procura di Napoli. Non possiamo escludere, in attesa delle motivazioni, che il possesso di una sim elvetica, come suggerito dalle informative, abbia concorso alla condanna di Pieri. Con ragionevole sicurezza però, possiamo oggi escludere che le sim abbiano una rilevanza tale da essere bastanti per una condanna, date le assoluzioni sopraccitate.
Il processo con rito abbreviato, come più volte ricordato, tiene conto soltanto degli atti prodotti, senza dibattimento. Ebbene: il giudizio sui soli atti non ha affatto indicato le cosiddette schede svizzere come "pistola fumante", prova inconfutabile dell'esistenza di un sistema. Le testimonianze zoppicanti e imprecise che, sino ad ora, hanno offerto gli inquirenti chiamati a deporre nel processo principale, e le ottime controdeduzioni espresse dagli avvocati difensori ci portano a pensare che, a maggior ragione, le schede svizzere non rappresenteranno un elemento di accusa così importante, come sottolineato dalla stampa in questi tre anni, nemmeno nel processo a carico di Moggi.
CONCORRENZA SCORRETTA? NON SI PUO' DIRE
L'assoluzione del guardalinee Duccio Baglioni e di Antonio Giraudo, in merito a una presunta frode sportiva realizzatasi nell'incontro Siena-Milan, con annullamento fraudolento di una rete all'attaccante del Milan Shevchenko, restringe il numero di partite addebitate come aggiustate dalla Cupola, ma soprattutto segna un preciso limite. La dirigenza della Juventus non si interessava di condizionare le partite del suo diretto avversario; per chi ha memoria corta l'unico diretto avversario per la vittoria dello scudetto. Rifacendoci alle intercettazioni, Moggi e Giraudo protestavano per quelli che venivano ritenuti errori a favore del Milan, così come Meani protestava per quelli che riteneva errori a favore dei bianconeri, ma nessuno, stando agli atti, ha cercato di condizionare le partite altrui. Non si può più dire. Questa era l'unica partita a sostegno della tesi, e gli imputati sono stati assolti.
Le parole in libertà sul potere di Moggi, che Meani al telefono scambiava con i "suoi" guardalinee, allora? Paranoia, ecco cosa. Come, del resto, più di una testimonianza (Copelli e Babini) ha già messo in evidenza. Un ulteriore elemento che potrebbe risultare in maniera simile nel processo principale, nel riconoscimento di un sistema in cui i dirigenti delle varie squadre si impegnavano in forme più o meno aggressive di lobbyismo: ma una Cupola non esisteva affatto.
Giraudo risulta inoltre scagionato dalle accuse rivoltagli per Lecce-Juventus 0-1, arbitrata da De Santis. Una barzelletta da cui non ci saremmo aspettati esito diverso. Anche se, dopo aver letto della condanna per Brescia-Udinese, ci si poteva aspettare di tutto.
Marco Gabriele risulta scagionato riguardo alle accuse rivoltegli per Roma-Juventus 1-2, dove era presente come quarto uomo. Un altro caposaldo di Calciopoli che pian piano va sgretolandosi. Non tutto è perduto.
Sentenza Giraudo: noi tifiamo Napoli, tiè!
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- By gobbodimare
Non credo di avere le risposte a tutte queste domande, ma, di sicuro, possiamo esaminare qualche importante elemento.
Iniziamo col dire che, visto l’esito, la scelta di Giraudo di chiedere il rito abbreviato non è stata sicuramente delle più felici. Certo, dirlo adesso è molto più facile, ma se l’ex amministratore delegato della squadra più titolata d’Italia avesse valutato a fondo una serie di circostanze interne ed esterne al processo, sono sicuro che avrebbe preso un’altra strada.
E’ evidente che Giraudo e la sua difesa devono aver valutato che la scelta del rito abbreviato avrebbe portato con sé due risultati. Innanzitutto devono aver confidato nel fatto che, non trovandosi più dinanzi alla frizzante giustizia sportiva, un Giudice con tanto di toga avrebbe valutato più attentamente l’inconsistente impianto accusatorio predisposto sì da un altro Giudice, sempre togato, ma inquirente. In secondo luogo devono aver confidato nel minore risalto mediatico che avrebbe riscontrato questo processo rispetto all’altro, ovvero quello ordinario, con più imputati, con i testimoni e con il dibattimento, un palcoscenico che deve essere stato ritenuto troppo favorevole per le facili speculazioni legal-giornalistiche tanto in voga negli ultimi anni.
Entrambe le valutazioni si sono rivelate fallaci, dal momento che il GUP di Napoli ha deciso sulla base di elementi addirittura ignorati e smentiti dalle stesse sentenze calciopolare che, ricordiamolo, dovettero inventare il reato di illecito strutturato per condannare la Juventus e i suoi amministratori. Inoltre, contrariamente a quanto auspicato da Giraudo, la notizia della sua condanna ha comunque determinato la reazione sguaiata e scomposta di molti mezzi di informazione, facendo immeritata compagnia a quella di Corona e alla miniatura del Duomo scagliata tra i denti del Premier.
E’ chiaro che si fa un sostanziale ed avvilente passo indietro rispetto a quello che crediamo essere stato il reale svolgimento dei fatti di quegli anni e rispetto al necessario riequilibrio delle affrettate sentenze sportive di Calciopoli, ma è altrettanto vero che Giraudo ha pagato, e a caro prezzo, la sua mal celata voglia di separare le sue sorti da quelle di Luciano Moggi. Scelta rivelatasi del tutto errata oltre che svelata, non solo dalla frettolosa richiesta di farsi giudicare con il rito abbreviato e dal sabaudo silenzio di questi tre anni, ma anche da quanto sostenuto dalla stessa difesa nel corso del processo. A chi scrive risulta che, dinanzi al GUP De Gregorio, la difesa dell’ex ad abbia sostenuto, tra le altre cose, che Antonio Giraudo andasse assolto anche perché, occupandosi della gestione finanziaria e amministrativa, non aveva né il compito, né il modo di occuparsi della gestione sportiva.
Sebbene sia evidente che il dato della ignoranza del legale rappresentante in ordine alle faccende dei propri subalterni e della gestione corrente sia stato troppo spesso sopravvalutato e sebbene sia altrettanto evidente che ciò sia avvenuto con troppa disinvoltura quando si è trattato di non condannare alla forca altre società di calcio, è altrettanto evidente che nel nostro caso Giraudo si è occupato eccome del lato sportivo, e questo non solo perché il pallone, in una squadra di calcio, è il c.d core business dell’azienda, così come può esserlo il petrolio o l’ambiente in una raffineria o il telefono e i suoi derivati in una società di comunicazione, ma anche e soprattutto perché, in questi anni, il buon Giraudo ha dimostrato di capire di calcio, anzi di capirlo fin troppo e di parlarne spesso e volentieri: non sarà un caso che nelle intercettazioni che lo hanno riguardato si è parlato proprio di calcio giocato e spesso non di altro. A differenza dell’accusa e del 90% dei mass media italiani, non credo sia una colpa, ma a differenza della linea difensiva tenuta nel processo credo che sia un merito da rivendicare e non da nascondere.
In secondo luogo Giraudo deve aver troppo confidato di trovarsi in un giudizio “normale” e completamente edulcorato dalle forzature di Calciopoli e ha dimenticato che, preoccupandosi principalmente di separare la propria responsabilità da quella di Luciano Moggi, non ha fatto altro che avvalorare le più che discutibili tesi degli inquirenti, ingenerando nel GUP l’idea che la strategia dell’ex ad juventino di allontanarsi processualmente e sostanzialmente da Moggi in realtà nascondesse l’intenzione di prendere le distanze da qualcosa di riprovevole e quindi sanzionabile.
Non sarà un caso che nei mini corsi di formazione degli addetti alle vendite degli aspirapolvere, i docenti si sforzano di convincere gli aspiranti venditori porta a porta, cioè i propri allievi, che è meglio evitare di impostare i rapporti con il prossimo negando preventivamente un difetto o una condizione e questo perché, la maggior parte delle volte, si ha l’effetto contrario. Se affermo che non ho un difetto, il mio interlocutore sarà necessariamente portato a immaginarmi con quel difetto.
Antonio Giraudo si convinca: il suo destino era ed è legato a doppio filo con quello di Moggi e, perché no, anche con quello di Bettega, se è vero come è vero che l’immacolato Bobbygol è tuttora fuori dal calcio per vicende che, vere o false che siano, neanche lo riguardano. Basti dire che, sebbene i processi più clamorosi, ovvero quelli di Calciopoli, abbiano riguardato solo l’ex amministratore delegato e l’ex direttore generale della Juve, nell’immaginario collettivo, distratto e smemorato, i processi sono stati fatti alla Triade e quindi comprendono anche Bettega che, dal canto suo, ha fatto il bottino pieno: un processo e un’assoluzione, perché il fatto non sussiste, nell’ambito del processo sul c.d doping amministrativo.
Antonio Giraudo, piuttosto che insinuare al GUP il dubbio che in tutto il fumo del processo ci fosse pure un po’ di arrosto, avrebbe fatto bene a ricordare al suo interlocutore che nei suoi confronti non c’era e non c’è niente oltre il nulla. Ovviamente nulla oltre i teoremi dell'accusa, teoremi rimasti senza riscontro alcuno se è vero, come è vero, che per condannare Giraudo si siano dovute rispolverare le ammonizioni preventive di tre giocatori dell’Udinese che anche i sassi ormai rammentano di quanto poco diffidati fossero.
Si consideri che neanche i Carabinieri di Via In Selci avevano assegnato una sim svizzera a Giraudo, né esiste agli atti una sola intercettazione con uno qualsiasi degli arbitri, coi quali, va detto, non è mai stato dimostrato che avesse parlato neanche lo stesso Moggi.
Non sarà sfuggito ai nostri lettori di come su questo sito sia stato ampiamente dimostrato che il processo a Giraudo, così come quello a Moggi, sia stato imbastito e portato avanti senza lo straccio di una prova che sia tale. Ovviamente se per prova intendiamo la dimostrazione certa, concreta e incontestata che qualcuno compie qualcosa, magari di illecito.
L’ex amministratore delegato della Juventus non solo è stato condannato senza che sia stata rinvenuta la pistola, tanto meno fumante, ma anche senza aver capito chi avesse premuto il grilletto, dove, quando e verso di chi.
Manca finanche la prova di una sola comunicazione tra Giraudo e quelli che sarebbero o sarebbero stati i suoi associati, così come manca la prova dell’interesse che potessero avere gli arbitri nel far vincere una sola partita alla Juventus o, addirittura, un solo pagamento sospetto.
E’ vero, mancano le prove, ma, in compenso, c’è la puntuale, sollecita e interessante intervista al magistrato che, ricordiamolo, nel momento in cui decide è un po’ più vicino a Dio e lontano dagli uomini e, avvalendosi di questa riconosciuta vicinanza, ha deciso della vita di quattro persone su undici.
Il GUP De Gregorio, sottraendo un giorno ai novanta che attendo per leggere la sua motivazione, in un’intervista concessa a "La Stampa", dimenticando che in Italia vige la presunzione di innocenza fino a condanna definitiva ovvero passata in giudicato e dimenticando di aver giudicato in un solo grado di giudizio e per di più solo una parte delle persone processate, assolvendone la maggior parte, ha avuto modo di sostenere che le sentenze sportive fossero “equilibrate” e che fosse giusto che dovesse andare così, ovvero che la Juventus dovesse finire in serie B.
Il tutto non prima di aver confessato la sua fede per il Napoli Calcio.
La sentenza del rito abbreviato su Calciopoli
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- By Redazione
La sentenza De Gregorio (PDF)
14 dicembre 2009 - Per gli undici imputati che avevano optato per il giudizio con rito abbreviato è arrivata la sentenza del giudice per le udienze preliminari Eduardo De Gregorio. Solo quattro i condannati. Antonio Giraudo è stato condannato a 3 anni per partecipazione dell'associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva, ma non è stata riconosciuta l’aggravante di essere uno dei promotori dell’associazione. Giraudo è stato assolto da tre frodi sportive (Lecce-Juventus del 14 novembre 2004, Roma-Juventus del 3 marzo 2005 e Siena-Milan del 17 aprile 2005). L'avvocato Krogh ha annunciato il ricorso in appello. Condannati per associazione a delinquere anche l'ex presidente dell'Aia Tullio Lanese a due anni, e Tiziano Pieri a due anni e quattro mesi. Paolo Dondarini, ex arbitro attualmente alla Can D, è stato condannato per frode sportiva a due anni e 20 mila euro di multa, come richiesto dall'accusa.
SETTE ASSOLTI. Il Gup De Gregorio ha assolto gli arbitri Gianluca Rocchi, Marco Gabriele, Stefano Cassarà, Domenico Messina e gli assistenti Duccio Baglioni, Foschetti e Griselli. Agli arbitri Gabriele e Cassarà gli investigatori, ed i pm, avevano attribuito l'uso di sim straniere.
Secondo il giudice De Gregorio l'ipotesi accusatoria dell'associazione per delinquere regge per i condannati.
FRODE SPORTIVA. Oltre a Dondarini rispondono di frode sportiva anche Giraudo e Pieri: Giraudo risponde relativamente alle partite Juventus-Lazio, Udinese-Brescia e Juventus-Udinese; Pieri risponde per le gare Juventus-Chievo e Bologna-Juventus.
Per Giraudo, Pieri e Dondarini, inoltre, anche la pena accessoria dell'inibizione a frequentare gli stadi e a ricoprire cariche dirigenziali in società sportive e associative per tre anni.
Le richieste dell'accusa erano:
Imputati di associazione a delinquere e frode sportiva
Antonio Giraudo, 5 anni; Tullio Lanese, 2 anni; Cassarà, 2 anni; Gabriele, 2 anni; Pieri, 3 anni e 6 mesi; Baglioni, 3 anni.
Imputati per frode sportiva:
Dondarini, 2 anni e 20 mila euro di multa; Rocchi, 1 anno e 4 mesi e 10 mila euro di multa; Messina, 1 anno e 4 mesi; Foschetti, 1 anno e 8 mila euro di multa; Griselli, 1 anno.
COMMENTI.
L'avvocato Massimo Krogh, difensore di Giraudo: "È una sentenza alquanto contraddittoria, visto che alcuni capi d'accusa omogenei alla complessiva tesi del pm sono caduti. Giraudo farà appello perché si ritiene estraneo a ogni fatto di rilevanza penale. D'altra parte l'associazione disegnata dal pm e condivisa dal gup non vi è nei fatti e non ha fondamento giuridico, come spiegheremo nella sede opportuna. Il dottor Giraudo pensa che la decisione abbia risentito dell'ondata mediatica che ha travolto il mondo del calcio, ma resta fiducioso nell'appello e nella dialettica processuale".
L'avv. Gabriele Bordoni, legale di Dondarini: "Questa è una condanna che mortifica una persona perbene come Dondarini. C'è amarezza per una pagina di giustizia negata. Sulla posizione di Dondarini non c'è assolutamente nessun elemento. E non lo dico io perchè lo difendo ma lo dico perchè è così nelle carte. Ci sono elementi che vengono dal giudizio sportivo e dalla note degli osservatori: il giudizio sportivo ha assolto e le note arbitrali rispetto a quelle due partite sono assolutamente di compiacimento per un arbitraggio più che perfetto. A monte non c'è prova minima che Dondarini abbia partecipato alle attività formative della gara".
L'avvocato Ninni Reina, legale di Cassarà: "Abbiamo sostenuto che per Stefano Cassarà non sussistesse il reato di associazione per delinquere, né la sua partecipazione ad essa. In ogni caso il possesso delle schede telefoniche riservate, così come contestato dall'accusa, avrebbe potuto configurare solo illeciti disciplinari e non condotte penalmente rilevanti. Non è mai stato contestato l'eventuale utilizzo prima di singoli eventi sportivi".
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