CantaNapoli - Il processo
Dell'abnormità
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- By scireapalloned'oro
E’ ripartito il dibattimento a Napoli e le parti civili, in un primo tempo escluse dal Collegio Giudicante presieduto dalla Dott.ssa Teresa Casoria, sono tornate a bussare alla porta del processo, forti di una pronuncia della Corte di Cassazione che sancisce la loro riammissione.
La vicenda della riammissione degli esclusi è interessante da un punto di vista giuridico, ma, sul piano pratico, non dovrebbe avere conseguenze particolari.
E’ infatti presumibile che le parti civili riammesse non intendano ostacolare la speditezza del processo, favorendo la conservazione delle attività processuali già compiute in loro assenza.
D’altra parte è pur vero che le parti civili avrebbero ben potuto, anche da escluse, trarre vantaggio da una sentenza loro eventualmente favorevole, convenendo in separato e successivo giudizio civile gli imputati dichiarati colpevoli ed i responsabili civili (tra cui, non dimentichiamolo, la stessa Juventus F.C. S.p.A., ex datore di lavoro di Luciano Moggi ed in quanto tale, come puntualmente analizzato in altro articolo, passibile di responsabilità indiretta ai sensi dell’art. 2049 del Codice civile).
Se è vero che le conseguenze “pratiche” saranno probabilmente limitate, resta, come si diceva, interessante valutare la vicenda in questione da un punto di vista giuridico.
La sentenza della Cassazione, emessa dal Supremo Collegio il 09/07/2009 e depositata il 09/10/2009, ha fatto parlare di sé, soprattutto per il fatto che, se così si può dire, è piuttosto dura nei confronti dei Giudici napoletani.
Il concetto giuridico al quale si richiama la Cassazione per censurare il provvedimento del Tribunale di Napoli è quello della abnormità, figura che, “come finemente argomentato (cfr. Cass. Sez. II, 15/02/2007 n° 10498, Berlusconi ed altri), già sotto il profilo semantico, evoca una fuoriuscita dell’atto dall’alveo, non della validità, ma della stessa riconoscibilità semantica del provvedimento” (così la sentenza in commento).
Un provvedimento può essere abnorme, prosegue la Cassazione, sotto il profilo strutturale (laddove il giudice eserciti un potere non attribuitogli dalla legge) oppure sotto il profilo funzionale (laddove si verifichi, per usare le parole della sentenza, “uno sviamento della funzione giurisdizionale rispetto ai fini tipici che l’ordinamento assegna al provvedimento”).
Nel caso del provvedimento impugnato si tratterebbe, secondo la Suprema Corte, di abnormità funzionale, dal momento che il Collegio napoletano avrebbe esercitato il potere di escludere le parti civili “evocando in modo arbitrario e improprio il concetto di economia processuale”, estraneo al nostro ordinamento che, per l’ammissione delle parti civili, si limita a richiedere la ricorrenza di alcuni presupposti formali dell’atto di costituzione di parte civile e la sussistenza di un nesso causa / effetto tra i danni reclamati dalla parte civile e i fatti per cui si procede penalmente.
Proviamo ad abbandonare il “giuridichese”, cercando di spiegare quanto accaduto in maniera comprensibile.
A leggere la sentenza della Cassazione parrebbe che Casoria & co. abbiano sbattuto la porta in faccia alle parti civili per l’esigenza di “fare in fretta” e, siccome non c’è nessuna norma che legittimi il giudice ad adottare un provvedimento di esclusione basandolo su simile presupposto, il Collegio napoletano avrebbe “usato” la norma che gli permetteva di escludere le parti civili, “sviandone” la reale funzione, ossia abusando di un potere.
Ma è davvero così? Davvero i giudici di Napoli hanno basato il loro provvedimento sull’esigenza di “fare in fretta”? Le cose sono un po’ più complesse.
Il criterio dell’economia processuale è in effetti richiamato dall’ordinanza del Tribunale di Napoli, che così si è espresso: “se è vero che la titolarità dell'azione riparatoria va tendenzialmente riconosciuta al civilmente danneggiato indipendentemente dalla circostanza che questi sia anche soggetto passivo del reato, non di meno, sempre tenuto nel massimo conto le circostanze particolari del caso concreto, è quantomeno non conforme al criterio di economia processuale identificare il danneggiato con qualunque titolare di interesse leso astraendo tale giudizio dagli interessi immediatamente protetti dalla norma penale.
Ancora più rilevante, per comprendere la logica seguita dal Tribunale, un passaggio successivo dell’ordinanza (poi impugnata in Cassazione dalle parti civili): “secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale il diritto del danneggiato laureato ad esercitare l'azione civile in sede penale non è oggetto di garanzia costituzionale (cfr. Corte Costituzionale sentenza 03/04/96 n° 98 ) né una tale garanzia è riconosciuta a livello di giurisprudenza comunitaria (confronta Corte di Giustizia CE 17/01/2002 )”.
In altre parole, il fatto che gli oggetti di protezione della norme penali per cui si procede (art. 416 del Codice penale, associazione per delinquere ed associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva, cfr. Legge n° 401/1989) non possano identificarsi in via immediata con l’oggetto delle pretese risarcitorie delle parti civili (le norme suddette proteggono l’ordine pubblico e l’interesse alla libertà ed alla sincerità delle competizioni sportive, non identificabili con l’interesse delle parti civili ad ottenere la reintegrazione economica e morale) legittimava (avrebbe legittimato), secondo il Tribunale, l’esclusione delle parti civili.
La questione, almeno così a noi pare, non è (non era) la garanzia di speditezza processuale, ma la valutazione dei presupposti sostanziali che possono legittimare la permanenza delle parti civili nel processo penale.
Il Tribunale di Napoli aveva proposto un possibile criterio interpretativo: se l’oggetto di protezione delle norme penali non è immediatamente riferibile agli interessi delle parti civili, che queste si rivolgano alla giustizia civile.
Attenzione: con ciò non si nega (non si sarebbe negata) la tutela ai danneggiati, liberissimi di tutelare le loro ragioni, appunto, in sede civile, magari avvalendosi di una sentenza penale loro favorevole. D’altra parte, come ricordato dai Giudici napoletani, tanto la giurisprudenza costituzionale quanto quella comunitaria non considerano come assoluto il diritto del danneggiato ad esercitare l’azione civile in sede penale.
La Cassazione, evidentemente, non ha condiviso il ragionamento del Tribunale, “strumentalizzando” il criterio dell’economia processuale (richiamato a nostro avviso un po’ ingenuamente dal Collegio napoletano, che ha fornito un prezioso assist ai suoi censori) e liquidando in poche righe la questione più rilevante posta dal Tribunale, ossia quella delle condizioni sostanziali legittimanti la costituzione di parte civile in sede penale. Sul punto il Supremo Collegio afferma: “il Tribunale di Napoli si è arrogato una facoltà che nessuna norma gli riconosce: quella di stabilire (in base a pretese ragioni di economia processuale, sia pure collegate a imprecisate circostanze del caso concreto) se il danneggiato debba esercitare l’azione civile nel processo penale ovvero nella sede civile”, richiamando l’art. 75 del Codice di procedura penale, norma di legge ordinaria, in base alla quale il danneggiato può scegliere se far valere i propri diritti in sede civile o in sede penale.
Ai Giudici della Cassazione non viene in mente che quel diritto, previsto dall’art. 75 del Codice di procedura penale, potrebbe (dovrebbe) essere interpretato alla luce dell’ordinamento costituzionale e di quello comunitario. Non a caso i precedenti della giurisprudenza costituzionale e comunitaria sulla non assolutezza del diritto del danneggiato a costituirsi parte civile nel processo penale non sono minimamente considerati e nel passaggio della sentenza che affronta il tema cruciale posto dai Giudici di Napoli si “preferisce” richiamare nuovamente “le ragioni di economia processuale”.
Il fatto è che, per censurare il provvedimento del Tribunale, la Cassazione è “costretta” a ricorrere all’abnormità: in linea di principio, infatti, l’ordinanza di esclusione delle parti civili da un processo penale è, in base al Codice di procedura penale, provvedimento inoppugnabile, ossia non soggetto ad impugnazione.
L’impugnazione è avvenuta da parte degli esclusi ed il suo accoglimento è stato possibile proprio perché si è ricorsi al vizio di abnormità, di gravità tale da consentire l’“aggiramento” del principio di tassatività delle impugnazioni, secondo cui sono soggetti ad impugnazione soltanto i provvedimenti giudiziari elencati dalla legge (e fra questi non figura appunto l’ordinanza di esclusione delle parti civili).
Scendiamo dall’empireo del diritto e torniamo sulla “terra” delle vicende processuali.
Abbiamo appreso in questi giorni che la Procura della Repubblica di Napoli ha chiesto la ricusazione del Collegio giudicante (iniziative analoghe delle Procure sono state in passato rarissime). Al momento in cui scriviamo queste righe non sono state rese note le motivazioni in base alle quali la Procura ha deciso di adottare una così radicale iniziativa, ma non è affatto difficile ipotizzare che l’istanza dei PM si basi anche sulla pesante censura della Cassazione riguardante il provvedimento di esclusione delle parti civili.
Ad oggi non abbiamo ancora sufficienti elementi per giudicare la bontà o meno della conduzione del processo da parte dell’attuale Collegio giudicante.
Non vorremmo, tuttavia, che in nome della pretesa abnormità di un provvedimento (che si sarebbe anche potuto criticare, ma che forse tanto abnorme non era) partisse una “crociata” dei PM e, a rimorchio, di certa stampa contro i Giudici.
Questo sì, sarebbe un comportamento abnorme... ma, a pensarci bene, perfettamente in linea con Farsopoli.
Capobianco: c'erano regali, ma non per gli arbitri
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- By TheXFactor
Una delle deposizioni più attese al processo di Napoli, da almeno due anni a questa parte, era quella di Maurizio Capobianco, un ex dipendente della Juventus che nel settembre 2005 se ne andò col dente avvelenato, tanto da intentare causa davanti al Tribunale del Lavoro di Torino. Molto scalpore, nella primavera del 2007, destò un'intervista nella quale si diceva in grado di svelare, finalmente, importanti retroscena sui fantomatici metodi moggiani di corruzione arbitrale, fino ad allora mai provati nonostante la "macchina spropositata" delle intercettazioni. Il 30 giugno scorso, in un'aula di Napoli, per Capobianco è giunto il momento della verità.
“Così Moggi pagava gli arbitri”. O forse no.
"Così Moggi pagava gli arbitri" è il titolo di un articolo pubblicato da La Repubblica in data 11 maggio 2007 a firma di Marco Mensurati che riportava un’intervista al teste, responsabile del Back Office della Juventus F.C. dal 1999 al 2005. Chi si ricorda di quell'intervista avrà sicuramente presente il passaggio in cui Capobianco si riservava di fare in un secondo tempo il nome degli arbitri a cui erano destinati dei beni di ingente valore.
Finalmente arriva il momento di spiegarlo nella sede deputata: il tribunale. E come ormai d'abitudine in questa storia, quando si viene al dunque la montagna partorisce il topolino.
Infatti, le rivelazioni di Capobianco si sono limitate alla descrizione del contenuto di una busta che, nei primi mesi del 2005, la signora Gastaldo, all’epoca dirigente amministrativo della società bianconera, gli avrebbe consegnato con la richiesta di tenerla fuori dall’azienda. Il teste ha raccontato di aver custodito la busta presso la sua abitazione, anche perché non gli fu mai chiesto di renderla. All’interno della busta avrebbe rinvenuto un elenco di assegnatari di sconti fino al 50% per autovetture Fiat, tra i quali figurerebbero le mogli di Pairetto e di Trentalange, che avrebbero acquistato un'autovettura nel '95. Curioso: si tratta, in entrambi i casi, di fischietti torinesi, che in quanto tali, ricordiamo, erano preclusi dalla possibilità di dirigere partite della Juve (e ovviamente del Toro). Incalzato dall’avvocato Trofino, il teste è stato costretto a riconoscere che tale sconto veniva applicato a numerose persone che gravitavano nell'orbita Juve, ammettendo di averne usufruito lui stesso in almeno due occasioni nelle quali ha acquistato un’autovettura scontata per poi rivenderla immediatamente e trarne profitto.
Quanto al discorso dei beni di valore dati in dono agli arbitri, che è poi l'ipotesi per la quale erano state preannunciate rivelazioni clamorose, Capobianco ha raccontato di aver rinvenuto, sempre all’interno della medesima busta, un elenco di orologi acquistati e destinati ai giocatori, staff tecnico dirigenti, alcuni giornalisti ed alcuni procuratori. Questo è quanto, di arbitri non vi sarebbe nemmeno l'ombra. Quali siano i beni destinati agli arbitri, e quali siano gli arbitri beneficiari degli stessi, nemmeno in quest’aula di tribunale si è potuto sapere. A questo punto, si aspetta con ansia un articolo di Repubblica per chiarire ai suoi lettori i dettagli anticipati con tanta enfasi due anni fa.
Ancora con la storia della GEA
"La Gea e la Juve sono la stessa cosa", così Capobianco, in barba alle sentenze di un tribunale della Repubblica, ha poi voluto definire il rapporto che intercorreva tra la società di procuratori e la società bianconera. Volete sapere in base a quali fatti ha fatto tale affermazione? Semplice, per aver a volte visto Moggi senior in compagnia del figlio. Incalzato dai legali della difesa, ha poi precisato di averlo visto, Moggi senior, anche in compagnia di altri procuratori, non necessariamente della GEA. D'altronde, è normale che un dirigente calcistico abbia a che fare con procuratori di giocatori, o no? Significativo il commento di Teresa Casoria: “Il figlio stava spesso dove stava il padre ed è pacifico che fossero due entità diverse”. Il presidente del tribunale anche in questa circostanza ha dato l’impressione di avere compreso che questo processo è basato sulle ”chiacchiere”. La Morescanti (difesa Fabiani) ha poi ricordato che il tribunale di Messina, in seguito ad una deposizione di Capobianco, nella quale aveva riferito di un regalo di autovettura a un parente di Fabiani, si è pronunciato decretando l'archiviazione del relativo procedimento.
Insomma, nemmeno con la deposizione di Capobianco i tifosi bianconeri sono riusciti a comprendere il motivo delle sentenze di tre anni fa. Ultimamente Oliviero Beha, mai tenero in passato con la Triade, ha invitato i suoi colleghi a raccontare ciò che sta emergendo realmente in questo processo, mentre Alessandro Gilioli de L’Espresso ha pubblicato un articolo nel quale se la prende coi giudici rei di non essere in sintonia con l'atmosfera colpevolista del 2006. Chi può aver timore che tra qualche mese il diavolo del calcio italiano possa uscire pulito anche da quest’aula di tribunale? Qualche sospetto ce l’ho…
Non si finisce mai di pagare
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- By Inunmondoche
Oltre al danno la beffa
Le parti civili rientrano nel processo di Napoli. Una concreta implicazione ci interessa: in caso di condanna in primo grado, molto probabilmente la Juventus si dovrà trovare costretta a pagare qualche milionata di euro alle suddette parti, a titolo di provvisionale. Ancora prima che la giustizia, quindi, termini interamente il suo corso.
E' un probabile danno, ma soprattutto una beffa per la Juventus e gli juventini.
Non c'è bisogno di ricordare come la FIGC di Guido Rossi reagì al ricorso al TAR preparato dai legali della Juventus nell'estate del 2006: minacce di sanzioni terribili, tra cui penalizzazioni enormi in campionato. Minacce che trovarono opportuna sponda all'interno della proprietà della società, fino al ritiro di quel ricorso.
C'è la clausola compromissoria, si diceva: chi esce dall'ordinamento sportivo, verrà sanzionato.
Si subì il danno quindi, all'interno dell'ordinamento sportivo, credendo di risparmiarsi la beffa di un'ulteriore penalizzazione.
La beffa è invece arrivata 3 anni dopo. Le parti civili, schieratesi a Napoli, sono a tutti gli effetti soggetti dell'ordinamento sportivo che per via ordinaria agiscono nei confronti di altri soggetti dell'ordinamento.
E la clausola compromissoria? Palazzi sembra non essere interessato, e non ha alcuna intenzione di deferire questi soggetti.
La beffa, dunque. La Juventus non agì per via ordinaria per difendersi, sconsigliata dalla FIGC. E oggi si trova nel concreto rischio di pagare milionate di euro, con il benestare delle autorità sportive, che non si curano di applicare la stessa regola, invocata allora.
L'arbitrio, insomma.
A Napoli manco ci volevo andare
L'avvocato Bruno Catalanotti, che rappresenta il Brescia come parte civile nel processo, aveva negli scorsi giorni, criticato aspramente la decisione del giudice Casoria di estromettere le parti civili dal processo. Decisione giuridicamente abnorme, del tutto arbitraria e illegittima. Così si era espresso.
Un'opinione. Si era spinto però decisamente oltre nel gettare dubbi sull'operato del collegio giudicante, adombrando pressioni da parte dei potentati economici che stanno dietro alle proprietà di Juventus, Fiorentina e Lazio. Decisamente oltre. E con lui, il giornalista de L'Espresso, Alessandro Gilioli. Affermazioni allusive e infamanti, dirette alle istituzioni dello Stato, rappresentate dal giudice Casoria.
Dimenticano i feroci sostenitori del complotto che il giudizio davanti ai giudici napoletani è stato voluto dai Pm, mentre le difese hanno sostenuto, a più riprese, diverse eccezioni di territorialità.
In caso di associazione a delinquere, infatti, la legge prevede che il tribunale atto a giudicare sia quello afferente al luogo dove la presunta associazione svolge le sue attività (Torino o Roma, quindi), o, come criterio suppletivo, l'ultimo luogo in cui si è manifestato un reato connesso, ossia Lecce, dove ebbe luogo quel Lecce-Parma 3-3, ultimo episodio della saga.
Questo hanno contestato a più riprese gli avvocati della difesa.
Invece i Pm hanno sostenuto la scelta di Napoli, motivandola con il passaggio della scheda svizzera tra Moggi e Paparesta padre, che, agli atti, non è affatto un associato a delinquere.
Di qui, non soltanto il fatto che, evidentemente, il possesso di una scheda svizzera non trasforma incontrovertibilmente un arbitro in un delinquente, a norma di legge, ma anche una certa debolezza della tesi del Pm che, non di meno, è passata.
Insomma: a Napoli non ci volevano restare gli imputati, ma l'accusa.
Insinuare perciò che le decisioni del giudice siano ispirate dai poteri economici, rappresentati dagli imputati, è esercizio sterile, che si configura, questo sì, come pressione mediatica assolutamente indebita sul collegio giudicante.
Senti chi parla
Naturalmente attendiamo le motivazioni della decisione della Cassazione, per discuterne il merito.
E' nostro parere, tuttavia, che, accanto ai motivi di economia processuale (per altro condivisibili), base del giudizio della Casoria, rigettato dalla Cassazione, ci fossero altri motivi di merito per determinare l'esclusione delle parti civili, e la negazione di un danno diretto alle stesse.
Siamo certi che, comunque, emergeranno in fase di dibattimento.
Un buon esempio, perché no, ci è fornito proprio dal Brescia, difeso da Catalanotti.
Le intercettazioni raccontano di un Brescia-Lazio 0-0, in cui fu negato un rigore clamoroso ai capitolini, arbitro Tombolini. Precedentemente all'incontro, possiamo ascoltare Carraro raccomandarsi con Bergamo affinché non si verifichino episodi arbitrali sfavorevoli alla Lazio. Va detto, è necessario, che il presidente federale puntualizza: "Se deve vincere il Brescia perché è più forte ok...".
E invece avviene un errore ai danni della Lazio. Come mai?
Lo spiega Bergamo al telefono con Mazzini. Carraro si è molto lamentato del danno subito dalla Lazio e Bergamo prova a spiegare perchè le cose siano andate nel senso non auspicato, puntando il dito verso Pairetto.
BERGAMO: "(...) Io dico na cosa e lui (Pairetto, ndr) dice il contrario! Ma lui se dicesse le cose che deve dire andrebbe anche bene uguale! Ma lui ha troppi referenti! Lui deve dì di sì a troppe persone per cui poi...dopo 15 partite non ci si capisce più niente! Perchè le cose poi si ritorcono l'uno con l'altra!"
MAZZINI: "se tu ti ricordi l'ultima fase del regno Casarin fu questa"
BERGAMO: "mah mah...hai capito! Quando io ci ho una situazione in mano...ma scusami Innocenzo ma se io chiamo il eeh..se...se mi arriva il messaggio preciso...mi arriva il messaggio preciso! Il presidente è preoccupato, la Lazio ste cose...c'è Le...Lazio-Brescia!...io prendo Tombolini e gli faccio un lavaggio del cervello, no? E' giusto!?"(...) "poi Gigi che è amico intimo di Governato che è il consulente di Corioni! E che gli ha fa..e che Governato gli ha fatto fa delle cose Corioni gliene ha fatte fà altre..."(...)" quando lui poi telefona a Tombolini...Tombolini dice aspetta un po' eh! Ma qui come..come girano le cose? Questo mi dice una cosa e quell'altro mi dice il contrario!"
Metteteci Giraudo e Moggi al posto di Governato e Corioni, e il gioco è fatto. Credo che, davanti a un'intercettazione del genere, un rinvio a giudizio per frode sportiva, Moggi e Giraudo non lo avrebbero evitato.
Il Brescia, insomma, è un'altra vittima un po' sui generis.
Il presidente Corioni si era già lamentato, addirittura alla prima giornata, quando aveva perso dalla Juve 3-0 e aveva dato in escandescenze davanti ai giornalisti, prendendosela con l'arbitro. Che non aveva sbagliato nulla di clamoroso, ma la cui gestione dei falli a centrocampo, secondo lui, era prova inconfutabile di un complotto cosmico. Sfogo raccolto, singolarmente, dal giornalista di TeleLombardia Ruiu, che, nel gioco delle parti tipico di queste trasmissioni, rappresentava il commentatore di area juventina! Salvo poi scoprire qualche anno dopo della sua incrollabile fede milanista.
Corioni aveva lanciato strali contro i poteri forti e l'Ideatore che stava dietro a tutto ciò. Poi riconosciuto da Zamparini in Antonio Giraudo.
In un'intercettazione tra il guardalinee Stagnoli e Leonardo Meani, inoltre, il primo esprime convinzione che il derby con l'Atalanta, in cui ha appena sbandierato, abbia presentato stranezze. Gli pare evidente che i giocatori si fossero messi d'accordo per il pareggio. Infine il Brescia vincerà su rigore, assegnato dal diavolaccio De Santis. Rigore fatto ripetere, dopo una precedente parata del portiere. Decisione che Stagnoli stigmatizza.
De Santis è anche l'arbitro che dirige il match alla penultima giornata contro il Messina (sì, il Messina), che il Brescia vince. Una partita che se il Brescia avesse perso, avrebbe significato retrocessione quasi sicura e un grande vantaggio per la Fiorentina, con cui all'ultima giornata si giocava tutto.
Si può dire che De Santis abbia danneggiato il Brescia? Non credo, no.
Per Fiorentina-Brescia viene poi designato Collina. Corioni dirà, qualche anno dopo, a TeleLombardia, che è stato l'arbitro di Viareggio a mandarli in B. Spero che la registrazione, a questo punto, venga allegata agli atti del processo.
In realtà il Brescia crolla, perdendo 3-0. A sbloccare il risultato un rigore solare, causato da un'ingenuità clamorosa di Wome, l'anno dopo ceduto all'Inter.
Chi ha mandato il Brescia in B? Boh. Che sia stato qualcuno vicino alla Juventus pare assai improbabile, però.
Processo calciopoli flash: Clamorosa sospensione
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NAPOLI - Dal nostro inviato al Processo
Colpo di scena al Processo di Napoli su Calciopoli, dopo la riammissione delle parti civili da parte della Cassazione, avvenuta nella giornata di ieri.
La Dottoressa Teresa Casoria, Presidente del Collegio Giudicante si è presentata in aula molto contrariata e ha annullato tutte le udienze previste fino al 13 ottobre 2009, quando, se non saranno ancora disponibili le motivazioni della scelta effettuata dalla Cassazione, sarà costretta a rinviare ulteriormente i lavori, con il rischio che si arrivi a Gennaio.
Per tale motivo oggi non si è svolto il previsto esame del teste dei CC che aveva materialmente lavorato all'analisi dei tabulati e delle SIM addebitate a Luciano Moggi.
Lo scenario adesso appare ingarbugliato. La riammissione delle parti civili potrebbe determinare il riesame di tutti i testi finora ascoltati e addirittura l'ammissione di altri nuovi.
Per la Casoria, che aveva escluso le parti civili per motivi di "economia processuale", rimane la possibilità dopo aver letto le motivazioni, di escludere nuovamente le parti civili, ma con una motivazione diversa.
La decisione della Cassazione è andata contro anche al parere del Presidente del Tribunale di Napoli, per cui all'orizzonte si prevede un ulteriore scontro che avrà come prima conseguenza il rallentamento del Processo la cui sentenza di 1° grado appare a questo punto lontanissima.
I promotori del ricorso alla Cassazione erano stati i legali Catalanotti del Brescia e Federico Vigoriti per l'Avvocatura dello Stato. Al ricorso si erano uniti: il Bologna, l'Atalanta, la FIGC, la RAI, le curatele fallimentari di Salernitana e Bologna, e la Federconsumatori campana.
L'avvocato Catalanotti ha dichiarato: "Il processo proseguirà secondo i canali ordinari. Noi parti civili ci siamo impegnate davanti alla Cassazione a non fare eccezione sul materiale acquisito nel corso delle udienze alle quali non siamo stati presenti. Per questo il processo potrà riprendere esattamente dal momento della sospensione. Siamo pronti a ripartire".
Pirrone: un altro teste così e si vince la causa!
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Secondariamente, ci chiediamo come noi siamo legati a queste cose.
In terzo luogo, ci domandiamo come dovrebbe essere il nostro atteggiamento nei loro confronti.
Riguardo a cosa sono le cose, possiamo solo rispondere che non sappiamo nulla.
Noi sappiamo solo come le cose ci appaiono, ma sulla loro essenza intrinseca siamo ignoranti.”
(Pirrone, filosofo greco, 365-270 a.c.)
Eccolo finalmente, si era già detto che senza dubbio prima o poi i testimoni chiave sarebbero arrivati.
Ora possiamo anche spiegarci la presenza di Moggi per la prima volta al processo, ancora un arbitro avrà pensato, avrà temuto un’altra testimonianza sulla scia di Nucini ed avrà voluto dare il suo apporto morale ai suoi avvocati con il suo indiscutibile carisma.
È quasi l’ora di pranzo quando si accinge ad entrare lui, il secondo, ma solo in ordine cronologico, inoppugnabile arbitro, talento sprecato, terrore dei grandi.
Premessa
In realtà queste righe non si dovevano scrivere, così come questo testimone non era nemmeno da citare.
Si racconta di episodi e sensazioni delle stagioni che vanno dal 1998-'99 al 2000-'01, Anni non oggetto del processo di Napoli, anzi a dirla tutta anni in cui la Juventus (1897) F.C. avrebbe molto da recriminare.
Inoltre un tribunale si è già pronunciato in merito, condannando per diffamazione il giornalista Teotino, che ha avuto la brillante idea di raccontare i deliri di Pirrone in un suo articolo, argomento già trattato qui.
Su Pirrone – cu fu?
Riccardo Pirrone, messinese, entra a far parte della CAN A e B nel 1998, l’anno del commissariamento, un anno difficile per l’AIA, anno di rinnovamento dei sistemi, dei dirigenti, della classe arbitrale.
Non entriamo nel merito dei criteri utilizzati per effettuare le scelte, abbiamo molti esempi di giudici di gara che iniziano in quegli anni e si sono caratterizzati per le loro ottime prestazioni, quasi sempre all'altezza della situazione; riteniamo che il talento e la preparazione degli uomini selezionati sia in tutti i casi indiscutibile, ma purtroppo spesso accade che la ribalta, invece di esaltare le doti, le reprime a scapito della qualità. Per questo possiamo spiegarci l'astio di Pirrone e Nucini verso alcuni colleghi più fortunati ed i loro superiori. Non condanneremo il loro atteggiamento, ma cercheremo semplicemente di comprenderlo, premesso che tutto ciò che raccontano sia vero, sia fatti che sensazioni, allora non possiamo che pensare che nel loro pensiero si sia scatenato inconsciamente un meccanismo di autodifesa che tende ad imputare ad agenti esterni gli insuccessi; pertanto si travisano eventi insignificanti, banali coincidenze diventano eccezionali ed ossessionanti, così i colleghi più bravi diventano i “raccomandati” ed i superiori degli “oppressori”. Ecco perchè si deve credere all'uomo Pirrone, quando molte volte ripete di sentirsi a posto con la coscienza, crediamo che effettivamente lui senta tradito, violentato il suo sogno di bambino, purtroppo però il sistema arbitrale fa parte del pianeta calcio ed il calcio si sa "non è uno sport per signorine".
Anche Pirrone, in sintonia con Nucini, intervista rilasciata all'ANSA imputa ad un evento sfortunato ai danni di una “grande” la fine della sua carriera arbitrale, questa volta però la vittima fu l’Inter. Per dimostrare la nostra tesi possiamo prendere come prova i voti assegnati all'arbitro dai maggiori quotidiani (es. Corriere.it) dopo Juventus-Bologna. L’episodio della sospensione ingiusta, patita da Nucini a seguito a questo episodio è citato anche da Pirrone come emblema delle influenze esterne sui designatori, delirio! Chi avesse dei dubbi può consultare l’articolo di Graziano Campi, CAMPI MINATI- Il mestiere del giornalista o lo stesso articolo già citato in precedenza sulla sua deposizione, cioè i motivi della lunga sospensione sono prettamente disciplinari: manda a quel paese, pubblicamente, Pairetto, un suo superiore, altra coincidenza, entrambi, Pirrone e Nucini, si rendono protagonisti di fatti disciplinari incresciosi, legati al loro carattere, aggrediscono e sfottono con le parole superiori e colleghi.
Stando alle parole di questi due geni incompresi del mondo arbitrale potremmo a questo punto completare il titolo di molti pennivendoli di qualche settimana fa: “Juve, un torto ed arbitravi in B! Inter, un torto e non arbitravi più!”.
Pirrone è poco più di una meteora del mondo arbitrale, rassegna infatti le dimissioni dopo solo tre anni di militanza nelle massima classe arbitrale. Decide di “lasciare” perché si sente "ghettizzato" dall'ambiente e soprattutto dai designatori Bergamo e Pairetto; ma la "goccia che fa traboccare il vaso", che lo porta a dimettersi, è il mancato sostegno da parte di molti colleghi e soprattutto dei dirigenti dopo l'aggressione subita da Ayroldi che, "senza motivi apparenti", gli sferra un calcio di una violenza tale da mandarlo in infermeria.
Ingiustificabile il comportamento dell’arbitro barese, ma certamente deprecabile anche lo sfottò al quale questo rinomato retore di quella lingua che fu di Dante, Carducci, Leopardi, De Andrè lo sottomette, rimarcando le sue "inflessioni dialettali" esibite durante il discorso di ringraziamento per una premiazione.
Ad essere maligni si potrebbe anche pensare che, volendosi rivolgere ad un tribunale ordinario per ottenere giustizia della violenza subita e non potendolo fare perché il CdS vieta di intraprendere cause civili tra tesserati, le dimissioni siano in realtà obbligate.
Ma noi non siamo maligni. Ci piace seguire i fatti e le logiche che scaturiscono da essi, le illazioni lasciamole ad altri.
Sui sorteggi pilotati
L'essenza della sua deposizione è il dubbio sulla regolarità dei sorteggi.
La sua prima stagione ad alti livelli è caratterizzata dal sorteggio globale, in cui gli arbitri sono divisi in due fasce, A e B, che, onestamente, giudica ingiusto perché tende ad avvantaggiare arbitri inesperti come lui a danno di altri più anziani, un sistema certamente affatto meritocratico.
Lui stesso dichiara che uno degli arbitri più penalizzati fu Collina, peccato che più avanti lo inserirà fra i raccomandati.
Premettiamo che le stagioni di riferimento sono la 1999-00 e la 2000-01, anni in cui vinsero rispettivamente Lazio e Roma e sulle quali la Juventus avrebbe molto da recriminare.
Nel 2000 viene introdotto il sorteggio a fasce con i designatori, Bergamo e Pairetto, che hanno il compito di definire le fasce in base ai meriti ottenuti sul campo ed all’esperienza maturata. Le partite e gli arbitri vengono divisi in tre fasce, lui fa parte della terza fascia, in cui ci sono tre partite e quattro papabili; pur avendo il 75% di probabilità di essere sorteggiato viene escluso il 60% delle volte.
Trascurando le impressioni supponiamo che ciò che racconta sia vero. Purtroppo per lui ciò non dovrebbe bastare per dimostrare una combine contro di lui, se ci fermiamo ai numeri possiamo notare che essendo in debito con la fortuna, l’anno dopo questa gli presenta il conto con gli interessi. Niente di strano che capiti proprio a lui, che sembra la personificazione di uno dei personaggi di uno dei romanzi del ciclo "I Vinti" del suo conterraneo Verga.
L’episodio più eclatante, a suo dire, è la stranezza che avveniva il 60-70% delle volte durante il riversamento nell’urna dei bussolotti, infatti in questa fase capitava che una pallina si aprisse perché difettosa o chiusa male, nel 70% delle volte era quella di un arbitro, la stessa veniva poi richiusa, rimessa nell’urna e mescolata alle altre in maniera “blanda”, in modo che l’incaricato all’estrazione, alternativamente Bergamo o Pairetto, potesse sempre tenere d’occhio il bussolotto "segnato", in modo da poterlo estrarre al momento giusto. Il sorteggio avveniva a Coverciano in presenza di tutti gli arbitri, veniva estratta quasi sempre prima la partita e poi l'arbitro.
Storniamo anche qui le impressioni ed analizziamo i dati. Anche qui supponiamo vere le affermazioni:
1. Il 60-70% delle volte un bussolotto si apre.
2. Nel 70% dei casi si tratta della pallina contenente il nominativo di un arbitro
3. La maggior parte delle volte viene estratta prima la partita poi l’arbitro. Supponiamo il 75%.
Sorteggio truccato direbbe un maligno. Sbagliato! Diciamo noi.
Vediamo i punti a sfavore dell’ipotesi di reato:
1. Matematico. Con un semplice calcolo statistico si evince che dalle percentuali fornite dal Pirrone, trascurando il margine di errore umano, comunque alto, nell’individuazione della pallina giusta, la probabilità di successo che l’accoppiata arbitro-partita sia quella prevista è circa del 35%, obiettivamente non sembra un metodo propriamente scientifico.
2. Storico. Dalla deposizione di Dario Galati, l'unico teste degno di nota e lucido ascoltato finora, si evince che i biglietti con i nomi degli arbitri e delle partite venivano immessi nei bussolotti da lui stesso e dalla Fazi, a questa operazione non partecipano i designatori, pertanto: o si ammette che anche Galati e Fazi sono coinvolti in questa tresca, e non mi pare che sia emerso, o non si capisce come potessero Bergamo o Pairetto sapere quale era il bigliettino che si apriva, visto che era regolarmente piegato ed illeggibile.
Più probabile riteniamo questo scenario. I bussolotti sono notoriamente difettosi, basta un piccolo urto perché si aprano, nella fase di riversamento tale circostanza è molto probabile, infatti capita spesso che una pallina si apra, viene quindi effettuata una nuova rimescolata, effettuata delicatamente proprio per evitare che l’incidente riaccada; possiamo anche ipotizzare che egli stesso guardi con attenzione nell’urna proprio per assicurarsi che questo non avvenga.
Sulle sensazioni.
Veniamo alle considerazioni sulle impressioni, che secondo gli inquisitori sono fondamentali per la condanna degli imputati.
I sorteggi erano pilotati per favorire “i figli di…” o “gli amici di…”. Non vengono fatti nomi da Pirrone, dato che, in perfetta linea con i teste finora ascoltati, racconta di “sicure” sensazioni ma quando gli si chiedono specificazioni, fatti, circostanze, nomi, dice di non ricordare o che non è in grado di farlo.
Descriviamo ora una breve panoramica dello scenario descritto dall'arbitro messinese: ai sorteggi erano presenti tutti gli arbitri, circa 60 persone, che avrebbero omertosamente accettato la tresca, sostiene inoltre che i rapporti di valutazione delle sue prestazioni redatti dagli osservatori arbitrali, agli atti del processo, siano stati opportunamente manomessi. Allora se è vero questo, si deve ammettere che tutto l’ambiente è marcio, quello stesso ambiente che ha condannato la Juventus e la sua dirigenza a pene pesantissime nel 2006.