CantaNapoli - Il processo
Prime crepe anche per il teorema delle Sim svizzere
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- By Redazione
Martedì scorso (10 novembre) è iniziata a Napoli la discussione sul famoso teorema delle SIM svizzere, quello secondo cui Moggi avrebbe controllato gli arbitraggi del campionato 2004-05 tramite una fantomatica rete di telefonini dotati di SIM riservate, consegnati a designatori e arbitri di serie A.
A illustrarlo è stato convocato in aula il Maresciallo dei Carabinieri Di Laroni, membro del team di via In Selci di Roma che, agli ordini del Maggiore Auricchio, ha svolto l’indagine che ha portato, tramite la fuga di notizie (leggi: informative di indagine) del maggio 2006, al linciaggio mediatico della Juventus e alla sua retrocessione in serie B. A questo proposito, da sottolineare la levità con la quale il maresciallo ha più volte definito in aula quel reato, parlando di intercettazioni “portate a conoscenza del pubblico”, come se chi l’avesse commesso non solo avesse fatto una cosa normale, ma avesse addirittura esercitato una sorta di (distorto) diritto di cronaca.
Il teorema delle SIM svizzere, va ricordato preliminarmente, non era parte degli atti di indagine oggetto di Farsopoli, ma venne elaborato dal maresciallo e da due suoi colleghi (Di Foggia e Lucchese) solo in seguito allo scoppio dello scandalo, probabilmente per cercare di individuare, a carico degli indagati, qualche elemento un po’ più consistente, o per lo meno più suggestivo, rispetto al poco o nulla evidenziato in precedenza.
Nella prima parte dell’udienza, dietro richiesta dal Pubblico Ministero Narducci, il Maresciallo ha così illustrato alla corte il metodo adottato e i risultati dell’analisi che ha portato, grazie alla collaborazione del commerciante di Chiasso De Cillis (vedi udienza del 30 giugno scorso), all’individuazione di 21 Sim straniere (20 svizzere e una slovena) e di utilizzatori presunti. Quanto alle 385 Sim del Liechtenstein, di cui si è pure favoleggiato, toglietevele fin d’ora dalla mente, non hanno alcun valore né senso in questa storia, perché, come ha ammesso lo stesso Maresciallo, si tratta di un lotto che il De Cillis ha venduto a svariati acquirenti, di cui è ormai impossibile ricavare generalità e dati di utilizzo; alcune di quelle 385 (solo alcune!) le avrebbe fatte comprare anche Moggi, ma è ormai inutile e fuorviante citarle a sostegno di qualunque ipotesi accusatoria.
L'attività dei CC è consistita nel cercare di associare ad ogni singola scheda (delle 20 svizzere e della slovena) un PROBABILE utilizzatore. Il metodo è stato il seguente:
1) Analisi dell’ubicazione di tutte le celle agganciate in chiamata dalla Sim che faceva la telefonata, al fine di individuare i luoghi frequentati da questa Sim e quindi dal relativo soggetto.
2) Correlazione con il novero dei "soggetti che ci emergevano dalle indagini" (leggi: gli arbitri che si voleva dimostrare sentissero clandestinamente Moggi) e dei luoghi di residenza o lavoro.
3) Correlazione con le anagrafiche delle utenze nazionali in alcuni casi chiamati da quelle straniere.
4) Quando possibile, correlazione dei dati delle utenze straniere con quelli delle utenze italiane dei soggetti intercettati. In poche parole, nel caso dei soggetti sottoposti a intercettazione (in realtà tra gli arbitri ci risulta solo De Santis), verificare che le loro utenze mobili italiane accendevano, nel medesimo lasso di tempo, le stesse celle di quelli stranieri.
Seguendo questo metodo di lavoro, a detta dello stesso Di Laroni, i CC sono arivati "a ritenere 'RAGIONEVOLMENTE' che almeno alcune di queste schede potessero essere di alcuni soggetti".
In attesa del controesame degli avvocati di Moggi in programma per domani (13 nov.), grazie ai difensori intervenuti martedì (in particolare l'avvocato Messeri che assiste Bertini), possiamo già elencare una serie di elementi che mettono in forte dubbio l'attendibilità di tale metodo.
Prima di tutto, ribadiamo che l’attribuzione delle Sim è a livello puramente indiziario, non vi è alcuna reale prova, tanto che lo stesso Maresciallo ha usato spesso espressioni come “attribuita a” ,”si presume”, "ragionevolmente", e così via.
Inoltre, noi sappiamo che già un'attribuzione è stata smentita in aula, quella di Gianluca Paparesta: in realtà quella Sim era in uso al padre Romeo, e proprio per questo motivo martedì ha fatto impressione ascoltare il teste parlare con una notevole dose di sicurezza di scheda attribuita a Paparesta Gianluca, con tanto di elenco di, a suo dire, importanti riscontri. Lo stesso tono il Maresciallo ha usato nell'elencare gli elementi a carico degli altri arbitri, e nella maggior parte dei casi ce n'erano molti di meno (è chiaro che Paparesta padre frequentasse spesso gli stessi posti del figlio).
E infatti l’avvocato di Bertini ha più volte avuto buon gioco a evidenziare le falle dell’analisi dei Carabinieri. A proposito: ricordate la famosa storia delle 40 telefonate di Moggi e Bertini prima di Milan-Juve? Ecco, martedì si è capito il perché di quel dato: il 40 non indicava la quantità di telefonate (per altro assurda, per quanto presa per buona dalla maggior parte degli organi di stampa), ma indicava il numero di celle accese da quelle due Sim fra di loro in comunicazione; dato che il Maresciallo ha raccolto i dati da 4 diverse compagnie telefoniche (Tim, Vodaphone, Wind e Telecom), la stessa telefonata poteva accendere contemporaneamente celle di diverse compagnie, senza contare le chiamate fatte mentre gli interlocutori erano in movimento, magari in macchina, durante le quali potevano passare da una cella all’altra della medesima compagnia. Insomma, sul punto una gran confusione, che il Di Laroni stesso ha ammesso di avere difficoltà a dirimere: a domanda diretta di Messeri, ha detto che in molti casi è impossibile, con i dati in lui possesso, determinare con certezza numero e durata delle telefonate, potendo solo rilevare la sussistenza di contatto.
Un'altra importante falla nel metodo di attribuzione (evidenziata non solo da Messeri, ma pure dall'avvocato di Ambrosino) è il fatto che i Carabinieri non hanno verificato se nella stessa città dei loro assistiti dimorassero altri tesserati AIA o FIGC. Nel caso di Bertini, l’avvocato Messeri ha letto un lungo elenco di tesserati aretini non controllati dai Carabinieri, tra i quali il segretario stesso dell’AIA, Marcello Nicchi.
Sempre l’avv. Messeri ha chiesto espressamente al Di Laroni se lui o i suoi colleghi avessero verificato che Bertini si trovasse effettivamente ad Arezzo quando quella Sim accendeva celle aretine, ma anche qui il Maresciallo ha dovuto ammettere di non avere dati a riguardo. E' un fatto importante, questo, tanto più che basterebbe scoprire un solo caso in cui l'ipotetico utilizzatore si trovasse da tutt'altra parte per smontare definitivamente tutto il teorema.
Anche l'avvocato dell'arbitro Dattilo ha fatto notare un'importante falla: la scheda attribuita a Dattilo avrebbe fatto due chiamate a numeri italiani, in uso ad altrettanti misteriosi utilizzatori. I Carabinieri hanno verificato se i due utenti erano in rapporti col suo assistito? La risposta è stata negativa.
Insomma, in attesa del prosieguo della deposizione del Maresciallo Di Laroni (domani ci sarà il controesame degli avvocati di Moggi), si ha già la netta impressione che anche qui, come nel caso del sorteggio truccato, gli inquirenti nella loro indagine siano partiti dalla fine, e cioè dal risultato che volevano ottenere (sorteggio che DOVEVA essere truccato; arbitri che DOVEVANO telefonarsi con Moggi; Juve che DOVEVA truccare il campionato; eccetera eccetera), per poi costruirci sopra il teorema accusatorio, selezionando solo i dati utili a suffragare la loro ipotesi e tralasciando quelli che andavano in senso contrario. Un ultimo esempio tratto dall’udienza di martedì: i CC avevano scritto, nella loro informativa a riguardo (1 dicembre 2007), che la Sim Svizzera attribuita a Bertini non aveva acceso la cella di Coverciano un giorno in cui era in corso il raduno degli arbitri, e che in effetti quel giorno Bertini si trovava all’estero, portando questo dato come prova. L’avvocato Messeri ha controbattuto con un altro dato: ci sono ben altri 6 casi nei quali quella scheda non accese la cella di Coverciano, benché fosse in corso il raduno e Bertini era presente. E quindi?
Video/audio di parte dell'udienza: Deposizione del maresciallo Di Laroni del 10-11-2009
Confidente di millanterie
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- By thexfactor
Era il 6 novembre 2004 il giorno in cui Silvana Garufi, ex presidente dell’Associazione Onlus Crescere Insieme al Sant’Anna, in un colloquio telefonico con l’ex Direttore Generale della Juventus, Luciano Moggi, si sentì riferire da quest’ultimo che al termine della partita della squadra bianconera con la Reggina, infuriato per la direzione arbitrale di Paparesta, aveva chiuso il direttore di gara a chiave all’interno dello spogliatoio e si stava portando le chiavi all’aereoporto. Chiunque abbia avuto occasione di ascoltare la conversazione, dai toni spavaldi usati da Moggi, definito da Carlo Mazzone “Il più simpatico millantatore presente nel modo del calcio”, si sarà reso conto che si trattava solo di una vanteria.
Silvana Garufi mai avrebbe immaginato il rilievo mediatico che quella telefonata avrebbe avuto; né che, esattamente cinque anni dopo, sarebbe stata citata a deporre nelle aule di un Tribunale in riferimento a quel colloquio telefonico. Il P.M. Narducci, nonostante la smentita dell’episodio fornita nella stessa aula dal diretto interessato, auspicava che la teste facesse nuove rivelazioni. Purtroppo, per problemi tecnici, il pubblico ministero non ha potuto deliziare la Presidente Teresa Casoria con l'ascolto della chiamata. La testimonianza della Garufi è proseguita col racconto di un episodio avvenuto all’aereoporto di Catania in relazione alla sua domestica, che aveva avuto problemi ai controlli di identità in quanto, anche se, a suo dire, "cittadina italiana" (pur se di origine extracomunitaria), non aveva con sé "il permesso di soggiorno, ma solo la carta d’identità italiana". La teste ha dichiarato che aveva informato Moggi, il quale asserì che avrebbe interessato della questione un poliziotto in servizio alla Questura di Torino (che aveva conoscenza personale della domestica).
Povera Garufi, citata come teste a Napoli a causa di una telefonata dai contenuti quasi goliardici, con una domestica fermata negli aereoporti italiani, e nemmeno degnata di una domanda di controesame ricevuta dai difensori degli imputati. Anzi l’unica domanda seria durante l’interrogatorio l’ha posta l’avvocato di Pairetto al Giudice: “Qual è il rilievo ai fini delle contestazioni di queste domande?".
Penso che la Casoria abbia già dato la sua risposta già qualche mese fa, quando disse che vi erano processi più seri da fare…
La tosse asinina di Manfredi Martino
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- By Dominiobianconero
"Molti uomini sono destinati a ragionar male altri a non ragionare affatto e altri ancora a perseguitare coloro che ragionano" (Voltaire).
In attesa di conoscere le sorti della richiesta di ricusazione che i P.M. Narducci e Capuano hanno inoltrato nei confronti del Presidente Teresa Casoria, continua in aula a Napoli la sfilata dei testimoni dell'accusa. Il 6 novembre è stato il turno del signor Manfredi Martino, uno dei due componenti, insieme a Maria Grazia Fazi, della segreteria della CAN e alle dirette dipendenze dei designatori Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto.
Nel maggio del 2006 lo presentarono come il testimone chiave per l'accusa. Lui, fedele al ruolo assegnatogli, pareva aver messo radici negli uffici dei Carabinieri di Roma e in quello dei Pubblici Ministeri, protagonista di deposizioni fiume che duravano fino a notte fonda.
Il ruolo di grande accusatore, in realtà all'inizio sarebbe dovuto toccare a Dario Galati, ex-collega di Martino e della Fazi. Il Galati fu contattato, prima dello scoppio dello scandalo, da alcuni di quei giornalisti che, avendo la cattiva abitudine di frequentare i bassifondi delle Procure, avevano già in mano le intercettazioni.
Quando Galati capì il ruolo che volevano assegnargli, si tirò indietro. Non si trattava infatti di scoperchiare il "sistema", ma di accusare scientemente solo alcune persone che di questo sistema facevano parte, ma la cui eliminazione "fisica" era funzionale alla sopravvivenza del sistema stesso.
Quando fu chiaro che Galati era un galantuomo e che non sarebbe stato "utile" a fare da sponda alle ragioni dell'accusa, il candidato a sostenere il ruolo fu individuato in Manfredi Martino. Stesse mansioni di Maria Grazia Fazi, stessi rapporti più o meno confidenziali con dirigenti di società, con arbitri, con dirigenti federali. Stessa tendenza a infilare il becco nei rapporti istituzionali tra tutti gli attori finora citati. Eppure la Fazi è imputata, il Martino è solo un testimone.
Da testimone in "pectore" fin dai primi giorni di maggio del 2006, contrariamente a quanto hanno scritto i giornali in questi giorni, cominciò subito a raccontare che, a suo avviso, il sorteggio era truccato. E quello del sorteggio "truccato" è stato il piatto forte anche della sua deposizione ufficiale da testimone al processo.
L'esame e il controesame del testimone Martino è stato lunghissimo, circa quattro ore, ed è stato presentato sui giornali come un clamoroso punto a favore dell'accusa.
Noi non esprimiamo alcun giudizio in merito, ci limiteremo a descrivere i passi salienti dell'udienza per permettere al lettore di farsi la propria opinione liberamente.
L'udienza inizia con le generalità. Martino spiega che lavora alla FIGC fin dal 1998, dapprima con Galati e la Fazi e infine con la sola Fazi. Spiega poi quali fossero i suoi compiti specifici fino ad arrivare ai dettagli sul sorteggio arbitrale. Sollecitato dal PM spiega, a beneficio del Tribunale, il significato di griglia, fasce, preclusione e le attività preliminari per la predisposizione del sorteggio. Racconta che lui stesso solitamente predisponeva i foglietti con i nomi degli arbitri e quelli delle partite, da inserire poi nelle palline usate per il sorteggio. Il tono di voce è incerto e Narducci più volte gli contesta di aver detto cose leggermente diverse negli interrogatori del 2006.
Ecco alcuni passi della lettura del verbale della deposizione di Martino del 12 maggio 2006 effettuata da Narducci in aula: "... Nel corso degli anni le sfere sono sempre state le stesse e con il passare del tempo le stesse presentavano visibili segni di usura. In particolare a causa dei difetti di apertura e chiusura delle sfere, nel corso dei sorteggi le stesse venivano battute per terra per aprirle e proprio tale azione meccanica aveva provocato con il passare del tempo una perdita della vernice nella parte della rigatura per l’avvitatura di ciascuna semisfera. Tale mancanza della verniciatura differiva da sfera a sfera per grandezza della chiazza. Tale usura riguardava in modo particolare le sfere di colore giallo contenenti i biglietti indicanti gli arbitri, mentre erano di numero inferiore quelle verdi e rosse che presentavano tali segni distintivi. Generalmente l’estrazione delle sfere avveniva prima delle partite e poi dell’arbitro, ma non sono in grado di indicare le volte in cui è avvenuto diversamente, ossia prima l'arbitro e poi la partita o in cui l’azione è avvenuta in contemporanea. Al sorteggio veniva portato un numero di buste corrispondente a seconda della stagione ad un numero di fasce in cui venivano suddivise le gare ovvero se il sorteggio prevedeva che le partite fossero divise in un dato numero di fasce. A tale numero corrispondeva naturalmente un medesimo numero di arbitri divisi per tale fascia. I sorteggi mediamente duravano poco, tra i 10 e i 15 minuti circa, e si svolgevano in un’atmosfera solitamente serena caratterizzata anche da pause dovute a scambi di battute fra i designatori e le persone presenti alle operazioni, tanto da determinare un atteggiamento solitamente amichevole e non certo di rigido controllo. Mi viene chiesto quindi a cosa potesse servire l’inserimento di una pallina gialla caratterizzata da segni distintivi e rispondo che ciò era legato all’esigenza dei due designatori di poter individuare una scelta arbitrale a loro gradita di fatto aggirando le maglie del sorteggio innanzi al notaio. In pratica, il momento importante era rappresentato dalle pause di cui sopra accennato laddove Pairetto da una parte e il giornalista dall’altra rimanevano sospesi con le sfere tra le mani all’interno dell’urna stessa afferrando la sfera prescelta o anche dopo che la sfera raccolta era stata portata fuori dall’urna e prima che fosse aperta. In pratica Pairetto, a cui spettava l’onere di scegliere la palla verde o rossa relativa alle partite, nel caso in cui era necessaria abbinare una scelta arbitrale individuata dai designatori, temporeggiava con scioltezza per qualche istante in attesa che il giornalista designato provvedesse a prendere la pallina gialla".
Dopo aver letto il verbale comincia un interessante siparietto:
NARDUCCI: "Può indicare per cortesia qualche situazione particolare legata a qualche giornata di sorteggio di quel campionato 2004/2005 legata a questo meccanismo che Lei ha descritto?"
MARTINO: "Sinceramente è difficile... ehm... ehm... ricordare i singoli sorteggi. Personalmente, ma a mia sensazione, una cosa del genere potrebbe essere successa verso la fine del campionato. Era la partita che praticamente decideva quel campionato stesso che era un Milan-Juventus preceduto da tantissime polemiche, perché fu squalificato se non ricordo male Ibrahimovic per prova televisiva, quindi Ibrahimovic che era allora tesserato per la Juventus saltava quella partita, quindi si decideva la stagione e a sensazione posso dire di...".
PRIORESCHI (avv. difensore di Moggi, con tono incredulo): "A sensazione?".
PRES. CASORIA: "eh, e mo spieghiamo... Sensazione in che senso? Su che è fondata questa sensazione”.
MARTINO: "Mmm... dal momento in cui ho assistito al sorteggio, però non sono in grado di dire con certezza se è avvenuto o no, ma è sicuramente una sensazione...".
PRES. CASORIA: "Vabbè, qual è l’evento che le ha fatto avere questa sensazione?"
MARTINO: “Mi ricordo... ehm... mi ricordo, non so se ci sono le immagini essendo un sorteggio sicuramente aspettato da tutti… mi ricordo... mi ricordo che secondo me il designatore Bergamo nel momento in cui è uscita la partita Milan-Juventus, nel momento in cui il giornalista si apprestava a scegliere la pallina per abbinare l’arbitro, mi ricordo che tossì. Ora io ripeto non so se possa essere provato da eventuali immagini, però è un mio ricordo”.
NARDUCCI: “Questa è l’unica circostanza che lei rammenta e sulla base della quale lei fa questo tipo di considerazione per quel sorteggio?".
MARTINO: "Guardi, il sorteggio… ho sentito prima che rileggeva il mio verbale.. è sempre stato a differenza di quanto comunque lì ho dichiarato e anche sottoscritto, prima il sorteggio della pallina della partita e poi il sorteggio della pallina dell’arbitro da parte del giornalista. Ripeto, se poi nel frattempo è mai successo di una eventuale irregolarità da parte di questa prassi io non sono in grado di dirlo, posso dire che la maniera per cui – mi sembra di ricordare fu la domanda che mi fu posta – si poteva tra virgolette aggirare il discorso del sorteggio era quella che non so se bene o male ho descritto nel verbale che ha letto il dott. Narducci".
PRES. CASORIA (che comincia a spazientirsi): "E cioè?".
MARTINO: "Cioè se effettivamente si riusciva… il giornalista riusciva a scegliere la pallina dell’arbitro prima che fosse scelta la pallina della partita. Questa è, secondo me, l’unica maniera per truccare il sorteggio, ecco".
NARDUCCI: "Dunque in occasione di quel sorteggio?".
MARTINO: "In quel sorteggio sicuramente.. uhm... sicuramente ... mi ricordo di questa tosse nel momento in cui fu scelta quella pallina".
PRES. CASORIA: "Chiarisca meglio, non abbiamo capito il colpo di tosse che incidenza aveva?".
MARTINO: "Ma guardi, io non......".
PRES. CASORIA: "No, no. Lei, nella sua sensazione... intendiamoci! Il colpo di tosse quando avvenne?".
MARTINO: "Nel momento in cui il giornalista scelse la pallina (dell'arbitro ndr) abbinata a quella partita. Però il sig. Bergamo poteva... cioè... poteva capitare, soprattutto nel momenti cruciali della stagione, in particolare nei momenti in cui erano attaccati dai giornalisti o che le cose non erano andate bene poteva avere anche... una cosa nervosa... per cui poteva tossire, ecco".
NARDUCCI (innervosendosi): "Mi scusi Presidente procedo a contestazione... dal verbale di assunzione di informazione reso al PM 28 maggio 2006 dal Martino... sul punto, al di la della circostanza del colpo di tosse... lei dice: “Torno a spiegare per farmi comprendere meglio la prassi regolare che Bergamo e Pairetto avrebbero dovuto osservare durante le fasi dell’estrazione delle palline. Pairetto doveva estrarre le palline relative alle partite. Prassi voleva che Pairetto doveva leggere il bigliettino relativo alla partita di calcio sorteggiata e solo in quel momento il giornalista prescelto, che si trovava a fianco di Paolo Bergamo, avrebbe dovuto a sua volta estrarre la pallina contenente il nome dell’arbitro, così poi da poter determinare il regolare abbinamento partita-arbitro. Sia in occasione dell’incontro Milan-Juve, sia in occasione di quest’altra gara di quel campionato – lasciamo stare per un attimo adesso di quale gara si tratta – mi sono accorto che Gigi Pairetto, magari contestualmente colloquiando con qualcuna delle persone presenti in sala, non aveva fatto la prescritta operazione da prassi, ma aveva indugiato ed aveva poi estratto realmente la pallina e letto il bigliettino della gara solo dopo che aveva notato quale era la pallina concretamente presa nelle mani dal giornalista." Cioè dunque Lei dice che, al di là del colpo di tosse in questa circostanza ed in un’altra che lei non riesce a collocare esattamente nel tempo, aveva notato una variazione della prassi?".
PRIORESCHI: "Possiamo leggere anche quello che dice il 19 maggio su questa estrazione perché se no è monca..."
PRES. CASORIA: "Vabbè sentiamo questa contestazione avvocato..."
NARDUCCI (inviperito): "Dooopo lo fa Lei...!"
MARTINO: "Praticamente... ehm... a tergiversare essendo comunque il giornalista a scegliere la pallina dell’arbitro... il tergiversare era... il giornalista gli piaceva comunque mettere la mano dentro e girare in attesa della scelta da parte del Pairetto della pallina della partita, quindi il tergiversare io lo intendevo dire... magari mentre il Pairetto stava per prendere la pallina nel frattempo già il giornalista ha messo la mano dentro l’urna e girato le palline degli arbitri e scelto la pallina che avrebbe estratto, dopo comunque che Pairetto avesse scelto la pallina della partita. Non so se sono stato chiaro...".
NARDUCCI: "Oltre a questa circostanza vi sono altre situazioni nel corso di quel campionato in cui lei ha potuto apprendere o verificare che erano stati alterati incontri di calcio della Serie A?".
MARTINO: "Sinceramente... ehm... no... sinceramente NO".
A questo punto Narducci, indispettito, gli ricorda, procedendo all'ennesima contestazione, che in un altro verbale aveva parlato di una partita di febbraio 2005 tra Sampdoria e Fiorentina in cui Bergamo gli disse che Dondarini aveva favorito la Sampdoria in quanto società amica di Pairetto, che lo stesso Pairetto era amico di Zamparini e che Carraro aveva nel corso della stagione chiesto un occhio di riguardo per Lazio e Fiorentina affinché potessero rimanere in A. Qui il nostro commento è d'obbligo! Cosa c'entra la Juventus?
Incalzato dal PM imbufalito, il testimone va in confusione e arriva a dichiarare che se nel maggio del 2006 aveva dichiarato quelle cose è perché si ricordava meglio e che adesso è passato tanto tempo. Poi dice che ogni designatore aveva i suoi arbitri preferiti.
La parte più interessante della deposizione di Manfredi Martino si chiude qui. Narducci continua l'esame del testimone portando la discussione sugli assistenti, la cui designazione, nel corso della permanenza di Martino alla CAN era stata curata da Celli, Nicchi e Guidi e poi successivamente da Mazzei a partire dal 2002/2003.
Martino però conferma che Bergamo e Pairetto avevano sempre l'ultima parola sulla scelta degli assistenti e che, di norma, con arbitro giovane andavano sempre assistenti esperti e viceversa.
Il motivo per cui fu allontanato Nicchi, a detta di Martino, era la sua indipendenza e ciò lo aveva portato a scontrarsi più volte con i designatori anche se il teste non ricorda di preciso quando. Martino dichiara anche che si vociferava che la Fazi avesse remato contro Nicchi, circostanza che fa insorgere gli avvocati della difesa che ricordano al teste di rimanere sui fatti e di evitare di parlare di "voci".
La discussione si sposta poi sull'allontanamento della Fazi dalla segreteria e Martino ricorda che i designatori gli dissero che ciò accadde perché lei non aveva accettato il fatto di non poter più frequentare Coverciano dove si radunavano periodicamente gli arbitri e gli assistenti. Dichiara inoltre che aveva avuto notizia che la Fazi aveva litigato con Moggi e Meani, e infine racconta che stessa sorte era toccata a lui, qualche anno prima, quando gli fu chiesto di non andare più a Coverciano perché, a suo dire, aveva fatto una battuta sulla Roma.
Narducci a questo punto si inalbera e chiede ulteriori spiegazioni a Martino sul perché non fosse gradito a Coverciano.
Martino balbetta e Narducci insiste, chiedendo se la cosa fosse stata influenzata dall'esterno. Il testimone torna a parlare di "sensazioni", scatenando le ire degli avvocati e del Pubblico Ministero.
A questo punto il Presidente CASORIA chiede a Martino di spiegare "tutte queste cose oscure che ci viene a dire".
Come si può immaginare, l'atmosfera in aula è surreale. Si passa al racconto dei rapporti tra il testimone e l'arbitro Massimo De Santis.
Martino racconta che De Santis è un suo ottimo amico e che è un personaggio abituato a millantare in molteplici occasioni.
Con riferimento alla famosa Lecce-Juventus, ribadisce che i designatori apprezzarono l'operato dell'arbitro e racconta che nello spogliatoio, dopo la partita Moggi e Giraudo vennero a salutare la terna, tra cui l'assistente Enrico Ceniccola, che a quanto riportato ebbe un gustoso siparietto con Moggi in cui entrambi si augurarono che, in futuro, potesse essere sempre designato per le partite della Juventus. La circostanza, per la cronaca, è stata smontata nel controesame dall'Avv. Morescanti. Ceniccola, infatti, dopo Lecce, non fu mai più designato per le partite della Juventus!
Viene fatta ascoltare in aula una telefonata tra Martino e Piero Sciascia, dirigente della FIGC, in cui quest'ultimo gli chiede dell'interrogatorio che il Martino aveva sostenuto a Torino da Guariniello, nel corso dell'inchiesta poi archiviata dal Giudice Maddalena.
Narducci chiede poi se, a suo parere, il De Santis, nel corso della stagione 2004/2005 avesse cambiato atteggiamento nei confronti della Juventus.
Qui c'è un passaggio interessante: Martino, raccontando come si era arrivati alla leggenda di De Santis arbitro filo-juventino, specifica che il famoso gol di Cannavaro in Parma-Juve del 99/00 non fu annullato, perché De Santis aveva fischiato prima che la palla entrasse in rete.
Martino conclude poi dicendo che, a suo parere, gli arbitraggi di De Santis nelle partite della Juventus potrebbero esser stati inconsciamente condizionati da quell'episodio.
Al che l'Avv.Prioreschi non può fare a meno di sottolineare che l'inconscio in Tribunale ancora non l'aveva mai visto.
CONTROESAME
Il controesame del testimone Martino si apre con Paolo Bergamo che chiede di rendere una dichiarazione spontanea in cui spiega come avveniva il sorteggio:
“Voglio solo rubare 5 minuti a questo processo perché mi preme chiarire con precisione e con esattezza come avveniva il sorteggio. Non voglio poi entrare in altri meriti. Dunque, questo sorteggio avveniva precisamente così: eravamo ad un tavolo lungo circa 4-5 mt, ad una estremità c’era Pairetto con un’urna grossa come... io sto facendo segnale... di vetro, dove venivano inserite le partite che erano state messe in una busta dal sig. Martino. Dalla posizione di Pairetto, fra questi metri, c’era seduto tutte le volte un notaio che era stato incaricato dalla Federazione perché doveva controllare la regolarità del sorteggio, dopo ci stavo io; a distanza di circa 5 mt c’era un’altra urna dove venivano messe le sfere con le partite, quindi il primo fatto importante è che Pairetto dalla sua posizione non poteva vedere le palline che erano nell’altra urna, perchè la distanza era talmente diciamo alta, i 4-5 metri, che lui non poteva vedere cosa c’era dentro l’urna. Non solo. Ad ogni sorteggio noi chiedevamo chi era il giornalista incaricato dall’USSI che avrebbe fatto il sorteggio, perché noi fino al momento in cui si faceva l’estrazione non conoscevamo il nome del giornalista. Si chiedeva: “Chi è il giornalista incaricato?”, si alzava il tizio, diceva “Hanno telefonato a me”, perché era il presidente dell’USSI, il sig. Capone, che lo incaricava. Veniva lì, aspettava che Pairetto sorteggiasse la partita, dopo di che lui sorteggiava l’arbitro”. Poi continua: “Non solo. Avveniva in un'aula dove il pubblico era ammesso. C’erano giornalisti. Tutte le volte c’erano almeno 20-30 giornalisti che assistevano, che controllavano. C’erano le telecamere della televisione, c’erano a volte dei dirigenti di Società, dei presidenti di Società, quindi era un sorteggio pubblico che veniva fatto alla presenza di chi voleva partecipare.”
Successivamente prende la parola l'avvocato Silvia Morescanti (difesa Fabiani), che riesce a far confermare al Martino che l'episodio del colpo di tosse era solo una sua sensazione e che in ogni caso l'esito del sorteggio tagliava la testa ad ogni sospetto, essendo stato estratto Collina, a detta di tutti il miglior arbitro del mondo.
Soprattutto smonta il famoso "teorema Ceniccola", dimostrando che l'assistente dopo Lecce-Juve non fu designato più per le partite della Juventus.
L'avv. Bonatti (difesa Pairetto) chiede al Martino se avesse mai ascoltato i designatori dare indicazioni agli arbitri affinché favorissero una squadra piuttosto che un altra. Martino risponde secco "NO".
Il controesame di Maurilio Prioreschi (difesa di Moggi) comincia con l'elenco di tutte le date in cui Manfredi Martino ha deposto presso gli organi inquirenti, in particolare ben due volte alla procura di Torino nel 2005, per sette volte dai CC di Roma o dai PM di Napoli ed infine due volte all'ufficio indagini della FIGC nel 2006.
Prioreschi successivamente inizia un lungo tiro al bersaglio, che mette a nudo tutti i limiti della versione raccontata dal Manfredi Martino.
Innanzitutto gli rinfaccia che a febbraio 2005, quando depose da Guariniello a Torino, non fece minimamente accenno ad un eventuale sorteggio truccato. Lo incalza poi accusandolo di essere stato manipolato dai Carabinieri. Martino crolla e ammette che i Carabinieri erano convinti a prescindere che il sorteggio fosse truccato, e che pretesero da lui una spiegazione logica a questa convinzione.
Ecco quindi che Martino snocciola il famoso teorema delle palline ammaccate e della tosse, teorema di cui neanche lui sembra molto convinto, visto che ribadisce più volte che trattasi di sue “sensazioni”.
Ma Prioreschi non si ferma. Ottenuto il primo punto a favore, tira fuori una dichiarazione firmata dal Martino ai Carabinieri, nella quale il testimone dichiara: "Per il momento non ho altro da aggiungere e nel restare a disposizione per qualunque chiarimento che dovesse presentarsi, voglio ribadire la mia assoluta estraneità a condotte riguardanti la gestione delle designazioni arbitrali con particolare riferimento al campionato 2004/2005, tenuto conto che nel campionato corrente si è tornati ad un metodo a designazione diretta anche degli arbitri".
Il difensore di Moggi gli rinfaccia dapprima il termine “ribadire”, sottolineando che non vi è traccia nei verbali della stessa dichiarazione, ed infine lo mette all’angolo, insinuando che tale dichiarazione possa essere stata fatta per paura di un suo coinvolgimento come imputato, e quindi su consiglio più o meno velato degli stessi inquirenti. Martino cade dalle nuvole e afferma di non ricordare neanche di aver mai firmato una cosa del genere. Prioreschi non ha pietà e affonda:
AVV. PRIORESCHI: “Non gliel'hanno fatto presente. Quindi Lei non sa perché ha dovuto specificare... voglio dire: le avranno detto "stai attento, puoi essere coinvolto", l'avranno sollecitata, pressata... non voglio dire minacciata... qualcosa devono averle detto perché Lei fa una dichiarazione di questo genere...”
Con il testimone in bambola, Prioreschi tira fuori una lunga lista di SMS e di telefonate tra Martino e Meani (Milan ndr), nel quale il primo comunica al secondo, prima degli orari ufficiali, designazioni, griglie, assistenti ed altre informazioni riguardanti le terne arbitrali.
Poi comincia a fare domande sull’argomento.
AVV. PRIORESCHI: E perché fa queste anticipazioni?
M. MARTINO: Perché mi aveva chiesto di farlo...
AVV. PRIORESCHI: E vabbè, mi scusi...che significa? Non è che lo fa una volta... glielo chiedeva ogni volta? Lo faceva sistematicamente. Io ne ho presi tre o quattro, ma ce ne sono...
M. MARTINO: Sì, sì.
AVV. PRIORESCHI: Quindi Lei lo faceva sistematicamente?
M. MARTINO: Sì.
AVV. PRIORESCHI: Quindi si poteva fare questa cosa o meno?
M. MARTINO: Ehm, chiaramente non si poteva fare.
Manfredi Martino sembra capire che quanto sta accedendo potrebbe ritorcersi contro di lui e afferma che tutto quanto veniva detto e fatto tra lui e Meani era pura accademia e che tra i suoi compiti c’era appunto quello di assicurare la “customer satisfaction” dei suoi interlocutori, attraverso anche millanterie come quelle appena lette ed ascoltate. Dichiara che tutto quello che veniva fatto rientrava nei compiti istituzionali della segreteria, che comunque era interessata a percepire gli umori delle singole società verso il mondo arbitrale.
Tombale l’entrata a piedi uniti del giudice Casoria:
PRES. CASORIA: Cioè son parole al vento, insomma?
M. MARTINO: Eh sì... per quel che mi riguardava sì... ripeto: il discorso era per sentire l'umore del Milan nei confronti degli arbitri... quindi il mio è un assecondarlo.
Il controesame di Prioreschi termina con il testimone molto provato.
Le domande di Trofino (difesa Moggi), Messeri (Arb.Bertini) e De Vita (Bergamo) aggiungono pochi spunti ad un quadro ormai delineato.
Il PM Narducci allora tenta una mossa disperata e prende nuovamente la parola ritornando sulla dichiarazione del Martino circa il presunto sorteggio "truccato" antecedente la partita Juve-Milan, nel quale lo stesso Martino aveva parlato di "un fatto percepito a sensazione".
Martino conferma tutto e allora Narducci contesta l'affermazione con la lettura del verbale del 12 maggio del 2006, nel quale Martino dice di aver "ricevuto disposizioni da entrambi i designatori affinché venissero predisposte le palline in un determinato modo".
La trappola di Narducci scatena l’immediata reazione degli avvocati della difesa che costringe il Pres. Casoria a prendere la parola per calmare gli animi e a chiedere al testimone di chiarire definitivamente la circostanza.
Martino risponde dapprima che le indicazioni che venivano date erano in relazione alle griglie e che poteva capitare di mettere il bigliettino X in una pallina particolarmente ammaccata, ma poi successivamente parla di “imbarazzo” quando bisognava presentare al sorteggio una pallina troppo ammaccata, per cui i designatori gli dicevano addirittura di sostituirla.
Il Pres. Casoria a questo punto sbotta, notando le incongruenze gravi rispetto a quello che Manfredi aveva detto ore prima ("le palline erano tutte più o meno ammaccate e sverniciate, quindi facilmente riconoscibili") e lo richiama all'ordine, asserendo che le sue dichiarazioni attuali sono quanto meno ambigue e gli ricorda che “deve dire la verità” e che è perseguibile per falsa testimonianza!
L’udienza prosegue tra le urla del PM Narducci che viene richiamato all’ordine dal Pres. Casoria, e che infine pretende nuove spiegazioni dal Martino con riferimento a queste presunte inserzioni di bigliettini "x" nelle palline:
MARTINO: "Io ne ricordo a mente tre o quattro di casi nei quali in un paio la pallina fu cambiata perché troppo ammaccata... e in un altro paio di occasioni durante la prima giornata della stagione 2004/2005, nella quale mi fu detto di mettere il fogliettino riguardante una determinata partita in una pallina leggermente più ammaccata, senza vernice delle altre... e l'altra non me la ricordo... La seconda era in un sorteggio relativo alla Serie B. Ed era alla presenza di entrambi i designatori.
NARDUCCI: “Oltre a queste due occasioni, ci sono altri casi in cui è successa una situazione più o meno uguale a queste?
MARTINO: “No.”
Narducci a questo punto molla la presa, sfinito.
E anche noi, che abbiamo dovuto farne il resoconto, non siamo freschissimi!
I lettori avranno ormai abbastanza materiale per farsi un'idea.
Noi ci limitiamo a ricapitolare quanto abbiamo ascoltato:
1) Carraro disse di avere un occhio di riguardo per Lazio e Fiorentina.
2) Secondo Bergamo, la Sampdoria era stata favorita nella partita contro la Fiorentina.
3) Martino e Meani, su input di Galliani, parlavano tutti i giorni di arbitri, assistenti e griglie.
4) Nella stagione 2004/2005 De Santis, nel dubbio, fischiava contro la Juventus.
5) Lotito chiamava tutti i giorni i designatori.
6) Della Valle (Fiorentina) e Corsi (Empoli) frequentavano Coverciano.
7) Ceniccola non ha mai più fatto l’assistente in partite della Juventus nonostante le battutacce di Moggi.
8) I verbali di Manfredi Martino sono tutti diversi.
9) I carabinieri partono dalla soluzione (il sorteggio è truccato!) e arrivano al problema (Il sorteggio è truccato?).
10) Se il sorteggio di Milan-Juve era truccato, non era truccato per favorire la Juventus, visto che la partita fu arbitrata da Collina, arbitro notoriamente sgradito agli ex dirigenti bianconeri.
Ma allora, perché la Juventus è andata in serie B?
Chiudiamo la nostra analisi riportando quanto scritto da Enzo Bucchioni su IL GIORNO dell'8 novembre 2009:
"E non sappiamo neppure quanto equilibrio ci sia nelle dichiarazioni di Manfredi Martino al processo per Calciopoli. Secondo lui il sorteggio era truccato. Ora io vago tra il sentirmi offeso e il sentirmi indagato. E con me tutti quei venti-trenta giornalisti che a turno per un paio d’anni hanno tirato su le palline dall’urna di Coverciano. Qui non si tratta di stare con Bergamo o contro Bergamo, con Pairetto o contro Pairetto, si tratta solo di stare con la verità. Io non ho mai estratto palline calde o fredde, o palline ammaccate come dice Manfredi Martino. E come me hanno fatto tutti i rispettabilissimi colleghi. Non ho mai sentito i colpi di tosse dei designatori e se anche li avessi sentiti avrei pensato all’influenza di stagione. In questo paese senza equilibrio, ormai ognuno può dire quello che vuole impunemente. Per questo mi aspetto in tempi brevi una discesa in campo dell’Unione stampa sportiva in difesa di una categoria spesso indifendibile, ma non nel caso in questione. Chiedo troppo? In caso contrario la magistratura dovrebbe farsi dare i nomi di tutti i giornalisti e denunciarli per favoreggiamento nei confronti della «Cupola» di Moggi. Perché negli anni di Calciopoli, gli arbitri non li sorteggiavano Bergamo e Pairetto, ma i giornalisti. Per ricordarlo non serve un mago, basta un po’ di memoria. Datemi l’equilibrio, solleverò il mondo: ma l’impresa è titanica."
I nostri video sulla deposizione di Manfredi Martino:
Finalmente il primo pentito al processo di Napoli: la Gazzetta
- Dettagli
- By Mario Incandenza
Ci aveva molto preoccupato, nei mesi scorsi, il silenzio delle grandi e illustri testate giornalistiche italiane riguardo alle deposizioni dei testimoni che erano sfilati nell'aula di Napoli, al processo Calciopoli. In effetti, le testimonianze dei vari Carbone, Paparesta jr. & sr., Dal Cin, Gazzoni Frascara, Nucini, Aliberti, Canovi, Galati, Pirrone e compagnia bella, benché chiamati dall'accusa, avevano sostanzialmente ridicolizzato le balle che ci erano state propinate nell'estate 2006.
Ma ecco che, dopo la giornata di ieri, siamo costretti a cospargerci il capo di cenere e chiedere scusa. D'altronde, siamo juventini, gente ormai abituata al peccato e alla conseguente espiazione.
Tanto per dirne due, Repubblica e Gazzetta dello Sport si sono svegliate, alleluia. Ci hanno raccontato l'udienza di ieri quasi in tempo reale, con gran risalto. Oddio, il vero risalto è per solo uno dei testimoni, il primo, dopo dieci e più, che finalmente dice qualcosa di apparentemente utile all'accusa. Manfredi Martino, segretario alla CAN ai tempi di Pairetto e Bergamo, che racconta le sue sensazioni. Vien da dire: "Cosa? Sensazioni?". Vabbè, non facciamo i sofistici. Le sensazioni di uno che stava alla CAN saranno pure interessanti, almeno giornalisticamente, no?
E infatti, ecco che sparano il titolone. "Martino: 'Palline sorteggio arbitri riconoscibili'", così per 'La Repubblica'. Andiamo a leggere e troviamo il racconto di una sensazione di Martino relativa al sorteggio degli arbitri prima del big-match Milan-Juve, quello che nel maggio 2005 assegnò lo scudetto ai Bianconeri. Per il teste quel sorteggio fu probabilmente truccato, "perché ci fu uno strano colpo di tosse del designatore Bergamo quando il giornalista incaricato dall'Ussi scelse la pallina gialla degli arbitri". Caspiterina, chissà che significato poteva avere quella gola intasata, quel sommovimento di mucose. Analizziamo. Forse Bergamo si era accorto che il giornalista incaricato dall'Ussi si era sbagliato e voleva segnalargli che la pallina giusta era un'altra? Quindi il giornalista era complice della cupola? Oppure era un segnale per indirizzarlo verso la pallina giusta, e allora complice della cupola, oltre al giornalista, era anche Collina, attuale designatore del nuovo calcio pulito, in quanto arbitro che poi venne effettivamente designato per il big-match? Tra l'altro, in quella gara la Juve non ebbe alcun favore arbitrale, l'unico dubbio fu una possibile espulsione di Nesta, che effettivamente venne risparmiato. Ma allora la Juve, più che cupola, era una vittima?
Questo invece il titolo della Gazzetta web: "Calciocaos, nuove rivelazioni: 'Palline truccate per i sorteggi'". L'articolo è piuttosto lungo e articolato, altro che gli scarni trafiletti delle altre udienze. E all'interno, un passaggio davvero notevole: "'ma restano chiare le parole pronunciate: 'Bergamo e Pairetto in due occasioni mi dissero esplicitamente di mettere il nome di quelle partite e il nome di quegli arbitri nelle sfere del sorteggio che erano facilmente riconoscibili'". Un macigno vero e proprio e un punto pesante segnato dall’accusa." Viene da immaginarlo, mentre digita la parola "macigno", intento a una specie di orgasmo mentale, il buon Maurizio Galdi. Speriamo che non si sia macchiato i pantaloni.
Va benissimo, per carità, poi viviamo in un'epoca in cui ogni opzione del variegato mondo del piacere ha diritto alla sua visibilità, mica siam bigotti. Oddio, stando a quanto ci aveva raccontato ultimamente Ruggiero Palombo, eravamo convinti che i colpevolisti della gazzetta non fossero poi così presi dal processo napoletano, dato che, a suo dire, anche in caso di sentenza di assoluzione, le sentenze sportive non si cancellano, la giustizia sportiva è una cosa e quella ordinaria è bla, bla e ancora bla.
Ma dato che noi non solo non la pensiamo così, ma oltretutto questo procedimento ci interessa molto e possiamo dire di essere abbastanza ferrati, a questo punto, se dovessimo seguire il ragionamento dell'ipotesi accusatoria che pur continuiamo a trovare fasulla, non possiamo fare a meno di far presente che, se dovesse essere dimostrato che il sorteggio era taroccato, ci sono alcune controindicazione che forse quelli della gazzetta, nella fregola di correre in aiuto mediatico all'accusa, non hanno ancor avuto modo di valutare.
Ma noi siamo qui per questo, per accorrere in loro soccorso, e non sarebbe etico esimersi: siccome, in quei sorteggi, a scegliere la pallina erano in due, è ovvio che per la buona riuscita del trucco c'era bisogno della collaborazione di entrambi i sorteggiatori. Uno dei due, e cioè il designatore, è per l'appunto sotto accusa per associazione a delinquere. Viceversa l'altro, un giornalista indicato di volta in volta dall'Ussi, Unione Stampa Sportiva Italiana, a quanto risulta per ora no.
Riassumendo, i casi sono due: o il teorema del sorteggio truccato è l'ennesima bufala di questa storia, e quindi all'Ussi possono dormire sonni tranquilli, oppure è roba seria, e allora farebbero bene a preoccuparsi. Aggiungiamo un dettaglio: ai tempi, il giornalista che doveva fare l'estrazione veniva scelto all'ultimo momento, il suo nome non si conosceva prima, bisogna quindi presumere che, per il buon funzionamento della cupola, un po' tutti i giornalisti fossero corrotti.
E mo come la mettiamo?
Che facciamo, cara Gazzetta dello Sport, una bella autodenuncia? Forza, affrettatevi, l'indirizzo della procura di Napoli sta su PagineBianche.it. Sarebbe un momento di grande impegno civile ed etico, tutti gli sportivi italiani non potrebbero che esservi riconoscenti per questo vostro ennesimo atto, per quanto doloroso, di dedizione alla causa del calcio pulito.
Nel video sottostante si può ascoltare il chiaro e circostanziato racconto di Bergamo su come avveniva il sorteggio. Il giornalista pescava il nome dell'arbitro solo dopo che Pairetto aveva sorteggiato la partita.
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Altri veleni al processo di Napoli: Pairetto denuncia
- Dettagli
- By Redazione
Ieri al processo di Napoli l’avvocato Giorgio Merlone, difensore di Pairetto, ha presentato al collegio giudicante un documento scottante, sottolineando che è la prima volta in 45 anni di professione che gli capita una cosa simile. Si tratta di un esposto all’ordine degli avvocati di Milano, nel quale l’ex designatore arbitrale suo assistito denuncia un episodio avvenuto il 15 giugno scorso a Firenze. In quell’occasione, secondo Pairetto, l’avvocato Catalanotti, in qualità di rappresentate di parte civile per il Brescia Calcio, l’avrebbe convocato in un hotel del capoluogo toscano al fine di convincerlo a “collaborare” con la procura di Napoli, a rivelare “notizie interessanti”. A tal fine, il Catalanotti, oltre a dirsi convinto, grazie alla propria passata esperienza di Magistrato, del reintegro delle Parti Civili (come in effetti sarebbe poi avvenuto a luglio), avrebbe preannunciato a Pairetto condanne pesanti. Solo “collaborando” con la Procura di Napoli, solo fornendo “informazioni interessanti”, Pairetto avrebbe potuto ottenere sconti di pena in grado di ottenere una condanna inferiore ai tre anni di reclusione, soglia sotto la quale sarebbe sopravvenuto l’indulto.
Anche a fronte della reazione sbigottita di Pairetto, che avrebbe ribadito la sua estraneità alle accuse e il fatto che tutte le informazioni in suo possesso erano già state riferite a chi di dovere, il Catalanotti avrebbe insistito, ricordandogli le pesanti richieste di condanna per gli imputati del rito abbreviato, dicendosi sicuro che quelle del giudizio ordinario sarebbero state ancor più severe.
Questo episodio, se confermato, aggiunge altro veleno al procedimento. Ricordiamo che nei giorni scorsi abbiamo assistito a un’altra singolare anomalia, e cioè alla richiesta dei Pubblici Ministeri di ricusare il giudice, fatto più unico che raro.
Colpisce che un avvocato di parte civile, in quel momento escluso dal procedimento, cerchi di sua iniziativa di convincere un imputato ad “aiutare” la Procura. Strana inoltre la logica della richiesta: se un imputato è destinato a una condanna certa e pesante, perché fare pressioni su di lui affinché aiuti quelli che devono condannarlo? Forse perché non ci sono elementi per ottenere condanne?
Da parte sua, l'avvocato Catalanotti, non negando l'incontro, si è limitato a contestarne il contenuto e a preannunciare azioni legali.
Nel video incapsulato qui sotto, l'intervento del difensore di Pairetto:
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