CantaNapoli - Il processo
Clamoroso in aula: per il padre di Paparesta son tutte leggende
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- By Mario Incandenza
E' iniziata ieri la sfilata dei testimoni d'accusa e il copione è lo stesso del Processo GEA: sono platealmente scagionanti.
Clamorose le spiegazioni di Romeo Paparesta, che smentisce numerose delle leggende che nel 2006 vennero create dai media per mandare la Juve in B. Ex arbitro (ultima stagione 1987-88, anno in cui arbitrò Juve - Cesena finita 0-2 a tavolino, per il petardo di Sanguin), padre dell'arbitro Gianluca, è l'unico, fra gli utenti dei telefonini dotati delle famigerate SIM svizzere, ad aver ammesso di averne fatto uso. C'è solo un piccolo problema: Romeo Paparesta non è un imputato, e nemmeno è mai stato indagato, e nemmeno, a detta degli stessi giudici, lo sarà in mai. E allora a cosa servivano quelle schede? Se servivano a degli associati a delinquere ai fini di frode sportiva, perché non è sul banco degli imputati, ma addirittura un testimone dell'accusa?
E sì che nel giro di un anno e mezzo ne usa ben quattro, di telefonini dotati di SIM straniera: Moggi gli dà il primo nel settembre 2004, dotato di rubrica con memorizzati 4 contatti: Luciano 1 e Luciano 2, Angelo 1 e Angelo 2; a febbraio 2005, durante le elezioni federali, Lucianone gliene dà un secondo, con in rubrica gli stessi contatti, ma associati a numeri nuovi, perché Moggi e Fabiani li hanno cambiati; poi, a giugno 2005 un terzo cellulare, per lo stesso motivo; infine, a dicembre 2005 un quarto, che Romeo usa fino ad aprile 2006, cioè fino allo scoppio Farsopoli, allorché si fa prendere dal panico e butta via tutto.
Panico? Comprensibile, anche se poi scoprirà che in realtà non ce n'era motivo. Lo ripeto, perché è fondamentale: Romeo Paparesta, utente di SIM svizzere moggiane, non è un imputato, non è indagato, è un teste dell'accusa. E questo fatto non può che ridimensionare il teorema della fantomatica rete telefonica riservata a fini delittuosi, i cui utenti gli inquirenti ipotizzavano fossero arbitri, tra cui suo figlio Gianluca. Ricordate gli specchietti diffusi alla stampa due anni fa? Ecco, secondo quella ricostruzione, Gianluca Paparesta sarebbe fra gli arbitri asserviti a Moggi. In realtà, ieri abbiamo stabilito che non solo non era asservito, ma che addirittura di quei telefonini Gianluca era all'oscuro. A questo punto, c'è da pensare che nemmeno gli altri utenti fossero arbitri. Eh, sì, perché i cellulari che Moggi diede a Romeo Paparesta non servivano a comunicare con degli arbitri, ma semmai, come ha raccontato ieri il teste (ripeto, dell'accusa), a cercare di difendersi da loro.
Ma andiamo con ordine, e ricostruiamo la storia secondo quanto raccontato ieri: Romeo Paparesta aspira da anni a incarichi tecnici nell'AIA. Nei primi anni 2000 frequenta Lanese, a cui garantisce l'appoggio per l'elezione del 2002 a presidente, sperando di ricavarne un incarico di responsabile nel settore tecnico. Ma nonostante il buon esito dell'elezione, l'incarico non arriva. I rapporti con Lanese si raffreddano per un po', per riprendere in seguito, anche in virtù del ruolo dirigenziale dello stesso Paparesta nell'AIA.
Arriva maggio 2004 e Romeo torna a insistere, vuole una spinta per ottenere un ruolo di responsabilità, allora Lanese gli propone di incontrare Moggi, che a suo dire sarebbe molto ascoltato in ambito federale, con un certo ascendente su Carraro. Leggendo fra le righe della deposizione, in realtà forse Lanese voleva semplicemente liberarsene, sbolognarlo a qualcun altro. Così il 7 maggio 2004 se lo porta dietro a Torino, nella sede della Juve, dove ha in programma un incontro col dg bianconero per chiacchierare di politica federale, di problematiche arbitrali, roba di ordinaria amministrazione. Alla fine dell'incontro, Lanese presenta a Romeo Lucianone, che gentilmente gli dà il proprio numero (italiano) e gli dice di chiamarlo pure quando vuole. Qualche settimana dopo, estate 2004, ci sono le assegnazioni degli incarichi nell'AIA, e a Romeo va ancora male, nessun incarico, allora si decide a usare quel numero. Ci prova più volte, a chiamarlo, ma Lucianone non risponde. Arriva settembre, e finalmente, all'ennesimo tentativo, "lo sventurato rispose". Lucianone gli propone di raggiungerlo a Napoli la settimana dopo, a casa sua. Romeo ci va e vi trova anche Angelo Fabiani, che ancora non conosce e che scoprirà solo in seguito essere il ds del Messina.
In quell'incontro, Moggi si lamenta del potere delle squadre milanesi (parla anche delle romane, ma nei mesi successivi Romeo si accorge che sono le milanesi i suoi crucci principali). Lucianone sembra come ossessionato da Milan e Inter, o meglio, dai loro continui tentativi di sgambetto nei suoi confronti, in quanto dg della Juve. Per questo, gli chiede di aiutarlo: ogni settimana Romeo dovrebbe andare a vedersi una partita di Serie A, meglio se di Milan o Inter, per segnalargli eventuali episodi poco limpidi a livello di direzione arbitrale. A questo scopo gli consegna un telefonino con in rubrica due numeri suoi e due di Fabiani: quel telefonino è una sorta di rimborso spese, glielo dà per invogliarlo a chiamarlo e a fornirgli informazioni. Quanto a suo figlio, che pure fa l'arbitro in serie A, Romeo ieri in aula è stato molto chiaro: sia lui che Moggi si impegnano a vicenda affinché quel loro rapporto non interferisca con l'imparzialità di Gianluca, che tengono all'oscuro. Che in quel telefonino ci sia una SIM straniera, Romeo manco se ne accorge, non conosce nemmeno i numeri che chiama, lui vede solo la rubrica con i nomi di Luciano 1 e 2 e Angelo 1 e 2 (qualche dubbio gli viene quando ascolta i messaggi preregistrati in lingua straniera, ma non ci perde molti pensieri); a volte userà quel cellulare anche per telefonate normali con parenti o conoscenti, quando ha problemi con quello suo personale. In generale, Romeo racconta di un Moggi che quando parla della rivalità con le milanesi e le romane, più che il dg della Juve, ne sembra il primo tifoso.
Arriva il 6 novembre 2004, giorno di Reggina - Juve, arbitro Gianluca. La Juve perde, ma reclama per un rigore solare e un gol annullato (Romeo ieri ha detto "uno", in realtà i gol annullati alla Juve furono due..). Come sempre, dopo la partita Romeo sente Gianluca, il quale si lamenta con lui per la scenata di Moggi e Giraudo, soprattutto perché gli fanno capire non credono alla sua buonafede. E' offeso, Gianluca. Comunque, dopo la prima sfuriata, i due juventini si ripresentano nel camerino insieme al presidente della Reggina Foti, e in questa seconda visita si raddolciscono: dalla tv si è visto che il gol annullato all'ultimo minuto in realtà era davvero fuorigioco. Gianluca, gli assistenti e il quarto uomo decidono di non refertare la sfuriata di Moggi e Giraudo, ma attenzione, NON per paura di ritorsioni (come si disse durante Farsopoli), ma perché lo reputano inutile, dato che la squalifica di un dirigente alla fine non ha alcuna ripercussione sostanziale (per qualche partita perde il diritto di andare negli spogliatoi con la squadra e finisce lì).
Gianluca resta a dormire a Reggio, sperando di incrociare la mattina dopo in aeroporto i dirigenti della Juve e rimproverarli per il loro atteggiamento, per dir loro a muso duro che, capitasse un'altra volta, reagirebbe ben più duramente. Ma non li incontra. Domenica è a pranzo da papà, il quale fin da sabato sera ha visto che in TV tutti attaccano il figliolo. Se ne parla a tavola e si sospetta che ci sia dietro Moggi. Nel pomeriggio, Romeo sprona il figlio a chiamare il dg della Juve, in modo da fargli capire che intende reagire all'attacco mediatico, oltre che per rimproverarlo per la scenata dello spogliatoio. Ma il numero di Moggi non ce l'hanno (quello italiano, che gli aveva dato a maggio a Torino, Romeo non ce l'ha più). "Anzi, aspetta, c'è quel cellulare consegnato a Napoli, ecco, si può usare quello". Romeo prova a chiamare una prima volta i due numeri di Luciano in rubrica, ma quel diavolo non risponde a nessuno dei due. Allora prova con Angelo, che invece risponde e si dice disponibile ad aiutarlo. Così, più tardi, Fabiani lo richiama: "Ora è libero: prova, Romeo". Ma, come sappiamo, in quel momento Lucianone non era esattamente libero, era a un altro telefono (intercettato) con un'amica, forse quella stessa con cui il giorno prima, subito dopo la partita, ancora incazzato, aveva fatto il fanfarone, dicendole di aver chiuso l'arbitro nello spogliatoio e di essersi portato la chiave in aeroporto. Comunque, Romeo non lo sa: "Ciao, Luciano, ti passo un attimo mio figlio ". Gianluca: “Senta, vorrei dirle…” ma Moggi lo interrompe, gli scarica addosso 10 secondi di rabbia e poi gli chiude il telefono in faccia. 10-15 secondi di chiamata, non di più.
A quel punto, Romeo consiglia al figlio di riprovare nei giorni successivi. Gianluca deve partire per la Romagna, così gli presta il cellulare napoletano. L'arbitro se lo porta con sé e al ritorno, pochi giorni dopo, lo restituisce al padre. Ma non gli racconta di alcuna telefonata con Moggi, probabilmente manco l'ha usato.
Questa è la vera storia di uno dei capisaldi della bufala del 2006. Altro che rapimento di Paparesta, altro che intimidazioni. Altro che referti non scritti per paura di ritorsioni. Tutte balle, di gente in malafede, che odia la Juve e da anni aspettava un'occasione del genere.
Un altro episodio interessante chiarito da Romeo Paparesta riguarda la famosa intercettazione delle griglie tra Moggi e Bergamo, nella quale Moggi disse al designatore che Gianluca la giornata successiva sarebbe stato designabile perché, benché in settimana impegnato all'estero, lui sapeva che sarebbe tornato venerdì. Romeo chiarisce di aver dato lui stesso quell'informazione a Moggi, che aveva sentito per altri motivi in quei giorni; in realtà è un'informazione sbagliata (come per altro in quella telefonata Bergamo fa notare a Moggi), perché Paparesta tornerà invece il sabato.
Dunque, Moggi dà a Romeo Paparesta dei cellulari per invogliarlo a fargli da osservatore degli arbitraggi delle concorrenti, in particolare Inter e Milan, convinto com'è del loro potere eccessivo sul mondo arbitrale. In generale, Romeo racconta che con Moggi e Fabiani si sentiva con cadenza settimanale, sempre in relazione all'osservazione delle partite, e che con i due cercava sempre di far valere l'argomento della buona fede degli arbitri. Ecco perché è facile associare i tabulati di molte SIM svizzere agli arbitri: perché chi le usava era spesso negli stessi luoghi in cui c'erano delle gare da dirigere o dei meeting del settore.
Romeo ricorda poi che Moggi si lamentava spesso dei designatori e non si fidava di loro. Stiamo parlando di Pairetto e Bergamo, i due presunti "associati a delinquere" che con lo stesso Moggi, secondo l'accusa, avrebbero truccato i campionati per favorire la Juve. Più scagionante di così...
E per finire, ecco un altro bel colpo al teorema della cupola, secondo il quale Moggi aveva il potere di interferire illecitamente nella politica federale e nel mondo arbitrale: Romeo Paparesta, dopo aver passato tutto il campionato 2004-05 in frequentazione telefonica di un mammasantissima come Moggi, che tanta influenza, a dire di Lanese, aveva su Carraro, avrebbe tutto il diritto di aspettarsi di ottenerne infine gli sperati benefici.
Arriva l'estate 2005, vengono decisi i nuovi incarichi nella CAN. Il pm domanda a Romeo: "Ottenne l'incarico?".
"No, anzi, venni a sapere che il mio nome venne proposto, forse grazie alla mia frequentazione di Moggi, ma proprio Carraro diede parere negativo".
Si parte domani con Armando Carbone e Romeo Paparesta
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La breve udienza di venerdì scorso, incentrata sull'ammissione delle prove da portare al dibattimento, si è chiusa con un gustoso siparietto che ha visto come protagonista l'accusa, intenta a fare pretattica.
Il pm Beatrice voleva rinviare a stamattina la comunicazione del secondo nominativo (dopo quello di Romeo Paparesta) da chiamare a deporre domani, ma la presidente Casoria, il cui piglio fa ben sperare per i tempi del processo, l'ha invitato a farlo subito.
Così è uscito il nome di Armando Carbone, detto anche Il supertestimone ignorato, e cioè colui che il 20 maggio 2006 diede il là alla seconda saga di intercettazioni, quella poi denominata Calciopoli 2, e che produsse, nel dicembre 2007, un'altra cascata di fango su Moggi e persone a lui vicine, ovviamente senza produrre alcunché di significativo ai fini dell'inchiesta.
Di Carbone abbiamo già parlato nell'articolo sopra linkato: protagonista in negativo del calcioscommesse del 1986, per il quale fu condannato, nella sua deposizione del giugno 2006 ne racconta di tutti i colori: parla di una fantomatica combine per Aston Villa - Juve 1-2 del 1982 (!) assumendosene i "meriti", accusa i giudici torinesi Marabotto e Laudi di essere agli ordini dell'allora granata Lucianone, accusa di frode sportiva quel Dal Cin che è il testimone da cui l'indagine napoletana parte nel 2004. Addirittura, fornisce una dichiarazione scagionante nei confronti di Moggi: «Il dirigente del Napoli Pasquale Carbone mi offrì 200 milioni di lire per non farmi presentare di fronte alla giustizia sportiva. Accettai e quando Moggi diventò dirigente del Napoli calcio gli ricordai la promessa, che lui mai ha onorato».
Dopo tali premesse, siamo curiosi di vedere cosa dirà domani, anche se, ai fini della ricostruzione dei fatti in oggetto, sarà molto più importante la deposizione di Romeo Paparesta (il padre dell'arbitro Gianluca, colui che NON venne chiuso nello spogliatoio), un personaggio su cui ruota un po' tutto il teorema delle schede svizzere, dato che è l'unico che pare abbia ammesso di averne ricevute da Moggi. Almeno, vediamo domani cosa racconterà.
Dunque, venerdì 15 scorso il collegio giudicante ha stabilito quali saranno le prove ammesse al dibattimento. Gran parte delle eccezioni di inutilizzabilità sono state respinte (non sono state ammesse solo le dichiarazioni degli imputati all'ufficio indagini della Figc), ed è meglio così, dato che in caso contrario, dopo l'esperienza del processo doping che ha visto la Juve innocente per il principio di realtà, ma colpevole per i media in virtù della prescrizione (non certo cercata dalla difesa) in relazione all'ipotesi di abuso di farmaci leciti, tutti avrebbero detto che il mostro Luciano se l'era cavata da furbo, con i cavilli.
La pubblica accusa dunque, a suffragio delle proprie tesi, porterà i seguenti elementi di prova: fotografie di pedinamenti del 13, 14, 29 maggio 2005; 8 DVD con filmati di pedinamenti allegati all'informativa 18 ottobre 2006; atti indagine Figc su Calciopoli e sulle vicende di Mozart, Boudiansky e Zetulayev; agenda di Fiorella Bocchini, segretaria Figc; notazioni dell'ufficio indagini relative a condotte antecedenti a Lecce-Parma del 29-5-05 (nonostante De Santis sia fuori da questo processo); esito delle indagini Figc in seguito alle dichiarazioni di Racalbuto dopo Cagliari – Juve del 16-1-05; esito delle indagini Figc dopo la richiesta di archiviazione della procura di Torino; verbali delle assemblee Figc dal 7-9-04 al 15-03-05, quelli della Lega Calcio dal 18-10-04 al 6-2-05; documentazione su griglie, sorteggi e designazione arbitri e assistenti stagione 2004-05; copia relazioni osservatori arbitrali 2004-05; sfere dei sorteggi e copia dei verbali di estrazione dei notai; copia delle polizze stipulate da Giraudo con l'INA-ASSITALIA di Livorno con agente Paolo Bergamo; sentenza CAF di Ruperto; sentenza Corte Federale di Sandulli; i tabulati telefonici; le intercettazioni telefoniche di Napoli e di Torino; la trascrizione delle intercettazioni di cui sopra a mezzo di 3 periti trascrittori; la registrazione di Gaetano Lodà e la relativa trascrizione (caso dossier Della Valle); solo 50 testimoni fra quelli indicati, fatta salva ulteriore ammissione; esame degli imputati.
Quanto alla difesa di Moggi, così come per l'accusa, il collegio ha imposto una riduzione a 50 testimoni (anche qui, fatte salve ulteriori necessità) rispetto all'elenco di 450 presentato lo scorso gennaio. Anche questo farebbe ben sperare nell'ottica dei tempi del procedimento. I 50 dovranno essere rappresentativi delle seguenti categorie: presidenti, allenatori, direttori sportivi, responsabili della CAN, autori delle relazioni arbitrali, esponenti Figc, responsabili Covisoc, presidenti votanti all’elezione di Carraro alla Figc e Galliani alla Lega, giornalisti trasmissioni televisive, componenti ufficio indagini Figc nel periodo contestato, allenatori nazionale, componenti associazione calciatori, comandanti polizia, generali guardia di finanza, magistrati ordinari.
Inoltre, sono state ammesse le trascrizioni di 49 intercettazioni "dimenticate" dall'accusa, e che per i legali di Moggi dimostrerebbero la sua innocenza.
Tra i difensori degli altri imputati, c'è stato chi, come i legali di Mencucci, ha chiesto di portare i video di puntate di Controcampo e DS.
I 3 periti trascrittori incaricati dal tribunale hanno richiesto 90 giorni per svolgere il loro lavoro. Oltre alle telefonate chieste da Moggi, infatti, trascriveranno anche tutte quelle oggetto dello scandalo del 2006, e chissà che non si scoprano delle differenze rispetto a quelle che leggemmo allora. Dunque, per quanto riguarda le intercettazioni, si entrerà nel vivo il prossimo autunno. Fino ad allora, verranno sentiti i testi non implicati nelle conversazioni telefoniche, nella cui categoria sono appunto compresi Carbone e Paparesta, che entreranno in scena domani.
Utilizzabilità delle intercettazioni: Prioreschi vs. Beatrice
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Più che di "Processo Calciopoli", stavolta parliamo di "Prioreschi vs Beatrice". Su nemmeno 3 ore di udienza, la parte del leone ieri l'han fatta il legale di Moggi e il Pubblico Ministero napoletano. Quasi un'ora se l'è presa l'avvocato romano, per convincere il Tribunale che alcune delle prove presentate dall'accusa sarebbero irregolari. Poco più di 40 minuti, invece, è stata occupata dalle spiegazioni dell'accusa, in questo caso costretta sulla difensiva.
Le questioni poste dall'avvocato Prioreschi non sono state solo formali. Anzi, l'avvocato è entrato anche fin troppo nel merito della storia delle indagini, esponendosi anche ai rilievi del suo avversario per questo.
Insomma, le schermaglie iniziali del processo non sono state solo procedurali, ma si è toccata anche la sostanza. Basti pensare che la parte più interessante dell'intervento di Prioreschi è stata dedicata al famoso (o famigerato) teorema delle SIM svizzere, e il prossimo 15 maggio, giorno in cui il Tribunale si pronuncerà sull'ammissibilità delle prove presentate, uno dei teoremi portanti di quel processo mediatico che 3 anni fa venne chiamato Calciopoli, e che per noi è Farsopoli, potrebbe già subire un brutto colpo.
In sostanza, il legale di Moggi contesta i famosi specchietti sul presunto traffico telefonico che sarebbe intercorso tra molti degli imputati. Secondo l'accusa, tali documenti (presentati in forma di files di Excel) rappresenterebbero l'accertamento di un canale riservato di comunicazione telefonica tra Moggi, il ds messinese Fabiani, i designatori e alcuni arbitri. Prioreschi ricorda che si tratta solo di un'ipotesi investigativa dei Carabinieri, fondata su un'acquisizione di tabulati stranieri (svizzeri e del Liechtenstein) avvenuta senza che per altro venisse effettuata la richiesta di rogatoria internazionale prevista da diversi articoli di legge e dal trattato bilaterale italo-svizzero.
Prioreschi ripercorre così la nascita di questo filone d'indagine: il 9 febbraio del 2005, dal fisso di casa Bergamo (allora designatore arbitrale) parte una telefonata al numero di un cellulare dotato di SIM svizzera, e i Carabinieri, che sono in ascolto, intuiscono che dall’altra parte ci sarebbe Moggi. Da lì, chiedono al pm di mettere sotto intercettazione anche l'utenza straniera. Badate bene: l'utenza in questione viene posta sotto intercettazione, ma senza esito, perché tale numero non produce traffico telefonico. A quel punto, gli inquirenti chiedono ai pm di acquisire i tabulati telefonici relativi a quest'utenza, ma "contemporaneamente e autonomamente" (cioè senza rogatoria) compiono, secondo l'informativa d'indagine, "accertamenti mirati tramite gli uffici collegati svizzeri", con il risultato di scoprire che tra l'1 gennaio e il 15 marzo l’utenza in questione avrebbe contattato unicamente altre due utenze svizzere, ipotizzando che ad usarle fossero nientemeno che i due designatori, Bergamo e Pairetto. Sempre "autonomamente", e cioè senza rogatoria, accertano che l’intestatario di queste SIM straniere (gestore Switzerland Sunrise) sarebbe un certo Arturo De Cillis nato a Carovigno.
Un anno dopo, a maggio 2006, e cioè allo scoppio di Farsopoli, il figlio dell'intestatario De Cillis (che è ottuagenario) si presenta dai Carabinieri e racconta che quelle 3 SIM, più altre 6 sempre intestate a suo padre, sarebbero state acquistate nel loro negozio di Chiasso da un dipendente della Juve, tal Bertolini. A quel punto, l'indagine lievita, ma secondo Prioreschi un po' troppo, perché in seguito all'esame dei tabulati delle 9 schede ne scaturiscono altre e, soprattutto, in successivi interrogatori, De Cillis fornisce agli inquirenti i numeri di qualcosa come 385 SIM del Liechtenstein, come se, a forza di essere sentito, avesse riportato loro l'elenco di tutte le schede vendute nel suo negozio di Chiasso.
La tesi dell'avvocato di Moggi è che, in quanto fatto senza la necessaria rogatoria internazionale (questione molto più che formale, come avevamo già segnalato qui), l'atto che ha originato questa indagine sarebbe irregolare, e di conseguenza sarebbero inutilizzabili anche tutti quelli che ne sono seguiti. E' il concetto della “inutilizzabilità derivata”, per il quale l'avvocato si appella a due sentenze della Cassazione. Allo stesso modo, chiede che non possano essere utilizzate le dichiarazioni rese da Bertolini e De Cillis presso l’autorità giudiziaria, nonché quelle al riguardo dei carabinieri del Nucleo Operativo di Roma che hanno svolto l'indagine.
Per prevenire alcune possibili obiezioni dall'accusa, il legale ricorda che la giurisdizione, riguardo alle indagini sulle utenze mobili, è quella della nazione del gestore di telefonia, e non quella del luogo in cui le utenze vengono utilizzate. Inoltre, le SIM, a parte le 9 di De Cillis, non si sa nemmeno a chi siano intestate, perché risultano in gran parte anonime. E' vero che ci sarebbero sentenze della Cassazione che parlano di “instradamento”, e cioè del fatto che quando una sim straniera comunica con numeri italiani la chiamata è instradata nel nostro paese e quindi soggetta al nostro regime giuridico, ma la differenza qui starebbe nel fatto che si tratta di SIM straniere che comunicano fra loro.
Oltre alla questione schede svizzere, Prioreschi solleva profili di inutilizzabilità riguardo alle intercettazioni vere e proprie. Segnala irregolarità nei decreti di autorizzazione, che nel caso di quelli effettuati dal Gip sarebbero privi di motivazione, mentre quelli del Pm ne avrebbero una solo "apparente". Evidenzia inoltre diversi casi di mancanza di motivazione anche rispetto ai decreti sulle SIM svizzere. Inoltre, tutte le richieste di intercettazioni e di proroga mancherebbero di timbro di deposito in segreteria.
Ma l'aspetto più sostanziale riguarda il problema della "remotizzazione". In poche parole, secondo la legge, l'ascolto delle intercettazioni può essere sì effettuato dall'autorità di polizia giudiziaria (es. i Carabinieri), ma il server deve essere installato presso il centro intercettazioni della procura. In questo caso, invece, il sistema delle intercettazioni era installato direttamente presso il reparto operativo dei Carabinieri: un server con 18 linee telefoniche (una linea può intercettarne 150). Tanto è vero che, per le varie richieste di informazioni sulle utenze, nelle comunicazioni ufficiali la TIM interloquisce direttamente con i Carabinieri, e non con la procura. La stessa procura, quando interloquisce con la TIM, indica i Carabinieri (RONO) come coloro che fanno le intercettazioni (e non il CIT della procura). Alla questione avevamo già dedicato un articolo che entra nel merito degli aspetti più tecnici.
Prioreschi solleva poi altre richieste di inammissibilità. Una riguarda il caso Lodà, e cioè di un signore che parrebbe aver depositato presso la Procura di Firenze un documento audio da lui registrato, contenente informazioni sulla costruzione del famoso dossier su Della Valle, e che per l'avvocato costituirebbe un caso di "intercettazione abusiva".
Inoltre, introduce la questione dell'inammissibilità di tutti gli atti della giustizia sportiva, delle dichiarazioni rese presso l'ufficio indagini della Federcalcio alle relazioni dell’ufficio indagini, dagli atti della Figc relativi all'indagine della procura di Torino al deferimento della procura federale di Calciopoli.
Il problema dell'inammissibilità degli atti della giustizia sportiva viene poi rimarcato anche dall'altro avvocato di Moggi, Trofino, che fa solo un breve intervento al proposito. Ma la questione viene sollevata pure dai difensori di diversi altri imputati.
Particolarmente interessante anche il breve intervento dell'avvocato Messeri, legale dell'arbitro Bertini. Sostiene anch'egli l'inutilizzabilità dei tabulati delle SIM svizzere (lui li chiama "tabulati", ma forse si riferisce ai famosi specchietti che associavano a ciascun arbitro le rispettive SIM svizzere e ne ipotizzavano la rete di chiamate), per mancanza della rogatoria, delle autorizzazioni e altre ragioni indicate da Prioreschi.
Laddove anche tali tabulati venissero ammessi, chiede l'audizione dei legali rappresentanti dei gestori telefonici, per sottoporglieli e verificarne la provenienza e la completezza. Inoltre, chiede una perizia per chiarirne le modalità di formulazione, dato che sono documenti di formazione extraprocessuale quantunque finalizzati al processo, formati in assenza di principi difensivi, e di cui è lecito approfondire i sistemi tecnologici a cui gli investigatori sono ricorsi. Tutto ciò perché, rileva, tali documenti contengono delle assolute contraddittorietà. Risultano, ad esempio, assurde e illogiche le 39 telefonate prima di una partita (Juve-Milan). Addirittura, in un altro caso, Bertini in 10 minuti starebbe prima ad Arezzo e poi a Milano.
Nel caso dunque i tabulati fossero comunque ammessi, chiede perciò una perizia completa.
L'udienza si conclude, dunque, con il lungo intervento del Pm Beatrice, finalizzato a difendere la bontà dei mezzi di prova messi in discussione.
La registrazione Lodà, fatta autonomamente, e non dall’autorità giudiziaria, sarebbe ammissibile anche se priva di autorizzazione. Sull'ammissibilità degli atti della giustizia sportiva, Beatrice ricorda che alcuni difensori, a differenza dei colleghi che ne hanno chiesto l'inutilizzabilità, hanno chiesto loro stessi di produrre atti dello stesso tipo. Inoltre, ricorda casi in cui atti di procedimenti diversi da quelli giudiziario sono stati acquisiti.
Sulle SIM svizzere critica Prioreschi, che a suo dire è entrato troppo nel merito, raccontando la storia dell'indagine. Contesta il discorso della “inutilizzabilità derivata”. Ricorda che la giurisprudenza dell’instradamento riguarda le intercettazioni telefoniche, e non le attività di richiesta di acquisizione tabulati o comunque di documenti in possesso di gestori italiani.
Sulla motivazione dei decreti del pm, contesta la definizione di "apparente". In realtà, in alcuni casi, come quello dell’acquisizione di tabulati telefonici, può essere sufficiente, secondo alcuni pronunciamenti, una versione “succinta”. Licenzia come troppo formalistica la contestazione della mancanza delle firme dei segretari della procura.
Giustifica la doppia data di un atto (nov. 2004 e giu. 2005) con la necessità, nel secondo caso, di contabilizzare le intercettazioni presso la ditta fornitrice.
Sulla questione della remotizzazione va però in difficoltà. Parla di "segmenti" nei quali la Cassazione avrebbe stabilito che l’intercettazione dovesse avvenire, come quello della "captazione", che avviene presso il gestore; quanto alla "registrazione", la prima deve essere fatta in Procura, poi però un’attività identica potrebbe avvenire nei locali di polizia giudiziaria. In sostanza, da quando la registrazione si fa in digitale, essa potrebbe tranquillamente avvenire contemporaneamente sia in Caserma che in Procura. Quando però il Presidente del Tribunale gli chiede chiarimenti sul "sistema base" usato per le intercettazioni, va in confusione, strappando alla Casoria un commento ironico: "E' impreparato sul punto... vabbene..."
Prossimo appuntamento, dunque, il 15 maggio, quando il Tribunale si pronuncerà sull'utilizzabilità delle prove presentate.
Calciopoli, avv. di Moggi: "Dove sono le telefonate di Moratti?"
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Quella di ieri al tribunale di Napoli è stata un'udienza apparentemente interlocutoria, dato che si dovevano discutere questioni procedurali, e cioè la richiesta di annullamento dell'ordinanza che aveva escluso le parti civili e i cosiddetti "mezzi di prova", e cioè l'elenco, da parte di Pubblico Ministero e avvocati difensori, di tutti gli elementi (testimonianze, intercettazioni, tabulati, documenti ufficiali, perizie ecc.) che intendono portare nel dibattimento per dimostrare, a seconda dei punti di vista, che gli imputati sono colpevoli o innocenti. E così è stato per la stampa ufficiale, come ad esempio Repubblica, che ha prodotto trafiletti insipidi.
Però, per noi, probabilmente tra i pochi in Italia ancora interessati al punto di vista della difesa, non è stata una giornata così insignificante, tutt'altro.
Diciamo subito che le parti civili si sono viste confermare l'esclusione dal processo, e questo ovviamente non è stato scritto da nessuno.
Ma, soprattutto, è passato del tutto sotto silenzio l'intervento dell'avvocato Prioreschi, che chiamato a indicare i "mezzi di prova" di cui intende avvalersi per difendere il mostro Luciano Moggi, ha detto cose che riteniamo molto interessanti, e che siamo convinti interessino molto a chi frequenta il nostro sito.
Prima di tutto, nel sollevare eccezioni sull'utilizzabilità delle intercettazioni, ha fatto notare che per i tabulati delle Sim svizzere mancano le rogatorie internazionali (questione che va al di là dell'aspetto puramente formale, ne abbiamo già parlato qui).
Inoltre, Prioreschi ha parlato di un elenco di tutte le intercettazioni contenute nel DVD della procura. Questo elenco, corredato di numero di telefono, data, durata e progressivo, consterebbe di ben 2.600 pagine, e riguarderebbe circa 171.000 telefonate. L'avvocato ne ha richiesto la trascrizione completa. E scorrendo l'elenco ha notato alcune curiose "anomalie". Riportiamo la parte più significativa del suo intervento:
“Dall’esame della trascrizione integrale delle telefonate emergono delle anomalie: per alcuni numeri ci sono dei periodi, anche lunghi, una settimana, 10 giorni, 20 giorni, in cui sembrerebbe che questo telefono non abbia mai telefonato. Faccio uno dei tanti esempi: a pag. 1131, in relazione ad un certo numero, dal 5 al 26 novembre 2004 questo telefono non avrebbe mai effettuato chiamate, il che francamente a noi sembra strano. Un altro buco c’è a pagina 1160, un altro alla pagina 2194. Noi chiediamo che il Tribunale chieda al gestore di telefonia, Tim, Omnitel, Wind che sia, il tabulato di questi numeri di cui risultano mancanti le telefonate. Sa perché le dico questo, presidente? Perché noi abbiamo chiesto la trascrizione di alcune telefonate che Paolo Bergamo fa alla signora Fazi. In queste telefonate, Bergamo, sotto intercettazione da tempo, riferisce di alcune chiamate che avrebbe ricevuto da parte del presidente dell’Inter Moratti. Ci torneremo quando vedrete la trascrizione, lui dice ‘mi ha chiamato Moratti, mi ha parlato degli arbitri, delle designazioni’ e quant’altro. Ora, esaminando tutte le telefonate che abbiamo agli atti, noi ad esempio non troviamo queste telefonate di Moratti, e fanno riferimento anche ad alcune telefonate di Facchetti, che obiettivamente sono rilevanti per la difesa, perché sono comportamenti esattamente speculari a quelli di Moggi. Così come si informava Moratti delle designazioni arbitrali, si informava Moggi. Per Moggi è frode sportiva, associazione a delinquere, per Moratti, beato lui, non è nulla. Noi vorremmo capire come mai queste telefonate non sono negli atti. E questa vicenda, presidente, si collega ad un’altra che è capitolata nella lista testi e che ci sta particolarmente a cuore, e riguarda i testimoni dal 279 al 286, e cioè Marco Tronchetti Provera, Massimo Moratti, Giuliano Tavaroli, Emanuele Cipriani, Carlo Buora, Fabio Ghioni, Alfredo Melloni e Roberto Preatoni. Tra loro abbiamo componenti del famoso Tiger Team della Telecom, quelli che avrebbero fatto – non mi riferisco, per carità, a Tronchetti Provera e Moratti - le intercettazioni abusive Telecom, per le quali dopodomani a Milano comincia l’udienza preliminare e Luciano Moggi è indicato come parte lesa. Questo perché, dagli atti di Milano che noi abbiamo già esaminato, emerge che su incarico dell’Inter, di cui Tronchetti Provera, proprietario della Telecom, era sponsor e vicepresidente, Luciano Moggi è stato pedinato, seguito, sono stati redatti dei dossier, e da quegli atti emerge un’ulteriore circostanza che è rilevante e interessante per la difesa e mi auguro anche per il tribunale, che quando Tavaroli, Cipriani, Ghioni e company, cioè gli spioni Telecom, seguivano Moggi in tutti i suoi spostamenti, sa con che tipo di SIM comunicavano tra di loro? Con delle SIM svizzere. Quello stesso gestore di SIM che si addebita a Luciano Moggi. Siccome, come vedrete, dietro l’attribuzione di queste SIM ci sono calcoli complicatissimi sul fatto che agganciano le celle di Torino dove stava Luciano Moggi, noi vorremmo capire, siccome è una questione di calcoli molto complessi, se le SIM che agganciavano le celle di Torino non erano quelle di Moggi, ma magari quelle di cui erano in possesso i suoi pedinatori.
Insomma, ora i processi da seguire diventano due, uno a Napoli e uno a Milano.
Prioreschi ha poi fatto un'altra significativa richiesta: Chiedo inoltre di accertare se Romeo Paparesta è stato mai iscritto nel registro degli indagati della procura di Napoli con riferimento a questo processo e di esaminare le motivazioni dell’archiviazione di Gianluca Paparesta, perché le motivazioni interessano a tutti noi per capire come si ragiona su certe posizioni e come su altre posizioni. ”
Quanto al pm Narducci, ha elencato i "mezzi di prova" dell'accusa, che comprendono le intercettazioni del campionato 2004-05, quelle dell'inchiesta che era stata archiviata a Torino, i tabulati delle famose SIM svizzere e slovene, sostenendo di poter dimostrare con certezza che appartenessero e fossero usate dagli imputati. Interessante il fatto che ha definito le utenze straniere "utili per integrare elementi" che non è stato possibile individuare nelle telefonate ascoltabili", ammettendo implicitamente che le sole intercettazioni diffuse nell'estate di Farsopoli e che tanto erano state pompate dai media non provavano un bel nulla. Porterà inoltre elementi che, a suo dire, proverebbero il sorteggio truccato (la famose palline e un testimone); altre intercettazioni (o meglio, files di telefonate contenuti in un cellulare) che riguardano la vicenda del dossier anti-Della Valle; fotografie e video di pedinamenti di imputati; atti della Figc sulle vicende Mozart-Reggina e Boudianski-Zeytulaev; allegati dell'informativa del novembre 2005 relative a griglie, sorteggi e designazioni arbitrali; relazioni degli osservatori arbitrali; atti della Figc seguiti a dichiarazioni di Cellino dopo un Cagliari - Juve; i verbali delle assemblee Figc e Lega del campionato 2004-05; le famose polizze INA-Assitalia stipulate dalla Juve. E per finire, ovviamente, gli atti della giustizia sportiva relativi ai processi di Farsopoli.
Per le difese, oltre a Prioreschi, sono intervenuti, anche se più brevemente, gli avvocati di Ambrosino, Bergamo, Bertini, Ceniccola, Dattilo, Della Valle, Fabiani, Fazi, Foti, Gemignani, Lotito, Mazzini, Meani, Pairetto, Puglisi, Racalbuto, Scardina, Titomanlio. Interessanti le eccezioni sollevate dall'avvocato di Meani, che ha fatto notare che, quando venne intercettato, l'ex addetto agli arbitri milanista non era nemmeno ufficialmente indagato, dato che la sua iscrizione fra gli indagati è avvenuta solo l'11 maggio 2006, allo scoppiare di Farsopoli.
La prossima udienza era prevista per il 28 aprile, ma siccome gli avvocati difensori hanno chiesto copia dei tabulati integrali forniti dai gestori di telefonia alla Procura, protestando il poco tempo per esaminarli, è stata rinviata al 5 maggio.
Dobbiamo dire che quella data la preferiamo anche noi.
Palazzi: e adesso deferiscili tutti!
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- By inunmondoche
Abbiamo ascoltato in questi giorni la registrazione dell'udienza del processo di Napoli conclusasi con l'estromissione delle parti civili dal procedimento. Trattasi di quelle che i giornali in genere usano presentare come "schermaglie preliminari", ossia un tiro incrociato da parte delle difese di eccezioni, difetti di notifica e, più in genere, di procedura, che mirano all'allungamento del processo. Noi abbiamo ravvisato, accanto a questo genere di eccezioni, anche alcuni elementi di sostanza che consideriamo affatto trascurabili, sia in relazione al presente processo che al precedente processo sportivo che ha portato la Juventus in Serie B.
Come già in passato, ad aver catturato il nostro interesse è stato, soprattutto, l'intervento dell'avvocato Marco Messeri, difensore dell'ex arbitro Paolo Bertini. L'avvocato aretino ha infatti posto all'attenzione dei giudici, nel suo intervento volto a negare la sussistenza di danni gravi e diretti che potessero giustificare la presenza delle parti civili richiedenti danni nel procedimento, due argomenti giuridici, a nostro parere particolarmente validi ed efficaci. Argomenti sostanziali e che ben illuminano sull'assoluta contradditorietà degli organi sportivi in ambito di giudizio.
La FIGC ha infatti chiesto di costituirsi parte civile anche nei confronti di Paolo Bertini. Ma Paolo Bertini era stato sottoposto per due volte a giudizio da parte degli organi di giustizia sportiva, risultando in entrambi i casi completamente scagionato dalle accuse mossegli.
Insomma, la FIGC non crede nemmeno a se stessa. Sottopone a giudizio un tesserato, il giudizio ritiene il tesserato innocente, e non di meno richiede i danni al processo ordinario! Tragicomico.
Comico soprattutto perché mi figuro quando sarà il momento per Bertini di richiedere i danni. L'arbitro aretino, infatti, completamente innocente davanti alla giustizia sportiva che lo ha processato due volte, è stato sospeso dalla sua attività. Nel periodo di sospensione, è stata varata la famosa modifica di regolamento dell'AIA che implica la dismissione degli arbitri inattivi nell'ultimo anno. Bertini è stato fatto fuori. Da innocente. Un Paparesta un po' meno telegenico e, se consentite, con 3 condanne sportive in meno.
Il PM Narducci, nel respingere quest'eccezione, fa notare una cosa sacrosanta, per quanto, a nostro modo di vedere, non rilevante in questo merito. Ossia che la giustizia sportiva non prevede l'illecito associativo, contestato in questa sede a Bertini!
Ossignur, anche il titolare dell'inchiesta sconfessa quindi la sentenza che ha portato la Juve in B!
Ci appare non rilevante nell'occasione, in quanto specioso, incoerente e giuridicamente insensato, che la FIGC chieda i danni per un comportamento non sanzionato dal suo regolamento, e che quindi è da ritenersi da essa autorizzato.
C'è una questione, però, ancora più importante. Ossia che il regolamento sportivo prevede che un tesserato non possa intraprendere azione legale nei confronti di altro tesserato, al di fuori di quello che è il procedimento arbitrale disposto dall'art.30. Pertanto, senza autorizzazione della FIGC, la richiesta di diverse società di serie A e B di costituirsi parte civile è da considerarsi illegittima, ma soprattutto foriera di sanzioni, tra cui la penalizzazione in punti da scontare nel campionato in corso, da parte degli organi sportivi. Palazzi si svegli. Infatti, se non deferisce queste società, delegittima la già carnascialesca giustizia sportiva.
L' AS Roma, probabilmente in furore da derby, è giunta addirittura a chiedere i danni a Lotito, presidente della Lazio. Peccato che questi sia imputato per due casi di frode sportiva, una partita con il Chievo e l'altra con il Parma. Non si capisce quale danno possa aver ricevuto l'AS Roma. Anche tenuto conto, per amore della verità, che il derby capitolino di ritorno di quell'anno, con entrambe le squadre in zona salvezza, fu uno squallido 0-0 accompagnato da pesanti sospetti di pastetta. Sospetti che trovarono una conferma poi in un'intercettazione, disposta dalla Procura di Genova, tra Bazzani, allora giocatore laziale, e Flachi, nell'ambito di un'indagine sul calcioscommesse. Bazzani confidava a Flachi che Di Canio, duro e puro, era arrabbiatissimo perché aveva compreso che qualcuno si era messo d'accordo per il risultato.
Il Secolo XIX, che riportò l'inchiesta genovese, scoprì con stupore che tra tutte le partite indagate dalla Procura di Genova come aggiustate, una era già stata archiviata dalla Procura Federale: proprio Lazio-Roma. Quando il quotidiano ligure chiese copia del documento di archiviazione dell'indagine, la Procura di Palazzi rispose che era stata resa nota alle parti, e tanto bastava. Alla faccia della trasparenza.
Riformuliamo perciò: con quale coraggio la Roma chiede i danni a Lotito?
Ma soprattutto con quale coraggio gli organi di giustizia sportiva delegittimano se stessi in questa maniera?
La Juve fu minacciata di una penalizzazione pesante se avesse ricorso al TAR, pertanto affidandosi alla giustizia ordinaria. Non solo cornuta, ma mazziata. Perché ora gli organi sportivi lasciano che i propri associati travalichino lo stesso ambito, per chiedere i danni. E meno male che il giudice Casoria è una donna di buon senso! Ci saremmo trovati, in altro modo, di fronte a una situazione aberrante, con la Juve costretta a pagare i danni, dopo esserle stato impedito di ricorrere alla giustizia ordinaria mediante minacce di sanzioni.
La farsa sportiva del 2006 non ha più alcun senso. Tutto demolito. Palazzi, mancando il deferimento per queste società, ha messo una pietra tombale su questa assenza di senso, facendo prevalere di fatto sulla legge l'arbitrio. E ancora di più la FIGC, che addirittura chiede danni a tesserati usciti puliti dai processi sportivi.
Che senso hanno ancora quelle sentenze di fronte a questi comportamenti?
Nessuno.
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