CantaNapoli - Il processo
Farsopoli, i testi d'accusa /5 - Operazione Offside (non la docufiction)
- Dettagli
- By Mario Incandenza
Terminiamo il ripasso di quanto emerso finora nel dibattimento del processo di Napoli, con le testimonianze rese dai membri più importanti della squadra "Offside", i Carabinieri della caserma di via In Selci a Roma che svolsero le indagini.
Spero che nessuno nell'Arma se ne abbia a male se mi permetto di affermare che quelle indagini sono state condotte in modo superficiale e approssimativo, e soprattutto che dal modo nel quale sono state realizzate le informative (per altro, custodite ben poco diligentemente...) traspare un chiarissimo accanimento verso gli indagati, anche a fronte di indizi contrari o comunque per nulla significativi.
Anche il teorema delle SIM svizzere, nato dopo lo scoppio dello scandalo, ha tutta l'aria di un tentativo estremo di raffazzonare qualcosa di suggestivo a fronte di uno spaventoso deserto probatorio.
ALCUNI "MAGNIFICI" DELLA SQUADRA "OFFSIDE" E NON SOLO
Colonnello Attilio Auricchio (Deposizione 1, 2, 3, 4, 5 e 6): Ai tempi dell'indagine era Maggiore. Così, in calce all'informativa, riporta la sua firma. Dopo la fuoriuscita delle intercettazioni "sfuggite" nello scorso aprile, le sue deposizioni sono diventate degli happening mediatici. Per questo motivo non necessita di particolare presentazione. Rileggetevi le deposizioni, ripercorrete i suoi vuoti di memoria, i "non so", i suoi approfondimenti con la Gazzetta del lunedì, e ripensate, magari con un pizzico di raccapriccio, alla docufiction di La7 "Operazione Offside" in cui il Colonnello, ai tempi Maggiore, era interpretato dal patinato Daniele Liotti.
Maresciallo Di Laroni 1, 2 e 3: Membro del team di via In Selci di Roma, autore (insieme ai colleghi Di Foggia e Lucchese) dell'informativa sul teorema delle SIM Svizzere. Teorema che non era parte degli atti di indagine oggetto di Farsopoli, ma venne elaborato solo in seguito allo scoppio dello scandalo, probabilmente per cercare di individuare, a carico degli indagati, qualche elemento un po’ più consistente, o per lo meno più suggestivo, rispetto al poco o nulla evidenziato in precedenza. Il meccanismo con il quale gli inquirenti sono arrivati a sostenere che Moggi avesse conversazioni tramite schede telefoniche straniere con una decina di arbitri è complicatissimo, ma anche casereccio. Più volte i difensori hanno rimarcato, anche ironizzando, l'assenza di scientificità, nonché la mancanza di riscontri veri, dato che il discorso è puramente a livello di "verosimiglianza", di "si presume". Quel che è certo è che Di Laroni parla in aula di scheda di Gianluca Paparesta quando già si è stabilito che l'usava il padre, e di schede attribuite ad arbitri, come Gabriele, già assolti all'abbreviato. Che sia vero quel che sostiene Moggi, che le SIM straniere le usava per lo più per il mercato? Aspettiamo anche la sua, di testimonianza.
Maresciallo capo Simone Nardone: Autore di appostamenti fuori da famosi ristoranti romani o da altri luoghi pubblici tutt'altro che riservati, racconta di questo e anche della deposizione del De Cillis raccolta a Como. Nardone riferisce anche di un viaggio a Chiasso:"con la macchina del De Cillis, siamo andati al suo negozio (a Chiasso, in Svizzera, ndr), abbiamo acquisito la documentazione investigativa e poi... però sul verbale abbiamo..."; per la verità esso avrebbe dovuto essere preceduto da rogatoria internazionale. Questo viaggio è stato rinfacciato dall'avvocato Trofino al Colonnello Auricchio, che ha negato in quanto non presente nel verbale del collega; quando Trofino gli ha letto il verbale della deposizione di Nardone, Auricchio l'ha giustificato asserendo che "la zona dove è il negozio non rientra nelle regole... è un duty free" .
Maresciallo Di Foggia: La sua deposizione risulta piuttosto esilarante nel momento in cui racconta di come, dopo lo scoppio di Farsopoli, ben cinque carabinieri si prendessero la briga di effettuare appostamenti presso ristoranti dove Moggi s'incontrava con i propri avvocati.
Maresciallo Maraca: Autore di un pedinamento nei pressi della casa di Bergamo a Livorno, in occasione del famoso incontro del 21 maggio 2005 a Collesalvetti, al quale parteciparono Moggi, Giraudo e Mazzini. Per la verità ne fa un racconto piuttosto strampalato.
Maresciallo Zino: Nel 2004-05 andò in incognito ad assistere agli unici due sorteggi arbitrali "osservati", uno a Roma e uno a Coverciano. Non ne trasse particolari indizi di trucco, ma gli avvocati difensori traggono dal suo racconto sul servizio di osservazione al sorteggio di Roma un passaggio strano, nel quale parla di un misterioso "accompagnatore" di cui non vuole rivelare l'identità. Che sia un giornalista che collaborava in incognito alle indagini?
Ispettore Salvagno: Ispettore torinese che fu addetto all’ascolto delle intercettazioni disposte dalla Procura di Torino per un'ipotesi di frode sportiva nata nell’ambito del processo doping (chiuso con un nulla di fatto). Intercettazioni che portarono alla richiesta di archiviazione del procuratore Maddalena, perché, come scritto nell'atto della Procura, non solo non confermavano l’ipotesi, ma presentavano indizi di segno contrario. Testimonianza a dir poco ridondante.
Teodosio De Cillis: Commerciante ticinese, gestiva il negozio di telefonia dove vennero acquistate le leggendarie schede svizzere, e dove alla fine si scopre che andavano a fare acquisti anche altri personaggi del mondo del calcio, come il dirigente interista Branca. La sua deposizione è abbastanza confusa, a distanza di tempo lamenta di non riuscire a ricordare molti dettagli. Non si capisce se nel maggio 2006 si presentò ai carabinieri italiani spontaneamente o meno. Non si capisce quante schede siano state comprate la prima volta, se 4, 5 o 9. Le SIM svizzere dovrebbero essere in tutto 21, frutto di tre acquisti lungo il campionato 2004-05, ma il fatto che siano state usate dagli arbitri è tutto da dimostrare. Sulle SIM del Liechtenstein, fatte acquistare da Moggi a partire dall'anno dopo, invece c'è una gran confusione, e soprattutto la certezza che è ormai impossibile ricostruirne i tracciati.
PUNTATE PRECEDENTI:
Farsopoli, i testi d'accusa/1 - Testi chiave senza toppa e parti lese non da Moggi
Farsopoli, i testi d'accusa/2 - Le cupole senza Moggi
Farsopoli, i testi d'accusa/3 - Media e regali: solo fuffa
Farsopoli, i testi d'accusa/4 - Le favole di Lecce-Parma e del ratto di Reggio
Farsopoli, i testi d'accusa /4 - Le favole di Lecce-Parma e del ratto di Reggio
- Dettagli
- By Mario Incandenza
Quest'oggi ripercorriamo le testimonianze relative a due episodi molto famosi.
Il primo è Lecce-Parma, ultima giornata del campionato 2004-2005 che, secondo l'esimio professor Sandulli, presidente della Corte Federale FIGC, era l'unica partita che lasciava qualche dubbio di illecito. Tralasciamo la conseguenza che tutte le altre, comprese quelle della Juve, erano dunque regolari. Tralasciamo che il risultato finale, quel 3-3, non si presta molto a un'ipotesi di tarocco, soprattutto considerando che la salvezza della Fiorentina (obiettivo della cupola moggiana nel teorema dell'accusa) dipendeva anche dall'esito di altre partite. Fatto sta che anche l'ultimo dubbio di Sandulli, stando ai testimoni dell'accusa, dovrebbe ormai considerarsi fugato.
Il secondo episodio è forse il più celebre della saga mediatica di Farsopoli: il rapimento dell'arbitro Paparesta, desunto da una telefonata in cui un Moggi giustamente infuriato per un arbitraggio scandalosamente anti-Juve, si sfoga con un'amica, con tutta evidenza millantando.
LECCE - PARMA, QUELL'UNICO DUBBIO DI SANDULLI
Pietro Carmignani: Allenatore del Parma che pareggiò 3-3 a Lecce, nell'unica partita su cui Sandulli dichiarò di avere dei dubbi, non porta alcun riscontro all'ipotesi di malafede dell'arbitro di quel match, l'imputato De Santis, ammettendo che le cinque ammonizioni comminate ai suoi uomini ci stavano e che in generale le proteste contro la direzione di quella partita, come in un precedente Lazio-Parma 2-0, erano alla fine recriminazioni tipiche di una partita di calcio.
Fabio Vignaroli: Sempre in quella partita, i pm hanno voluto approfondire un'accusa fatta a De Santis dal giocatore Vignaroli, che ha raccontato di aver udito l'arbitro dirgli: "Questa non la vincete". La frase avrebbe un unico testimone, Vignaroli stesso, che a fine partita si rese protagonista di una veemente protesta nei sui confronti, il che gli valse una giornata di squalifica. Troppo poco, secondo l'accusa, ma De Santis refertò la protesta, quindi difficile che si sentisse in difetto.
Zdenek Zeman: Riguardo a Parma-Lecce, non porta alcun elemento utile all'accusa. Anzi, gli unici comportamenti discutibili che sottolinea sono quelli dei suoi stessi giocatori, che nel secondo tempo smisero di giocare, perché il Lecce, a differenza del Parma, non aveva più nulla da chiedere al risultato. Gli si chiede di un'altra partita, quella a Lecce con la Juve, e anche lì, nulla di strano. Alla fine, la sua presenza in aula ha senso solo in quanto mediaticamente considerato grande vessato dalla cupola moggiana; ma anche su questo punto, le argomentazioni che porta sono campate in aria, quando non risibili, come quando parla di sé gloriandosi di una carriera che forse tanto di successo non è stata. Lo stesso Presidente lo riprende con ironia più volte.
Luca Baraldi: Ex AD del Parma (allora in amministrazione controllata), viene sentito in merito a presunti arbitraggi finalizzati a far salvare la Lazio. Su Lazio-Parma e Lecce-Parma riporta valutazioni personali su decisioni e comportamenti arbitrali, ma nessun elemento concreto. In particolare, su Lecce-Parma, rievoca la vicenda di Vignaroli (vedi la relativa deposizione), per la quale inizialmente fece dichiarazioni di fuoco, ma in seguito, di fronte all’ufficio indagine, ritrattò. Contestò anche le ammonizioni di De Santis in quella partita, ma ammette che non ci furono errori tecnici.
LO SPOGLIATOIO DI REGGIO COME L'ASPROMONTE
Romeo Paparesta: Ex arbitro anni '80, padre di Gianluca, smentisce per primo la leggenda del rapimento del figliolo. Smentisce anche i Carabinieri, che avevano attribuito al figlio una sim svizzera moggiana che in realtà usava lui. Con Moggi si sentiva per commentare gli arbitraggi cui assisteva o che analizzava alla moviola di un canale digitale. Frequentava Lucianone perché convinto che ciò l'avrebbe favorito nella carriera in CAN e invece non ne ebbe alcun giovamento.
Gianluca Paparesta: Arbitro che penalizzò la Juve in più di un'occasione. Indimenticabile in un Milan-Juve 2-0 del 25 marzo 2000, nel quale concesse un rigore inesistente ai rossoneri e ne negò uno solare a Del Piero, favorendo la rimonta della Lazio. Nell'ottobre 2004, la stagione in cui si sentiva con Meani per segnalare a Galliani un dossier da far avere a Letta sulla società per cui lavorava, a Reggio Calabria ne combinò un sacco e una sporta, facendo perdere per 2-1 i competitors dei rossoneri per la conquista dello scudetto. Moggi e Giraudo andarono a protestare a fine partita e un paio di successive telefonate di Moggi diedero ai media l'occasione per creare la leggenda del suo sequestro, ovviamente smentita in aula. La sim svizzera attribuitagli dai carabinieri (anche in aula, anche dopo la sua deposizione) non era sua e il giorno dopo la partita usò il telefono del padre per chiamare Moggi e rimproverarlo della sua reazione e delle sue proteste sui media. Dalla sua testimonianza si intuisce che probabilmente nemmeno Bertini ne possedeva una.
Aniello Di Mauro: Uno degli assistenti di Paparesta nella famigerata partita di Reggio Calabria. Non solo nega anche lui l'episodio della chiusura dello spogliatoio, ma non udì nemmeno minacce da parte dei dirigenti Juventini. Annullò il pareggio della Juve per un fuorigioco in realtà dubbio e qualche giorno dopo chiamò Bergamo per scusarsi dell'errore. Pensate: Bergamo non solo lo consolò, senza rimproverarlo, ma lo rassicurò che non sarebbe stato sospeso come si sarebbe aspettato da una "Cupola". Infatti, ricevette solo una giornata di stop.
Cristiano Copelli: Secondo assistente a Reggio, conferma la ricostruzione di Paparesta e di Di Mauro sul fatto che non ci fu alcun "sequestro". Nel suo caso, c'è da sottolineare che in quel periodo aveva un intenso rapporto telefonico con l'addetto agli arbitri milanista Meani, cui una volta si rivolse per cercare di calmare il ds del Palermo Foschi, furioso per una sua decisione a Genova. Meani chiamò così Galliani definendolo "il nostro uomo". Guarda caso, fu lui il protagonista dell'errore più clamoroso della partita di Reggio, non accorgendosi di un rigore abnorme da assegnare alla Juve, pur avendo la visuale migliore.
Silvana Garufi: Presidentessa di un'onlus alla quale la Juve faceva donazioni, è stata coinvolta in quanto Moggi ricevette qualche chiamata sul telefonino "svizzero" mentre veniva intercettato con lei. Tra l'altro, quando Moggi, dopo Reggio, le disse di aver chiuso Paparesta nello spogliatoio, lei rise e sbuffò, dimostrando di aver capito subito che si trattava di una boutade.
PUNTATE PRECEDENTI:
Farsopoli, i testi d'accusa/1 - Testi chiave senza toppa e parti lese non da Moggi
Farsopoli, i testi d'accusa/2 - Le cupole senza Moggi
Farsopoli, i testi d'accusa/3 - Media e regali: solo fuffa
Farsopoli, i testi d'accusa/3 - Media e regali: solo fuffa
- Dettagli
- By Mario Incandenza
Ancora una volta, fate l'esercizio di tornare all'estate 2006, ai titoli dei giornali di allora. Si parlava di infiltrazione della cupola nei media, si sosteneva che Moggi condizionasse i programmi televisivi, in particolare il cabarettistico Processo di Biscardi. Una volta in aula, tutto si riduce alla deposizione di due giornalisti RAI, uno mosso da risentimento per il proprio capo di allora, l'altro che ammette di aver attaccato la Juve pesantemente (flebo di Cannavaro alla vigilia del big match col Milan). Alla faccia. Di Biscardi e Baldas, quattro anni fa ridicolmente descritti come bracci armati bianconeri, nessuna traccia.
Altro argomento risibile: i gadgets o gli sconti Fiat come strumento di corruzione. D'altronde, non è stato possibile rinvenire di meglio, date le ripetutamente inutili perquisizioni e accertamenti della Guardia di Finanza (ricordate? in piena inquisizione 2006 si arrivò a ipotizzare conti neri di Moggi in Banche Vaticane). Certo, a paragone dei Rolex romanisti (tanto per dirne una), definiti nell'informativa di Auricchio, in chiave giustificatoria, "goffo tentativo di Sensi di proporsi in chiave di simpatia con la struttura arbitrale", il dono di maglie bianconere alla terna arbitrale è un fatto che non lascia dubbi.
Ecco le testimonianze riguardanti questi due argomenti.
LA CUPOLA MEDIATICA
Francesca Sanipoli 1 e 2: Inviata romana di RAI Sport, particolarmente indisciplinata fino a farsi riprendere dal giudice perché invece di rispondere alle domande continua a farle lei, si mostra più adatta a una platea giornalistica che a un'aula di tribunale. Dalla sua deposizione emerge un forte livore verso il suo ex responsabile Ignazio Scardina e invidia verso il collega Ciro Venerato, che faceva l'inviato alle partite della Juve al posto suo. Incoerente la sua illazione secondo cui tutto ciò avveniva per volere di Moggi, anche perché è poi costretta ad ammettere che era Scardina a decidere. Il fatto che a Moggi potesse risultare sgradita, non è un argomento. Anche Ibra non ama avere a che fare con Sacchi. E dunque?
Enrico Varriale: Chiamato a supportare la tesi-Sanipoli di una Juve che avrebbe preteso di boicottare alcuni giornalisti RAI sgraditi, deve alla fine ammettere di avere avuto problemi solo nel periodo in cui l'azienda trasmise un vecchio filmato dello juventino Cannavaro che si faceva una flebo ai tempi del Parma, tra l'altro prima del match decisivo col Milan. Inoltre, le "ritorsioni" bianconere non si capisce bene quali siano state, dato che racconta che Capello, Moggi e lo stesso Cannavaro intervennero nelle sue trasmissioni. Testimonianza fuffa, da parte di uno che ha suscitato reazioni ben peggiori in personaggi come Zenga e Mourinho.
I PICCIOTTI BIANCONERI
Maurizio Capobianco: Ex dipendente juve, licenziatosi nel 2005 col dente avvelenato, dopo lo scandalo Farsopoli rilasciò una famosa intervista a Repubblica in cui lasciò intendere di avere in mano le prove di come Moggi pagava gli arbitri, rimandando all'aula di tribunale per i dettagli. Giunto finalmente il grande momento, tutto quel che porta è un lunghissimo elenco di nominativi di destinatari di buoni sconto per l'acquisto di auto FIAT, risalente al 1995, nel quale sono compresi, oltre a numerosi personaggi del mondo del calcio e non, due fischietti torinesi, i quali per il meccanismo della preclusione mai avrebbero potuto arbitrare la Juve.
Vittorio Pastore: Capo officina Fiat, chiamato a deporre sulla consegna di auto scontate tramite contratto Fiat-Juve, ricorda l'acquisto da parte di Pairetto di una Bravo e di una Musa, e ricorda anche che in seguito Pairetto portò un amico, tal Mussetto, il quale, dopo aver acquistato una Thesis scontata, fece un ordine per otto auto a prezzo pieno per la propria ditta, senza sconto. Più che un affare per la Juve, un affare per la Fiat.
Morena Mosca: Impiegata alla segreteria Juve, è protagonista di un interrogatorio grottesco, nel quale si cerca di dimostrare che gadgets e biglietti omaggio ai designatori potessero costituire una qualche forma di corruzione. Soprattutto se si considera che esistono fior di telefonate in cui si sentono designatori e/o arbitri chiedere direttamente a dirigenti di altri squadre (due a caso: Inter e Milan) le stesse cose. Fuffa, esattamente come i contatti con i dirigenti della Fiorentina, di cui le viene chiesto conto, come se ci fosse qualcosa di strano nel fatto che società di calcio abbiano contatti fra di loro. La questione dei gadget viene ridicolizzata direttamente da Moggi, in una dichiarazione spontanea, quando ricorda che regalare gadgets e biglietti è un'usanza consolidata e finanche banale per una società di calcio, tanto che ne approfittavano pure i carabinieri che periodicamente si recavano in visita ispettiva nella sede di Corso Galfer.
Giancarlo Bertolini: Dipendente Juve, viene chiamato a deporre in relazione al teorema delle SIM svizzere. Fu lui, dietro richiesta di Moggi nel giugno del 2004, a scegliere il negozio di Chiasso nel quale, nell'arco di un anno e mezzo, si recò 7-8 volte a comprare delle schede telefoniche straniere. Le spese per queste Sim erano regolarmente pagate dall’amministrazione della Juve (tranne la prima volta, in cui Moggi gli diede i soldi personalmente).
PUNTATE PRECEDENTI
Farsopoli, i testi d'accusa/1 - Testi chiave senza toppa e parti lese non da Moggi
Farsopoli, i testi d'accusa/2 - Le cupole senza Moggi
- Dettagli
- By Mario Incandenza
Ricordate i titoloni del 2006? La cupola di Moggi sembrava un cancro diffuso in ogni ambito del calcio italiano. In primo luogo, pareva che il suo potere avvolgesse la Federazione e il mondo arbitrale.
Ripassatevi le deposizioni riguardanti questi due argomenti e trovate, se siete capaci, almeno una parola che provi questo fantomatico potere.
Almeno una parola.
LA CUPOLA FEDERALE
Franco Carraro: Presidente Figc dal 2001 al maggio 2006, a fine 2004 venne rieletto col 94 per cento dei voti, fra i quali il peso di quelli della Juve era ovviamente irrisorio. Rievoca la famosa telefonata con Bergamo prima di Inter-Juve, evidenziando come fosse costretto a raccomandare al designatore arbitrale di istruire l’arbitro a non prendere decisioni, nel dubbio, favorevoli alla Juve, per evitare il linciaggio mediatico. Piuttosto, molto dubbie furono le sue raccomandazioni a Bergamo nel tutelare la Lazio (tra l’altro, Carraro era in grave conflitto di interesse per via di Capitalia), con la scusa che i biancazzurri si sentivano penalizzati dagli arbitri. Su Moggi e la Nazionale, specifica di aver chiesto a Giraudo il permesso di coinvolgere il DG più competente d’Italia in una collaborazione per preparare l’avventura del 2006.
Cosimo Ferri: Magistrato, ex componente della commissione vertenze economiche della Figc, conoscente di Lotito, viene sentito per chiarire alcuni rapporti tra Lotito e Mazzini e fra Lotito e Della Valle. In generale, lamenta alcune forzature nei verbali dell’interrogatorio che subì nel 2006, durato sei ore, e alla fine l’accusa non riesce ad avere da lui alcuna conferma, né riguardo a presunti interessamenti di Mazzini per un arbitraggio amico, né riguardo a una non meglio precisata “proposta da bandito” che Lotito lamenta di aver subito da Della Valle. Anche perché Ferri fa un ritratto di Lotito piuttosto caricaturale, più grottesco che losco.
Fiorella Bocchini: Segretaria dell’ufficio di presidenza (Carraro e Ghirelli) dal 2001, viene sentita in relazione al caso Boudianski e Zeytulaev, giocatori juventini per i quali l’accusa cerca di dimostrare illecite pressioni moggiane, tramite Ghirelli, per indirizzare la sentenza a loro carico. In realtà, la Bocchini ricorda solo contatti fra Ghirelli e Martellino (presidente Corte Appello Federale) a provvedimento già emesso, e non prima. Per il resto, nel controesame gli avvocati di Moggi evidenziano i tentativi dei carabinieri di indirizzare la sua testimonianza, nell’estate del 2006.
LA CUPOLA ARBITRALE
Manfredi Martino: Segretario CAN, presentato fin da maggio del 2006 come il testimone chiave per l'accusa, è stato protagonista di una deposizione fiume dalla quale i media hanno prelevato chirurgicamente una sua impressione su un colpo di tosse di Bergamo in occasione del sorteggio di Milan-Juve (arbitro Collina, non certo un ultrà bianconero) per far credere che l'accusa avesse segnato un punto. Vicenda paradossale in quanto, nonostante gli interrogatori fiume e le pressioni del pm, di elementi a suffragio della teoria del sorteggio truccato se ne vedono proprio pochi, ma soprattutto in quanto gli stessi giornali che hanno sparato titoli tipo "Così truccavamo i sorteggi" sembrano dimenticarsi del fatto che il sorteggio, senza il contributo dei giornalisti, mica si sarebbe potuto truccare.
Dario Galati: Segretario della CAN durante gli anni delle sette sorelle, ripercorre la storia e le procedure della Commissione Arbitrale Nazionale negli anni di Bergamo e Pairetto. Evidenzia anche alcune magagne, che non riguardano però tanto gli imputati, quanto il sistema nel suo complesso. Inquietante l'episodio del funzionario Figc Lulli, che nel 2005 gli raccontò di aver raccolto da un dirigente interista la confidenza secondo cui avevano commissionato un'indagine illegale sugli arbitri.
Riccardo Pirrone: Ex arbitro attivo tra il 1998 e il 2001, come Nucini lamenta di essere stato ingiustamente messo da parte dai designatori. La sua deposizione non è tanto contro gli ex dirigenti della Juve, quanto contro i designatori, che ritiene agissero con criteri non meritocratici. Riporta anche dubbi sulla regolarità del sorteggio, a causa del fatto che a volte le palline si aprivano per sbaglio, ma nemmeno lui sa fornire elementi concreti. Dà l'impressione di essere mosso più che altro dal risentimento per non essere riuscito a far carriera.
Fabrizio Babini: Guardalinee che si sentiva spesso con l’ex addetto agli arbitri milanista, con il quale a volte scambiava anche considerazioni velenose nei confronti della Juve. Lamenta di non essere più stato chiamato per dirigere la Juve dopo una vittoria bianconera col Milan nel '99 (ma, avendo la Juve vinto, perché non dovrebbero più averlo voluto?) e attribuisce questa preclusione a una non meglio chiarita volontà di Pairetto (riporta una confidenza di Meani), che considera contiguo alla Juve; ma nel controesame deve ammettere la sua antipatia per la Juve, e che probabilmente i designatori ne tenevano conto. Ridimensiona alcune malignità dette al telefono a Meani, riguardanti Bertini e i discorsi sulle ammonizioni preventive juventine, di cui teneva una statistica che ammetterà non essere per nulla indicativa.
Gianmario Cuttica: Arbitro ai tempi Bergamo e Pairetto, viene convocato solo per aver ascoltato degli sfoghi dell’assistente Puglisi (altrimenti definito “ultrà milanista”) per non essere mai convocato ad arbitrare la Juve. Testimonianza insignificante. Eppure nel 2006 subì un interrogatorio incalzante di 7 ore.
Matteo Trefoloni: Ai tempi di Bergamo e Pairetto era un po’ la mascotte del gruppo degli arbitri. In particolare, racconta del ruolo della segretaria CAN Fazi (interessarsi dei problemi degli arbitri), del fatto che vi entrò in confidenza, tanto da raccogliere i suoi sfoghi per l’allontanamento che la donna subì da parte di Carraro, e dei tentativi della stessa di farsi aiutare anche da Moggi per evitare tale allontanamento (Moggi si interessò anche, e senza esito, ma da intercettazioni sappiamo che non si fidava per nulla di lei). Riguardo al campionato 2004-05, viene ricordato solo per aver rinunciato ad arbitrare Roma-Juve adducendo un’influenza, in sé vera, ma che ammette aver accolto con sollievo, perché in quel periodo non era all’altezza di affrontare un impegno così difficile.
Emidio Morganti: La sua viene definita dal giudice Casoria deposizione “ad colorandum”, cioè inutile e soporifera. Gli chiedono di tutto, tipo le magliette che l’allora team manager Alessio Secco donava agli arbitri che dirigevano le partite della Juve, ma senza cavarne nulla di male. Analizzando le indagini dei cc, i difensori di Moggi, chiedono di verbalizzare il fatto che esista una costante: la sproporzione enorme tra il tempo trascorso in caserma e il materiale verbalizzato e controfirmato.
Giancarlo Marocchi: Sentito sia come dirigente del Bologna in relazione al famoso Fiorentina-Bologna nel quale vennero ammoniti da De Santis Petruzzi e Nastase, sia come giocatore bianconero sotto la gestione Moggi. Nella prima veste, dopo la partita protestò per le sanzioni di De Santis, ma ovviamente non aggiunge alcun elemento sostanziale alla teoria secondo cui Moggi si sarebbe preoccupato di far ammonire (telepaticamente) due giocatori che manco erano titolari fissi, in una squadra da zona retrocessione. Nella seconda veste, gli viene chiesto conto di un “Ci penso io” che Moggi avrebbe detto verso la fine della stagione 1994-95, quella del primo scudetto di quella gestione. Ovviamente, dalle parole di Marocchi si evince che quella frase non sottintendeva alcunché di losco, ma era solo una rassicurazione di un dirigente un po’ spaccone.
Mario Mazzoleni: Ex arbitro chiamato per un Lazio-Cagliari del 2005-06, campionato per la verità non oggetto del procedimento, nel quale c'era un nuovo designatore: Maurizio Mattei. Racconta, comunque, di raccomandazioni prima di quella partita, e di rimproveri poi, da parte di Mattei, provocati da pressioni laziali, e del fatto che dopo quel match non venne più chiamato a dirigere. Interessante per noi il passaggio in cui sottolinea che in quegli anni gli arbitri non venivano informati dalla CAN su chi fossero i diffidati, e che quell'informazione la reperivano, nel caso, dalla Gazzetta.
Werther Cornieti: Ex arbitro, dirigente calcistico, incaricato dal Brescia calcio di analizzare le direzioni di alcune partite lungo il percorso di Lazio e Fiorentina verso la salvezza, evidenzia errori che a suo dire favorirono i club di Lotito e Della Valle. I difensori mettono in evidenza episodi di segno contrario che secondo loro avrebbe omesso.
Rosario Coppola: Nell’estate 2006 raccolse l’appello di Borrelli affinché si facesse vivo un “pentito” che confessasse gli illeciti contestati agli imputati di Farsopoli, e si presentò ai Carabinieri di via In Selci. Dato che l’episodio di pressione indebita che voleva denunciare riguardava non il mostro Moggi ma l’Inter, non venne incredibilmente verbalizzato. In pratica, dopo un Venezia-Inter (caratterizzato pure da un ennesimo caso di irruzione di Facchetti negli spogliatoi arbitrali), ricevette pressioni affinché smentisse il referto della partita, per consentire alla Commissione Federale di ridurre da due a una le giornate di squalifica di Cordoba. Dopo essersi rifiutato, per la sua carriera fu il declino.
PUNTATE PRECEDENTI:
Farsopoli, i testi d'accusa/1 - Testi chiave senza toppa e parti lese non da Moggi
Farsopoli, i testi d'accusa/1 - Testi chiave senza toppa e parti lese non da Moggi
- Dettagli
- By Mario Incandenza
Venerdì 1° Ottobre, dopo una pausa di quattro mesi, ricomincerà il processo di Napoli. Lo scorso giugno, le udienze si erano chiuse mentre stava iniziando la sfilata dei testi chiamati dagli avvocati difensori, sfilata che riprenderà appunto a ottobre.
Per consentire a tutti, sia a chi già seguiva, sia a chi vuole iniziare ora, di presentarsi all'appuntamento belli tonici e preparati, ecco un riassunto delle deposizioni dei testimoni dell'accusa, e cioè, per definizione, coloro che vengono convocati al fine di provare i reati contestati agli imputati.
Si tratta di un elenco di una cinquantina di persone, appositamente selezionate dai pubblici ministeri al fine di descrivere il meglio possibile le nefandezze della cupola moggiana. Elenco esauritosi un paio di settimane prima della sospensione di giugno. Per questo motivo, analizzando quanto emerso dalle loro deposizioni, possiamo sottoporvi un primo bilancio delle carte in mano all'accusa.
Meglio ancora: possiamo evidenziare quali sono i terribili misfatti commessi dai dirigenti juventini e che stanno alla base di un'orribile estate che i tifosi bianconeri non dimenticheranno mai. Chi meglio di un testimone dell'accusa avrebbe potuto svolgere questo compito?
L'articolo di oggi è il primo di una serie di cinque. Tanti sono necessari per esaurire il lungo elenco.
I TESTI CHIAVE
Francesco Dal Cin: E' il primo testimone chiave, l'uomo che nella primavera del 2004, chiamato a Napoli per testimoniare riguardo a un'inchiesta sul calcioscommesse, parlò di una "Combriccola romana" di arbitri legata alla GEA e a Luciano Moggi. Una volta in aula non ha saputo portare alcun elemento concreto per suffragare le accuse, ammettendo che si trattava solo di sensazioni e dicerie che giravano nel mondo del calcio. Per la cronaca, dei tre arbitri della combriccola, Palanca non è stato nemmeno rinviato a giudizio, Gabriele è stato assolto all'abbreviato, mentre De Santis, da quanto abbiam scoperto solo recentemente grazie alle intercettazioni sfuggite, si sentiva con i dirigenti dell'Inter, mentre i contatti con i dirigenti della Juve semplicemente non esistono, non essendoci, tra l'altro, neanche mezza prova al riguardo.
Massimo Cellino: L’esuberante presidente del Cagliari sostiene una deposizione fatta di "si dice", voci di corridoio, chiacchiere e luoghi comuni, venendo definito dalla giudice “esuberante” e “indisciplinato”. Ebbe un ruolo fondamentale nell’indirizzare gli inquirenti all’inizio dell’inchiesta, per una telefonata che fece a Dal Cin, riportando chiacchiere sull’arbitro Palanca, designato per un Messina-Venezia. La famigerata Combriccola Romana “vicino alla GEA”, insomma, ormai definitivamente rivelatasi una bufala immane. Anche le sue recriminazioni per un Fiorentina-Cagliari 2004-05, arbitrato dall’altro romano Gabriele, ammette furono solo sfoghi da tifoso. Stesso discorso per un Reggina-Cagliari arbitrato da De Santis, in cui recriminò accusando l’arbitro di essere in orbita GEA, senza fondamento e riportando luoghi comuni. Ammette, a distanza di tempo, di provare vergogna e imbarazzo per le telefonate su questi argomenti. Bizzarro che gli inquirenti si fissino su un errore arbitrale pro-Juve in un Cagliari-Juve 2004-05 e non facciano lo stesso in un simile caso di Cagliari-Milan.
Danilo Nucini: Sparito dalla scena mediatica da qualche anno, è uno dei personaggi chiave di questa storia, perché a partire dal 2002 iniziò ad avere oscuri rapporti con la deviata security Telecom. Il tramite? L'Inter, dato che aveva da anni un rapporto con Giacinto Facchetti, che incontrava spesso in privato, nonostante fosse un arbitro in attività fino al 2005. In aula ha raccontato di essere stato per anni una specie di insider detective per l'Inter, per la quale compilava dossier anti-Juve, lasciando intendere che gli era stato promesso un posto di lavoro una volta cessata l'attività. La sua è una scalcinata spy-story, nella quale gioca un ruolo curioso una fantomatica sim card italiana che a suo dire Moggi gli avrebbe consegnato nel 2003, ma che, chissà perché, avrebbe gettato via prima di andare dai pm milanesi a denunciare il "sistema". Peccato che all'ultimo momento con i pm cambiò idea e che riguardo a questa storia continui a cambiare versione. Peccato che racconti di promesse di carriera da parte di Moggi che nei fatti ricordano quelle di Paparesta padre: senza esito. E la potentissima cupola?
Armando Carbone: Faccendiere, che per sua stessa ammissione si è occupato in passato di truccare partite, non riesce a circostanziare le accuse al sistema Moggi. Implicato nel calcioscommesse del 1986, dalle sue parole si evince che Lucianone, semmai, ai tempi del Napoli si rifiutò di sottostare a un suo ricatto. Diversi i momenti di ilarità in aula, il giudice Casoria bolla la sua testimonianza come "irrilevante e non pertinente". C'è però un dettaglio da aggiungere: le sue dichiarazioni in Procura nel maggio del 2006 servirono agli inquirenti ad ottenere una nuova autorizzazione a intercettare Moggi e gli altri indagati, che vennero così ascoltati, e inutilmente, fino al 2007.
LE PARTI LESE
Giuseppe Gazzoni Frascara: Da anni rilascia interviste dichiarandosi vittima del sistema Moggi, ma in aula non ha fornito elementi concreti a supporto di questa tesi. Il suo Bologna retrocedette in quel 2004-05, ma bisogna dimostrare che lo volle Moggi, e non l'ha dimostrato. Grande fustigatore del doping amministrativo, cui solo la Juve, fra i grandi club, non faceva ricorso, si trova ora sotto processo per bancarotta fraudolenta. A integrazione, deporrà in seguito anche Enea Cocchi, curatore fallimentare del Bologna, che collegherà i susseguenti problemi finanziari alla retrocessione del 2004-05, ma più di un avvocato difensore gli farà ammettere che in stagioni precedenti la società felsinea gestita da Gazzoni aveva compiuto alcune spericolate operazioni di cosmesi contabile.
Carlo Ancelotti: Smentisce le chiacchiere di Meani (intercettato con Collina) secondo cui gli avrebbe confidato che, quando lui allenava la Juve, Moggi conosceva le designazioni prima del sorteggio, determinava i calendari e che la famosa partita di Perugia, dove la Juve perse il campionato, avrebbe dovuto essere “una torta”. A distanza di tempo, è pazzesco pensare che nel maggio 2006 queste favole vennero divulgate come fossero vere, e che gli stessi inquirenti le abbiano messe a cappello delle loro informative. Inoltre, Ancelotti non aiuta l’accusa nemmeno riguardo al rapporto Moggi-De Santis, ammettendo che la storia secondo cui fra i due ci potesse essere una forma di particolare vicinanza era solo frutto di un’impressione a pelle (si davano del tu, ma poi ammette che tutti gli davano del tu), non fondata su fatti.
Roberto Mancini: L’ex tecnico dell’Inter, in fase istruttoria, fece ai pm dichiarazioni di fuoco sul sistema Moggi, su arbitri mai indagati come Rosetti e Trefoloni, descritti come vicini al gruppo dell’ex DG bianconero. Inoltre riferì ai pm di un suo scontro con Rosetti, accusato di essere torinese e quindi filo-Juve. La sua deposizione in aula risulterà un’imbarazzante marcia indietro, nella quale ammette di aver fatto solo delle infondate illazioni dettate dalla frustrazione per i risultati negativi della sua Inter.
Ermanno Pieroni: Incredibilmente scagionante la sua deposizione. Chiamato a confermare l’ipotesi, uscita su Repubblica nel 2005, secondo cui nel 2000 venne cacciato dal Torino (dove arrivò da Perugia) a causa di una contestazione di ultras granata orchestrata da Moggi (per romanzescamente vendicarsi della sconfitta nella piscina umbra di pochi mesi prima), ammette che: 1) la storia di Moggi dietro gli ultras granata non ha fondamento; 2) dopo l’uscita dell’articolo (infamante) di Repubblica, non solo Moggi non lo attaccò, ma cercò pure di aiutarlo (Pieroni aveva problemi economici e di salute), prestandogli una Panda perché potesse recarsi a svolgere delle terapie.
Aniello Aliberti: Chiamato per l'imputato Fabiani, in relazione a una presunta tentata combine prima di una Salernitana (di cui era presidente)-Messina, viene smentito dall'avvocato dell'ex ds messinese che ricorda che già due Procure hanno archiviato la vicenda.
Dario Canovi: Procuratore sportivo, chiamato per parlare delle presunte vessazioni della GEA, per le quali già il tribunale di Roma ha in realtà sentenziato non esserci stato alcun reato (e per la Figc non c'erano irregolarità). Per altro, il legame tra la GEA e Luciano Moggi fu molto meno stretto di quel che si è fatto credere per anni, dato che ci sono intercettazioni nelle quali si capisce chiaramente che Moggi senior trattava i giocatori all'oscuro del figlio e dato che furono davvero rari e minori i casi di giocatori juventini procurati GEA.