CantaNapoli - Il processo
Facchetti registrava Nucini? La cd-story
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Nella deposizione di Gianfelice Facchetti a Napoli c'è un momento del controesame condotto dall'avvocato Gallinelli che vale la pena approfondire, e riguarda un altro mistero di Farsopoli che comunque, nonostante le risposte del teste Facchetti, resta ancora irrisolto. La verità l'ha portata con sé Giacinto Facchetti.
Stiamo parlando della notizia, diffusa nel 2006, secondo la quale Facchetti avrebbe registrato le confidenze di Nucini. Un'altra leggenda metropolitana di Farsopoli, come il sequestro di Paparesta, o un fatto realmente accaduto? Ci sono articoli di stampa che lo danno per un fatto accaduto, per alcuni giornalisti ci sarebbe anche una dichiarazione di Tavaroli ai pm del caso Telecom, ma manca la prova, manca il cd.
Di questa storia non ci interessa assolutamente quello che potrebbe essere l'eventuale contenuto del cd, anche se, in teoria, potrebbe rivelarci un'ulteriore versione dei fatti raccontata da Nucini a Facchetti, come nel caso degli appunti sulle persone presenti al presunto incontro al Concord. Un eventuale cd potrebbe aiutare a contestualizzare meglio i fatti e chiarire quale versione è vera tra quelle di Tavaroli e Nucini sull'anno del presunto incontro a Torino? Forse, anche se già le date del "Dossier Ladroni" farebbero pendere la bilancia dalla parte della versione di Tavaroli.
Ci interessa altro nel nostro lavoro, che non si ferma ad una lettura sommaria, legata al singolo momento, ma cerca di annodare i fili, di mettere in ordine i pezzi del puzzle da noi battezzato Farsopoli.
Durante il "dialogo", come l'ha definito lo stesso Gianfelice Facchetti, in Procura a Napoli, del 26 aprile 2010, i pm Narducci e Capuano fanno verbalizzare quanto Gianfelice dichiara a ruota libera attingendo ai ricordi e agli appunti del padre e pongono una sola domanda, come evidenzia l'avvocato Gallinelli: "Leggendo il verbale, l’unica domanda che io vedo che Le è stata fatta, e a cui Lei risponde, è la seguente: Mi viene chiesto se io ho mai appreso da mio padre che i colloqui intrattenuti con Danilo Nucini erano stati registrati all’insaputa dell’arbitro ed io rispondo di non avere mai appreso nulla da mio padre".
Gallinelli, quindi, pone la stessa domanda: "Lei sa, perché glielo riferì Suo padre o qualcun altro, se Suo padre appunto registrava le sue conversazioni con l’arbitro Nucini?".
Facchetti risponde: "Non mi risulta, no. E’ una cosa che qualcuno ha scritto, però…".
Prima Gianfelice non ricorda chi scrisse l'articolo su Repubblica dell'11 maggio 2006, poi dice "Era Mensurati. Marco Mensurati", assecondato dall'avvocato Gallinelli, ma l'articolo non è di Mensurati. Gallinelli chiede perché, se il fatto narrato non è vero, non è stata richiesta una smentita di quell'articolo, e Gianfelice risponde: "L’11 maggio 2006 mio padre era presente, era Presidente dell’F.C. Internazionale che, dal momento in cui non hanno deciso di fare nessun tipo di azione legale, non vedo perché dovessi farlo io", e alla domanda sul perché in seguito non chiese lui una smentita, replica: "Ribadisco che essendo uscito l’articolo all’11 di maggio del 2006, mio padre era vivo e, al di là di quello che, voglio dire, poi sarebbe accaduto, stava benissimo ed io non rispondevo certo delle azioni di mio padre".
L'avvocato Gallinelli ha insistito su questa domanda anche con Nucini: "Lei ha letto, oppure Le hanno riferito di un articolo di Luca Fazzo, Repubblica, in cui si fa riferimento a delle registrazioni dei colloqui intervenuti tra Lei e Facchetti? Le posso leggere…", Nucini: "Sì, legga, non c’è problema. Sì, ho saputo di qualcosa di questo genere, leggendo... leggendo i giornali". Gallinelli chiede a Nucini se ritiene veritiero quanto riportato nell'articolo, ottiene una risposta negativa e domanda: "Lei ha querelato, manifestato a qualcuno, anche al giornale, oppure all’autorità giudiziaria, la sua contrarietà, il suo disappunto rispetto a quanto affermato? Glielo posso leggere? Presidente posso?", quindi legge una parte dell'articolo e chiede a Nucini: "Lei ne parlò con Facchetti di questo articolo?", e Nucini risponde: "No".
L'avvocato Gallinelli insiste da tempo nel chiedere di poter prendere visione del fascicolo archiviato come "modello 45" da parte del pm Boccassini. Abbiamo la sensazione che per l'avvocato Gallinelli l'assenza di querela nei confronti del giornalista, e di qualsiasi forma di smentita o rettifica, lasci spazio alla possibile esistenza di questo cd, di cui si potrebbe trovare traccia in quel fascicolo archiviato.
Chi scrisse quell'articolo sulla storia del cd?
I lettori più attenti sanno che quell'articolo lo abbiamo già segnalato in precedenza: lo scrisse Luca Fazzo. Quell'11 maggio 2006 a pagina 60 di Repubblica sono presenti ben due articoli su Nucini e Facchetti: il primo, "Un rigore contro la Juve è stata la mia rovina", è di Marco Mensurati, mentre il secondo, "De Santis, Nucini e il giro-Moggi", è di Luca Fazzo, che parla diffusamente di questo fantomatico cd sul quale Facchetti avrebbe registrato un colloquio con Nucini.
Marco Mensurati, che non scopre certamente per caso Nucini, dà spazio alla sua versione di "vessato", di vittima del sistema, versione che nel 2010 viene messa in discussione dalle intercettazioni che riguardano l'arbitro, e che viene addirittura ribaltata da Fabio Monti e Gianfelice Facchetti.
Mensurati e Fazzo quell'11 maggio scrivono articoli affini ed hanno lavorato spesso in tandem, firmando articoli su diversi casi, come è rilevabile dall'archivio di Repubblica, ed il più informato su certi retroscena appare da subito Fazzo.
Luca Fazzo nel suo articolo è sicuro e scrive: "Sta in un cd rom registrato dal presidente dell'Inter Giacinto Facchetti l'ultimo tassello andato ad aggiungersi al gigantesco puzzle delle rivelazioni sul lato oscuro del calcio. Nel cd c'è la registrazione di un colloquio avvenuto un paio di anni fa tra Facchetti e Danilo Nucini, allora arbitro di serie A e B", poi aggiunge che quel cd-rom è sparito, che "di sicuro non è mai stato consegnato né alla giustizia sportiva né alla magistratura ordinaria", ma che comunque "queste confidenze di Nucini a Facchetti vengono registrate all'insaputa dell'arbitro. Il dischetto non viene fatto circolare. Ma dall'Inter in qualche modo l'input arriva alla Procura della Repubblica di Milano". Fazzo parla di "input", scrive nell'articolo cose che oggi conosciamo dalle diverse versioni fornite dal Nucini a Napoli, ma allora non le aveva ancora scritte nessuno ed altri giornalisti, anche Bonini e D'Avanzo della stessa Repubblica, ne parleranno solo in un articolo del 23 maggio 2006.
Quello che già allora attirò la nostra attenzione è questo passaggio dell'articolo: "Un anno fa, Repubblica interpella sulla vicenda Giacinto Facchetti, che rifiuta qualunque dichiarazione. Per mesi, la vicenda rimane sotto traccia".
Rimane sotto traccia ma Fazzo la conosce da almeno un anno, non pubblica smentite neppure relativamente all'affermazione che il giornale interpella Facchetti e, come apprendiamo oggi da Gianfelice, sia Giacinto che l'Inter "non hanno deciso di fare nessun tipo di azione legale".
Come e da chi Luca Fazzo può aver avuto informazioni su questa storia?
Il giornalista si occupa di giudiziaria, segue casi scottanti, nel suo articolo riferisce di un interrogatorio di Emanuele Cipriani avvenuto qualche giorno prima, e sulle indagini di Cipriani scrive che durante "una perquisizione ad un collaboratore di Cipriani, è stato sequestrato un dvd con il resoconto completo di queste indagini. Ed è in quel dvd che è saltato fuori anche l'incarico assegnato a Cipriani sul 'caso" Nucini'".
Tutto questo però non chiarisce come Fazzo abbia saputo del fantomatico cd perché, se è vero che nel maggio del 2005 vengono perquisiti uffici e abitazioni di Tavaroli e Cipriani, è altrettanto vero che Fazzo dice che il cd è sparito, quindi non è stato trovato nelle perquisizioni, né Fazzo potrebbe averne appreso l'esistenza dall'interrogatorio di Cipriani, in quanto di pochi giorni prima e lui sa da un anno prima. Una possibile risposta l'avremmo avuta qualche mese dopo.
Ora non ci avventuriamo in ipotesi, annotiamo una serie di fatti e circostanze e lasciamo al lettore valutazioni ed ipotesi.
Cipriani viene intervistato pochi giorni dopo, il 2 giugno 2006, da Bonini e D'Avanzo, di Repubblica, e dichiara: "Non potrò rispondere alle domande che sono state oggetto dei miei tre interrogatori secretati".
Il 1° agosto 2006 "Il Giornale" informa che Luca Fazzo viene sospeso dal direttore di Repubblica, quindi segue una "separazione consensuale" con il giornale di Ezio Mauro; l'ODG apre un procedimento disciplinare per le motivazioni contenute nella delibera presente sul sito dell'Ordine, con la quale si sospende Fazzo per dodici mesi.
Nell'audizione di Ezio Mauro, avvenuta il 13 novembre 2006, il direttore responsabile di Repubblica dichiara, tra le altre cose: "Soltanto negli ultimi mesi ho sentito delle voci di corridoio che dicevano che aveva dei contatti su Tavaroli e quindi mi hanno detto «State attenti quando scrive su Telecom, ma su Telecom ha contatti con Tavaroli». Ho fatto fatica a ricordare chi era Tavaroli, perché tu lo leggi sul giornale e poi i giornali cambiano, fai altre cose, leggi altro, non è che mi occupo di quello. Ho fatto fatica a ricordare chi è Tavaroli, ma mi hanno detto «Guarda che va a vedere il rugby insieme, è amico di… amico personale…»", poi Mauro legge da una lettera ricevuta da Fazzo: "A presentarmi Mancini fu Giuliano Tavaroli, allora capo della sicurezza di Telecom, che è diventato mio buon amico. I miei rapporti con i due sono a tutt'oggi non paragonabili, con Mancini si è indubbiamente creato un rapporto di dimestichezza e di simpatia e con Tavaroli invece si è sviluppata una amicizia importante condivisa anche dalle rispettive famiglie. Nulla di quello che è successo, ti dico con franchezza, nessuna delle accuse mi porta a modificare il mio giudizio etico sulla persona. Sono amico e lo considero una persona perbene e l'amicizia con Tavaroli non mi ha impedito di pubblicare…", eccetera, eccetera".
Quindi Fazzo, all'epoca, era amico di Mancini del SISMI, ma soprattutto di Tavaroli che, secondo quanto scrive Marco Mensurati in un articolo del 21 dicembre 2006, avrebbe dichiarato in un interrogatorio dell'ottobre 2006: "Facchetti mi disse di aver registrato su un cd i suoi colloqui con l'arbitro Nucini e mi chiese di fare controlli su De Santis". La stessa notizia è riportata anche da Marco Liguori.
Avrebbe potuto dirci qualcosa di più su questa storia lo stesso Tavaroli, forse anche Cipriani, entrambi citati come testimoni dalle difese a Napoli nel processo Calciopoli, ma non si sono presentati avvalendosi della facoltà di non rispondere.
Ora Luca Fazzo scrive per "Il Giornale", e lo abbiamo incrociato nuovamente quando ipotizza uno scandalo del calcio, nel 2009, come riferito in un nostro articolo.
Archiviata per il momento la questione del presunto cd con il "verbo" di Nucini, evidenziamo un altro aspetto che non vi sarà sfuggito seguendo l'articolo: nelle redazioni di Gazzetta e Repubblica, le due più impegnate su Calciopoli nell'estate 2006, c'era almeno un giornalista che in un caso conosceva l'esistenza dell'indagine dall'inizio e nell'altro sapeva da un anno prima la storia di Facchetti, Nucini e del cd.
Di quell'estate abbiamo conservato anche l'articolo "Ecco come il Sismi spiava Repubblica", dove c'è un nome che abbiamo ritrovato poi nelle deposizioni rilasciate nell'indagine sulla fuga di notizie relativa a Calciopoli.
Ultima considerazione: sembra che tanti non abbiano visto quella pagina di Repubblica con ben due articoli su Facchetti e Nucini l'11 maggio 2006. Borrelli non segue quel filone d'indagine, non chiede il fascicolo alla Boccassini, i pm di Napoli non chiedono nulla a nessuno, interrogano Nucini solo a settembre 2007 e pongono la domanda sul cd a Gianfelice Facchetti solo quando si presenta spontaneamente. Tavaroli ha detto in trasmissione da Ravezzani che si aspettava di essere convocato dai pm in quell'estate del 2006, ma non succede neppure questo.
I panni del Tribunale di Napoli messi in piazza con la ricusazione
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Può sembrare un assurdo, ma a preoccuparsi dell'immagine della Magistratura napoletana sono i difensori degli imputati del processo Calciopoli, quelli che vogliono arrivare presto ad una sentenza. Solitamente sono le difese che puntano alla prescizione ed i pm a voler correre verso la sentenza; con il processo Calciopoli sta accadendo il contrario. Solitamente sono le difese ad aver presentato quei pochi casi di ricusazione di un giudice verificatesi negli ultimi quarant'anni; per il processo Calciopoli, invece, sono stati per ben due volte i pm, e forse resterà un record per molti anni irragiungibile.
Come ha spiegato l'avvocato Prioreschi ai nostri amici di "Tutti pazzi per la Juve", il tutto nasce da "un esposto che i giudici della nona sezione hanno fatto al CSM contro il loro presidente, e il CSM ha fissato nei confronti della Casoria un procedimento disciplinare, in cui sono testi anche i pm Narducci e Capuano". Il procedimento disciplinare che ne consegue resta riservato fin quando i pm Narducci e Capuano non ne hanno comunicazione e decidono di usarlo per chiedere la seconda ricusazione del giudice Casoria. Dice ancora Prioreschi: "Aggiungo, a conferma della gravità dell’iniziativa dei PM, che questo procedimento disciplinare si deve ancora celebrare. Questi fatti avrebbero dovuto rimanere riservati proprio per la tutela del buon nome della Magistratura di Napoli".
Anche l'avvocato Trofino, che si augurava solo un processo normale, visto che quello sportivo era stato soprattutto mediatico, ha detto la sua: "Purtroppo il processo normale invece non lo è stato mai, né nelle indagini né nel dibattimento e non lo è ancora di più con questa richiesta di ricusazione che, a distanza di oltre un anno dalla precedente, ci è piovuta addosso. L’eccezionalità di questo processo deriva da fatti straordinari. Ormai c’è una normale fuga di verbali in ogni processo, questo si sa. Ma in questo processo addirittura sono stati pubblicati i tomi delle intercettazioni! [...] Questo atteggiamento della Procura è stranissimo e anomalo, perché un’istanza di ricusazione, quasi mai fatta da nessun pubblico ministero, qui addirittura è stata ripetuta due volte, mettendo in piazza i panni sporchi della Magistratura napoletana e non se ne capisce il perché".
I verbali che vengono fatti fuggire, e arrivare a giornalisti che sanno cosa riportare e cosa evitare, non sono una novità per Calciopoli. In questo caso il procedimento disciplinare ed i punti contestati alla Casoria vengono pubblicati sul Corriere del Mezzogiorno, gruppo RCS e fratello del Corriere della Sera, dal giornalista Gianluca Abate lo stesso giorno dell'ultima udienza. Abate scrive che la Casoria è "un magistrato stimato da tutti a palazzo di giustizia, una toga cui i colleghi riconoscono «grande serietà», «alta professionalità» e «una preparazione tecnica da far invidia a molti»", premette che "quella che segue è una versione di parte, dell’accusa. Teresa Casoria, fino ad oggi, non ha mai parlato. Lo farà davanti al Csm", ma pubblica i nove punti contestati al giudice. Come al solito, come con Calciopoli, chi mena per primo mena due volte, l'accusa finisce sui giornali, per la difesa poi si vedrà se dare lo stesso spazio e risonanza oppure no.
Riteniamo che quel documento doveva rimanere "riservato" e che la Casoria aveva il diritto di difendersi dall'incolpazione davanti al CSM e non davanti all'opinione pubblica.
E tutto questo succede a Napoli, da cui era partito, pochi giorni prima della seconda ricusazione, il grido d'allarme "il processo Calciopoli rischia di essere cancellato" che tutti i media hanno megafonato.
Sì, perché Calciopoli è il caso più "usato", anche a sproposito, quando si discute di giustizia. Ora che il processo Calciopoli è messo a rischio dalla seconda ricusazione dei pm i megafoni sono spenti, nessuno si allarma più, anzi, quei pochi giornalisti che ne parlano lo fanno per attaccare "il fortino" Casoria. Per chi e per cosa facciano il tifo è smaccatamente evidente nei loro articoli. Allora facciamo una ripetizione dei fatti.
Il 21 febbraio 2011, pochi giorni prima della seconda ricusazione della Casoria, tutti i giornali riportano l'allarme lanciato dal presidente del Tribunale di Napoli, Carlo Alemi, durante l' audizione in commissione Giustizia della Camera fissata per fare una ricognizione sugli effetti del disegno di legge allo studio del Parlamento.
Dario Del Porto scrive su Repubblica l'articolo "Calciopoli rischia il colpo di spugna", e scrive: "La riforma del processo breve rischia di cancellare Calciopoli. [...] Le nuove norme potrebbero far scattare la prescrizione sullo scandalo del pallone truccato. Un colpo di spugna, dunque"; riporta inoltre che Alemi "ha citato espressamente questo caso, «un processo con 24 imputati e centinaia di testimoni», durante l' audizione in commissione Giustizia".
Sul Corriere del Mezzogiorno leggiamo l'articolo "Processo breve, Alemi lancia l'allarme: «Stop a Calciopoli, Bassolino e camorra»", mentre Il Mattino di Napoli titola: "Con il processo breve stop a Calciopoli". Facciamola breve: tutti i giornali scrivono le stesse cose, con lo stesso tono d'allarme. Del Porto aggiunge anche le proteste di due paladini della Calciopoli 2006, Giovanni Lolli, che fa notare come "gettare al macero un processo come Calciopoli sarebbe un messaggio devastante che il governo offre al Paese e allo sport italiano", e Giovanna Melandri, che commenta: "In questo modo si fa carta straccia dell'esigenza di fare giustizia e chiarezza attorno a vicende che hanno indebolito il calcio italiano agli occhi del mondo".
Ora che a mettere a repentaglio il processo è la seconda ricusazione del giudice Casoria nessuno ha proteste da fare, attacchi da portare, o dichiarazioni da rilasciare ai soliti giornali? Se l'istanza di ricusazione l'avessero presentata i difensori degli imputati ne avremmo viste delle belle in prima pagina, mentre ora, invece, tacciono tutti.
Cara Melandri, vogliamo chiarezza e giustizia anche noi, che finanziamo la giustizia, anche quella napoletana.
E, parlando di soldi pubblici, la Procura di Napoli è la stessa che pochi mesi prima lamentava, per bocca del Procuratore Giandomenico Lepore, di avere a disposizione scarse finanze: lo stesso Lepore che firma, con i suoi sostituti Narducci e Capuano, quella seconda istanza di ricusazione che rischia di mandare il processo in prescrizione o di farlo costare di più alle tasche dei contribuenti.
Dario Del Porto, su Repubblica del 2 settembre 2010, scrive l'articolo "Procura, le auto dei pm restano senza benzina", in cui evidenzia: "La Procura di Napoli è rimasta senza benzina. Lo conferma il contenuto della circolare firmata dal procuratore capo Giandomenico Lepore agli inizi di agosto. Poche righe, chiarissime: 'Invito i colleghi a utilizzare le auto di servizio solo per esigenze eccezionali ed evitando sprechi in quanto - si legge nella comunicazione - la situazione del carburante è catastrofica'. [...] Lepore ha dovuto prevedere un giro di vite anche nell'impiego delle auto di sicurezza". Lepore, appreso che la riforma prevista dal Governo prevede un finanziamento iniziale, dichiara a Del Porto: "Bisognerebbe pensare innanzitutto alle risorse indispensabili per il processo attualmente in vigore. Gli uffici sono senza soldi, senza auto blindate, senza personale e senza benzina. Non siamo abituati a lamentarci, continueremo a svolgere il nostro lavoro come abbiamo sempre fatto prestando massima attenzione alle spese".
Giovanni Marino, su Repubblica del giorno dopo, scrive nuovamente che i magistrati napoletani sono senza benzina, devono limitare gli spostamenti e sono costretti "a ragionarci su: che faccio, vado a interrogare il pentito X in quel carcere o mi conservo il carburante per l'udienza fuori città? Quanti chilometri dista il pentito e quanti l'udienza? Chi privilegio e chi, inevitabilmente, danneggio? [...] Ci sarebbe da ridere se non fosse tutto vero. Verissimo". Leggetelo tutto e bene questo articolo di Marino, anche alla luce della nuova ricusazione della Casoria.
Ed ora Le facciamo noi due domande che nessun giornalista, da Repubblica in giù, o in su, pone:
Quanti soldi pubblici ci costerebbe la ricusazione del giudice Casoria a processo ormai in dirittura d'arrivo e dopo che i pm avevano definito l'impianto "solido"?
Quanto è costato fino ad ora il processo Calciopoli che rischia di finire per "decadenza"?
Zamparini: dalla radio al tribunale. C'è ancora tempo per Pistocchi?
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- By Giuseppe Rombolà
Il 22 febbraio scorso Narducci chiede di sentire nuovi testimoni a supporto delle tesi accusatorie.
Tra questi vi è il presidente del Palermo calcio Zamparini, ascoltato nel corso dell'udienza di martedì 15 marzo.
Zamparini viene sentito perché, nel corso di un'intervista ad una radio romana (Radio Radio), il 17 aprile 2010, dichiarò che Moggi era intervenuto favorendo la designazione di Rizzoli per la partita Verona-Palermo, anticipo serale di serie B del 23/04/2004.
Quella partita, per la cronaca, fini 2-1 per il Palermo: gol di Adailton per il Verona (11' pt) e poi doppietta di Toni (28' pt; 43' st).
Il successivo 19 aprile 2010 il PM Narducci acquisisce la registrazione delle dichiarazioni radiofoniche di Zamparini ed in seguito lo interroga in merito a queste sue dichiarazioni.
Zamparini, che mai era stato ascoltato prima dai PM, diventa cosi il testimone chiave per provare il presunto potere di Moggi sulle designazioni arbitrali.
V'è innanzitutto da rilevare che l'accusa, se deve ricorrere alla testimonianza di Zamparini, “sopraggiunta” nell'aprile 2010, dopo oltre cinque anni dall'apertura delle indagini, per cercare di dimostrare il potere di Moggi sulle designazioni arbitrali, non ha evidentemente molto in mano. E nemmeno la deposizione di Zamparini, come vedremo, ha rafforzato la tesi accusatoria.
Deposizione che è stata infilata tra la prima e la seconda tranche di una deposizione-fiume di Nucini, quasi uno “spuntino” tra un pranzo ed una cena abbondanti. “Spuntino” durato poco più di 15 minuti. E Zamparini nella sua deposizione non ha fatto altro che ribadire quanto detto in quell'intervista a Radio-Radio, ovvero che Moggi nel corso di un incontro avvenuto nel suo ufficio presso la sede della Juventus, per trattare la cessione di Miccoli e Maresca dalla Juve al Palermo (trattativa che si concluse con un nulla di fatto), chiese a Zamparini quale fosse il comportamento del Palermo nel campionato (serie B 2003/2004). Zamparini lo informava che il Palermo era in vetta alla classifica, ma avrebbe dovuto affrontare una partita alquanto temuta in casa del Verona. La preoccupazione maggiore di Zamparini era quella di avere un arbitro all'altezza. Al che Moggi gli chiese chi fosse, a suo avviso, l'arbitro migliore del campionato: Zamparini chiamò allora il suo DG Foschi il quale lo informò che i migliori erano Rizzoli ed un altro che Zamparini non sa identificare.
Quindi Moggi alzò la cornetta, fece una telefonata e chiese al suo interlocutore di attivarsi per far avere al Palermo o Rizzoli o l'altro arbitro. Osservazione: ma se Moggi fosse davvero stato il designatore occulto degli arbitri, avrebbe avuto bisogno di chiedere a Zamparini chi era il miglior arbitro di B?
Ma andiamo avanti. Zamparini dice che sul momento pensò ad una boutade di Moggi ma poi, quando seppe che era stato designato effettivamente Rizzoli, la cosa lo insospettì parecchio. Al punto che confessò il tutto ad una riunione di presidenti di A e B, oltre che a Galliani e Carraro.
Questa in breve la deposizione di Zamparini, null'altro è stato in grado di dire.
Dichiarazioni che, com'è intuibile, senza riscontri oggettivi lasciano il tempo che trovano; purtuttavia i PM non hanno saputo o voluto trovare riscontri a tali dichiarazioni. Non si sa né quando avvenne quell'incontro (“certamente prima della partita” dice Zamparini, ma quando?), né tanto meno si sa chi fosse l'interlocutore di Moggi e, cosa ancora più sconcertante, gli inquirenti non hanno indagato nemmeno in merito alla designazione di Rizzoli. Per loro il semplice fatto che Zamparini racconti di quella telefonata (vera o simulata?) è prova del potere di Moggi e del fatto che la designazione avvenne in modo fraudolento. Prove inoppugnabili, com'è facilmente intuibile. Talmente solide che per demolirle è bastato all'avvocato Prioreschi recuperare il verbale del sorteggio relativo alla designazione di quella partita, atto redatto dal Notaio Ioli di Roma da cui si evince che ad eseguire il sorteggio, il giorno 22 aprile 2004, fu Manfredi Martino (sì, proprio lui, quello dei mitici colpi di tosse tanto cari alla Gazzetta) e che nessuno dei due designatori (Bergamo e Pairetto) era presente a quel sorteggio.
Allora chi e come avrebbe truccato quel sorteggio?
Non sarà che Moggi, in un eccesso di sbruffoneria, ha simulato un suo intervento, essendo già a conoscenza del sorteggio di Rizzoli? Domande cui è necessario rispondere prima di ipotizzare la designazione fraudolenta di Rizzoli. Così evidentemente non la pensano i PM.
Giusto l'altro giorno abbiamo scritto che stiamo assistendo ad un esempio scolastico del processo mediatico: la deposizione di Zamparini ne è un'ulteriore prova, con un elemento di novità: il semplice fatto che qualcosa venga detta in TV o in radio sembra assumere il crisma di verità provata.
Ma se alle verità mediatiche credono i semplici cittadini è cosa comprensibile e rimediabile; se anche i PM cominciano a privilegiare le verità mediatiche rispetto alle verità processuali non è affatto un buon segno per la giustizia italiana.
Almeno il primo foglio. La fine del Memoriale di Facchetti
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- By Redazione
Ai tanti affranti dalla mancata acquisizione del "memoriale" di Facchetti resta pur sempre a disposizione una soluzione: chiedere a Gianfelice e alla famiglia, che è proprietaria di quei fogli, di renderli pubblici, magari sul sito dell'Inter. Così la faremmo finita, così la curiosità dei curiosi sarebbe soddisfatta e il mondo potrebbe vedere quale prova "rilevante" è stata "rifiutata".
Ora, dopo aver ascoltato e letto tanti media per tutta la giornata dell'udienza, facciamo un po' di chiarezza.
"Presidente Casoria se hai ascoltato il figlio di Facchetti allora ammetti agli atti anche il memoriale altrimenti se ne poteva stare a casa!!!!! Impara il mestiere", scrive un lettore della Gazzetta come commento alla cronaca dell'udienza degli inviati Galdi e Piccioni. Il tandem di giornalisti rosa prima aveva riportato che: "Al termine, i pm chiedono l'acquisizione del memoriale di Giacinto Facchetti ma la Casoria non accetta", poi è stato aggiunto tra parentesi: "(dichiarando: "Decisione presa a maggioranza")". Sarebbe stato più corretto scrivere che è il tribunale, il collegio giudicante, che ha deciso, e non solo la Casoria, e riportare da subito le motivazioni della mancata acquisizione. Ma Galdi sulla Casoria si è già segnalato per una serie di articoli scritti sulla prima istanza di ricusazione.
Questa non è l'unica inesattezza scritta dal tandem rosa, perché scrivono di appunti "riservati" che i pm "hanno fatto entrare fra le carte del dibattimento". In realtà erano entrati, e restano, nel fascicolo del pubblico ministero, mentre non sono stati acquisiti nel fascicolo del dibattimento per l'opposizione degli avvocati Messeri, De Falco e Gallinelli.
Molti altri media hanno riportato male, o in modo "ridotto", quel momento dell'udienza, da noi ripreso in modo completo, come in serata ha dimostrato l'audio di Radio Radicale e qualche servizio filmato più obiettivo.
Ci sono rimasti male, gli interisti, perché non è stato acquisito al fascicolo del dibattimento quello che la stampa aveva presentato come il "Memoriale" di Facchetti. Lo stesso tandem Galdi/Piccioni aveva annunciato sulla Gazzetta in edicola al mattino che era il gran giorno, con l'articolo: "Calciopoli: è il gran giorno del memoriale di Facchetti". I commenti sul web a tinte nerazzurre hanno avuto come bersaglio preferito il giudice Casoria, che non è la responsabile della mancata acquisizione, e bene farebbero quelli che non ci credono ad ascoltare l'audio di Radio Radicale, dove potranno sentire la Casoria dire a Gianfelice Facchetti, anche dopo l'opposizione di ben tre legali: "Li legga... il tribunale è orientato ad acquisirli... sostanzialmente la maggior parte degli avvocati non si oppone...", salvo essere stoppata dalla nuova opposizione dell'avvocato Messeri che sottolineava come non fosse possibile la lettura di un documento non acquisito. Solo dopo questo nuovo intervento della difesa di Bertini si è formata una maggioranza nel tribunale che ha deciso di non acquisire.
Siamo convinti che, se il processo non fosse stato scosso dalla forte tensione causata dalla seconda istanza di ricusazione dei pm, mossa poco gradita dalle difese, il consenso all'acquisizione sarebbe stato dato senza problemi, perché le stesse difese non si erano opposte all'ascolto di questi ultimi ben nove testimoni, richiesta giunta sulla linea del traguardo del dibattimento e pochi giorni prima dell'istanza di ricusazione. Abbiamo la sensazione che sia stata anche una scaramuccia dei difensori in risposta ai PM, perché nessun legale si era opposto all'esame di Gianfelice Facchetti, e sapevano, per aver prelevato copia degli atti, cosa avesse consegnato ai PM e su cosa sarebbe stato interrogato. Nessuna opposizione anche perché ritenevano quel documento davvero di valore "molto ma molto scarso". Dopo l'istanza di ricusazione, invece, non si sono fatti sconti in aula.
Chissà la gente nerazzurra cosa immagina che ci sia ancora da scoprire su quel "Memoriale", e forse la trappola è proprio nell'aver definito quei fogli in quel modo.
La deposizione di Facchetti Jr del 26 aprile 2010, con la consegna di quel materiale, è stata utile soprattutto mediaticamente, più che processualmente; come risposta mediatica al ritrovamento di tante telefonate nerazzurre è stata usata e riportata per tre giorni su diversi giornali, con frasi ben selezionate, con certi virgolettati riportati ed altri "scartati".
Cosa è in realtà quello che i giornalisti hanno battezzato "Il Memoriale" lo diciamo da un anno, e lo ha rivelato in aula Gianfelice:
Facchetti: Ho trovato questi appunti di mio padre.
PM Capuano: Io glieli transito un attimo per farLe vedere se sono questi di cui parla.
Presidente Casoria: Quante pagine sono? Le possiamo leggere?
Facchetti: Sono una... questi sono nove fogli, in realtà gli appunti erano appunti di lavoro che riguardavano principalmente la sua attività all'interno della società Internazionale, riguardo a quello che abbiamo parlato, fondamentalmente, era questo primo foglio.
Un foglio, lo ribadiamo, un solo foglio di appunti poteva riguardare davvero il processo, anche se i PM hanno allegato al verbale di Gianfelice dell'aprile 2010 tutto quello che aveva portato, fino agli articoli del Corriere della Sera relativi ad anni non oggetto di indagine.
Alla fine dell'udienza il PM Capuano prima si opponeva alla richiesta di acquisizione del fascicolo chiesto alla Procura di Milano dall'avvocato Gallinelli, per chiedere subito dopo la perizia di almeno quel foglio:
PM Capuano: Per quanto riguarda, invece, l'ufficio di Procura, Presidente, ha una richiesta che all'esito dell'esame del teste Gianfelice Facchetti, visto che non è stata acquisita la documentazione da lui rinvenuta nell'armadio del padre, e da lui riferito essere scritta con la grafia del padre da lui conosciuta, si richiede una perizia perlomeno del primo foglio di cui ha riferito... Presidente io la faccio a Lei, poi se gli avvocati si oppongono si oppongono... richiedo una perizia grafica almeno del primo foglio.
Avv. Prioreschi: Ma come si fa, come si fa a chiedere una perizia grafica di un documento che non è stato ammesso al fascicolo del dibattimento. Non esiste! Allora se la facesse per conto Suo il PM. E' un documento che processualmente non esiste e gli facciamo la perizia?
Presidente Casoria: C'è l'opposizione degli avvocati.
Cosa c'è scritto su quel foglio di così importante che non sia entrato nella deposizione in aula del figlio di Facchetti?
Praticamente nulla di più, perché l'esame del PM Capuano è stato condotto con domande che hanno riguardato quanto è riportato su quel foglio che, lo ripetiamo, è già di per sé un "de relato" di quanto Nucini confidava a Facchetti.
Quel foglio avrebbe avuto uno scarso rilievo probatorio anche se avesse recato dieci firme di Facchetti, perché non aggiunge nulla, come prova, alle tante versioni di Nucini. Anzi, come ha sottolineato con una domanda l'avvocato Prioreschi, Facchetti scrive che non c'erano prove. Eppure, badate bene, Facchetti, quando scrisse quegli appunti avrebbe dovuto avere, secondo quanto riferisce Nucini, almeno il numero della sim ricevuta al Concord, la pistola fumante che l'ex arbitro dice di aver gettato.
Come quelli che a scuola sbirciano sul compito in classe di chi è seduto avanti, abbiamo potuto sbirciare quel "Memoriale" in aula e su quel foglio a quadretti, in pratica, c'è scritto quanto Buccheri de La Stampa, Bufi del Corriere della Sera, e Galdi/Piccioni della Gazzetta, hanno riportato dal 29 aprile al 1° maggio 2010 in una serie di articoli che, però, non ha potuto bilanciare la bomba delle intercettazioni "ritrovate".
E gli altri fogli del Memoriale di cosa parlano?
Lo ha detto Gianfelice, sono principalmente appunti del padre sulla sua attività all'interno della società. E quale prova sarebbero stati in questo processo i pensieri dell'ex presidente dell'Inter sui problemi interni dell'Inter, sui diversi settori della società, le previsioni di organigramma, il treno con la locomotiva Inter?
Del resto il PM non ha neppure fatto una domanda sul fatto che Facchetti, in quegli altri fogli di appunti, aveva scritto anche i suoi "ragionamenti" su Galliani, lasciandola fare all'avvocato Prioreschi:
Avv. Prioreschi: Rispondendo al PM Lei ha detto anche le posizioni di Suo padre sull’esistenza di una struttura di potere che era legata alla Juventus e a Moggi ma anche a Galliani e al Milan?
Facchetti: Confermo. Negli appunti c’era anche quel nome.
Neppure quanto rivelato da Alvaro Moretti riguardo ad altre parti del Memoriale, che altri giornali non hanno ritenuto "utile" riportare, è importante in questo processo: se "l'Inter non interessa", come dissero all'assistente Coppola, perché dovrebbero interessare ed avere valore probatorio degli appunti sulla società Inter, che Gianfelice stesso ha definito "ragionamenti" del padre?
Abbiamo ascoltato domande, anche a Nucini, sul fatto che Facchetti avesse riportato nei suoi appunti quanto evidenziato dall'ex arbitro sul campionato 2002 a proposito degli arbitri giovani che venivano designati per le partite della Juve, ma nell'occhiata buttata sulla seconda pagina di quegli appunti l'attenzione è stata calamitata da un rigo che, potendo rivolgere una domanda a Gianfelice, ci avrebbe fatto chiedere:
"Signor Facchetti, può dirci cosa scrisse Suo padre, a pagina 2 dei suoi appunti, a proposito dello scudetto 2002?".
Un'ultima annotazione è doverosa per fare chiarezza anche su un'altra affermazione del duo Galdi/Piccioni, che ha scritto: "In ogni caso, anche nel caso in cui la Casoria fosse costretta a passare la mano, il processo non ripartirebbe da zero. Il nuovo presidente - al di là di un tempo necessario per la rilettura di tutti gli atti - erediterebbe tutta la vicenda processuale che sta chiudendo la fase dibattimentale per entrare in quella di requisitorie dell’accusa e arringhe delle varie difese".
La verità è che la lettura degli atti del dibattimento, e quindi la prosecuzione dello stesso senza ricominciare da capo, è possibile solo col consenso di tutte le parti.
No, la mamma no
- Dettagli
- By Antonio Molentino
Calciopoli è, senza ombra di dubbio alcuno, l’esempio scolastico di quello che si definisce processo mediatico.
Lo è sia perché l’accusa si fonda principalmente su quello che riferiscono i giornali ed i media, sia perché nel 2006 la spinta moralistica e mediatica fu devastante. Se ben ricordate, l’arresto del noto latitante Provenzano passò quasi inosservato. Tutti i giornali si interessavano solo ed esclusivamente delle intercettazioni che volavano da una procura all’altra passando da qualche redazione di giornale.
La testimonianza resa da Gianfelice Facchetti, all’udienza del 15 marzo 2011, è l’ulteriore conferma di quanto detto finora.
Facchetti Junior, infatti, è testimone indiretto perché riferisce ciò che il padre, quando era vivo, gli disse durante un momento di confronto. All’epoca il papà, infatti, gli comunicò di aver trovato tutte le conferme sulle cause delle sconfitte dell’Inter grazie ai colloqui con il signor NUCINI.
Ma vi è di più.
Facchetti Junior non è un testimone indicato dall’accusa perché nello svolgimento delle indagini sia emerso il suo nome e conseguentemente sia nata l’esigenza di ascoltarlo a fini probatori. Il figlio di Giacinto, al contrario, per anni non è comparso in nessun atto di indagine e nessun PM ha sentito l’esigenza di ascoltarlo.
All’improvviso e, dopo molti anni, è lui stesso che, ascoltando un'intercettazione controversa e ritenendo infangato il nome del padre, decide di recarsi in Procura per raccontare la sua versione dei fatti. Per provare tale versione, dunque, si porta dietro una serie di appunti che lui ritiene scritti dal defunto genitore.
Prima dell’intercettazione controversa sia gli appunti che le sue verità non erano oggetto del processo che si sta celebrando a Napoli.
I giornali ed i media continuano, orbene, a dettare le regole del processo napoletano.
Per quanto riguarda, comunque, il contenuto della sua testimonianza, va rilevato che lo stesso Facchetti, che non ha certo brillato per la chiarezza, ha:
• confermato la fede interista del giornalista Monti;
• confermato che il padre cenava con il designatore Bergamo;
• confermato che sia il padre che NUCINI non hanno mai denunciato nulla agli organi federali, nonostante esistesse una norma che imponeva loro l’obbligo di denuncia;
• confermato il contenuto degli appunti del padre. Appunti che non sono stati comunque acquisiti agli atti perché il collegio giudicante ha ritenuto avessero scarso rilievo probatorio;
• riferito di alcune partite del Messina arbitrate da NUCINI;
• riferito, su domanda del Pubblico Ministero, che nell’anno 2002 la Juventus fu arbitrata da moltissimi arbitri giovani, i quali erano più sensibili alle pressioni anche perché vogliosi di fare carriera. Peccato, però, che successivamente, su domanda dell’avvocato Prioreschi che gli ha elencato i nomi degli arbitri che nel 2002 avevano arbitrato la Juventus, lo stesso Facchetti non abbia saputo dire se effettivamente erano giovani, maturi e/o anziani. Da rilevare che il figlio di Giacinto ha ricordato alla perfezione tutti i nomi dei componenti della cupola moggiana per poi, improvvisamente, non ricordare i nomi e l’età degli arbitri pro Juventus del 2002.
Questi sono stati i punti salienti della testimonianza di Gianfelice FACCHETTI, che non ha potuto riferire al collegio giudicante il pensiero di sua madre sugli incontri tra Giacinto Facchetti e Paolo Bergamo. Sul punto il Presidente Casoria così si è espressa: "Pubblico Ministero siamo stati zitti fino a mo, ma il commento della madre mo... non è ammessa questa domanda".
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