Krasic, Aquilani e un Marotta alla Secco

marottaAlla fine, come ampiamente previsto, la scelta è andata in direzione dei soliti ripieghi, le solite scommesse fatte su giocatori presi tanto per fare numero.
Milos Krasic è il segnale di una Juve sempre più irriconoscibile, una Juve gattopardesca in cui tutto (o quasi, e quel “quasi” conta…) formalmente è cambiato, ma nella sostanza la tanto sospirata rivoluzione non ha portato a nulla.
Si disse: il lavoro che attende la nuova società dovrà tenere conto dei disastri sportivi e finanziari combinati dalla precedente gestione.
Una gestione precedente che, invece, ed è quello che fa più male ai tifosi, sembra aver trovato continuità in questa, almeno nella gestione del mercato: si sbandierano gli obiettivi attraverso i media con troppa trasparenza (Marotta lo ha fatto anche oggi), si illudono i tifosi e alla fine si comprano giocatori di seconda fascia, quei 26/27enni esaltati alla prima buona stagione (o mezza stagione) che immediatamente vedono la propria quotazione salire fra i 10 e i 15 milioni.
Oppure si punta a prestiti di giocatori ai quali da sei/sette anni si chiede il sospirato salto di qualità che per tante ragioni (fragilità fisica, carenze di personalità) non arriva e probabilmente non arriverà mai.
E’ il caso di Alberto "muscoli di seta e caviglie d'argilla" Aquilani, che il Liverpool dà già per ceduto in prestito alla Juve; il suo procuratore Zavaglia conferma e la Juve lo annuncerà lunedì per questioni di Borsa.
L'ex romanista di fatto sostituisce Candreva, che aveva il difetto di costare ben 7,5 milioni per la metà, di essere più giovane e fisicamente integro.
Aquilani dovrebbe essere un affare solo per il suo arrivo in prestito gratuito?
Baggianate, allora anche Davids sarebbe stato un affare.
Ad Aquilani “regista di qualità” non ha mai creduto appieno Spalletti, e nemmeno ci ha mai puntato seriamente nessun tecnico azzurro in questi anni.
Benitez, che per avere il “principino” a Liverpool spese più di venti milioni di euro solo un anno fa, smise di crederci quasi subito, mentre Hodgson nemmeno ha provato a dar fiducia all’ex romanista, tanto da spedirlo letteralmente a Torino “in prestito per consentirgli di giocare”.
Quasi la Juve attuale sia una succursale del Liverpool, indebitato fino al collo ma tutt’altro che rassegnato al ridimensionamento.
E non ci sarà da stupirsi se Krasic, buon giocatore, non un fuoriclasse, tutto fuorché un leader, dovesse fare la fine dei Tiago, dei Poulsen, e magari, da quel che abbiamo appena intravisto, andasse a braccetto con l’ultimo arrivato Martinez.
A Torino si continua con questa filosofia da formichina, si va avanti con le scommesse, le certezze che stanno a zero e non prevedono nessun fuoriclasse.
Krasic verrà pagato 15 milioni pagabili in tre rate annuali, comunque molti, forse troppi.
Una valutazione, quella del serbo, fatta da mesi e sulla quale si è molto ricamato, milione più, milione meno, e molto si è favoleggiato della presunta concorrenza esercitata dall’onnipresente Manchester City e sulla volontà del giocatore che voleva la Juve, ecc.ecc.
Punto primo: il Manchester City, carta canta, ha puntato dei veri top players, mentre su Krasic, che top player non lo è, ha mollato il colpo praticamente subito.
Punto secondo: ci mancherebbe che un elemento del CSKA Mosca con mezza stagione decente in carriera (la parte autunnale dell’ultima giocata) rifiutasse la pur svalutata Juve di questi tempi per rimanere in Russia.
Anche se, continuando così, fra poco la Juventus sarà appetibile quanto un Genoa o un Palermo, ammesso che già non lo sia.
Un giocatore, Krasic, per il quale tutti a Torino stravedevano talmente tanto che per settimane è stato lasciato in “freezer” per provare a prendere (almeno a parole) finalmente un fuoriclasse (Dzeko), che sarebbe stato il primo degno di quel nome dal 2006.
Perché di Dzeko (che il bosniaco sia un fuoriclasse non ci sono dubbi) Marotta ha parlato eccome, e vederlo solo ieri sera imperversare contro la difesa del Bayern Monaco mentre a Torino venivano effettuate le visite mediche per quello che qualcuno, bestemmiando, paragona al totem Nedved, beh… non fa altro che riempire di tristezza l’animo di chi la vera Juventus l’ha conosciuta.
E non credete a chi proverà a convincerci che “il Wolfsburg non cedeva il giocatore”.
Balle spaziali, non esistono giocatori incedibili, come non esistono trattative impossibili.
Purtroppo il ridimensionamento è ormai una realtà, facciamocene una ragione, e se continuiamo a ripetere che: non ci sono soldi; gli investimenti passati gravano sul bilancio presente e su quelli futuri; non si riesce a sbolognare certi soggetti "ingombranti" e i grandi giocatori costano, io rispondo che le grandi squadre si costruiscono partendo dai grandi giocatori, poi viene il resto.
Mi si può controbattere che la ricostruzione richiedeva troppi cambiamenti, che c’erano urgenze in tanti ruoli e allora mi arrendo.
Mi arrendo perché se porti a casa Motta, Pepe e Bonucci - sia chiaro, tutte scommesse, ma ci stanno - spendendo pochissimo o scambiando giocatori non agisci male, ma se continui comprando Martinez e Krasic quando con i soldi risparmiati andavi a prendere un top player mi viene da pensare che dietro Marotta ci sia la regìa occulta di Alessio Secco!
O, come più probabile, quella di Jean-Claude Blanc, la cui presenza apparentemente ridimensionata sembra invece proprio tesa a garantire, con un profilo più basso ma per questo ancora più subdolo, la continuità del “projettò ridimensionamentò”.
Un ridimensionamento che non prevede di fatto i grandi giocatori, quelli che trasformano una squadra, infondono personalità e intelligenza calcistica (qualità che mancano totalmente in questo gruppo) e trascinano il gruppo, ma si fonda su tanti soldatini precisi e ubbidienti, sperando di indovinare nel mucchio qualcuno che renda oltre le aspettative.
Quest’anno una grande società costretta a partecipare alla “Coppa che non conta nulla” (cit. De Laurentiis, che ha pienamente ragione) avrebbe comprato uno/due grandi giocatori, privilegiando la qualità alla quantità per far bene in campionato, disinteressandosi di un torneo, l’Europa League appunto, che tutti i grandi club snobbano e vedono come un fastidio, tranne noi, che evidentemente non siamo più un grande club e abbiamo una società e uno staff tecnico dalla mentalità provinciale.
Il campo potrà smentirmi e da tifoso juventino ne sarei ben felice, ma prevedo ancora una lunga stagione di mediocrità.