Il Massimo dell'eleganza

Massimo MorattiE finalmente la gioia può esplodere.
La gioia di un trionfo sofferto, un trionfo sudato, un trionfo sensazionale, un trionfo senza precedenti.
Uno scudetto conquistato “contro tutto e contro tutti”, nonostante gli infortuni, le malelingue, le destabilizzazioni nei confronti di un ambiente sereno, idilliaco, ideale. Un mondo pulito, immacolato, ma soprattutto “perbene”.
“Perbene”. Una parola sola che attraversa la storia interista di questi ultimi 13 anni. Dall’avvento del gentleman per eccellenza, l’uomo al quale Milano anni fa affidò le proprie velleità olimpiche, dalle colonne della Gazzetta dello Sport, tramite il suo “candido” direttore Cannavò. Purtroppo, il destino cinico e baro e alcuni fatti sicuramente poco chiari, non può esserci altra spiegazione vista la statura del Nostro, fecero abortire la cosa ancora in fase embrionale.
Un uomo, il presidente degli autodefinitisi onesti, sul quale cominciammo ad interrogarci da subito, già dal lontano campionato 1996/97. In un Inter-Juve, il migliorarbitrodelmondo ebbe l'ardire di annullare un gol di Ganz, in fuorigioco di quattro metri, dopo aver ascoltato Ferrara che lo indirizzò verso il guardalinee. Decisione sacrosanta che Collina spiegò a Hodgson il quale l'accettò senza problemi. Il presidente “Perbene” che "più Perbene non si può", si lasciò andare ad una dichiarazione post-gara di questo tenore: ”mai vista una cosa così”, aggiungendo che la terna non doveva farsi condizionare dai bianconeri.

Seguì l’annus horribilis 1997/98, il padre di tutti gli scandali, la rottura del vaso di Pandora con il Male che si propaga per tutto il calcio italiano.Un Moratti incurante degli errori pro-Inter (vedi Inter-Juve,contatto West-Inzaghi), quel pomeriggio del 26 aprile, uscì dal “Delle Alpi” frustrato e nervoso, a gara ancora in corso, urlando al mondo intero: ”Non mi va di rimanere fino alla fine per farmi prendere in giro”. Dimenticava le sconfitte casalinghe della sua presunta corazzata (schema unico: palla a Ronaldo e tanta fede in Dio) contro Bari e Bologna, nel momento topico della stagione.

Passarono gli anni con l’Inter sempre fuori dalla lotta per il titolo ma il Nostro riuscì a balzare agli onori della cronaca intervenendo da New York, dopo un Lazio-Inter finito 2-2 con gol del pari biancoceleste viziato da carica di Simone Indaghi su Peruzzi (toh, un ex-juventino) con un perentorio: ”E’ finita così perché così voleva la Juve”. Indovinò come indovinava le campagne acquisti: quel punto serviva alla Lazio che vinse lo scudetto mentre la Juve nuotava nella piscina di Perugia, per decisione del migliorarbitrodelmondo collegato con il telefonino chissà con chi.
Arrivò poi l’anno dei quattro allenatori cambiati in una stagione e successivamente il Cinque Maggio 2002.
Cinque maggio reso incandescente dalle dichiarazioni del Principe dei gentlemen quando, alla vigilia della gara col Piacenza, si lamentò del fatto che sui giornali fosse uscita la voce secondo la quale la Juve stesse trattando lo stagionato bomber piacentino Hubner. Il tutto, secondo Lui, minava la serenità del giocatore, com’era avvenuto nel precedente gennaio per l’udinese Muzzi, che sbagliò un rigore contro la Juve. Oggi, a differenza di ieri, sapere prima di Siena-Inter di Locatelli nel mirino dell'Inter è "Perbene e Leale". Di quella stagione gli interisti ricordano il rigore non assegnato a Ronaldo contro il Chievo ma hanno cancellato dalla memoria quello evidentissimo non concesso al Chievo. Sono smemorati in Via Durini e dintorni. A ristabilire la verità ci hanno pensato, ultimamente, Vieri e Di Biagio, due che giocarono quella patita e ammettono che l’Inter arrivò “cotta” a quell’appuntamento. Ma non ditelo agli interisti o al loro presidente che, nella realtà virtuale che si sono costruiti, reclamano quello scudetto pensando di essere arrivati secondi e non terzi dietro anche alla Roma.

Poi arrivano gli anni messi sotto inchiesta: si invita un arbitro in attività nelle propria sede, si fanno dossier su arbitri e giocatori, si pedina, sfuggono un paio di telefonate stranamente intercettate tra Facchetti e Pairetto, si interpellano prima Mancini e poi Capello sotto contratto con altre società (Della Valle per Toni, nel 2006, e Wenger per Hleb muovono le stesse accuse di slealtà) . Non è roba "leale" ma se la stampa dice che sei un "galantuomo" è fatta. Nel frattempo il presidente "perbene" vince una Supercoppa d’Italia, contro gli odiati nemici bianconeri, per 1-0. Ironia della sorte arbitrava quel De Santis che Moratti aveva fatto dossierare e che avrebbe dovuto essere sotto la "cupola" di Moggi: De Santis annulla sullo 0-0 un gol validissimo di Trezeguet e consegna la vittoria a Moratti. Anche questo particolare non irrilevante viene rimosso dagli interisti.

Ed ecco Calciopoli: il nemico silurato, distrutto, devastato, annichilito. Addirittura depredato di due colonne.
Il Presidente Perbene prende il carrello e va a fare la spesa a Torino: Vieira e Ibrahimovic vengono ceduti a lui "con riconoscenza da parte dei dirigenti juventini", afferma oggi.
Già, due bidoni simili non li avrebbe mai comprati nessuno. Non avevano mercato. Sono stati determinanti nei successivi due titoli vinti sul campo dall'InterBrand srl, che intanto cambiava nome, ragione sociale, vendeva a se stessa per ricomprare da una sorella e affittare ad una zia, mercanteggiava ragazzini a prezzi da superstar e si iscriveva ai campionati con bizzarre tempistiche e artifizi creativi.
Ma cosa c'entra! Conta solo il campo, finalmente non più infestato da quei truffatori della Triade juventina.
E senza il nemico più grande, cacciato addirittura in serie B, il Presidentissimo si libera di ogni freno, prima festeggiando lo scudetto omaggiato dall’amico Guido Rossi brindando con la propria colf, perchè si dice sia democratico e di sinistra, poi spadroneggiando a livello mediatico. Nel frattempo sempre più ex calciatori interisti e opinionisti di vaga sapienza calcistica popolano le trasmissioni tv e, tutti, sono fedeli osservanti della dottrina di Sua Maestà Massimo l’Onesto e propagandisti dell'onestà.

Nel 2007, finalmente, un campionato passeggiata con sfidanti come la Roma indebitata, il Catania ed il Palermo. Uno scudetto vinto in carrozza, eppure il presidente “Perbene” viene fuori al naturale contro l’ex amore Ronaldo, reo di aver scelto la maglia dei cugini per il ritorno in Italia e di aver appena segnato contro l'Inter: una serie di insulti alla madre del Fenomeno, di inviti ad andare a fare qualcosa di poco edificante, qualche “gesto dell’ombrello”. Cose da uomo in preda ad un raptus quasi fosse in un circo dell’antica Roma. Ma "l’amore tradito" giustifica tutto agli occhi degli opinionisti, facendo liquidare il tutto come un gesto genuino, ”simpatico”.
Episodio isolato? Per nulla: scena rivista quest’anno a Livorno, con una serie di “vaffa” destinati all’arbitro di turno. Ma bisogna capirlo. Vedere la partita vicino ad uno che si chiama Spinelli può creare allucinazioni.
Solo a Livorno? Macchè. Domenica, a distanza di una settimana dalla tribuna stile “La notte dei morti viventi” dopo l'errore di Materazzi dal dischertto, finalmente, la gioia si libera con un campionario ripetuto di “vaffa” e “str…” dopo il gol del vantaggio interista.
Massì, probabilmente sarà stata colpa di una noce di parmigiano indigesta, o di un prosciutto rancido.

Ma la gioia è grande, la gioia di un trionfo sofferto, sudato, sensazionale, senza precedenti. Un trionfo che coincide con il centenario interista e con un campionato trasparente, nonostante i tanti errori arbitrali a senso unico, perchè così i palazzi del calcio vogliono che si dica. Chi prova a dire la verità, anche derubricando gli aiutoni in "aiutini" viene deferito. Vero Totti? Chissà quale pena corporea sarà ora inflitta a De Rossi che ha addirittura quantificato i favori.
Uno scudetto conquistato “contro tutto e contro tutti”, nonostante “gentaglia, che nell’ultima settimana ha promosso iniziative sgradevoli contro una squadra leale qual è l’Inter”, come detto da Marco Tronchetti Provera che di telefoni se ne intende. Una società fiera dei suoi tifosi, “non dovevano venire, ma si sapeva che sarebbero venuti”, nonostante violino le diposizioni. Tifosi esemplari, nonostante ogni tanto lancino un motorino dagli spalti o prendano il portiere avversario come bersaglio per i loro razzi. Un tifo devastante ... tanto da devastare un asilo e venire giustificato così dal presidente "Perbene": “credo che sia stato involontario, da quello che ho letto pensavano fosse parte dello stadio”. Quindi, secondo Moratti lo stadio si può distruggere. Basta, verrebbe da dire, che sia fatto in nome dell'onestà e con la patacca "Io sono interista" sul petto.
Uno scudetto targato soprattutto Ibrahimovic, richiamato d’urgenza dalle terapie svedesi, senza il quale probabilmente Parma-Inter si starebbe ancora giocando nell’istante in cui leggiamo, con i tanti campioni stellari collezionati dall’Augusto Presidente Perbene ancora incapaci di perforare la granitica difesa parmigiana (62 reti subite, la peggiore del campionato).
Lo stesso Ibrahimovic che giocava per “la banda di truffatori” esattamente come il malconcio ma decisivo Vieira, determinante nel garantire al sodalizio bauscia punti preziosi nel periodo meno felice.
Ibrahimovic, quello che richiesto di un intervista, invece di sproloquiare bestialità, ha preferito trincerarsi dietro ad un sintetico “Voi parlate..io gioco”.
Tanto, a parlare ci pensa il suo Presidente Perbene, il suo Patteggiatore Perbene, il suo allenatore Perbene.
E i suoi giocatori, che sono Perbene, come da Lui stesso dichiarato non più di quattro giorni fa, per difenderli da accuse di strane frequentazioni con pregiudicati di casa alla Pinetina.
Accuse irrilevanti e infondate, ovviamente, come puntualmente sentenziato dall'autorevole giornale degli amici. Che avranno sicuramente intonato l’immortale: ”Sensa ruvare!…vinciamo sensa ruvare!”. All’argentina, ovviamente, lingua ufficiale dello spogliatoio più Onesto del mondo.
Cosa pensino di questo coro nel resto d’Italia, specialmente a Roma, ci ha pensato De Rossi a dirlo.
Un presidente "Perbene" apparso più ossessionato dagli avversari che felice per se stesso: ”Partita della pace con la Juve? Sono loro che hanno provocato tutto questo, tocca a loro proporla”. Ci fosse stato un solo giornalista ad osare la domanda più logica: "Presidente cosa vuol dire? Cosa c'entra la Juve?". Sembra che Caressa lo abbia solo bisbigliato in studio ma ben attento a non fare la domanda su quello che sembrava un "pizzino", se non era una frase sconclusionata.

Ricordate quella vecchia pubblicità, con la splendida Virna Lisi, che si chiudeva con lo slogan "Con quella bocca puoi dire ciò che vuoi"?
Adattato a Moratti lo slogan diventa: "Con questa stampa puoi dire tutto ciò che vuoi", anche autentiche corbellerie. Giornalisti compiacenti, pronti a ripetere fino alla nausea: "Moratti è un Signore", anche contro l'evidenza dei fatti, lucideranno l'immagine.