Il Milan e gli infortuni: fra verità, errori e comode scuse

gallianiProbabilmente il Milan vincerà lo scudetto. Allegri ne è certo, buon per lui.
O magari non succederà.
Ma se, come crede l'allenatore livornese, lo scudetto sarà rossonero lo sarà per tre motivi.
Il primo e più importante si chiama Ibrahimovic: sempre meno raffinato e più concreto, da ben otto anni porta la sua squadra al titolo nazionale. Zlatan ha carattere e, squalifiche a parte, rispetto allo scorso anno ha moltiplicato la supremazia tecnica (30 gol e molti assist) e carismatica sul gruppo.
Il secondo motivo è legato all’esperienza dei vari Ambrosini, Seedorf, Nesta, Gattuso, Van Bommel, Zambrotta, Abbiati: sanno come si vince.
Il terzo motivo riguarda il sentimento popolare: alla favola del Milan “mediaticamente debole” in fondo non crede neppure il direttore di Milan Channel, prova ne sia il caso “gol di Muntari”, episodio sul quale Allegri non smette di polemizzare, malgrado continui a predicare (meglio: tentar di imporre) il silenzio all’indirizzo degli avversari che “dopo il gol di Muntari non possono permettersi di parlare”.
L’arroganza, si sa, è un classico del repertorio milanista, e per il clan rossonero confermarsi campioni è l’unica conclusione possibile ed accettabile oppure, rovesciando la questione, per lor signori solo un successo del Milan renderebbe questo campionato - falsato se vinto dalla Juventus - credibile.
Campionato falsato dal suddetto gol di Muntari e dalla miriade di infortuni.
Eh sì, perché l’altro destinatario delle accuse provenienti da Via Turati è il… destino!
Il destino - che evidentemente fa rima con juventino…- che complotta contro i Meravigliosi sotto forma di infortuni che “privano sistematicamente il Milan di 10, 12… ma che dico 12? 15!” effettivi a partita.
E proprio perché il Milan è ancora in corsa nonostante tutte le avversità (“altri in queste condizioni sono arrivati settimi per due anni di fila”, il ritornello preferito in via Turati) la Giustizia Divina dovrebbe far pendere la bilancia dello scudetto verso la sponda rossonera del Naviglio.
Ma, in buona sostanza, quanto c’è di vero nelle recriminazioni milaniste in merito agli infortuni?
Probabilmente, ad incidere sul campionato del Milan ha contribuito più di tutti il problema cardiaco di Cassano, se può definirsi infortunio e ammesso che il barese avesse finalmente trovato quella continuità che neppure nei primi sei mesi rossoneri aveva dimostrato di aver raggiunto. Altri problemi sono toccati a Nesta, straordinario giocatore di 36 anni buono per 15/20 partite di qualità e da tempo non più affidabile per un impiego continuativo (sbaglio o tre anni fa rischiò di smettere?); e guai ne ha vissuti il 25nne Kevin Prince Boateng, sul conto del quale però sorgono dubbi circa la fragilità, visto che a leggere i numeri della carriera del ghanese salta all'occhio un dato: il "Boa" in una sola occasione (proprio la stagione 2010/11) è sceso in campo per più di 30 volte.
Numeri che fanno riflettere esattamente quanto quelli che riguardano Pato, da tempo caso clinico e da quest’anno divenuto pure caso diplomatico, con relativo giallo legato al tentativo di cessione andato in fumo – in compagnia di una cifra che il Milan non ricaverà mai più per il brasiliano - per i noti motivi.
Quindi, piangere sugli infortunati serve a poco, se non a mettere le mani avanti e a fornire sterili alibi per giustificare eventuali insuccessi. Basterebbe comprare giocatori sani e possibilmente giovani.
I portieri (35 anni Abbiati, 30 Amelia, 38 Roma) hanno ricalcato la stessa stagione precedente, senza problemi.
Fra i difensori esterni Mesbah (28), Antonini (30), Abate (26) e Zambrotta (35) hanno collezionato fra tutti un numero congruo di presenze.
Ma, a parte Abate, praticamente sempre disponibile, chi degli altri può considerarsi davvero titolare e rappresentare una grave perdita in caso di assenza?
Quanto ai centrali, detto della situazione-Nesta che avrebbe meritato una miglior gestione (pensare di tamponarne le assenze con il trentenne Mexès è una follia, e devono averlo capito anche a Milanello), Thiago Silva (28) ha ripetuto anche numericamente la stagione scorsa, e che il brasiliano sia mancato nel momento topico della stagione –soprattutto per come è venuto a mancare - non dipende dal destino ma più che altro da Allegri.
Ai due titolari e Mexès sommiamo Bonera (31), che ha avuto più spazio rispetto all’anno scorso e nemmeno ha demeritato, e Yepes, 36 anni e 13 presenze lo scorso anno, ma di fatto terza scelta fra i rincalzi anche prima dell’infortunio di cui è rimasto vittima in dicembre. Fra i mediani, intuizione "decisiva" Muntari (28) a parte, ha giocato più del solito Ambrosini, idem Van Bommel – l’uomo che ha portato alla rinuncia a Pirlo - e ha leggermente ridotto il suo minutaggio Seedorf anche per comprensibili ragioni.
Tanto per chiarirci, gli ultimi tre signori citati sommano 106 anni…
Se andiamo in direzione opposta, ovvero parliamo di giovani, diciamo che da Merkel (classe 1992), seppur infortunatosi appena rientrato dal prestito a gennaio, e dal comunque disponibile Strasser (classe 1990, decisivo a Cagliari lo scorso anno, lui pure rientrato a gennaio) non ci si aspetta la soluzione ai problemi del Milan, così come non la si attende da Emanuelson (26), sanissimo e sempre a disposizione nonostante per un anno intero sia stato considerato un oggetto misterioso di difficoltosa collocazione (esterno basso, alto oppure trequartista), salvo tramutarsi negli ultimi due mesi in una specie di – tanto per rimanere in ambito milanista - nuovo Serginho.
Per finire, Flamini (28) e Gattuso (34), due che per diversi motivi si sapeva dalla scorsa estate che sarebbero rimasti fra gli indisponibili per lungo tempo, tanto è vero che per porre rimedio alle loro assenze Galliani fece arrivare prima Aquilani (28, che quanto a presenze ha ripetuto l’annata juventina) e poi il sempre presente Nocerino (27), vero caso sensazionale della stagione, il cui acquisto per 500.000 euro all’ultimo minuto del mercato estivo viene tuttora celebrato (e direi giustamente) dai cantori del management milanista come un capolavoro di lungimiranza e competenza.
Quindi, senza il problema di Gattuso non ci sarebbe stato Nocerino: alzi la mano chi ritiene il Milan penalizzato dalla sorte.
E, per finire, sotto con le punte, e di Ibrahimovic e Pato ho già detto: uno delizia e l’altro croce, ma bastava leggere i rispettivi curriculum per rendersene conto.
Di Maxi Lopez (28) parliamo solo perché Galliani non è riuscito a prendersi Tevez, di Inzaghi (39) non vuol più sentir parlare Allegri per primo e, complice il rientro nei ranghi di Robinho (28) – grossomodo stesse presenze dell’anno scorso, ma se possibile ancora più gol sbagliati -, il migliore è stato El Sharaawy (20), il ragazzino che a Barcellona è stato relegato in tribuna per far posto a Pato reduce dal consulto americano e puntualmente buttato nella mischia da Allegri. Con i risultati che sappiamo, ed è esattamente per questo che quando sentite qualche milanista rifugiarsi dietro all’alibi dei tanti infortunati chiedetegli spiegazioni dettagliate e non dettate dai soliti luoghi comuni.
E, se vi va, rispondetegli citando un semplice proverbio: “Chi è causa del suo mal pianga se stesso”.
Se poi vinceranno lo scudetto, applausi.
Gli stessi che meriteremmo noi e che gli avversari dovrebbero avere la decenza e l'educazione di riconoscerci.