Gli occhi di un bambino

stadioE’ proprio vero: ci sono emozioni, sensazioni, che possono riempirti il cuore di gioia, commuoverti fino all’inverosimile, riconciliarti con la vita. Quella stessa vita che, molte volte, può sembrarti nemica, arida e dura, proprio come una navigazione con vento avverso.
Lo scriveva anche Platone “..affrontare il rischio della traversata del mare della vita”.
Nel senso che la nostra vita è una propria e vera navigazione, con mare in burrasca e corrente nemica. Il mare, per coloro che cercano di attraversarlo, richiede fatica, sudore, spirito d’iniziativa, e, il più delle volte, anche dolore.
Ma, come dicevo, per fortuna esistono dei momenti, che arrivano improvvisi, in cui la vita ti sembra bellissima, un regalo infinito e prezioso.
Gli occhi di un bambino possono accendere questi momenti.
Sono stati proprio gli occhi di mio figlio a donarmi queste sensazioni.
Domenica scorsa, per la prima volta, Gian Marco Gambelli, anni sette, è entrato in uno stadio di calcio, un vero stadio, un gioiello dell’architettura moderna: lo Juventus Stadium.
Io lo tenevo per mano.
Era con noi anche il resto della famiglia, mia moglie e mia figlia, ma, da buone femmine, avrebbero preferito terminare il loro shopping nei pressi di Piazza San Carlo, piuttosto che seguire 22 giovanotti in mutande, mentre inseguivano un pallone.
Mio figlio no, adorava essere lì, presente, con la sua sciarpona bianconera al collo, con gli occhi umidi di emozione, e la voce che faceva fatica ad uscire dalla sua piccola bocca, tanta era la curiosità e la voglia di scoprire un mondo immensamente più grande di lui.
Non potevo non tornare indietro nel tempo quando il sottoscritto per la prima volta vide la sua Juve “dal vivo”: Fiorentina Juventus 1972-73, perdemmo 2-1.
Ero talmente abituato a vedere la Juve nelle vecchie televisioni in bianco e nero che ero convinto che la Juve fosse grigio chiara e grigio scura. Ecco che quando vidi i giocatori uscire dagli spogliatoi rischiai di svenire: la Juve era bianconera!!!
Mio figlio è molto più fortunato di me: lui sapeva che la Juve è bianconera, tanto che è rimasto deluso nel vedere i suoi eroi con una divisa rosa acceso.
“ Goal!!!”, ha gridato al momento dell’improvvisa rete di Pepe. Stava quasi per rotolarmi giù di sotto.
Il mio cuore, allora, ha cominciato a battere forte e l’ho abbracciato come una volta facevo con l’amico o con il vicino di turno.
Stavolta, invece, era mio figlio, juventino per la pelle già a sette anni.
Grazie Gian Marco, hai risvegliato in me la voglia di tornare allo stadio, persa dal 2006, e che, con molta fatica, cercavo di ritrovare, nonostante fossi stato presente all’inaugurazione del nuovo meraviglioso impianto e all’ultima partita vinta con la Fiorentina nell’ottobre scorso.
Ieri era tutto diverso, ho gioito immensamente e mi sono sentito di nuovo juventino vero, grazie a te.
Grazie Gian Marco, mi hai fatto capire che la Juve esisterà per sempre, nonostante qualcuno abbia cercato di distruggerla, per invidia e odio smisurato. La Juve è uno tsunami di emozioni che sommerge tutti, grandi e piccoli, che non si ferma e spazza via tutto, compreso Guido Rossi, Auricchio, Abete, Palazzi, Narducci, Moratti e Tronchetti, e spazza via anche Farsopoli, nonostante che tre donne napoletane abbiano gridato, nel silenzio assordante di un’aula di tribunale: “Associazione a delinquere!!”.
Lo tsunami bianconero spazza via anche quell'ingiustizia, figlia di un “processo frettoloso, condizionato dai media, che poteva portare a diversi provvedimenti”, come ha spiegato Petrucci nel suo documento al tavolo della pace, e che Prescritto Moratti ha rifiutato di firmare, vantandosi addirittura di tal gesto nobile con un preciso comunicato stampa.
Lo tsunami bianconero è potente, assetato di giustizia, che prima o poi arriverà.
Intanto, nell’attesa, si preoccupa di spazzare via il male, donando amore e tanta felicità, trasmessa in diretta e in mondo visione dagli occhi di un bambino.