Il più grande spettacolo dopo Zidane siamo noi /11

tifosiIl romanzo entropico della nostra vita

Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.

"Prima o poi dovevamo perdere", così dice il saggio. Il saggio, nella storia universale, è colui che non soltanto dice ovvietà sconcertanti, ma sceglie anche il momento più irritante per farle conoscere al mondo. Spesso, il destino del saggio - e chi se ne stupisce? - è quello di rimanere inascoltato o, meglio ancora, morto ammazzato. Il saggio, come si usa dire al bar poi non così distante da Torino, non capisce un cazzo. E il saggio non ha mai conosciuto Antonio Conte.
Il saggio questa volta è il Krist, un ragazzo d'oro, per carità, uno di quelli che ancora vuole bene alla mamma e ascolta i Beatles, invece di quella robaccia che c'è in giro adesso. Un ragazzo studioso - si è appena laureato -, industrioso, la meglio gioventù. Sì, porta i capelli lunghi. Ma non si droga, garantito.
"Prima o poi dovevamo perdere" lo dice lui, a fine primo tempo. Neanche avesse 87 anni. Non ci sono più i giovani di una volta. Quegli scemi seduti al bar che volevano cambiare il mondo. Questi vanno al bar e prendono quello che viene. Quasi mai la gazzosa. Ora: siamo stati tutti giovani almeno due volte nella vita e, anche se non ti ricordi più, non perdevi la speranza. Mai.
I vecchi son vecchi e gli danno ragione, tutti condolenti, disillusi di poter pollùere ancora. Saggio il ragazzo, dicono. Saggio è colui che si approssima alla morte con serenità. Ma la Juve non muore mai. L'araba feroce. Ora vi racconto tutto dall'inizio: ciòchefù.

La Aurelio De Laurentiis (due "i" come i congiuntivi sbagliati) Entertainment Productions presenta il film di Natale all'Epifania, perché a Natale minchia se pioveva. Stupenda cornice di pubblico. Autorità presenti. Filmazzo che si presenta sin dai titoli d'inizio come roba tosta, con buoni, brutti e cattivi. Poca figa, a voler cavillare. Tra maglietta a maniche lunghe e maglietta a maniche corte, Vucinic mette la seconda sopra la prima. Prova definitiva che gli anni '90 sono back in fashion.
Gli avventori del bar poi non così distante da Torino arrivano tutti all'ultimo momento, ché è pur sempre martedì, ma decisamente baldi e spavaldi. Lo Schizzato chiama all'attacco: "Se giocavamo quando dovevamo giocare, qualche speranza ce l'avevano. Ma così, senza neanche un biglietto di scuse, gli dobbiamo fare il mazzo per forza." Vini, vidi, vici. Nessuno ha il dubbio che vini, vidi e poi muori. C'è grande sicurezza. E nessun saggio la reputa eccessiva. Il valetudinario sensitivo Joseph avverte i suoi quarzi gorgogliare, ma per ora tace. Mica che poi gli dicono che porta sfiga.

Si parte, la squadra è messa giù strana, con un modulo speculare a quello del Napoli: Pepinho a sostituire Marchisio e Estigarribia detto Apocalypto (ve lo ricordate il film in cui Hector Cuper dà la caccia a Ronaldinho?) a falcare la fascia da bandierina a bandierina.
Idea geniale a prescindere, secondo El Borchoké, che a casa già colleziona busti del Conte. Gli altri, per non sbagliarsi, stanno zitti.
La partita comincia in equilibrio, e nessuno si sbilancia. C'è anche il tempo per Vucinic, ora in camicia di flanella, di scoreggiare un tiro fuori molto grunge, del tipo "la vita è una merda". Poi, verso il quarto d'ora, il Napoli comincia a dannarsi come se la partita dovesse finire di lì a cinque minuti. Pirlo stende Lavezzi in area e, dopo le proteste di prammatica, Hamsik insacca il rigore. Poi lo slovacco fa una cosa che non troverebbe dignità letteraria nemmeno nel peggior film trash del suo presidente. Prende e va giù negli spogliatoi. Al suo ritorno, l'arbitro Tagliavento, che il gusto del comico ce l'ha per davvero, glielo fa ripetere. Il tamarro, freddo come un Findus, spedisce il secondo tentativo in Curva B. La metafora è evidente: "Faceva una cosa così alla Juve, lo facevamo scendere in miniera" lo schifa lo Schizzato. Il Rozzangelo, intanto, novello Don Lurio, insegna ai più paludati la corretta impostazione del movimento a due braccia da praticarsi in queste situazioni: "Pube-fronte-pube-fronte-pube-fronte..."

E' un "segnale". Il rigore sbagliato dopo la ripetizione ispira qualche cosa in più del "non dire gatto". Vengono alla mente narrazioni antiche, parabole edificanti, quelle storie prepostmoderne in cui la morale c'è sempre. Subentra - come sempre nella paura - il rapporto con il divino. Hai voglia a dileggiare il diafano Joseph, con i suoi quarzi e le sue entità: il tifoso - tutti i tifosi, si tratta di fede - coltiva sempre uno speciale dialogo con l'altra dimensione. Se ne vergogna, esagera i suoi razionalismi, incolpa il fattore umano, ma in cuor suo sa che le cose si decidono da qualche altra parte. E questo rigore sbagliato, in modo così rocambolesco, vuol dire allora che quello che sentivo era giusto, non mi ero ingannato, stasera è la nostra.
Il Napoli però passa uno a zero. Goal di Hamsik, proprio. E se Dio ha dato una seconda chance a uno che ha fatto una cazzata colossale come quella di prima, mi sa proprio che non è quell'arbitro inflessibile che si racconta nella Bibbia. O, quantomeno, stasera non tifa per noi. Comunque sia, insomma, si mette male.
Rimpallone e due a zero di Pandev telecomandato dal Tartaro. Va bene, allora dillo che tifi per loro.

Prima o poi dovevamo perdere. Eh già. Insciallah. Sarà quel che Dio vorrà. Impareremo la lezione per le prossime volte. E' la vita, che ci vuoi fare? Quando le cose vanno così, non ci puoi fare niente. Doveva succedere. Oggi o domani, che cambia? Ci siamo tolti questo dente.
Il Dottore si mantiene razionalista e punta l'indice sul fattore umano: "Siamo molli come il burro nel culo di Maria Schneider. Sembriamo la seconda stagione di Walking Dead. Zombie, ma zombie di merda." Il Direttore è tra i pochissimi convinti che si possa e pensa alla ricetta: "Una bella sfuriata di Conte à la 'Any Given Sunday'". El Borchoké concorda, se non altro per scroccargli una birra, fingendosi sitibondo: "Vedrai che scoppiano."
E chi ci crede? C'è chi fa come l'Avvocato, va a casa prima scazzato. C'è chi il complotto lo vede dagli Inferi e se la prende con l'arbitro, che era fuorigioco. L'ex arbitro (ce n'è uno per bar) spiega che era buono, e il perchè e il percome. Frega un cazzo, era fuorigioco. Omnia immunda immundis.
Ci sono quelli che la esagerano un pochettino: "Sarà goleada", "Finiremo in nove", "Si infortuneranno Pirlo e Buffon".
E va beh, pazienza. E' andata così. Sotto con la prossima.

Inizia il secondo. Conte arriva in panchina in ritardo, prendendosi i fischi del San Paolo. Lo guardi e sai chi è. La Juve adesso gioca: Vucinic comincia a schitarrare come si deve, Vidal decide che ora tocca a lui, Apocalypto scappa via che è un piacere. Tre minuti soli e Vidal trova Matri con un passaggio fuori dal televisore. La butta dentro, due a uno. Ma chi ci crede? La Juve, che butta tutto sul tavolo: polmoni, soprattutto.
Ora si prega in latino. Ci si strappa i capelli. Ci si guarda dentro.
A metà tempo, rovesciamento di fronte, il Napoli mette per la prima volta la faccia dalle nostre parti. E segna. Tre a uno.
"Era proprio destino." "Questo è il calcio." Sono sempre i più giovani che si esercitano al trombone. Nati rassegnati. Fatalisti come i napoletani.
Conte intanto non cambia niente, avanti per la stessa strada. Cinque minuti cinque e goal di Apocalypto che è alla prima rete in Italia ma non ci pensa nemmeno ad esultare. Bravo così. Poi Pepe parte dall'Egitto, con dietro tutti, chiede l'uno-due a Dio, che glielo dà, si aprono le acque e segna il tre a tre. Uomini di poca fede. Il quattro a tre passa per i piedi di Chiellini, e infatti tre a tre. Non possiamo non dirci cartesiani, in questo caso.

Un'esperienza quasi-religiosa. Un po' come quando vedi il tunnel, senti il fischio, sei quasi morto. Poi ti risvegli e, saicheccè, non cambi: sei sempre il pirla di prima. Così succede al bar poi non così distante da Torino. Meaculpa zero, anzi. Non paghi di non aver capito nulla per tutta la partita, continuano, si accaniscono. Danno persino la colpa a Conte! Eh ma poteva fare i cambi prima, eh ma poteva tenere lo stesso modulo.
El Borchoké non ci sta: "In Conte ci si crede, e basta. Non si rompe i coglioni. Se non siete uomini abbastanza per credere, beh allora... allora... perché quando il gioco si fa duro, voglio dire... volevo dire... non si rompe i coglioni.... sì sì... nel momento della verità... non è che... non si rompe i coglioni. E voi prima che il gallo cantasse tre volte... oppure... insomma, avete rotto i coglioni!"
Poi fa il segno della croce e se ne va.

11^ Giornata - Martedì, 29 novembre 2011, ore 20.45
NAPOLI-JUVENTUS 3-3
NAPOLI (3-4-2-1): De Sanctis; Campagnaro, Cannavaro, Aronica (76' Fernandez); Maggio, Inler, Gargano, Zuniga (87' Dossena); Hamsik, Pandev (71' Santana), Lavezzi. (Rosati, Fideleff, Dzemaili, Mascara). All. Mazzarri
JUVENTUS (3-5-2): Buffon; Barzagli, Bonucci, Chiellini; Lichtsteiner, Vidal, Pirlo, Pepe (85' Pazienza), Estigarribia; Matri (89' Quagliarella), Vucinic (91' Del Piero). (Storari, De Ceglie, Krasic, Giaccherini). All. Conte.
ARBITRO: Tagliavento .
RETI: Hamsik (N) 22', Pandev (N) 40', Matri (J) 48', Pandev (N) 66', Estigarribia (J) 70', Pepe (J) 79'
AMMONITI: Pirlo (J), Bonucci (J), Hamsik (N), Lichtsteiner (J), Maggio (N), Matri (J), Pandev (N), Vidal (J)