La zeta di Diego: Zidane o Zavarov? Parliamone

diegoE' inutile nascondercelo: il giocatore che l'estate scorsa più ha stuzzicato la nostra fantasia, il gioiello che avrebbe dovuto guidare la Juve al ritorno alla lotta per lo scudetto, finora ha deluso. Il fuoriclasse ammirato a Roma l'ormai lontanissimo 30 agosto, dopo l'infortunio patito la settimana successiva con la Lazio, non si è più visto. Anche ieri sera, nonostante la vittoria, a livello personale non ha convinto. A Platini, per diventare Le Roi bianconero, ci vollero sei mesi. Come minimo a Diego ne servono un po' di più, perché la sua prima stagione bianconera è ormai entrata nella fase finale.
Che succede a Diego? E' un potenziale fuoriclasse inibito dal contesto o un abbaglio estivo?


Il Panda gigante.
Lo ammetto, memore degli highlights teutonici in maglia verde, mi sembrava un buon acquisto, e poi quel nome, non sarà certo Michel ma poteva andar bene comunque. Abituato da anni (fino al 2006) a fidarmi del mercato della Juventus, mi son lasciato trasportare dall'euforia dei consigli per gli acquisti: un brasiliano Europeo, che unisce fantasia a concretezza, versatile, eclettico, da usare nel rombo come vertice alto o da trequartista, alla bisogna anche come punta aggiunta. E invece, in vista del tramonto della prima stagione bianconera del Panda, mi devo ricredere. Come Felipe Melo, anche Diego, evidenzia parecchi limiti tecnici e fisici. Scoordinato sarebbe fargli un complimento, disarmonico si avvicina molto al suo modo di correre, ma ritengo sgraziato sia l'aggettivo che più gli si addice. Portatore sano di palla, oltre il dovuto però, fino a rallentare le ripartenze, ha limiti importanti sul tiro dalla distanza, vederlo colpire di potenza di collo pieno è una primizia per i cineoperatori, predilige piazzare la palla con l'interno piatto o con l'esterno, anche da 20 metri. Indisciplinato, un po' come tutti i brasiliani, pur non avendo mai lasciato la squadra in inferiorità numerica, ci si è avvicinato molto; il suo modo di giocare prevede il contatto, provate a contare quante volte cade o quanti falli gli fanno! E ci credo, la palla ce l'ha sempre lui!! 25 milioni di contraddizioni uniti a tutti gli altri spesi per ricreare l'ambiente ed il microclima adatto al Panda Brasiliano, Amauri e Felipe Melo come compagni di giochi fuori e dentro il campo. Insomma, i signori addetti alla campagna acquisti, forse per assonanza con la casa madre, si sono fatti fregare, peccato che in passato altri Manager non abbiano prodotto Fiat Ribery o Fiat Rooney, altrimenti oggi staremmo parlando di altre cose e non di una Panda e per di più fuori dima.
Rinasco Bianconero

Il sogno, la Chimera e l'Araba Fenice.
Diego non è un giocatore come gli altri. Rappresenta una rivoluzione.
E chi ritiene le rivoluzioni necessarie non può arrendersi di fronte ai primi rovesci della sorte ritornando al vecchio, piccolo, mondo antico.
Questo giocatore significa il tentativo di cambiare, il tentativo di impostare la squadra in maniera adatta ad aprire un ciclo in Europa.
Non più il sogno di ricostruire la "macchina da guerra" precalciopoliana ma il tentativo di costruire una cosa nuova. Non più una Juventus schiacciasassi in Italia ma inidonea a imporre il proprio gioco oltrefrontiera. Meglio una squadra, sì meno granitica, ma capace di stupire al di là delle Alpi.
Diego rappresenta l'architrave sulla quale costruire questa ardita architettura.
Bene, il rinnegare il brasiliano rappresenta l'abiura dell'idea. Il ritornare ad una Juve che scimmiotta le glorie del passato.
Pensateci bene, o voi, che ora criticate Diego e che in passato vi siete scagliati con ferocia contro Ranieri: il romano rappresentava proprio il piccolo mondo antico, anzi la sua parodia e la sua grottesca riproposizione... e ora cosa volete fare? Volete forse riabilitare Ranieri il restauratore (o meglio l'imitatore) mandando via non un giocatore ma l'ideale di una rivoluzione?
Forse il problema, cari amici, non è Diego. Il problema era che a dirigere i lavori della nuova cattedrale mancava un ingegnere d'esperienza. Bene, questo ingegnere, Roberto Bettega, è tornato. E per fortuna non ha deciso di spianare quanto già costruito. Anzi, ha deciso di rilanciare. Non più una singola architrave, ma ora addirittura due. Questo infatti rappresenta il secondo fantasista italianissimo, ma dal cognome riecheggiante suoni balcanici.
Il sogno rimane, e questa architettura ancora più ardita può essere il salto in avanti vincente.
Rassegnatevi, ora vi tocca aspettare che la Chimera faccia risorgere l'Araba Fenice...
Drago di Cheb

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