Visti dalla Est - X Factor

Certe partite, invece di leggerle dall'inizio, è più dirimente analizzarle dalla fine, il famoso senno del poi che traspare dalle dichiarazioni dei protagonisti a fine partita.
Intendiamoci, non un match eccezionale quello dei nostri portacolori, per i più svariati motivi. Ma, proprio per questo, non una partita tanto diversa da centinaia già viste, prima e subito dopo, le partite di Coppa, magari inframmezzate da partite delle Nazionali in giro per il mondo, all'interno di un calendario che, per obblighi televisivi, per incapacità organizzative di uniformare tutte le federazioni, o per semplice poca lungimiranza degli addetti, depaupera le formazioni maggiori della quasi totalità degli elementi disponibili o accumula infortuni da smaltire in poco tempo.
Cosa è cambiato rispetto a qualche anno fa? In primis, potremmo pensare alla dolce abitudine alla vittoria di questi anni e, in particolare in quest'anno, all'attesa spasmodica del passo falso, radicata nei nostri avversari e purtroppo anche in una parte della tifoseria, per poter effettuare confronti impietosi con la gestione precedente. Un autolesionismo che continuo a non capire, ma che non mi sforzo più di tanto di interpretare, viste le sfaccettature dell'animo umano e il sado-masochismo che alberga in ognuno di noi...
L'avversario di ieri poi, ultimo in classifica, era di certo sulla carta da sbranare in un solo boccone.
Ma alle volte l'avversario, anche se più debole, mette in gioco le proprie carte appieno, non stende il tappeto rosso e studia i modi migliori per mettere in difficoltà. Quindi, merito a Di Francesco per essersela giocata al massimo, opponendo il proprio tridente, e in particolare un Zaza scatenato (giocatore che se si limiterà dal punto di vista dell'esuberanza caratteriale potrà presto confermarsi anche nelle nostre file, visto il potenziale fisico e tecnico) al nostro trio difensivo, con pressing alto, squadra bella elastica, pronta a soffrire ma subito ripartire se in possesso del pallone.
Una gara aperta, che nel primo tempo ha avuto un che di anglosassone, pochi schemi ma molta intensità, un approccio che ci ha in parte sorpreso.
Loro in vantaggio nel nostro momento migliore di inizio partita. Ma, da quel momento, sebbene sempre pericolosi con qualche contropiede, in balia delle folate juventine, dettate da un Pogba poco attento in copertura ma splendido nello catapultarsi al limite dell'area avversaria, un Pereyra che si è confermato giocatore di ottimo livello sia da interno, sia con il passare dei minuti nella ripresa da esterno alto (ruolo tenuto in patria prima che Guidolin lo trasformasse in terra friulana) e un Ogbonna, quasi redento dalla cura allegriana, capace di districarsi alla grande nei vari ruoli con piglio e precisione. E, infine, Carlos, che ha dimostrato come con caparbietà dalla spazzatura si possa tirare fuori un assist goal.
Dal nostro pareggio le occasioni sono fioccate, ma imprecisione o bravura di Consigli hanno spesso strozzato l'urlo agognato in fieri.
E come per i migliori, anche la valutazione sui giocatori proprio fuori dagli schemi. Ovvero Evra, a cui l'assenza dagli allenamenti non ha permesso di recuperare dimestichezza con un ruolo che attualmente non sente proprio, quell'esterno di sinistra a centrocampo dove non è né carne né pesce. E lo stesso Pirlo, che, una volta perse le distanze tra i reparti, ha perso anche lui lucidità di precisione e geometrie.
Nel limbo, il povero Llorente, che ha svolto il solito lavoro oscuro di torre per fare salire la squadra e creare gli spazi, ma con l'assillo, proprio perché lui è punta abituata a concludere, di quel goal che da troppo tempo manca a coronare la fatica fisica che deve sobbarcarsi.
Il secondo tempo ha visto, forse per le condizioni fisiche e la poca preparazione della gara, i nostri tentativi infrangersi contro un Sassuolo che si è richiuso compatto, mentre Allegri ha provato molte soluzioni tattiche e di disposizione per venire a capo di una situazione intricata. Una reazione che i ragazzi hanno cercato più con le energie nervose che con la calma che aveva contraddistinto le nostre prime giornate, quando con raziocinio si era cercato il pertugio giusto per scoccare il colpo vincente.
Probabilmente, non era semplicemente giornata.
In un periodo di facili polemiche e di colpe addossate a fattori esterni, la dichiarazione di Allegri è stato quasi un toccasana: "Tecnicamente potevamo far meglio. Queste partite - anche se non giochiamo bene - bisogna portarle a casa, accetto il pareggio e andrò a lavorare su ciò che ho visto da migliorare". Migliorare... sembra strano per una squadra simile, ma è quanto di più juventino come approccio si possa intendere attualmente. Sacrificio in allenamento, abnegazione e voglia di vincere sul campo, gli unici ingredienti di una dinastia vincente.
Mercoledì, nel catino del Pireo, non servirà cercare motivazioni altrove: sul campo dovrà scendere la Juve che conosciamo, quella che con cuore e polmoni sale oltre gli ostacoli più duri. Non sono sicuro che vinceremo, ma... che daremo tutto per farlo, questo lo sappiamo da sempre.
Il nostro x-factor, l'ingrediente segreto che ai nostri avversari del periodo è ancora sconosciuto.