Mi ritorni in mente

Moratti e TronchettiSono passati più di due anni da quell'agosto 2006.
Tutti vorrebbero che si dimenticasse e si guardasse avanti, lo vogliono le istituzioni federali e arbitrali, lo vogliono la proprietà e la dirigenza della società, lo vogliono anche parte dei tifosi e la quasi totalità dei mezzi di informazione.
Non è possibile però che questo oblìo avvenga, quantomeno in tempi così brevi, affidando agli archivi e alla storia quegli avvenimenti perchè il presente contiene in sé quel ricordo e ce lo rappresenta giornalmente.

Non sono certo quattro rancorosi – per la verità molto civili e dediti allo studio dei fatti e alla ricerca delle spiegazioni – a tenere in vita il problema; hanno sicuramente il merito di cantare fuori dal coro e di dire ciò che gli altri non dicono, una sorta di testimonianza di giustizia e di sportività, ma sono la forza e l'evidenza della realtà ad imporsi all'attenzione e ad imbarazzare anche i più accaniti fautori della dimenticanza.
Dimenticare sarebbe infatti l'antidoto migliore alla impossibilità di spiegare in base a quali colpe si è pesantemente punita la più grande e gloriosa società del calcio italiano, la stessa che ha legato il suo nome alle più grandi imprese della Nazionale, l'ultima delle quali appena pochi giorni prima delle esemplari punizioni inflittele.
C'è una specie di maledizione in tutto questo: qualsiasi sforzo di far dimenticare l'insensata ingiustizia si traduce in un imbarazzato ricordo.

Alcuni esempi più evidenti. Lo scudetto di cartone assegnato dall'ex consigliere di amministrazione della società principale esponente dello schieramento a noi avverso: molti sostenitori della squadra beneficiata, particolarmente quelli illuminati da buoni studi, dignitosamente affermano che un signore come il lider maximo nerazzurro non l'avrebbe dovuto accettare (costoro, cogliendo la sostanza, inquadrano la vicenda come si trattasse di un dono, che necessita di accettazione); il presidente omaggiato aggiunge che non era in suo potere di rifiutare l'omaggio, l'assegnazione di uno scudetto essendo l'automatico risultato di una sanzione sportiva, e che comunque il regalo rappresentava un risarcimento per tante ingiustizie subite in passato, anche se mai accertate e sanzionate.

Come si vede, il fregiarsi di quello scudetto come primo di una serie (ad oggi dicono siano tre consecutivi) non fa che ricordare ciò che si vorrebbe far dimenticare.
Le prodezze di Ibrahimovic, giocatore di classe eccelsa, senza il quale la squadra nerazzurra neppure sarebbe in lizza per lo scudetto: tutti reclamano per lui il pallone d'oro (come avvenuto in passato per Zidane e Nedved) e si sforzano di dimostrare che, grazie al modulo di gioco attuale, quel giocatore ha raggiunto nella nuova squadra un più elevato rendimento, quasi a voler sostenere che si tratti di giocatore diverso da quello sottratto alla nemica caduta in disgrazia.

Difficile avere controprove, se si tratti di maturazione del giocatore o del suo inserimento in un circostante deserto tecnico, tale da renderlo indispensabile e decisivo, ma non c'è dubbio che esaltare le sue gesta finisce col far ricordare perché lui vesta quella maglia.
Gli insuccessi in campo europeo post 2006 somigliano tanto a quelli degli anni precedenti, in qualche caso sono ancor più cocenti, mostrando la pochezza della caratura internazionale dell'omonima squadra.

Non ha giovato finora neppure l'innesto di Ibrahimovic, deludente a livello europeo, dove gli arbitri sono gli stessi degli anni passati e non c'è problema di buona fede, come non ce n'è mai stato.
In questo campo il presente è uguale al passato: riportavano magre figure in passato per loro demeriti, continuano a farlo ora. Se invertiranno la rotta grazie a Ibrahimovic, evenienza che nessuno qui si augura, dovranno necessariamente e involontariamente ricordare che il cartellino di quel giocatore è figlio di quella stagione.

I favoritismi arbitrali. E' forse il capitolo più imbarazzante per tutti, basti pensare al lamento romanista dello scorso anno dopo sette o otto giornate di traino arbitrale ("Siete peggio della Juventus") e a quelli di quest'anno. L'episodio di Siena è forse il più macroscopico e incredibile, ma non il primo.
Si ricorre ogni volta alla precisazione che oggi gli arbitri sbagliano in buona fede. A differenza che in passato, ovviamente.
Anche se si tace che i direttori di gara sbagliano di più che in passato e quasi sempre a senso unico, eccoli di nuovo a dover ricordare quello che successe oltre due anni fa.

Quando capita che una decisione arbitrale favorisca casualmente anche la Juve, ecco che qualche suo dirigente si sente in dovere di dire che oggi la società è cambiata, non è più quella di una volta, e che quindi gli arbitri sbagliano per motivi diversi dal passato. Anche se non si capisce bene dove starebbe la differenza.
Per un verso o per l'altro si torna sempre al punto di partenza in una sorta di Monòpoli.

Vinciamo senza rubare. Slogan conosciuto in versione italo-argentina, ma nella sostanza di tanto in tanto riproposto con delle varianti ("Solo dopo abbiamo capito perché non vincevamo … Perdevamo a
causa di una banda di imbroglioni …" e via così).
Non basta godere dei successi di oggi, è un riflesso condizionato parlare degli insuccessi precedenti.
Sono ammiccamenti a qualcosa avvenuto in passato, che non escono mai dal generico e dal vago, ma che tuttavia non possono fare a meno di ricordare a se stessi e agli altri quelle cose passate, quasi che i successi di oggi non convincano loro e temano che non convincano neppure gli altri.

Un successo della nuova Juventus in campionato o in Champions in questa ottica sarebbe poi per tutto l'ambiente calcistico una iattura insopportabile, riproponendo i successi passati nonostante tutto. Sarà difficile che in Italia questa eventualità possa essere assecondata. In Europa tutto è possibile, anche se la concorrenza pare ancora troppo agguerrita: dovesse accadere, più d'uno schiatterebbe.

Comunque vada, più passa il tempo e più sorgerà per tutti spontanea la domanda: ma che cosa fece di preciso la Juventus quella volta per essere trattata in quel modo?

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