L'ultimo canto

ranieriDi calcio continuerà a non capire nulla chissà ancora per quanto, ma una cosa monsieur Blòn l'ha imparata in fretta, di quel mondo che l'Erede per caso gli ha imposto di frequentare pur senza averne i requisiti. L'esonero di Claudio Ranieri, infatti, è stato motivato con originalità: "Abbiamo fatto una scelta sensata, per dare una scossa alla squadra e mettere i giocatori davanti alle loro responsabilità." Da fare invidia ai Baci Perugina.
Premesso che nessuno di noi, e men che meno chi scrive, avrebbe desiderato vedere ancora per un solo minuto Ranieri sulla panchina della Juve, l'allontanamento dell'ex Proud Man Walking a due giornate dalla fine della stagione suscita comunque alcune riflessioni.
Innanzitutto non starebbe a chi per tradizione opera scelte sbagliate stabilire se l'ultima della serie sia stata sensata o meno, ma senza bisogno di sottilizzare troppo possiamo annoverare tranquillamente questa uscita del simpatico esperto di smash e rovesci a due mani fra le innumerevoli battute involontarie sfornate a ciclo continuo dalla multisorridente dirigenza post 2006.
Se di una scossa c'era bisogno, poi, forse sarebbe stato il caso di attaccare la spina ben prima della metà di maggio, come andiamo ripetendo da mesi, senza arrivare al punto di dover rischiare, con gli ultimi due colpi al "rosso e nero", di programmare la stagione 2009/2010 con il fardello di vacanze bonsai, seguite a ruota dai preliminari di accesso alla Champions League (che, per inciso, da quest'anno non saranno più le semplici formalità alle quali erano abituate le nostre squadre di club, Inter a parte). E dite al portierone di rimettere la macchina in garage, che per rosso e nero intendevo le due partite contro Siena e Lazio: la roulette non c'entra un cazzo.
Sarebbe facile, a questo punto, sbertucciare Claudio Ranieri come se fosse il cretino della classe, ma la voglia di riavere la nostra Juventus è troppa per non capire quanto la sua sistematica propensione a non azzeccarne una non fosse altro che il frutto di una scelta non casuale, in linea con i propositi di un azionista di riferimento troppo infatuato dalle sirene milanesi gommate Pirelli per illuderci un solo istante di possedere qualcosa di juventino, a parte il nonno.
Dei giocatori e delle loro responsabilità si potrebbe discutere a lungo, e anche qui non ci si può certo accusare di non averlo mai fatto, ma nei loro panni mi rotolerei per terra dalle risate, una volta tanto senza la necessità di farlo per compiacere i punkabbestia della sede okkupata di Corso Galfer, a sentir parlare con tanta sfacciataggine di responsabilità proprio da coloro che, tre estati fa, le responsabilità se le sono lasciate scatarrare addosso fin quasi a morirne, senza nemmeno prendersi il mal di pancia di alzare la mano per difendersi. Anzi alzandola, quella mano, solo per sventolare in faccia agli azionisti della Juventus il numero quattro dei fantomatici illeciti targati avvocato con la faccia da banconota da mille lire.
Adesso tocca a Ciruzzo nostro, uno di quelli che, tenendo famiglia, non ha faticato nemmeno un po' a discernere con la velocità della luce il periodo della Triade 1994/2004 da quello 2004/2006. Ma il divoratore di budini non dimentichi mai, per la cronaca, che l'effetto calciopoli non ha risparmiato e mai risparmierà, nonostante i trofei della sua carriera in bianconero siano rimasti immacolati negli albi d'oro, di annoverarlo fra i beneficiari delle transazioni telefoniche malavitose di "quella banda di truffatori", oltre a riesumarne con forza l'appartenenza alla comunità di drogati che negli anni '90 vinceva imbracciando addirittura la doppietta armata dalla bi-carica di furti e doping.
L'unica consolazione di questa giornata, se mi passate la battuta, è che per decretare la fine anticipata del mandato di Ranieri non si siano resi necessari scatoloni e stampelle divulgati a mezzo stampa grazie alla specialità della casa (altrui) delle fughe di notizie e degli atti (s)coperti da segreto istruttorio.

Almeno in questo non siamo ancora come l'Inter, ma la Juve vera è ancora un miraggio. Ci rifletta, Ciruzzo nostro.


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