Il mercato dei poveri

Blanc e SeccoDoveva essere una sessione di mercato memorabile, segnata dal trasferimento più costoso della storia, quello di Kakà al Manchester City: l’accordo non si è trovato e probabilmente non sapremo mai quanto di vero e quanto di artefatto ci sia stato in questa trattativa. E allora ecco la solita fiera dell’improvvisazione, più che del raziocinio, tra procuratori di giocatori scontenti e direttori sportivi di squadre in difficoltà che cercano di piazzare bidoni e assicurarsi mezze figure nel tentativo di invertire stagioni compromesse. Il tutto senza cercare di spendere più di tanto, privilegiando la formula del prestito nella maggioranza dei casi. Unica eccezione: il Milan, che non solo trattiene Kakà, ma, come giocò il jolly lo scorso gennaio con Pato, si prende Thiago Silva (in campo solo da giugno però) e Felipe Mattioni per ringiovanire un reparto (difensivo) tra il geriatrico e il traumatologico, anche se in copertina va il “fenomeno Beckham”, buonissimo affare anche se ora, descriverlo come il Nuovo Messia e riempire giornali e tv col solito dilemma: “resta, non resta” ci sembra francamente troppo.
La Juventus si è fermata al giovane portiere bulgaro Kirev, subito girato in prestito al Grasshoppers, e nonostante gli infortuni a catena in Corso Galfer si è rimasti immobili. Anzi, voci di corridoio riferiscono di un tentativo (sfumato) di cessione di Poulsen, l’acquisto più ponderato, studiato e sponsorizzato da Ranieri.
Paradossalmente, in questo senso è andata meglio all’Inter, che, seppur in prestito, ha perfezionato la cessione al Chelsea di Ricardo Quaresma, simbolo dell’opulenza morattiana e primo fallimento certo della gestione Mourinho. Una sconfessione in piena regola del progetto dell’uomo che si presentò dichiarando “Io non sono mica pirla”, per poi puntare i piedi per un giocatore la cui valutazione complessiva sfiorava i 25 milioni. Nessuno può dimenticare lo sfogo in diretta tv nel post partita di Sampdoria-Inter, prima giornata di campionato, nel quale lo Specialissimo allenatore nerazzurro perorava come indispensabile l’acquisto del “trivela”, nonostante le dichiarazioni in senso contrario che il suo presidente rilasciava quotidianamente. Dopo pochi mesi e altrettante imbarazzanti esibizioni, la retromarcia è servita. Può darsi che a Stamford Bridge il gitano (che ritrova il suo ex allenatore di Nazionale) recuperi ispirazione e voglia di giocare, ma non ci giureremmo; vista l’inconsistenza mostrata nelle esperienze passate all’estero (in gioventù a Barcellona, oggi a Milano), sorge più di un dubbio su quanto il Porto sia la reale e unica dimensione del giocatore. Voci sostengono come questo affare possa essere un “ponte” per arrivare a Drogba a giugno: sinceramente non ne saremmo dispiaciuti, vista l’età dell’ivoriano (31 a marzo) e i continui guai fisici che negli ultimi mesi lo hanno tormentato. L’Inter ha ceduto anche Dacourt, manciniano di ferro, spedito in prestito al Fulham allenato dal primo grande pallino dell’Onestissimo, Roy Hodgson, da noi più noto per gli sketch con Aldo Giovanni e Giacomo che per l’impronta lasciata sul piano professionale.
La Fiorentina, estromessa dall’Europa che conta, ha pensato soprattutto a sfoltire la rosa e a fare cassa: l’ottimo Corvino ha portato a casa soldi veri con la cessione di Osvaldo al Bologna e altri ne porterà a casa se Pazzini (al suo posto Bonazzoli, in viola) farà bene in una realtà a lui adeguata come quella della Samp, che da Firenze ha prelevato anche l’oggetto misterioso Da Costa, conteso da tanti (secondo i giornali) ma quasi mai visto in campo. Misteri. Corvino ha ceduto anche Papa Waigo al Lecce, il quale Lecce ha aggiunto il centrocampista Edinho e ceduto l’altro brasiliano Leonardo. La Samp, oltre a Pazzini e Da Costa, è stata attivissima prelevando anche Raggi dal Palermo e Ferri dal Cagliari. La Roma si ritrova in casa la grana Panucci (escluso dalle liste Champions League e separato in casa fino a fine stagione, ha rifiutato il Torino) e ingaggia Diamoutene e Motta (da Lecce e Udinese), mentre in uscita registra il solo Okaka, finito a Brescia. Il Napoli ha trattenuto i suoi gioielli che alcuni davano a rischio cessione di fronte ad offerte consistenti e aggiunge il centrocampista argentino Datolo, proveniente dal Boca, di solito una garanzia.
Mercato ambizioso quello del Chievo in cerca di rilancio: Makinwa (Lazio), Sardo e Colucci (entrambi da Catania), insieme a Sivakov (ex Bate Borisov, potenza della vetrina Champions , sono gli innesti che dovranno confermare i confortanti progressi mostrati dai veronesi nel nuovo anno. Il Palermo ha preso Abel Hernandez, un 19enne proveniente dal Penarol di grandi prospettive, mentre Lanzafame torna a Bari dal suo mentore Conte. Uno dei testimoni cardine del processo Gea, il fenomenale Viktor Boudianski, lascia l’Italia appena formulate le sentenze di primo grado, e si trasferisce dal Lecce al Khimki Mosca. Due mosse intelligenti, come al solito, le ha compiute l’Atalanta, che ha spedito a Parma due ragazzi a fare esperienza e in cambio ha ricevuto Parravicini, mentre l’improvviso infortunio di Vieri è stato colmato con l’arrivo del catanese Plasmati. Il Bologna di Mihajlovic ha speso 7 milioni per Osvaldo, e ha ingaggiato gli ex laziali Belleri e Mutarelli (svincolato ed ex- mobbizzato), mentre il Torino di Cairo ha parlato con mezza serie A, ma alla fine gli unici movimenti concreti sono stati gli arrivi di Dellafiore (un ritorno) dal Palermo, Rivalta dall’Atalanta e di Gasbarroni dal Genoa (che ha ceduto anche Potenza, finito al Catania col palermitano Capuano). Ma il fiore all’occhiello della campagna estiva granata, ovvero la ricomposizione della coppia Bianchi-Amoruso (tre anni fa a Reggio Calabria fecero faville), non ha portato i risultati sperati dalla tifoseria e l’ex juventino è così finito a Siena. Chiusura con l’Udinese, che come suo solito ingaggia giocatori di nomi e provenienze improponibili, tipo Chara Lerma, (dal Cagliari, però), Zimling e Mattila, tra parametri zero e cifre irrisorie: c’è da scommettere che fra pochi mesi varranno almeno il doppio.

Uno sguardo all’estero.

Nulla di trascendentale nemmeno in Europa, solo tre i movimenti significativi: Robbie Keane torna al Tottenham dopo soli sei mesi di esperienza al Liverpool, liti con Benitez e rendimento insufficiente ne hanno decretato il fallimento. Un altro presunto fenomeno passato da Milano che finisce nella mediocrità, come Martins, per esempio. Arshavin, dopo che il suo club (lo Zenit San Pietroburgo che voleva Iaquinta ma che sta apparentemente smobilitando) lo aveva offerto a mezza Europa, va all’Arsenal, una mossa che da parte di Wenger risulta quantomeno spiazzante: il russo non è filosoficamente un giocatore da Arsenal, è decisamente sopravvalutato e per giunta non eleggibile in Champions League. Anche Tymoschuck, suo ex compagno di squadra, ha lasciato il club della città degli Zar, destinazione Bayern Monaco, ma, a differenza del trequartista, il mediano è un elemento di grande valore. Era (stranamente) un pallino di Ranieri, e a noi un mastino con fisico e cervello come lui avrebbe fatto molto comodo.

Infatti ha preso altre strade…

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