Doping
Dossier doping: il processo d'appello e l'assoluzione
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La somministrazione di epo, data per certa dal perito D'Onofrio nelle fasi finali del processo di primo grado? Il fatto non sussiste, secondo quanto certificato ieri. La frode sportiva e l'abuso di farmaci? Il fatto non costituisce reato, «perché la legge 401 del 1989 non può essere applicata in quanto non è dimostrata l'alterazione delle prestazioni con la somministrazione dei medicinali», ha poi spiegato Anna Chiusano, legale di Giraudo. «Viene meno, dunque, tutto il castello accusatorio». Crollato come un castello di carte buttato giù da una folata di vento. Resta, innocua, un'ammenda di duemila euro che Giraudo dovrà pagare per violazione della legge 626, quella sulla sicurezza dell'ambiente lavorativo: i medicinali trovati presso la sede d'allenamento della Juventus non erano infatti conservati in un magazzino a norma. Guariniello e i quattro magistrati che sostenevano l'accusa accusavano il colpo: nessuna dichiarazione, dritti nell'ufficio ai piani superiori del PalaGiustizia a pensare magari al ricorso in Cassazione, ultimo grado di giudizio.
«Non lo temiamo – ha subito detto Agricola, condannato in primo grado a un anno e dieci mesi -. Questa sentenza cancella tutto quanto detto e fatto in sette anni e due mesi lunghissimi: un'esperienza che è stata distruttrice sulla mia persona dal punto di vista fisico e morale. Mi riprenderò. Prima di dire o fare certe cose, però, bisognerebbe pensarci non una ma mille volte. Tredici mesi fa, in occasione della sentenza di primo grado, dissi che avrei voluto verificare se l'esperimento giudiziario che veniva fatto sulle mie spalle avrebbe mantenuto la propria forza anche nei gradi successivi:
quell'esperimento è miseramente fallito, ma l'assoluzione appena arrivata mi ripaga solo parzialmente di quello che ho patito»” (Alessandro Parisi, Il Giornale, 15 dicembre 2005)
Agricola e Giraudo esultano e si abbracciano in aula. La gioia dei due juventini viene pesantemente stigmatizzata da Zeman, che la definisce «l’immagine della loro sconfitta morale». Ma, probabilmente il boemo non ha ben compreso cosa significhino sette anni di continue calunnie e non si rende conto che esultare dopo essere stato diffamato in tutti i modi è la reazione più normale che ci si possa attendere. Il popolo juventino attende invece di vedere la modalità e l’intensità dell’esultanza zemaniana dopo la vittoria di un campionato o di una qualsiasi altra competizione. Zeman, caduta l’accusa principale, cerca di far di tutta l’erba un fascio puntando il dito una volta di più contro Giraudo, reo di assommare su di sé tutti i mali del calcio: «un dirigente dannoso. Da quando sono arrivati i grandi manager come lui, il calcio ha smesso di essere uno sport ed è diventato un business». È opportuno ricordare che questo pernicioso trend manageriale del mondo del pallone non è iniziato con Giraudo ma molto prima, con il Milan della seconda metà degli anni Ottanta. Se poi si vuole a tutti i costi parlare degli svantaggi e dei problemi che l’avvento di questa categoria di dirigenti ha causato, allora è meglio rifarsi a scenari più propriamente finanziari, dove non è stata la Juventus a primeggiare per nefandezze e irregolarità. È lo stesso Giraudo a rispondere piccatamente al tecnico boemo con parole che pesano come macigni:
Questa è una sentenza durissima, per chi la saprà leggere. Tappa la bocca a tanti, in particolare a quei soloni che scrivevano, dopo aver sentito un ragionamento di Guariniello, come se si trattasse di una sentenza passata in Giudicato. La tanto sbandierata farmacia è una cosa ridicola e comica. Tutti voi abbiate la compiacenza di aprire il vostro armadietto dei medicinali e di contare quanti farmaci vi sono: ne troverete alcune decine. Quando sono stato interrogato ho dimostrato come dal ’92 le rose della Juventus siano cresciute (fra prima squadra e giovani siamo circa 500) e la spesa medica pro capite sia diminuita. La Juventus aveva gli stessi farmaci che utilizzavano le altre squadre, nella stessa misura. E li dichiaravamo, come tutti gli altri.[…]
Poi l’ultima stilettata a Zeman: “Non mi interessano le sue esternazioni su vari aspetti della vita. È un allenatore, per me anche modesto, e mi auguro che non abbia fatto parte di un’associazione nata per dar vita a questo processo. C’è una sentenza, l’importante è che la legga bene visto che ora ha tanto tempo per farlo. Adesso mi aspetto che anche le altre vicende finite nell’occhio del ciclone, come passaporti falsi e fidejussioni, siano valutate approfonditamente come ha fato il Tribunale di Torino nel nostro caso. ( ANSA del 14 dicembre 2005. Il futuro però smentisce Giraudo: fino ad ora nessuno ha indagato su passaporti e fideiussioni).
È doveroso sottolineare che Guariniello, in quanto di stanza a Torino, non avrebbe potuto per ragioni di competenza indagare eventualmente su altre squadre. In tutta Italia, quindi, si è mossa solo una procura, che sfortunatamente è quella sotto la cui giurisdizione ricade la Juventus.
Concetti che non fanno una grinza e che rispediscono al mittente anni di accuse e di insinuazioni.
In sintesi, l’abuso di farmaci non costituisce reato e la somministrazione di Epo non sussiste, ovvero, nessuno alla Juventus ha mai fatto uso di eritropoietina.
L’avvocato Anna Chiusano, figlia dell’allora presidente bianconero Vittorio, parafrasa Boskov e dichiara «reato è quando la legge lo prevede» e, francamente, non si può darle torto. Su questa stessa linea si inserisce il commento di Giorgio Candola nell’edizione post-sentenza de Il Giornale:
Una Waterloo (per Guariniello, nda), e senza neppure la consolazione di sparire a Sant’Elena. […] Restano due anni di gogna mediatica per la Juventus, per il suo medico sociale e per il suo amministratore delegato. Cosa ne facciamo? Gettiamo tutto dietro le spalle? Oppure ci prepariamo a contare l’importo del risarcimento danni? E chi, in questo caso dovrebbe essere colui che risarcisce uno dei più grandi club calcistici del mondo di un simile crollo d’immagine? Troppe domande, anzi le solite domande di fronte a una sentenza di appello che è il negativo d’una foto mandata in giro per due anni.
Lo chiamavano “teorema di Guariniello”, giornali e tv lo hanno sbandierato come una verità assoluta, ci hanno ricamato sopra. Era fasullo. Suonava fesso come una campana incrinata. Qualche avvisaglia dell’affanno dell’accusa si poteva intuire nel corso del dibattimento. Insolito vedere il Pm anticipare le proprie linee guida a Le Monde. Insolito assistere alla sua offensiva sul Coni per chiedere, in corso d’opera, la revisione delle regole antidoping (aizzare i media e cambiare le regole in corsa sono due pratiche che rivedremo sovente contro la Juventus, nda).
Con lo stesso tono e, se possibile, con maggior forza insiste l’editoriale “Giustizia e verità” di Giancarlo Padovan, su Tuttosport del 15 dicembre:
La sentenza con cui la terza sezione della Corte d'Appello di Torino ha assolto in secondo grado l'amministratore delegato, Antonio Giraudo e il medico del club, Riccardo Agricola, riabilita la Juventus, ripristina la verità, riafferma i princìpi della giurisprudenza. La riabilitazione bianconera coglie uno snodo fondamentale nello smantellamento dell'ipotesi di uso di Eritropoietina, la famigerata Epo: non c'era e non veniva somministrata, dunque alla Juve non veniva praticato doping, né sistematico, né occasionale. Sul piano morale e sportivo è questo il successo più vistoso da ascrivere alla difesa e il riconoscimento più ampio reso dai giudici agli imputati: insussistenza del fatto, inesistenza del reato. Era quanto, dalle colonne di questo giornale, senza ambiguità o reticenze, avevamo chiesto fin dal 27 novembre 2004, il giorno successivo al primo verdetto: «Siamo di fronte ad una sentenza - scrivemmo allora -, restiamo in attesa della verità. Il verdetto di assoluzione nei confronti di Antonio Giraudo costituisce un comprensibile motivo di soddisfazione per la Juventus, ma la condanna del dottor Riccardo Agricola costringe il club a puntare tutto sul processo d'appello. (...) È vero, tecnicamente, con Giraudo è stato scagionato il club. Tuttavia di questo club il dottor Agricola era, è e, a quanto è stato detto, resterà il responsabile sanitario. Quindi se Giraudo nel processo incarnava la Juve, Agricola appartiene ad una struttura vitale all'interno della società. Per parte del club ottenere giustizia significa adesso incassare anche l'assoluzione del suo medico. In caso contrario sarà confermata la tesi di Guariniello». Stavolta la Juve non ha vinto, ma stravinto. Guariniello non è stato battuto, ma azzerato, l'impianto accusatorio disintegrato, della sua linea non è rimasto nulla. Il pubblico ministero non è il solo a uscire metaforicamente malconcio dall'esito del secondo processo. Lo schiaffo nei confronti del giudice monocratico è altrettanto sferzante: per la terza sezione della Corte d'Appello, non è applicabile al doping una legge - quella sulla frode sportiva - creata per altro scopo (calcioscommesse e affini), né si può parlare di doping in assenza di una lista di sostanze e senza indicazione dei metodi. Un autentico abbaglio giuridico, dunque, in attesa delle motivazioni (tempo novanta giorni) destinate a rendere ancora più buio il quadro per l'accusa. Sentenza inequivocabile perché pronunciata da una corte, quella presieduta da Gustavo Witzel, che ha fama di durezza e severità almeno quanto è considerata rigorosa, perfino rigida. Guariniello ricorrerà per Cassazione con pochissime speranze, mentre Riccardo Agricola si avvia ad ottenere il proscioglimento anche davanti alla Disciplinare calcistica e l'archiviazione del fascicolo aperto dalla Federazione medici sportivi. Agricola è in credito di sette anni e due mesi con la Giustizia. Da ieri la Giustizia ha cominciato a risarcirlo con la verità.
D’Onofrio, il grande sconfitto, reagisce con distacco alla lettura del dispositivo assolutorio ma non fa mancare, ai giornalisti, una sua notazione personale:
Questa sentenza chiude un fronte, con un altro esito le indagini avrebbero potuto espandersi. Così è chiaro che il calcio è intoccabile. […] Rispetto la sentenza. I giudici avranno ritenuto non sufficienti gli indizi a carico. Quello che è certo è che da oggi in poi nessuno più indagherà su cosa accade nelle infermerie delle squadre di calcio ( ANSA del 14 dicembre 2005).
Stupisce questa improvvisa sete di pulizia e di giustizia: quello che conta non è la Juve ma la salute, il bene del calcio. Verità incontrovertibili, per la carità, ma ancora non si comprende perché la strada che porta a questi utopistici obiettivi, debba passare per forza sopra il cadavere di una società colpevole solo di non aver avuto giocatori positivi ai test.
La sentenza afferma che la perizia di D’Onofrio è di valore probatorio «molto modesto», dando quindi ragione alle argomentazioni difensive di Giraudo e Agricola. Inoltre, «lo stesso professor D’Onofrio ha ridimensionato la valenza dei dati osservati, adeguandosi almeno in parte alle spiegazioni e alle opinioni giunte sul versante delle difese». Significativo il commento di Agricola riguardo alla validità probatoria della perizia ematica: «[D’Onofrio] non è stato super partes, abbiamo documenti in cui ribadiva che dai parametri del sangue non si possono trarre certezze sull’uso di Epo, eppure negli stessi giorni si accaniva sulla Juventus, inventando un metodo di valutazione inesistente presso la comunità scientifica». Il medico poi punta il dito anche contro i consulenti che hanno partecipato al processo, accusandoli di pregiudizio: «Mi hanno stupito i comportamenti contrastanti e incomprensibili di alcuni esperti che, in sede di commissioni scientifiche, dicevano una cosa e nell’aula di tribunale ne affermavano una completamente opposta. Ci sono consulenti, ad esempio, che hanno sottoscritto il protocollo Io non rischio la salute del Coni e poi lo hanno rinnegato in aula. Perché? Altri, invece, hanno scritto libri sui farmaci dopanti: nessuno di questi è stato utilizzato da noi. Come mai gli stessi scienziati in tribunale hanno detto che i nostri farmaci avrebbero dovuto essere considerati doping? Non so se questi due esempi bastino per parlare di pregiudizio».
Per completare il quadro delle reazioni e delle considerazioni dopo la sentenza, chiudiamo con un’interessante considerazione giraudiana:
Una Corte conosciuta per la sua severità ci ha dato completamente ragione.
Sarebbe lecito, in virtù di questa affermazione, conoscere da chi fosse composta e di che pasta fosse fatta quella Corte. Oliviero Beha e Andrea Di Caro, nel loro “Indagine sul calcio” si limitano a citare una volta il nome del presidente, Gustavo Witzel, il che stona con il panegirico di due intere pagine (480-81) indirizzato a tessere le lodi del giudice di primo grado, quel Casalbore di cui ci si premura di elencare carriera e successi ottenuti. Come dire, la prima è una Corte come si deve, la seconda non si sa. Per la severità e la correttezza di Witzel (che in aula ha più volte bacchettato Agricola) chiedere a chi ha lavorato con lui o a chi è dell’ambiente.
Dossier doping: la sentenza di primo grado
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Dure le reazioni dell’ambiente bianconero: la dirigenza parla di sentenza predeterminata da un certo sentire comune e di un verdetto già scritto da 3 o 4 anni. Giraudo e Agricola fanno riferimento alla non regolarità delle perizie di D’Onofrio (che poi vedremo essere elemento cardine in appello):
Questo perito del tribunale ha dato pareri completamente opposti su situazioni scientifiche identiche, un parere di tipo A su Conconi, di tipo B per Ferrari e poi di tipo C nel processo alla Juventus […] La sentenza rappresenta un teorema innovativo, stravagante: si vuole dimostrare che usando farmaci leciti si alterano le partite, e sono considerazioni fuori dalla bibbia dello sport. Ma nessuno ha mai detto quali partite sarebbero state alterate in sei anni… ( Parole di Agricola le prime, di Giraudo le seconde. Ricordiamo che D’Onofrio toppò clamorosamente anche alcune analisi riguardo al ciclista Pantani)
Ed ecco riaffacciarsi l’annosa questione: condannati senza che una sola volta si sia stati pescati con le mani nel sacco (leggi “positivi ai controlli”). È il medesimo ragionamento che starà alla base dei risultati di Calciopoli: si altera la classifica pur prescindendo dall’alterazione delle singole gare… La rabbiosa difesa dell’entourage bianconero, via via più esplicita e dettagliata, viene esposta da Giraudo nel programma di Sky, Fuori Zona, del 2 dicembre 2004: D’Onofrio ha svolto la sua perizia senza metodi scientifici, indirizzandola e interpretandola a suo piacimento. Per gli stessi valori riscontrati, in un caso ha fornito un’interpretazione, in un altro ne ha fornita una differente e, nel terzo (quello della Juve), un’altra ancora. Dalla perizia si legge che vi sono dati “interessanti” nelle variazioni di emoglobina, ferritina, transferrina ed ematocrito solo in 2 giocatori su 19 (non considerando che gli sbalzi si sono verificati in periodi in cui i due calciatori erano infortunati) e, errore decisivo, nel produrre questi dati vengono considerati solo i picchi nei valori ematici e non, come deontologicamente corretto, le loro medie (sono presi in esame tre anni di attività e 20 controlli per ogni calciatore mediamente). Incredibile constatare come sia proprio la stessa perizia di D’Onofrio e Muller a dar ragione alla tesi difensiva della Juventus. Considerando i valori di tutti i calciatori juventini (ben 480 esami in totale, quindi un campione altamente probante), la media di essi risulta essere perfettamente in linea, se non sotto, ai valori consentiti. Riportiamo un pezzo decisivo al riguardo, preso direttamente dalla “Perizia per il giudice Dott.Giuseppe Casalbore del 31 maggio 2004:
La media dei valori di emoglobina riscontrati nella casistica degli atleti della Juventus, considerando i 480 casi valutabili, è pari a 14,7 g/dl. […] Questi valori, sia come media generale che come media dei singoli atleti, rientrano pienamente nella distribuzione normale. Un solo atleta fornisce una media pari al limite inferiore (Padovano), nessuno fornisce risultati medi prossimi ai limiti superiori della distribuzione normale.
Il valore medio di ematocrito è di 43,8% […] Il livello medio, lievemente inferiore a quello della popolazione generale, è perfettamente in linea con lo studio di Malcovati e coll., che hanno osservato nei calciatori italiani un valore medio totale di emoglobina di 14,8% e un valore medio di ematocrito di 43,7%.
Quindi la Juventus presenta un valore di emoglobina al di sotto del valore medio e un valore di ematocrito superiore alla media di un ridicolo 0,022%, larghissimamente compreso nei parametri consentiti di discostamento dal valore medio (in gergo tecnico range):
Secondo la letteratura, i coefficienti di variabilità individuale dei principali parametri ematologici sono pari al 4,6% per l’emoglobina e al 3,0% per l’ematocrito.
Vedremo come il Parma, che presenta valori enormemente superiori a questi, non abbia avuto il benché minimo problema con la Procura Antidoping.
Ma c’è dell’altro: la Juventus, nella perizia di D’Onofrio, non solo può vantare parametri medi regolari ma, anche nei casi in cui un esame (tra tutti i 480) riveli valori al di sopra di un limite, ciò rientra in un’oscillazione consentita:
I valori eccedenti i limiti superiori sono in numero inferiore all’atteso e rientrano ampiamente nella percentuale di meno di 1% fornita da Marcovati e coll.
Quindi, seguendo la procedura e la metodologia promossa dal Coni dopo lo scoppio della bomba doping, la Juventus è perfettamente “in regola”. Ecco spiegato il motivo delle lamentele di Giraudo e Agricola: la perizia “super partes” di D’Onofrio non gode di alcun riscontro scientifico validante. L’ad bianconero, infatti, spiega che l’ematologo «non ha usato i metodi del Coni per i valori ematici, perfettamente nella norma: se avesse usato i metodi in vigore nello sport, la Juve non avrebbe avuto problemi. Invece no, lui si è inventato un metodo del tutto nuovo, che non ha riscontro a livello scientifico non solo nello sport ma nel mondo. Voglio solo ricordare che in quegli anni la Juve ha partecipato alle competizioni internazionali, andando in finale e vincendo e nessun nostro giocatore è mai risultato positivo ai controlli dei laboratori internazionali» e aggiunge che «nei blitz di Guariniello e della Finanza non è mai stato trovato un prodotto simile all’Epo, né fatture che attestassero acquisti di quel tipo, né fondi neri né tracce sui conti correnti». Infine, vanno segnalate tre anomalie che lasciano qualche ombra sulla correttezza dello svolgimento processuale:
1 - la perizia di D’Onofrio non è completa perché non sono state prese in esame tutte le cartelle cliniche dei calciatori, ma solo alcune di esse: inspiegabilmente sono state escluse, tra le altre, le schede di Marocchi, Porrini, Jugovic, Kohler, Carrera e Inzaghi.
2 - L’ematologo si sofferma quasi esclusivamente sui valori di emoglobina i quali, essi soli, non possono costituire prova sicura di utilizzo di Epo.
3 - Il giudice Casalbore ha respinto la richiesta della difesa di chiamare a testimoniare i due calciatori accusati di aver assunto eritropoietina.
Giraudo, nel chiudere la sua accorata difesa, se la prende con Guariniello, colpevole di eccessivo protagonismo: «Mi ha colpito una frase della sua requisitoria: “la Juve per dieci anni non ha vinto e poi ha ripreso a vincere. E noi non capivamo il perché”». Guariniello, inoltre, ha fornito «una lista dei farmaci dichiarati dalle squadre di A all’antidoping, e la Juve si posiziona solo a metà di questa speciale classifica». Va rimarcata, oltretutto, la correttezza dei dirigenti juventini nell’accettare la sentenza senza isterismi, ma solo dichiarandosi sicuri del proprio operato: è lo stesso ad bianconero a fare i complimenti al giudice Casalbore: «nonostante l’avessimo criticato durante le udienze, è stato un arbitro bravissimo».
Tra le reazioni illustri alla sentenza si registra lo storico battibecco tra Marcello Lippi e Zdenek Zeman durante Stadio Sprint, trasmissione Rai condotta da Enrico Varriale:
"Non devo essere soddisfatto o amareggiato da una sentenza - ha risposto Lippi -. Prima di tutto non è definitiva, e poi non cambia il mio apprezzamento e la stima che ho per tutte le persone che hanno lavorato con me nella Juve, tecnici, dirigenti e giocatori, alcuni dei quali continuano a giocare e vincere in quel club, e non hanno mai smesso di farlo. Altri, come Di Livio, Torricelli, Ravanelli e Carrera, anche quando sono andati altrove sono sempre stati portati ad esempio per la loro serietà nel lavoro, ecco perchè la mia Juve vinceva: per la stratosferica forza morale che aveva in quel periodo". […]
La parola è tornata a Zeman, che ha voluto fare una puntualizzazione: "Io non ho discusso le persone (a dire il vero qualche nome l’ha fatto…, nda) - ha detto il boemo - però ho sentito dire che Lippi con Guariniello ha parlato di tre grammi di creatina, mentre nel libro che hanno scritto (Lippi e Agricola n.d.r.) hanno parlato di venti. Quindi si contraddicono da soli".
Lippi si è risentito: "Zeman fa tanto il moralista - ha sottolineato l'attuale ct della Nazionale - però molti dei giocatori che hanno lavorato con lui hanno raccontato che lui diceva 'perché' gli altri devono prendere la creatina e noi no? Mica siamo più scemi...".
Il botta e risposta è continuato con la parola a Zeman. "Io l'ho sempre detto - ha detto il boemo -: alla Lazio abbiamo preso tre grammi di creatina al giorno, perchè lo facevano anche in Nazionale. Noi lo abbiamo fatto per un mese, ma tre grammi non sono venti. E poi il problema non è la creatina. Ognuno dovrebbe dichiarare ciò che ha fatto. Io l'ho fatto, altri no, eppure sei anni sono un periodo di tempo sufficiente, e abbastanza ampio".
"A Zeman dico che non è giusto criticare un sistema e continuare a farne parte", è stata la frase con cui, nel 'match' televisivo, si è reinserito Lippi.
"Ma io voglio cambiarlo e farlo diventare più pulito", è stata la risposta conclusiva del boemo, che ha poi affermato comunque che non avrebbe problemi a dare la mano al ct della Nazionale (ANSA, 28 novembre 2004)
L’onda lunga delle sentenze arriva a coinvolgere ancora una volta esponenti della politica. I deputati Maurizio Paniz (Forza Italia) e Salvatore Buglio (DS), facenti parte dello “Juventus Club Montecitorio” chiedono un’interrogazione parlamentare, nella quale si invita il ministro di grazia e giustizia Castelli (milanista) a verificare l’operato del giudice Casalbore. Il presidente della Camera, Casini, chiude però ogni spiraglio definendo inammissibile la richiesta, mentre Luciano Violante si fa beffe dei suoi colleghi definendo la richiesta «un’iniziativa goliardica che non merita alcun commento». Di nuovo due pesi e due misure: alle prime dichiarazioni di Zeman, l’interpellanza dei cinque ministri a Veltroni era stata giudicata saggia, ora invece la si respinge con sarcasmo.
Ma in quanto a contraddizioni siamo solo all’inizio: il senatore a vita Andreotti partecipa al dibattito e risponde a chi chiede l’intervento della giustizia sportiva: «essa è abbastanza anomala. Per funzionare davvero forse dovrebbe avere una competenza esclusiva, che non ha. E così rimane a mezza strada. Non ha una propria procedura, e assomiglia più a un comitato di signori che si occupano di calcio». Vedremo due anni dopo come verrà dimostrato l’esatto contrario: discorsi fiume sulle competenze esclusive (“l’alveo”) della giustizia sportiva e sul cattivo gusto che qualche squadra dimostrerebbe nel cercare di subordinarla a quella ordinaria. Siamo al paradosso più completo.
A chiudere la trafila di interventi post-sentenza giunge la dichiarazione quanto mai opportuna ed eloquente di Giovanni Verde, capo della procura antidoping del Coni:
Negli anni fra il 1994 e il 1998, a cui fa riferimento il processo, non abbiamo avuto casi di positività che facessero pensare ad una pratica abituale di questo tipo, né ci sono state dichiarazioni e testimonianze.
Dossier doping: l'abuso di farmaci
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Se, per esempio, si fosse scoperto che il numero medio di farmaci posseduti da una società di serie A era di 100, allora sarebbe stato corretto sostenere che quelli “a catalogo” della Juventus erano eccessivi. Come vedremo più avanti, il possesso di questi prodotti era una consuetudine generalizzata anche in tutte le altre società, cosa comprensibile vista anche l’elevata estrazione scientifica dei medici e dei preparatori atletici che vi ci lavoravano. È ridicolo pensare che un solo medico, Agricola, conoscesse così bene i farmaci che aveva a disposizione mentre gli altri dottori fossero completamente all’oscuro di cosa questi usasse con i calciatori.
Ma proseguiamo con un’importantissima considerazione che tutti gli organi di informazione si sono ben guardati dall’esprimere: scorrendo la lista (La lista di farmaci in possesso della Juventus è pubblicata negli atti del processo) delle specialità farmaceutiche di casa Juve ci si accorge che i farmaci “unici” sono relativamente pochi: molti dei nomi in elenco non sono altro che ripetizioni della stessa medicina, la quale si presenta in formati diversi di somministrazione (fiale, compresse, buste, sciroppo, ecc…) o in differenti contenuti di principio attivo (100mg,200mg, ecc…). Per esempio, il principio attivo dell’aspirina (l’acido acetilsalicilico) è presente in quattro preparati di differente nomenclatura ma, a tutti gli effetti, equivalenti: Aspirina, Aspirina C, Aspirina C effervescente, Aspirina 500mg.
Fa sorridere, infine, notare nella lista a disposizione di Guariniello la presenza di alcuni farmaci di uso comune nella gran parte delle famiglie italiane. Ci riferiamo a nomi ben noti a chiunque possegga in casa propria un seppur minimo armadietto medico. Solo per citarne alcuni:
Ananase (blandissimo antiinfiammatorio), Aspirina (analgesico-antiinfiammatorio-antipiretico), Augmentin (antibiotico), Bacacil (antibatterico), Tachipirina (analgesico-antipiretico), Fastum gel (pomata per le contusioni), Allergodil (antiallergico per uso oculare), Feldene (antiinfiammatorio-antireumatico), Flectadol (antiinfiammatorio-analgesico), Fluimucil (mucolitico, sciroppo per la tosse), Bisolvon Linctus (mucolitico, sciroppo per la tosse), Mesulid (antiinfiammatorio), Plasil (antiemetico, disturbi gastrici), Centellase (pomata per edemi e per ulcere varicose), Imodium (antidiarroico), Polaramin (antistaminico), Buscopan (antispastico, disturbi gastrici), Nizoral (antimicotico), Otalgan (antidolorifico e antiinfiammatorio per l’orecchio, in gocce), Rinazina (decongestionante nasale, antistaminico), Toradol (antidolorifico, trovato in 6 forme diverse), Transact (cerotto antidolorifico), Verecolene (lassativo), Vivin C (compresse di vitamina C), Ciproxin (antibiotico), Zepelin (pomata e compresse analgesiche e antiinfiammatorie), Zimox (antibiotico).
Ipotizzare che una squadra di calcio potesse “doparsi” con un antibiotico, uno sciroppo per la tosse, un collirio, un analgesico o una pastiglia contro la diarrea è realmente al di là di ogni possibile supposizione.
La pubblicazione della notizia del ritrovamento di oltre 200 farmaci nello spogliatoio bianconero può essere lecita e persino doverosa, ma solo ed esclusivamente se accompagnata dalla precisazione che il 95% di essi sono inefficaci per una qualsiasi pratica volta al miglioramento delle prestazioni sportive. A meno che non si creda che un calciatore, se raffreddato, debba giocare con il naso chiuso per non avvantaggiarsi rispetto a chi non possiede un decongestionante.
In virtù di questo, se si esclude la pletora di farmaci che non possono verosimilmente influire né sulle prestazioni né sul recupero dalla fatica, ci si ritrova con una lista davvero esigua di prodotti non “ordinari”. E i nomi sono quelli delle solite scatolette (Voltaren, Neoton, ecc...) che affollano gli armadi medici delle società professionistiche italiane (A proposito di Voltaren, Ronaldo ha deposto davanti a Guariniello (22 agosto 1998) di averne fatto ricorso in numerose occasioni, soprattutto durante i mondiali di Francia quando, per calmare i dolori al ginocchio, lo assunse per tre volte in via intramuscolare, più altre volte per via orale. Secondo alcuni, il suo malore prima della finale tra i verdeoro e la Francia sarebbe da imputarsi ad un uso scorretto di questo e di altri farmaci. Una supposizione comunque da prendere con la dovuta cautela).
L’universale utilizzazione di questi prodotti farmaceutici non è mai stata abbastanza sottolineata dagli organi di informazione che, invece, hanno prodigato sforzi nel far passare l’equazione Juventus = abuso di farmaci = doping. Questa circostanza non è però sfuggita ai legali della società bianconera che al processo hanno prodotto prove di come le pratiche di integrazione e supplementazione farmacologica fossero talmente diffuse al punto da essere dichiarate preventivamente all’antidoping. Nello specifico vennero mostrati i verbali di prelievo antidoping per le partite di Juventus e Torino, concernenti il campionato e la coppa Italia 1997/98. In questi documenti emerge come i medesimi prodotti contestati alla Juventus (tra l’altro regolarmente denunciati), compaiano anche nelle liste di tutte le altre società italiane. Citiamo qui alcuni esempi che riguardano i farmaci dichiarati dalle squadre in occasione di partite contro la Juventus:
▪ 14 settembre 1997
Roma: Deflanat, Rinogutt
▪ 5 ottobre 1997
Fiorentina: Esafosfina, Neoton, Voltaren, Tad 600, Feldene, Danzen, Polase, Cebion, Supramyn, Epargriseovit, Losferron, Mesulid
▪ 9 novembre 1997
Napoli: Voltaren fiale, Ducos fiale
▪ 14 dicembre 1997
Piacenza: Voltaren, Muscoril, Neoton, Tad600, Zovirox pomata
▪ 4 gennaio 1998
Inter: Flectadon, Voltaren, Aulin
▪ 7 gennaio 1998
Fiorentina: Cebion, Polase, Glutanev, Esafosfina, Epargriseovit, Neoton, Rifocin, Aureomicina
▪ 8 febbraio 1998
Roma: Voltaren fiale, Rinogutt, Pi Food, Nutrix
▪ 28 febbraio 1998
Fiorentina: Friliver Energy, Creatina Complex, Polase, Esafosfina flebo, Cebion comp., Neoton cv, Odue, Ferlixit, Paefolic, Liosfernan, Epargriseovit, Ipoazotal, Feldene
▪ 5 aprile 1998
Lazio: Esafosfina, Biochetasi, Enterogermina, Epargriseovit, Samyr 200 fiale, Supradin, Cebion, Nofilex
In altri verbali, non citati qui per brevità, si legge come moltissime altre squadre abbiano dichiarato gli stessi farmaci contestati alla Juventus, Samyr compreso (ad esempio Sampdoria, Genoa, Foggia, Pescara, Fidelis Andria, Monza e Reggina). In questo modo risulta ancora più evidente, se ce ne fosse bisogno, la diffusione capillare di queste sostanze in tutti gli spogliatoi calcistici tanto che, per dirla con le parole dell’avvocato Chiappero, «è importante sapere come si siano comportati gli avversari, non per adottare il principio del “così fan tutti”, ma per comprendere quale fosse, nell’ambiente calcistico, l’atteggiamento verso i farmaci».
Stessa musica anche dalle parole di Giuseppe Papadopulo, ex allenatore della Lazio: «Le flebo vengono usate da tutte le squadre. È necessario accertare quali prodotti contengono. Ma se il Neoton si può prendere, come sembra, allora non vedo perché non farle».
Nonostante tutte queste argomentazioni, che sanno quasi di palese ovvietà, i pm non hanno voluto assolutamente recedere dalle loro posizioni. Secondo loro, infatti, la Juventus si distingueva dalle altre squadre perché gli stessi farmaci erano usati con più continuità, adducendo l’esempio di Vialli, il quale dichiarò il Voltaren per 11 volte dalla fine del 1994 all’inizio del 1996.
Dossier doping: il processo di primo grado
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La società Juventus è accusata di frode sportiva per abuso di farmaci. In pratica, il capo dello staff medico, in accordo con il manager bianconero, avrebbe somministrato prodotti farmacologici leciti per sfruttarne gli effetti collaterali con lo scopo ultimo del miglioramento delle prestazioni sportive. Una modalità di impiego dei farmaci definita “off-label”, cioè fuori etichetta, fuori prescrizione.
L’accusa è debole poiché si tratta sempre di prodotti non inseriti nelle liste antidoping e, soprattutto, perché il fatto non costituisce reato secondo la legge sulla frode sportiva del 1989. Ma il colpo di scena è dietro l’angolo. Giugno 2004: dopo una serie di udienze a calciatori, dirigenti e allenatori che non apportano sostanziali elementi di novità, il giudice Casalbore richiede l’intervento dell’ematologo Giuseppe D’Onofrio per eseguire delle perizie sui valori sanguigni dei calciatori juventini. Questi, coadiuvato dal dr. Eugenio Muller, produce un teorema dai risultati originali e dalle fondamenta discutibili: nelle variazioni dei valori ematici dei giocatori si può presumere che, in pochi casi, si sia verificata la somministrazione di Epo. Il colpo è duro e inaspettato e la difesa contesta subito la mancanza di vere basi scientifiche in grado di validare le conclusioni di D’Onofrio. Questi, al contrario, insiste sull’accusa di somministrazione di Epo, nonostante gli sbalzi di ematocrito e di emoglobina superino di poco e in sole due occasioni le soglie consentite. Sta di fatto che il 15 luglio 2004 all’incolpazione di abuso di farmaci e di altri reati minori, si aggiunge anche quella di somministrazione di eritropoietina, farmaco del quale non esiste prova di acquisto da parte della Juventus.
Il 15 ottobre 2004, la requisitoria dei pm Sara Panelli e Gianfranco Colace dà per certo l’uso «a bassi dosaggi ma cronico» di questa sostanza, pur senza che un giocatore bianconero sia mai stato trovato positivo ad un controllo. Incredibile come la Panella cerchi di avvalorare questa teoria: «Sui suoi computer (di Agricola, nda) abbiamo ritrovato un’ impressionante quantità di dati sui giocatori, con persino i grafici dei loro valori del sangue». In sostanza, il dottor Agricola era troppo preciso e questo testimonierebbe che l’abuso di farmaci era una consuetudine perfettamente organizzata. Ma affermare che la “prova del dolo” risiede nella meticolosità stessa del dottore nello svolgere il suo lavoro è quantomeno illogico: se operare con precisione ed efficienza significa essere sicuramente colpevoli, allora vi è un qualche difetto di logica. Secondo questa ottimistica congettura, doparsi un po’ come capita costituirebbe addirittura un’attenuante. Inoltre, non era solo la Juventus a prevedere frequenti controlli dei propri atleti. Il milanista Seedorf, chiamato in causa per essersi rifiutato di sottoporsi al controllo incrociato sangue-urine, ebbe a dichiarare che a Milanello, venivano svolti controlli ogni due mesi ( Cfr C.Petrini, Le corna del diavolo, Kaos, pag.259). Il che rientrerebbe nella media di quelli svolti dalla Juventus. I pm chiamano in causa anche Giraudo, reo di essere stato a conoscenza delle pratiche mediche di Agricola e di non aver mosso un dito al riguardo. Durante il discorso accusatorio si registra anche un grottesco episodio di cui si rendono protagonisti i due pm, i quali chiedono conto ad Agricola del contenuto di un testo di ematologia pubblicato alla fine degli anni Settanta:
Agricola: «Non mi sono mai occupato direttamente di questa materia»
Pm: «Lo ha scritto lei, Renzo Agricola»
Agricola: «Veramente io mi chiamo Riccardo»
Si passa poi alla creatina, sostanza notissima nelle palestre di tutto il mondo, che sarebbe stata somministrata in dosi anche di 10 grammi (Nelle palestre si consigliava di fare una settimana di “carico” con dosi di 20 grammi giornalieri per proseguire con alcune settimane di “mantenimento” con 5 grammi per dì). Ma la creatina è argomento caldo già da qualche tempo negli ambienti medici al punto che da più parti si erano lette e ascoltate testimonianze del suo utilizzo. Il medico della nazionale francese Marcel Ferret, il 26 settembre 2002, nella deposizione davanti a Guariniello sostiene di aver appreso dell’esistenza della creatina dai calciatori italiani: «Gli studi dell’epoca consigliavano 20 grammi al giorno, ma solo un atleta disse che ne prendeva tanta: lo ricordo bene, non giocava nella Juve, ma nel Toro. E non la tollerava: gli venivano i crampi. Poi c’erano Zidane e Deschamps. Il primo parlava di 5/6 grammi al giorno, il secondo non ricordo» Milan, Parma e Roma sono le altre squadre citate da Ferret come “sperimentatrici” della sostanza. Si viene a sapere che la Juventus aveva incominciato a fare uso di creatina nel marzo del 1995 (pare quindi che i Vialli e i Ravanelli del primo scudetto di Lippi corressero anche senza di essa…) su consiglio del commissario tecnico della nazionale di atletica, Elio Locatelli, che la ordinava dalla Svezia.
Alla fine della stagione ‘94/’95 la Juventus cambiò fornitore, scegliendo la Also-Enervit, che nel frattempo era diventata uno degli sponsor della società. Nelle deposizioni di Agricola si legge che la sostanza era somministrata agli atleti in dosi da 6 grammi (due bustine da 3 grammi l’una). Lo stesso Agricola, in precedenza, aveva disinvoltamente parlato di creatina (giacché sostanza lecita) in più occasioni, come nel libro “Sul campo con la Juve” ( G.Lodi, G.Ventrone, Sperling & Kupfer, 1998) dove con l’allora preparatore atletico Ventrone illustra le metodologie di allenamento degli atleti bianconeri. In quel volume, il dottore afferma che inizialmente non vi era molta letteratura scientifica sull’uso di creatina e non si conosceva con precisione quali fossero i dosaggi corretti. Successivamente ricorda come la sostanza fosse somministrata in dosi di 10 grammi giornalieri durante la preparazione estiva, al fine di favorire l’anabolismo (incremento della massa muscolare) e poi a stagione in corso, in dosi di 3 grammi, esclusivamente negli intervalli delle partite.
Nelle deposizioni di fronte a Guariniello, persino alcuni giocatori della Lazio zemaniana hanno ricordato come la creatina venisse impiegata durante i ritiri estivi. Secondo l’allora capitano biancoceleste, Gianluca Favalli, fu utilizzata soltanto nella stagione 1995 in due somministrazioni alle 9 di mattina e alle 13. Il trattamento sarebbe durato solo 1-2 mesi durante i quali il giocatore avrebbe riscontrato un aumento di peso pari a 2kg (da 77 a 79). Favalli ha raccontato che la decisione da parte sua e dei suo compagni di squadra ha suscitato vivo disappunto in Zeman. Versione dei fatti successivamente confermata da Paolo Negro, altro laziale.
Parole concordanti sull’argomento sono giunte anche da Paolo Zeppilli, medico della Nazionale, che ha sottolineato come la creatina fosse usata nel club azzurro il giorno antecedente le partite, in particolar modo durante Mondiali ed Europei, in dosi di 4 o 5 grammi. Lo stesso Zeppilli aggiunge che, agli inizi della diffusione dell’uso di creatina, non se ne conoscevano i dosaggi appropriati al punto che alcuni testi scientifici consideravano non nociva la somministrazione di 20 grammi giornalieri ( Cfr. Mauro Barletta, Il calcio in farmacia, Lindau, pag.70).
Infine, secondo alcuni calciatori e tecnici, la creatina sarebbe un integratore inutile per le prestazioni sportive, se non dannoso, visti alcuni effetti collaterali come intolleranze specifiche e gastriti. L’ex laziale Di Matteo ha affermato che in Nazionale smise di assumere creatina perché gli procurava dei fastidi gastrointestinali mentre il medico sociale del Milan, Rodolfo Tavana, ha dichiarato che la sostanza era stata ampiamente somministrata agli atleti rossoneri, salvo poi essere dismessa dal momento che «non si era riscontrata alcuna utilità».
Ma non è la creatina ad interessare nell’immediato i giornali poiché il giorno successivo la requisitoria, arrivano titoli roboanti a nove colonne che si fanno baffo di ogni presunzione di innocenza: «La Juve ricorreva all’Epo e abusava di farmaci» oppure «La Juve ha fatto uso di Epo» e «Epo ai giocatori». Che non si sapesse che una requisitoria non è una condanna definitiva?
Dossier doping: in principio fu Zeman
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Il lettore disinformato già si sta chiedendo quanti giocatori siano stati trovati positivi ai controlli, oppure quanti e quali documenti compromettenti siano stati improvvisamente rivelati al volgo tifante. Niente di tutto questo. Il fracasso ha origini più semplici: accade che un signore dell’est Europa, di professione allenatore e di nome Zdenek Zeman, decide di dire la sua sull’argomento, rivelando sensazioni e deduzioni su certe “pratiche” troppo usuali negli spogliatoi delle squadre di calcio. Il 25 e il 28 luglio 1998, il Messaggero pubblica due interviste di Mimmo Ferretti al tecnico boemo il quale sputa parole di fuoco contro un calcio che ha preso una brutta piega e che, per dirla con parole sue, «deve uscire dalle farmacie». L’amatissimo gioco nazionale è malato: “sport” non va più a braccetto con “salute”, rivalità e competizione sono stati sostituiti da egoismo e profitto. Il calcio, secondo Zeman, sta seguendo la strada del ciclismo all’affannosa ricerca del miglioramento delle prestazioni atletiche: i farmaci, e l’abuso di essi, non solo hanno fatto la loro comparsa all’interno del pallone, ma lo hanno marcito nelle fondamenta.
Le dichiarazioni zemaniane sono la scintilla che innesca i sensori dei premurosi della carta stampata che immediatamente cominciano a stilare liste di proscrizione e a contendersi il primo posto nella gara del “ve l’avevo detto”. L’opinione pubblica spalanca la bocca e nei salotti bene torna di moda l’indignazione. Neanche i giochi di Seul, gli atleti dell’Est e le nuotatrici cinesi avevano potuto tanto.
Stimolati dall’incalzare dei cronisti, giungono le prime reazioni del mondo sportivo: prevale il basso profilo, nessuno ha voglia di spellarsi le mani e di ravanare in una materia tanto scottante. Si tende a minimizzare e a riportare il tutto nella dimensione di un pour parler estivo, nell’attesa del vero calcio di settembre. Tuttavia qualcuno che freme c’è e cinque parlamentari (Di Nardo, Cimadoro, Ostilio, Cavanascirea, Fabris) chiedono urgentemente un’interpellanza al vicepresidente del consiglio Veltroni. Dalle aule di Senato a quelle sportive il passo è brevissimo: immediatamente il Coni invita Ugo Longo (futuro presidente della Lazio) ad avviare un’indagine conoscitiva che, come vedremo, avrà magrissimi risultati.
Zeman è insaziabile e non vuol saperne di deporre le armi. Più affilato e insinuante che mai, il 7 agosto rilascia un’intervista a Gianni Perrelli, che sei giorni dopo L’Espresso titolerà “Anche il calcio ha il mal di Tour”. Finalmente si fa sul serio. Ecco il testo (quasi integrale) ove il tecnico sguaina la spada (o la stampella) e parte alla Enrico Toti contro l’ingiustizia e il sopruso (cito a pezzi, commentando di volta in volta):
Non sono un demagogo né un provocatore - dice di sé Zdenek Zeman – Sono un uomo di sport. Capto le voci, le atmosfere che girano nell’ambiente. Sento e vedo che non solo nel ciclismo, ma anche nel football, si cerca di sopperire alle carenze di preparazione coi prodotti di farmacia. Nel calcio non c’è ancora stato lo scandalo esplosivo. Ma tanto più uno sport è importante, tanto più si addensano i pericoli. So di molti medici che sono passati dalla bicicletta al pallone. So di molte società di serie A che si avvalgono dell’opera di farmacologi. Ecco, bisogna che il campionato non diventi come il Tour.
Zeman parte bene, guardingo, mettendo in luce delle sacrosante verità: così come in altri sport, anche nel calcio si fa ricorso a farmaci che non dovrebbero essere utilizzati poiché riservati al trattamento di persone realmente malate. Niente da obiettare se non fosse che il tecnico sostiene di “sapere” che “molte” società di serie A adottano queste pratiche.
[…] Di Pedalopoli, che in Francia è esplosa in maniera così clamorosa, si parla già da anni. Nel calcio si registrano solo bisbigli e maldicenze. Si vocifera di sostanze non proibite, ma ai limiti del lecito, e potenzialmente molto nocive, a cui farebbero ricorso alcuni campioni delle squadre più in vista. Prove, nessuna. I casi di doping, nel football degli ultimi anni, sono circoscritti all’assunzione del Lipopill che penalizzò per un anno la carriera di Angelo Peruzzi e Andrea Carnevale, e al consumo di cocaina che ha abbreviato quella di Diego Armando Maradona e Claudio Caniggia” Ma si rafforza intanto il sospetto che neanche il calcio italiano sia uno sport immacolato. Quali sostanze si celano nei medicinali reclamizzati da alcune case farmaceutiche, con depliant illustrativi che garantiscono agli atleti miglioramenti di condizione del 50 per cento? Zeman dice di averne ricevuti molti, e di essere certo che siano pervenuti anche ai suoi colleghi. Probabilmente li metterà a disposizione della Procura antidoping che indaga sul fenomeno per conto del Coni. Meravigliato dalle violente reazioni provocate dalla sua requisitoria, l’allenatore della Roma glissa sui nomi dei farmaci e delle ditte, si trincera dietro lo sguardo sornione e le pause meditate. Un atteggiamento serafico, tipico di quella sua filosofia del distacco che per amor di battuta potrebbe essere definita buddismo Zeman. Ma per rintuzzare l’accusa di non voler assumersi in pieno le responsabilità delle accuse, almeno su alcuni punti al tecnico preme fare chiarezza: “Premetto che non sono un farmacologo quindi non so dire nulla sulla nocività di certe pillole. Il punto però a me sembra un altro. I medicinali servono a guarire gli ammalati. Mentre chi fa sport dovrebbe essere sano. Quando mi obiettano che queste sostanze potrebbero essere prescritte anche a un bimbo di sei anni, io rispondo che se si è in buona salute a quell’età non serve niente. È mai passibile che di questi problemi non si parli in Federazione?
Passaggio fondamentale: Zeman afferma di aver ricevuto delle particolari brochures che, a sentir lui, sono state certamente visionate dalle società di calcio della massima serie. Il boemo avanza per mezze frasi e lascia molto ad intendere, non rivelando quali ditte e quali squadre sarebbero protagoniste di questa vicenda.
(nota: Zeman successivamente dichiarò di aver buttato via questi famigerati depliant, ma si disse sicuro che i prodotti ivi pubblicizzati erano stati senza dubbio usati da Ajax e Udinese)
Dai controlli antidoping non è però emerso mai nulla
«Per il momento va tutto bene. Dai campioni delle urine non risulta niente. Forse non uscirebbe nulla perfino se venissero introdotti gli esami del sangue. Si tratta in ogni caso di interventi tardivi. E chissà, quei farmaci magari non provocano alcun guasto. Ma chi può escludere che i danni si manifestino a distanza di anni? Se si intravedono rischi, occorre prevenirli, non aspettare che esploda il bubbone. Il problema è che i giocatori sono condizionati dagli interessi del momento e non si preoccupano tanto della salute. E i dirigenti pensano solo a sfruttarli al massimo, senza andare troppo per il sottile».
La squadra che ha reagito con maggior vivacità alla sua denuncia è stata la Juventus. Alcuni giocatori bianconeri hanno ironizzato sul suo bisogno di pubblicità. Dal momento che non ha mai vinto niente, sarebbe l’unico modo per calamitare i titoloni dei giornali
«Chi mi conosce bene, sa che la pubblicità cerco semmai di schivarla, È vero che non ho mai vinto niente. Ma non mi dà alcun fastidio. Ho un concetto diverso del successo. Mi sento appagato quando riesco a imporre il mio gioco e i miei principi. In quanto alla Juventus, si è chiamata in causa da sola».
Non si direbbe che la Juventus si sia chiamata in causa da sola, dal momento che è stato Zeman per primo a fare i nomi di Vialli e Del Piero, accusandoli di aver guadagnato una sospetta massa muscolare. Un ottimo modo per denunciare, non c’è che dire. Lo stesso concetto, espresso contro un’altra società, sarebbe stato immediatamente catalogato come diffamazione e la vicenda si sarebbe chiusa.
Non può però negare di aver manifestato a più riprese sorpresa per le esplosioni muscolari di alcuni giocatori della Juve.
«È uno sbalordimento che comincia con Gianluca Vialli. E arriva fino ad Alessandro Del Piero. Io dico che ho praticato diversi sport e pensavo che certi risultati si potessero ottenere solo con il culturismo, dopo anni e anni di lavoro specifico. Sono convinto che il calcio sia tutto un altro tipo di attività. Almeno il mio calcio, che in una sola parola definirei positivo».
Pare però che anche lei, quando approdò cinque anni fa nella Lazio, abbia somministrato ai suoi giocatori dosi di creatina, una sostanza lecita che gli juventini non hanno mai fatto mistero di assumere.
«Per ristabilire la verità, diciamo che ho assecondato l’andazzo. All’inizio della stagione, I cinque o sei laziali che a quell’epoca erano nel clan azzurro mi dissero che si erano abituati a prender la creatina su consiglio dei responsabili della Nazionale. Io mi limitati a parlarne con il dottore della Lazio e a fare in modo che la sostanza fosse somministrata sotto stretto controllo.
Pare quasi che Zeman si ritenga l’unico depositario della verità, mentre qualsiasi cosa abbia la sfortuna di uscire dalla bocca di uno juventino sia menzogna. Interessante notare come anche la Lazio del boemo (1994-98) fosse ben conosciuta per le sue qualità atletiche e, a questo proposito, calzano perfettamente le dichiarazioni dell’ex giocatore biancoceleste Paolo Negro («Con Eriksson non abbiamo mai preso creatina, con Zeman sì») e quelle del difensore Giuseppe Favalli, che vedremo più avanti.
Ma lei ha parlato dei problemi del doping coi suoi colleghi o coi medici?
«Ne parlo, naturalmente, con il medico della Roma Ernesto Alicicco. Abbiamo più o meno le stesse sensazioni. Da sempre c’è il coadiuvante che io chiamo dello zuccherino. Qualche sostanza tonificante immessa nelle flebo. O la miscela tra aspirina e caffé che stimola le energie. A volte l’effetto è solo psicologico. Ma ho l’impressione che negli ultimi tempi si stia esagerando. Le pressioni sui calciatori si fanno sempre più pesanti. Ed è sempre più difficile resistere alle tentazioni della pillolina magica. Sarò anche un romantico, legato a una concezione del calcio in cui i giri di campo contano più della chimica. Ma non sono un ingenuo. Sono certo che molti giocatori di serie A, forse anche nella stessa Roma, non sappiano rinunciare a certe sostanze».
Di nuovo: Zeman è “certo” che molti giocatori si siano giovati di particolari aiuti. Ma a parte le accuse ai calciatori della Juventus non vengono fatti altri nomi. Nessuno farà mai luce su eventuali altre società, nonostante lo stesso Zeman parli anche della Roma.
Ma perché il tema è una sorta di tabù? Se ne parla sottovoce e non è mai stato affrontato a livello ufficiale.
«Perché il calcio smuove troppi interessi e conviene a tutti chiudere un occhio sugli aspetti negativi. Le cito un fatto emblematico. Dei problemi di droga di Maradona si parlava già quando il Napoli lo acquistò dal Barcellona. Non riesco a persuadermi che a ignorarli fosse proprio Ciro Ferrara, suo compagno di squadra, che nella polemica contro di me non si è certo distinto per buona educazione. Maradona ha continuato a giocare da fuoriclasse. E gioca ancora oggi. Ma a Ferrara vorrei ricordare che se non si fosse chiuso un occhio, se qualcuno avesse preso a cuore la sua tossicodipendenza, lo si sarebbe potuto salvare da una mesta parabola. Ma ormai il business prevale su tutto. Il mondo del calcio è dominato dalla finanza, oltre che dalle farmacie»
(l’articolo si conclude con considerazioni varie sul governo del calcio europeo, sui Mondiali appena conclusi e sul prossimo campionato, nda).
Zeman non ricorda che il Pibe cominciò ad avere familiarità con la cocaina già a Barcellona e che Napoli fu solo l’atto finale di una tragica escalation. Inoltre, i rapporti che il campione argentino intratteneva con la camorra sono ben noti ed è verosimile che abbiano costituito una sorta di vincolo inscindibile tra lui e la sua tossicodipendenza. Certamente, ad un livello più ampio, l’accusa non è priva di fondamento, ma è di pessimo gusto gettare discredito su Ciro Ferrara (che casualmente all’epoca militava nella Juventus), il quale fu tra i pochi a stare vicino a Maradona nel momento in cui molti gli avevano voltato le spalle.
Una volta pubblicata l’intervista (già ampiamente anticipata da molti quotidiani) si scatena la bagarre e i personaggi chiamati in causa mostrano i denti: Del Piero annuncia querele, Vialli (passato al Chelsea) accusa Zeman di destabilizzare l’ambiente («è un terrorista»), il suo amico Mancini ne prende le difese («Spero che Zeman abbia delle prove, altrimenti fare accuse così generiche mi sembrerebbe banale. Gianluca fisicamente è sempre stato così»).
Il giorno seguente, la Magistratura prepara un fascicolo che induce il procuratore aggiunto della Procura di Torino, Raffaele Guariniello, a convocare calciatori e tecnici per delle udienze. In un ANSA si apprende che questi «intende accertare l’eventuale uso di sostanze proibite soprattutto da parte dei più giovani, in particolare minorenni» (29 agosto1998. Ottimo intento, cosa abbia a che fare con la Juventus non lo si è ancora scoperto).
Zeman non si fa sfuggire l’occasione e il 12 agosto rincara la dose: «Avverto l’esigenza di partire tutti alla pari in campionato». A stupire è la repentina correzione di tiro del tecnico che, premuratosi dapprima di sottolineare la capillarità del problema doping, passa poi direttamente ad allusioni su chi si avvantaggerebbe con pratiche illecite. Quest’ultima provocazione suscita lo sdegno dell’allenatore bianconero Marcello Lippi (che entrerà poi in una duratura polemica con Zeman) e ancora di Vialli, il quale opportunamente sottolinea come nessuno si fosse mai permesso di avanzare insinuazioni sul frizzante Foggia zemaniano, passato alla storia per l’esasperato tatticismo e per le abilità podistiche dei suoi calciatori. In un’affollatissima conferenza stampa la Juventus affida la sua risposta ufficiale al medico sociale Riccardo Agricola, il quale afferma: «Zeman fa confusione tra integratori, sostanze lecite e sostanze illecite. Gli integratori sarebbe un delitto non usarli perché l’organismo di un atleta va riequilibrato dopo i pesanti carichi di lavoro cui deve sottoporsi. È chiaro che l’eccesso di tali sostanze è dannoso».
Nel frattempo le inchieste del Coni proseguono e dopo numerosi interrogatori a calciatori, dirigenti, tecnici e medici sociali si giunge alla conclusione che «non esiste doping nel calcio» (25 agosto 1998. La situazione è davvero paradossale, ma non resterà un unicum. Si spendono fiumi di parole affermando che la magistratura ordinaria non deve intervenire nelle questioni di quella sportiva ma, in questo caso, interviene eccome. Quando, al contrario, la giustizia ordinaria decreta l’archiviazione delle carte sulle intercettazioni di Calciopoli dichiarando che non c’è «nulla di penalmente rilevante», la giustizia sportiva magicamente si interessa dell’argomento. Che ci sia di mezzo in entrambi i casi la Juventus è ovviamente pura coincidenza). Tuttavia, agli inquirenti del Comitato Olimpico preme sottolineare come «l’apporto farmacologico [sia] diventato parte integrante dell’allenamento» al punto che le modalità dell’uso dei farmaci «sono tenute nascoste quasi fossero patrimonio di conoscenza da preservare per avvantaggiarsi nella competizione sportiva, assumendo quindi valenza di vero e proprio differenziale competitivo».
Il responso della commissione di indagine del Coni, sebbene parzialmente concorde con quanto affermato da Zeman, sembra porre la parola fine sulla questione. Ma il pm Guariniello decide che è necessario andare avanti: il 29 agosto, le cartelle cliniche dei calciatori della Juventus e del Torino vengono messe sotto sequestro.
L’inchiesta sembra interessare solo il capoluogo piemontese nonostante dichiarazioni successive dello stesso Zeman abbiano poi posto l’accento sulla diffusione globale del fenomeno. Queste frasi sono davvero contraddittorie se si considera tutto quello che da questo punto in poi accadrà:
Io non volevo denunciare niente, ho soltanto detto certe cose, ho soltanto espresso un parere perché, per quello che mi arriva, so che nel calcio si usano troppi farmaci. […] E non penso di essere stato il primo tirar fuori certi discorsi: anche in passato c’è stata gente che ne ha parlato, forse non è stata ascoltata”. Il tecnico, continuando sulla stessa linea, afferma anche di essere a conoscenza di un circuito farmaceutico interno a tutte le squadre: “Il problema principale di molte società oggi è quello di trovare un bravo farmacologo. […] Se a me arrivano ogni settimana decine di depliant di case farmaceutiche che pubblicizzano questo o quel prodotto e mi viene assicurato che lo usano la squadra X e la squadra Y e migliora di un cinquanta, sessanta per cento il rendimento io sostengo che tutto questo non è normale. Quali squadre? Quasi tutte. Sì, quelle di serie A. Non si fa pubblicità con le squadre di serie C2, se mai con quelle grandi, con quelle forti… I nomi delle case farmaceutiche non li ricordo, ma sono pronto a mostrarvi i depliant (Il Messaggero, 28 luglio 1998).
Il 4 settembre Guariniello dispone delle indagini nei laboratori capitolini dell’Acqua Acetosa, responsabili delle analisi delle urine dei calciatori di Serie A e B. Dalle verifiche emergono irregolarità e carenze relative ai controlli antidoping, le quali portano alle dimissioni del presidente del Coni Pescante e poi alla chiusura dei laboratori stessi (Per la vicenda dei laboratori dell’Acqua Acetosa rimando alla ricostruzione fatta da Mauro Barletta nel suo «Il calcio in farmacia» (Lindau), che rivela particolari inquietanti sui procedimenti relativi alle analisi antidoping (pagg.115-130)). In seguito a questi avvenimenti, cresce il partito degli accusatori della Juventus. Qualcuno sospetta lo zampino della Signora nelle anomalie dell’Acqua Acetosa, anche se a nessuno sovviene come la stessa Juve a Roma conti molto poco e che, se i controlli erano irregolari, tutte le squadre ne avrebbero potuto, in un certo senso, usufruire.
Il sasso ormai è lanciato e il treno in corsa non si può più fermare: è il momento del processo. Non quello sportivo, ma quello vero e proprio, che la magistratura ordinaria avvia quasi quattro anni più tardi, nel gennaio 2002.