Motivazioni sentenza Gea e rebus radiazioni: chiaroscuri di Calciopoli

rassegna stampaNel giugno 2006 era Moggiopoli, col mostro sbattuto in prima pagina su tutti i giornali di Milano, Roma e Torino. A distanza di cinque anni, e mentre sulle prime pagine vengono sbattuti nuovi mostri, la giustizia ordinaria, con le motivazioni della sentenza d'Appello sulla vicenda Gea, comincia a fare chiarezza su qualche aspetto di Calciopoli, quando invece quella sportiva si ritrova ancora incartata nel rebus delle radiazioni. Un'asimmetria assai significativa specie per chi, come noi di Ju29ro.com, ritiene che la storia di Calciopoli sia tuttora incompleta e che molto di quello che c'è ancora da scrivere dipenda proprio da dibattimenti e sentenze dei Tribunali.

Sul dispositivo della sentenza Gea scrive diffusamente Moretti su Tuttosport del 4 giugno. In sintesi, anche per i giudici della Corte d'Appello, come già per quelli del processo di primo grado, è senza fondamento l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla illecita concorrenza; la motivazione della sentenza ribalta addirittura l'ipotesi accusatoria riconoscendo la correttezza dell'operato degli amministratori della Gea e riconducendo i trasferimenti da e verso la Gea all'apertura del mercato ai diversi operatori e alla sua concorrenzialità. Scrive Moretti che viene così demolita una delle architravi della cupola moggiana e che la difesa di Moggi potrebbe avvantaggiarsene anche in sede di arringa al processo di Napoli.

Due considerazioni da parte nostra in aggiunta a quanto scrive Tuttosport. La prima riferita specificatamente alla figura di Alessandro Moggi, massacrato in modo vergognoso dalla stampa nell'estate 2006 e particolarmente attenzionato dalla giustizia sportiva: si può dire, dovrebbero scriverlo tutti, che la sua figura viene completamente riabilitata. Più in generale, quanto scrivono i giudici d'Appello porta a ripensare al mostro di Moggiopoli quale era tracimato dalle carte della Procura di Napoli, dapprima sui giornali e poi nelle decisioni della giustizia sportiva, e ne certifica la fallacità.
Si trattava, è bene ricordarlo, di un mostro a due teste: il signor Luciano Moggi era un delinquente al quadrato perché da un lato era il dominus del mercato e impediva illecitamente alle altre società, per esempio all'Inter, di rinforzarsi, e dall'altro teneva sotto scacco gli arbitri favorendo la carriera di chi aiutava la sua squadra o distruggendola nel caso contrario. Così c'è scritto nelle carte della Procura di Napoli, questo è stato scritto a caratteri cubitali dalla Gazzetta dello Sport nell'estate di Moggiopoli, di questo blaterano ancora oggi presidenti al massimo livello e qualche giocatore a fine carriera; e di questo hanno tenuto conto i giudici nei procedimenti sportivi del 2006 che alla Gazzetta si ispiravano.
Oggi è chiaro che così, invece, non era, quantomeno con riferimento al condizionamento del mercato e lo hanno argomentato in 39 pagine i giudici Masi, Pezzulo e De Cataldo in modo così netto che c'è gente che, a nostro avviso, di quanto scritto nell'estate 2006 sulla vicenda dovrebbe provare vergogna. Non a caso nella Gazzetta del 4 giugno u.s. delle motivazioni e delle implicazioni della sentenza Gea non c'è traccia; nell'estate 2006 pagine intere sui Moggi delinquenti, oggi silenzio. In compenso Ruggiero Palombo lo stesso giorno scrive sulla radiazione di Moggi (e Giraudo e Mazzini).

Questa della radiazione è un'altra farsa della giustizia sportiva, qualunque sia l'esito del procedimento in corso. Il dubbio se applicare un nuovo Codice a fatti contestati un anno prima della sua approvazione, la comica della radiazione automatica e della segnalazione che Abete s'è ben guardato dal fare, l'SOS lanciato all'Alta Corte del Coni, la pantomima di un nuovo dibattimento che doveva attualizzare i fatti del 2006, la difesa di Moggi che attualizza le intercettazioni e presenta quelle che non dovevano esserci, Palazzi che si oppone e contesta che non sia stata richiesta la grazia, i difensori che ribattono che la grazia è chiesta da chi si sente colpevole. Un grande pastrocchio, rebus indecifrabile.
Con l'intento, lodevole ma spericolato, di risolverlo, Palombo nel suo intervento richiama i casi di Sabatini e Preziosi per sostenere che essendo passati quasi cinque anni dal processo sportivo la radiazione, quand'anche comminata, verrebbe poi annullata in sede di conciliazione presso il Coni, com'è successo appunto per lo stesso motivo nei casi segnalati. Lo spunto è interessante, ma sulla vicenda Preziosi Palombo sbaglia.
Abbiamo già trattato l'argomento su Ju29ro.com e, rifacendoci a quanto a suo tempo riportato dalla stampa genovese (e mai smentito), ribadiamo che Preziosi non è mai stato radiato e quindi non può aver fatto ricorso all'Arbitrato del Coni, come invece sostiene la Gazzetta. La vicenda Preziosi è l'ennesimo buco nero della giustizia sportiva; non si tratta di atti secretati ma, semmai, di trattative segrete e, evidentemente, inconfessabili.
Da parte nostra ci limitiamo a osservare che la pretesa della giustizia sportiva di essere "autonoma" dalle decisioni di giustizia ordinaria non sta in piedi. Abbiamo spesso richiamato il parere espresso al riguardo dal Professor Caianiello su richiesta di Petrucci sul caso dei passaporti falsi; la soluzione del caso del presidente e proprietario del Genoa potrebbe essere la conferma della giustezza di quel parere, già di per sé molto autorevole (e sicuramente ignorato dal professor Guido Rossi durante la sua breve ma intensa esperienza di Commissario della Figc).

Non a caso abbiamo richiamato Tuttosport e Gazzetta del 4 giugno. Nell'estate del 2006 le pagine dedicate al "più grande scandalo della storia del calcio" e al mostro a due teste si somigliavano su tutti i giornali di Milano, Torino e Roma. Oggi non è più così. C'è chi dedica intere pagine a quello che succede al processo di Napoli e alle motivazioni della sentenza Gea e chi nasconde l'attualità in piccoli articoli nella pagine interne. C'è chi spiega come, quando e perché Calciopoli potrebbe essere oggetto di revisione e chi invita a guardare avanti e considerare definitivamente chiusa la vicenda.