Il caso Preziosi: tra patteggiamenti fantasma e accordi stragiudiziali

preziosiLa sorprendente radiazione implicita sentenziata dalla Corte di Giustizia Federale con riferimento a Moggi e a Calciopoli è stata accompagnata sui giornali dal distinguo, di fonte Figc, secondo il quale il presidente del Genoa, Enrico Preziosi, non sarebbe radiato perché nel frattempo ha patteggiato al Coni.
Vale la pena ricordare che all'entrata in vigore del nuovo CGS il presidente Preziosi era stato sanzionato dalla giustizia sportiva due volte, una per l'illecito relativo alla partita Genoa-Venezia e un'altra con riferimento al fallimento del Como, e in entrambi i casi, in prima istanza, la sanzione era stata quella massima, cioè cinque anni e proposta di radiazione. Un record, praticamente insuperabile, rispetto al quale il presunto patteggiamento al Coni appare davvero strano, sorprendente e da approfondire.
Quanto alla vicenda del Como, in seconda istanza (C.U. 54 del CDN del 15 maggio 2008) l'organo federale aveva confermato i cinque anni di inibizione ma non la proposta di radiazione e la stessa sanzione era stata definitivamente stabilita dalla Corte di Giustizia Federale il 12 giugno 2008 (C.U. n.221-2008).
Succede, a questo punto, che nell'ottobre 2008 al Tribunale di Como si conclude l'iter della giustizia ordinaria e Preziosi patteggia una pena coperta da indulto e 5 milioni di multa. Sembrerebbe la conferma di un illecito grave per i profili di giustizia sportiva e invece, stranamente, il processo sportivo viene rifatto, si torna alla Disciplinare e qui, il 21 gennaio 2009, il presidente del Genoa patteggia quattro mesi di inibizione e una multa di 100.00 euro da devolvere a favore della lotta alla SLA.
Una specie di grazia ricevuta, non si sa bene da chi e perché. Via web, infatti, è impossibile recuperare sia la sentenza della Disciplinare del gennaio 2009, sia l'annullamento del processo sportivo precedente da parte dell'Arbitrato del Coni, senza il quale il nuovo processo non poteva essere avviato. Si direbbe che, se c'è stata al Coni una qualche forma di patteggiamento e conciliazione, si sia trattato di un patteggiamento fantasma, per di più intervenuto dopo che un Tribunale aveva confermato la gravità delle accuse mosse a Preziosi.
Non solo è singolare il dipanarsi della vicenda Como, ma ancora più strano risulta quanto è successo sul caso Genoa-Venezia.
Passato alla storia come esempio di scuola di illecito conclamato (compresi 250.000 euro di pistola fumante), chiusi velocemente nell'estate 2005 i tre gradi di giudizio della giustizia sportiva e il ricorso al Tar con la conferma dell'inibizione massima e della proposta di radiazione, il caso Genoa-Venezia è diventato un vero casotto nelle aule di Tribunale. Gli avvocati del Genoa hanno puntato sulla legittima difesa (contro le avances del Torino nei confronti del Venezia), sulla mancanza di dolo e di frode sportiva, sull'inutilizzabilità delle intercettazioni perché disposte in un processo diverso e con ipotesi di accusa più gravi (associazione a delinquere), arrivando fino in Cassazione, nonostante la pena contenuta comminata in primo grado e in Appello. Nel frattempo, quanto a giustizia sportiva, tutto è rimasto fermo all'estate 2005 quando, rigettato il ricorso al Tar perché inammissibile, la Figc aveva "imposto" di non ricorrere all'Arbitrato (così si legge sul sito della Fondazione Genoa per cui la vicenda sportiva sembrerebbe definitivamente chiusa)
La Cassazione, e arriviamo a febbraio del corrente anno, ha dato ragione alla difesa sull'inutilizzabilità delle intercettazioni e disposto la ripetizione del processo: ed è qui che il meccanismo della giustizia sportiva deve essere andato verosimilmente in tilt. A leggere i giornali genovesi, infatti, l'avvocato Grassani per conto di Preziosi e quelli della Federazione avrebbero durante il 2009 raggiunto un accordo stragiudiziale a seguito del quale la Federazione non si è costituita parte civile in Cassazione; "con un altro esito ora certo ma fino a qualche mese fa non scontato - notava il Secolo XIX del 26 febbraio 2010 - e cioè che Preziosi non rischia più la radiazione come a suo tempo chiesto dalla Caf ".
A questo punto il giudizio accreditato a fonti della Federazione (e cioè che Preziosi ha evitato la radiazione implicita perché ha patteggiato al Coni) appare riduttivo e semplicistico: ci sono invece punti da chiarire, ci sono ombre che vanno ad aggiungersi alle tante altre già illustrate sul sito e che rendono oscuro e inquietante il funzionamento della giustizia sportiva.
Resta da chiarire, in particolare, se, quando, come e perché la vicenda relativa all'illecito Genoa-Venezia sia stata riaperta per la giustizia sportiva, visto che l'iter sembrava completato nel 2005; se ci sia stato un pronunciamento in merito da parte della Camera di Conciliazione e Arbitrato del Coni e se questo sia effetto dell'accordo stragiudiziale cui ha fatto cenno l'avvocato Grassani ai giornali genovesi; questa ipotesi sconfesserebbe la tanto proclamata terzietà della giustizia sportiva rispetto alla Figc ed entrerebbe in rotta di collisione col parere della Corte di Giustizia Federale in tema di radiazione automatica; per non parlare, poi, della congruità dell'eventuale accordo quanto a vantaggi della Figc che, per quanto noto ufficialmente, non aveva "debiti" nei confronti del Genoa e del suo Presidente né rischiava di andare incontro a richieste risarcitorie (nel processo ordinario la combine col Venezia non era stata, per così dire, negata, ma semmai "opportunamente" motivata dai difensori di Preziosi).
Un caso quindi, quello del presidente del Genoa, ancora da chiarire a fondo e comunque indicativo dei condizionamenti, negati dai grandi esperti della stampa sportiva, che la giustizia ordinaria può determinare sulle decisioni della Figc. Un caso che potrebbe tornare d'attualità una volta che la famosa radiazione implicita (o invisibile?) dovesse in qualche modo essere comunicata agli interessati.

In tema di bilanci e di calcio sostenibile il 2010 sarà ricordato come l'anno della svolta: in Italia, campione del mondo per i bilanci drogati e non sostenibili, si è arrivati alla messa all'asta della Roma; in Europa, quasi in contemporanea, l'Uefa ha varato il fair play finanziario che limita i passivi di bilancio dal 2012-13 e impone il pareggio tra costi e ricavi a partire dal 2018-19. Con la vicenda della Roma si è visto che col doping finanziario all'italiana magari si riesce a vincere uno scudetto, ma si rischia di rimetterci un intero patrimonio, la normativa Uefa lascia invece immaginare il calcio che verrà con i bilanci in pareggio, pena l'esclusione dalle competizioni internazionali.
Lo scudetto della Roma è del 2001. C'è Carraro presidente della Figc e del Mediocredito Centrale del gruppo Banca di Roma (presieduto da Cesare Geronzi); è l'epoca delle finte plusvalenze sulla compra-vendita di calciatori per centinaia di miliardi di lire; il prof. Uckmar, presidente uscente della Covisoc, lamenta le pressioni della Federazione sull'organismo di controllo e lancia l'allarme sulla situazione fallimentare di quasi tutte le società. Nel 2003 arriva la legge salvacalcio, ma intanto i debiti, così come le finte plusvalenze, si ingigantiscono e la holding di controllo della Roma arriva ad assommarne per più di 800 milioni di euro tanto che Geronzi, e siamo nel 2004, baratta la metà del credito col 49% di Italpetroli.
Negli ultimi anni il doping finanziario nostrano si affina e si entra, per la Roma come per le altre principali società con in testa l'Inter, nella fase delle nuove, più forti e sempre finte plusvalenze; quella della valorizzazione del marchio, degli scorpori e delle rivalutazioni, delle scatole cinesi e del factoring che anticipa incassi futuri. Nel silenzio assordante della stampa tradizionale, con Federazione e Coni che menano vanto del calcio nostrano rispetto a quello inglese e spagnolo, si mettono in atto i cosiddetti illeciti tollerati di cui parla il prof. Boeri; il Sole 24 Ore arriva a scrivere che Inter e Milan non avrebbero i requisiti per disputare la serie C e nessuno si scandalizza, anzi l'Inter del grande mecenate Moratti diventa la nuova padrona del campionato, paga in ingaggi quasi l'80% dei ricavi totali e nel 2007 riesce a perdere 206 milioni di euro su un fatturato di 221. Una squadra campione, quella del mecenate Moratti, campione assoluto anche nelle perdite e nell'invenzione di plusvalenze a tavolino, come abbiamo documentato tante volte su ju29ro.com.
Arriviamo ai nostri giorni con la transazione Unicredit-Sensi e frattanto, il 14 maggio, l'Uefa ha ufficializzato le nuove norme da rispettare in tema di bilanci, concordate con l'Associazione Europea dei Club più importanti. I controlli scatteranno nel 2013 e le società non dovranno aver superato i 45 milioni di perdite nel biennio precedente; questo limite verrà gradualmente ridotto prima a 45 milioni negli ultimi tre anni, successivamente a 30 e poi a 5 milioni; dalla stagione 2018-19 otterranno la licenza Uefa solo le società col bilancio in pareggio. Gli specialisti hanno parlato di break-even rule, la stampa sportiva di fair play finanziario, più semplicemente si tratterebbe di calcio sostenibile come attualmente non è, di un calcio che, quantomeno sulla carta, non sia drogato da sceicchi e petrolieri, finanzieri d'assalto e direttori di banca.
Secondo le prime stime il 50% delle società partecipanti alle competizioni Uefa sarebbe oggi inadempiente rispetto alla nuova normativa, specie in Italia e Inghilterra; per la nostra serie A, in particolare, è stato calcolato un passivo annuale di oltre il 10% rispetto al fatturato complessivo, segno che proprio qui da noi saranno necessari nuovi comportamenti e politiche, a tutti i livelli.
Detto che dal calcolo dei costi-ricavi che sarà annualmente verificato dal Panel dell'Uefa, e non più dagli organismi nazionali, restano fuori gli investimenti per lo stadio e il settore giovanile, si può fare una prima, sommaria valutazione circa l'impatto anche immediato della nuova normativa sulle nostre società più importanti a livello europeo.
In attesa di vedere se la Roma sarà acquistata da un arabo, come spera Totti, o da qualche cordata della capitale, come probabilmente spera il sindaco Alemanno pensando ad un nuovo stadio, va subito detto che il Milan già da tempo sembra sintonizzato sulla normativa del calcio sostenibile: da quando è Marina Berlusconi, presidente della Fininvest, a imporre scelte strategiche e investimenti possibili.
La nuova normativa potrebbe favorire la Juve, grazie alla non lontana ultimazione del nuovo stadio che sicuramente farà incrementare i ricavi: a condizione, però, che la squadra recuperi subito competitività in Italia ed Europa. Quanto all'Inter, prima ancora del fair play dell'Uefa si era fatta sentire la crisi generale che ha messo a dura prova la voglia di Moratti di fare per davvero il mecenate e già dall'anno scorso la società ha puntato a vendere per poi reinvestire in parte il ricavato. Con Ibrahimovic la puntata è stata vincente, resta da verificare se sarà possibile ripeterla per più anni e se si riuscirà a ridurre l'incidenza delle spese di personale sul totale dei ricavi (oggi a livello di primato europeo).
Al di là delle dichiarazioni di facciata e dell'accordo tra Uefa e Società è difficile dire quanto la nuova normativa sia gradita a livello europeo; si è scelto, è vero, di evitare che si ripetano altri casi come quello della Roma, ma si potrebbe correre il rischio che il gap tra le società oggi più forti e le altre aumenti ancora. Probabilmente la normativa favorirà, per tanti motivi, il calcio tedesco; sicuramente sarebbe stata molto gradita ad Antonio Giraudo. La sua Juve è stata l'unica tra le grandi società nazionali a non far ricorso alla legge salva-calcio, a non far finta di vendere il marchio e a gettare le basi per la costruzione del nuovo stadio.