Juve senz'anima nella settimana decisiva

RanieriLa settimana iniziata con una vittoria risicata contro la Fiorentina continua con un turno infrasettimanale che ci rimanda indietro a brutti ricordi. Brutti ricordi di serate autunnali, tipo Napoli, Palermo e Minsk. Un campionario di cose brutte. Ma proprio brutte. Questa serata lascia ben poco che meriti di essere salvato, forse solo i progressi di Buffon e il ritorno di Trezeguet. Il primo perché apparso in netto miglioramento nonostante i due gol presi e a proposito del secondo prendiamo atto, purtroppo, del mero dato statistico, nella speranza di vederlo presto "sporcare" i tabellini come ha sempre fatto. Cosa che non possiamo dire di Poulsen, già riapparso in recenti esibizioni e sempre per sporcare i tabellini, in un altro senso però.
Non c’è nient’altro da salvare in questa serata. Che a dire il vero, ha un antefatto nel martedì “strano” di Ranieri. La non convocazione di Del Piero (affaticato finchè si vuole ma in questo 2009 unico giocatore a far la differenza) suonava già come un campanello d’allarme. Ammesso e non concesso che il capitano fosse realmente indisponibile, bisognava evitare di cercare un surrogato. Il popolo voleva Giovinco? E Giovinco ha avuto. Una cosa troppo scontata, soprattutto per l’inadeguatezza del piccolo fantasista alla serata, che sapevamo sarebbe stata dura e fisica, terreno sul quale Sebastian perde in partenza. Si sapeva che l’Udinese avrebbe giocato alla morte, quindi bisognava andare in versione “carrarmato” più che camaleonte, aggressivi e determinati, posto che le qualità tecniche della Juventus dovrebbero essere superiori. Invece si è deciso di fare turnover proprio in casa di un avversario dato in crisi ma indiscutibilmente con valori da zona UEFA, piuttosto che provare a gestire cambi contro un Cagliari sicuramente in grande condizione ma palesemente inferiore ai friulani, checché ne dica la classifica.

Invece Ranieri ha rimescolato le carte e il risultato è stato il ripetersi del leit motiv di questo 2009, con la solita Juve molle, svagata e titubante di questo gennaio.

Perché avvisaglie ne avevamo avute nelle precedenti gare: Siena, Lazio e Fiorentina avevano già messo a disagio gli uomini di Ranieri sul piano del ritmo e della manovra, e il risultato aveva parzialmente nascosto prestazioni non brillanti. A Roma si era persa un’occasione, ma almeno la reazione della ripresa sembrava confortante, salvo poi venir ridimensionata dalla caduta laziale di domenica scorsa. Ma stasera siamo al "non pervenuto": si è proprio mollato. Il calo che avevamo intuito, sia fisico che tecnico, stasera ha purtroppo avuto conferma.
Troppi errori, una caterva di imprecisioni, alcune delle quali addirittura imbarazzanti. La proverbiale difesa alta e impenetrabile è stata infilzata di continuo dall’Udinese, che ha mostrato altra tempra, altre motivazioni, altra fame. Lo sapevamo, comunque. Soprattutto perché Marino, sentendo scricchiolare la propria panchina alla vigilia, aveva ripudiato il suo dogmatico 4-3-3- per un più pragmatico 4-4-2, lasciando fuori Pepe e infoltendo il centrocampo. Ora, considerato (da juventino…) che Marino avrebbe potuto aspettare almeno un’altra giornata prima di rivoluzionare lo schema, resta da valutare quanto una squadra in totale depressione tecnica e morale riesca in una serata a tirar fuori una prestazione del genere contro un avversario che dovrebbe avere gli occhi iniettati di sangue. Perché se siamo d’accordo sul fatto che la Juve sia più forte dell’Udinese, non possiamo dimenticare quanto la differenza nel calcio la facciano le motivazioni.
La difesa è stata in costante balìa di Quagliarella e Di Natale, rigenerati in una notte e autori delle due reti decisive, con Legrottaglie e Grygera nella parte di due complici inattesi. Il ceko a tratti è parso imbarazzante, con Pasquale (!), Di Natale e Asamoah (forse il migliore) a prenderselo a turno e a portarselo a spasso. Quanto a Legrottaglie, il giocatore dal rendimento più continuo di tutta la rosa, almeno fino a stasera, nell’occasione si fa superare da Quagliarella affrontandolo in un modo che nell’ABC delle scuole calcio definiscono come una delle peggiori mostruosità tecniche da evitare. Senza infamia e senza lode Mellberg, registriamo il ritorno al “periodo-Zenit” da parte di Molinaro, che, oltre a rivelarsi inutile in fase propositiva, “buca” clamorosamente dietro (in controtendenza con le molte prestazioni positive degli ultimi mesi), concedendo due grosse opportunità ad Isla, provvidenzialmente arginato da un Buffon in versione (lui si, per fortuna) lieta notizia.
Ma sparare sulla difesa sarebbe ingeneroso, ancorchè motivato, perché il peggio della serata arriva dal mezzo; l’Udinese vince la partita perché è più reattiva e ordinata a centrocampo, dove Inler, Asamoah, Isla e D’Agostino hanno fatto a fette il centrocampo di Ranieri. Mai entrato in partita Marchionni, brillante solo tre giorni fa; generoso ma pasticcione Nedved, che al momento sembra aver solo cuore ma non gambe; letteralmente surclassata la coppia di centrali che tanto bene aveva fatto negli ultimi mesi. Sissoko era dato in calo, e di recente Ranieri gli risparmiava ritagli di partite forse perché consapevole della situazione, mentre Marchisio non è piaciuto soprattutto per alcuni atteggiamenti che non vorremmo mai vedere in un centrocampista che deve crescere: certi colpi di tacco, certi inutili personalismi suggeriscono calma. Il ragazzo ha appena segnato il suo primo gol in serie A e gli elogi della critica non devono dargli alla testa, si ricordi che la strada per diventare il “Tardelli del 2010” è molto lunga e tortuosa.
Dagli attaccanti non giungono notizie migliori, recupero fisico di Trezeguet a parte: poco movimento, un Amauri a secco nel nuovo anno e spesso testardo nel cercare lo scontro di puro fisico, forse meriterebbe riposo, ma la sua latitanza sotto porta coincide con le difficoltà realizzative e di manovra della squadra. Non è un caso. Chi ha riposato molto è Giovinco, che a differenza del compagno di reparto lo scontro fisico proprio non se lo può permettere, e questa è purtroppo una certezza. L’ingresso di Iaquinta conferisce più dinamismo, ma squilibra la squadra, che rischia in apertura di ripresa 3 volte nei primi tre minuti. Da quel momento in poi, prevalenza territoriale, ma idee zero, occasioni zero e parate di Handanovic, anche casuali, volendo, ancora zero. La cosa più preoccupante della serata è questa, quando i friulani lasciano l’iniziativa dopo aver speso tutto ma non rischiano nulla di nulla. Ed è inevitabile che Di Natale colpisca trascinandosi Grygera per qualche decina di metri e trafiggendo Buffon con un tiro dei suoi.
Vittoria limpida, meritata per l’Udinese, che esce dal più brutto momento del recente passato con autorevolezza e grinta, anche se, va detto, i due gol nascono da situazioni curiose e da una serie di coincidenze difficilmente ripetibili nella stessa partita, una serie di rimpalli e deviazioni casuali sulle quali la sorte ha sempre premiato i friulani. Ma la buona sorte bisogna cercarla, e stasera non poteva di certo sorridere alla Juventus. Che, come già da Roma, torna a casa con l’amaro in bocca, con l’aggravante dei tre punti in più che la separano dall’Inter. Una lunga rincorsa costata tanta fatica, per poi ritrovarsi alla stessa distanza di ottobre, con in più la sensazione di appannamento fisico e forse mentale che pare attraversare il gruppo. Sabato arriva il Cagliari, che di questi tempi è un gran brutto cliente; in caso di mancato successo l’Inter già domenica si vedrebbe servito un match point, contro l’impalpabile Torino di questi tempi. Per chi solo tre giorni fa covava speranze di aggancio, sarebbe una bella mazzata.

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