Champions: buona la prima

Del PieroFinalmente si gioca. Un rientro atteso due anni dai tifosi juventini, “gasati” dalle mirabolanti e ottimistiche dichiarazioni del presidente binario, che darebbe un anno di vita in cambio della vittoria in una notte di maggio a Roma. Belle parole, aspettavamo i fatti.
I fatti dicono che la Juve ha vinto una partita complicata, con il peggior avversario possibile di questi tempi. Lo Zenit ha dimostrato di essere una grande squadra, organizzata e tecnica, con limiti di tipo mentale, caratteristica che ha sempre penalizzato le compagini russe, grandi mezzi fisici e tecnici ma caratterialmente indolenti e bizzarre.
Russi arrembanti con alcune individualità di livello superiore: Arshavin, Pogrebnyak, l’instancabile Tymoschuk e l’onnipresente Denisov. La Juve soffre, rischia di capitolare su un maldestro tentativo di "Mister 30 milioni Danny" (in realtà nulla di trascendentale) e, oltre che sovrastata fisicamente, pare psicologicamente in soggezione. Una fiammata a metà tempo porta la squadra di Ranieri vicina al vantaggio, con un paio di serpentine di Del Piero, un tentativo di Sissoko e soprattutto un palo esterno di Camoranesi che, poco dopo, sarà costretto a lasciare il campo e di conseguenza l'iniziativa torna in mano ai russi che, nel finale del tempo e nella ripresa, producono il massimo sforzo, uno sforzo che comunque impegna seriamente Buffon in una sola occasione.
Il gol di Del Piero risolve una pratica complicata ma meritata, non fosse altro che per l’orgoglio mostrato: il numero di occasioni da gol pende leggermente a favore della Signora, anche se quasi tutte ottenute da calci piazzati. Tre punti di importanza capitale, in una gara dove si sono distinti i due centrali difensivi (Chiellini mostruoso una volta di più), Grygera, Sissoko e l’autore del gol. Segnali negativi da Poulsen, sempre preso in mezzo dai mediani russi e confermatosi timido nelle scelte. Tutto ci saremmo aspettati da lui, tranne che difettasse di personalità. Segnali negativi anche da Trezeguet (non c’entra nulla con questa squadra, almeno in queste gare) e da Molinaro, al posto del quale il giovane De Ceglie ha fatto vedere buone cose. Nedved generosissimo ma forse troppo a vuoto e Salihamidzic a fare il suo, generoso come sempre.

Nell’altra gara del girone il Real Madrid come da pronostico liquida il Bate Borisov senza eccessivi problemi con il più classico dei risultati: un 2-0 firmato Sergio Ramos e Van Nistelrooy, due abituati a finire sul tabellino dei marcatori. E fra due settimane, mentre la Juve andrà in Bielorussia (sarà fondamentale vincere a questo punto, visto che si può credere alla qualificazione), a San Pietroburgo andrà in scena la sfida tra Zenit e Real Madrid.

La Fiorentina ha giocato una gran gara di rimessa a Lione, dove l'ex juventino Almiròn è stato protagonista, entrando in entrambe le marcature gigliate e colpendo anche una traversa, mentre l’ormai ritrovato Gilardino ha bussato due volte anche se il forcing finale (con giallo sul gol dell’1-2, stessa situazione e stesso arbitro di Italia-Olanda con uomo a terra e azione lasciata proseguire) di Juninho e soci ha parzialmente ridimensionato la gara dei viola. I fiorentini hanno dimostrato comunque di potersela tranquillamente giocare a Firenze, e soprattutto hanno capito che, escludendo forse il solo Bayern (vincitore di misura a Bucarest contro la Steaua), gli altri avversari sembrano abbordabili e fanno pensare a possibilità di qualificazione concrete.
Negli altri gironi del mercoledì il Porto, rimasto orfano di Quaresma, sembra non risentirne più di tanto sconfiggendo il Fenerbahçe, che lo scorso anno fece tremare il Chelsea alla soglia delle semifinale, con un secco 3-1, mentre l’Arsenal di Wenger si salva con Gallas all’ultimo minuto nell’insidiosa trasferta di Kiev, recuperando lo svantaggio maturato in precedenza. Questo risultato, unito al pareggio interno a reti bianche dei campioni in carica del Manchester United (che possono però sorridere per il ritorno di Cristiano Ronaldo) contro il “Sottomarino giallo” Villarreal, attenuano leggermente il bilancio delle inglesi, che ieri si erano presentate spaventando l’Europa con le altre due rappresentanti. In Celtic-Aalborg, scozzesi arrembanti come d’abitudine nelle gare casalinghe ma roccaforte danese che resiste inespugnata nonostante un rigore (parato) e ad un abbaglio della terna guidata da Trefoloni che, mal consigliato dal collaboratore di linea, espelle l’uomo sbagliato. Se Trefoloni ammetterà l’errore tecnico, ci sono gli estremi per la ripetizione della gara.

La sorpresa del turno viene però da martedì, ed è sicuramente il tonfo della Roma contro i carneadi rumeni del Cluj allenati dal friulano Trombetta. La Roma replica la gara di Palermo, parte bene e sfiora il gol e va in vantaggio, ma viene rimontata e superata con due gol di uno che ha un nome, che si pronuncia come quello di un gangsta rapper losangelino in voga qualche anno fa, ma che, scritto com’è all’italiana, suona imbarazzante: Culio. I giallorossi sono stati talmente in difficoltà da permettere un’ottima figura persino a Sixto Peralta, uno degli oggetti misteriosi che rimpolparono la notoriamente esigua rosa interista nei primi anni Duemila. Per gli uomini di Spalletti attenuanti ce ne sono: infortuni, assemblaggio nuovi giocatori, assenza del leader carismatico. Ma la Roma anche ieri sera ha destato l’impressione che bene o male aveva offerto in estate: quella di una squadra indebolita e che quando va sotto resta totalmente in balìa dell’avversario. Le facce da funerale in Rai (Francesca Sanipoli, nota ultrà giallorossa quasi in lacrime mentre intervista il tecnico Spalletti è una gustosa chicca senza prezzo), le critiche di Tombolini che si arrampica sugli specchi per trovare il pelo nell’uovo “arbitrale” nella gara della “Maggica”, tradiscono la sensazione che per la sponda eternamente “parte lesa” del Tevere saranno mesi roventi. La Coppa sembra fin da oggi compromessa, considerato che il Cluj sembrava la Cenerentola del girone e che nell’altra gara il Chelsea di Scolari si è dimostrato di un’altra categoria strapazzando il Bordeaux vicecampione di Francia fermandosi sul 4-0 per compassione dei girondini.
L’Inter vince la sua gara ad Atene, dove Ibrahimovic fa il diavolo a quattro e offre due cioccolatini a Mancini e ad Adriano per rintuzzare la veemenza del Panathinaikos, che non merita la sconfitta se guardiamo le occasioni create ma che, obiettivamente, con un fantasista che porta il cognome del bassista degli U2, un esterno destro che si chiama come il compianto batterista degli Who e con il Simao sbagliato, non poteva pretendere molto di più come squadra di calcio. Nonostante l’Inter abbia avuto la “trivela” inceppata, e Julio Cesar e Materazzi ne abbiano combinate di pregevoli, i tre punti prendono la via di Milano, grazie a quello che ormai va definito lo schema preferito di Mourinho: ”palla ad Ibrahimovic e chi lo segue magari fa gol”. E in un paio di occasioni, questo succede. Il buon Bergomi si esalta vedendo questa Inter, per lui la favorita numero 1 di questa competizione, con: “una difesa e un attacco senza paragoni e un centrocampo magari non esageratemente tecnico ma massiccio ed impenetrabile”. Bene, se è così, assegniamo loro la Coppa direttamente. Tanto è ormai un’abitudine. Anche perché nel girone stile Coppa Scarabocchio (glorioso torneo per ragazzini delle elementari organizzato dalle parrocchie una ventina d’anni fa e patrocinato dal periodico per ragazzi “Il Giornalino”) allestito su misura per i nerazzurri la seconda forza potrebbe essere proprio il Panathinaikos, vista la pochezza delle altre due del girone, Werder Brema e Anorthosis Famagosta, con i ciprioti esordienti a cogliere uno storico risultato; uno scialbo 0-0 con gli operatori televisivi chiamati ad un’impresa altrettanto storica: tentare di montare almeno 10 secondi decenti di sintesi.

Le altre gare del martedì sono scivolate via rispettando sostanzialmente il pronostico, con il solito Barcellona “cicaleggiante” sempre in bilico tra il trionfo e l’incubo, e al quale il cambio di allenatore non sembra aver minimamente intaccato i cromosomi; però non dovrebbe aver problemi a vincere agevolmente il girone, dove come seconda forza si afferma per ora la squadra allenata da Lucescu, lo Shakhtar Donetsk, corsaro a Basilea grazie soprattutto alle papere del portiere svizzero Costanzo. Nulla da dire, con quel cognome; martedì serata infelice assicurata per chiunque abbia una pur minima attinenza con la Rometta. Una parziale sorpresa (per la rotondità del risultato) è arrivata da Eindhoven, dove un PSV non più all’altezza dei momenti migliori è stato travolto dall’interessante Atlético Madrid, al rientro nella massima competizione continentale dopo 12 anni e subito travolgente, grazie al “Kun” Aguero, mattatore con una doppietta da attaccante di razza, e sigillo finale dell’ex interista Maniche. Squadra da seguire questo Atlético, la mina vagante che tutti volevano evitare e che dimostra subito di fare sul serio. La qualificazione dovrebbe essere un affare esclusivo per i madrileni e il Liverpool di Gerrard, autore di un gol dei suoi (straordinario) e di un rigore per la vittoria in rimonta sull’”O.M” al Vélodrome.
Appuntamento fra due settimane.