"Vieni domani alle 14 in tribunale a Milano, e vedrai che cominceremo a ristabilire un po’ di verità". Così Gianfelice Facchetti a Zanetti, dichiarazione riportata prontamente dal giornale rosa. In realtà, noi i tribunali li frequentiamo dall'inizio di questa storia e non ci sembra che molti in Italia vogliano accettare la verità uscita dalle aule di giustizia. Qui non si parla del Facchetti uomo, sulla condotta del quale non ci si permette certo di intervenire: non sono affari nostri. E non si tratta certo di giudicarlo: quel compito spetta a qualcuno che sta molto più in alto di noi. Si parla dell'etica dei comportamenti tenuti da un importante dirigente di una società sportiva. Società autodefinitasi onesta, società che si è vista regalare (per mano di un suo ex consigliere d'amministrazione) per la limpidezza dei comportamenti, in sostanza per motivi etici, uno scudetto vinto da altri, sul campo, meritatamente. Facchetti è stato un grande giocatore (lo dicono i numeri), e poi è stato un dirigente dell‘Inter: da dirigente e presidente si è comportato come i dirigenti delle altre società. I suoi comportamenti non sono stati né criminali, né tali da renderlo un esempio. Comunque, il Procuratore federale Palazzi ha individuato illeciti sportivi (art.6) a carico dell'ex presidente dell'Inter, senza poter procedere a causa della prescrizione. E gli illeciti sportivi, in base al Cgs, sono ben più gravi della cosiddetta slealtà sportiva (art.1), individuata dalla giustizia sportiva in alcuni comportamenti dei dirigenti juventini. La verità non offende. La verità di solito affiora attraverso la memoria, concetto piuttosto sbiadito ed alternato in questo paese. E’ vero, sono anni che parliamo di queste intercettazioni, ma la memoria ci impone di riproporvele ogni qual volta qualcuno cerca di oscurare quella verità di cui si riempie la bocca. Rianalizzeremo le intercettazioni precedenti e successive le partite Inter-Juve del 2004/05 in campionato e quelle relative a Cagliari-Inter di Coppa Italia dello stesso anno. Quasi tutte intercettazioni “dimenticate” dagli inquirenti. Comunque, alla fine della fiera, la Storia non si smentisce mai: noi vinciamo e loro piangono.



Facchetti-Bergamo, 11 maggio 2005
Il giorno prima dell'andata della semifinale di Coppa Italia contro il Cagliari, ricordiamo che quella Coppa Italia fu poi vinta dall'Inter.
In quella partita, proteste dei cagliaritani per la direzione di Bertini...alla fine il presidente Cellino dirà: "si vede che devono far vincere qualcosa all'Inter: non so se serva andare a San Siro la prossima settimana“.
Facchetti dice che "Bertini con noi ha 4 vittorie, 4 pareggi e 4 sconfitte“.
Il designatore auspica che aumenti la cifra delle vittorie dell'Inter, e Bergamo e il presidente dicono che deve smuovere quella che comincia per V, quella giusta, quella giusta...
Facchetti invita Bergamo a farlo presente all'arbitro "diglielo che è determinante, domani“.
Poi parlano delle griglie per la partita della domenica successiva.
Bergamo che chiede al presidente dell'Inter se gradisce una determinata tipologia di arbitro.
Ma non c'è mai problema per nessuno, se a parlare di griglie non è Moggi.
Facchetti si raccomanda ancora che Bergamo parli con Bertini: Bergamo assicura che lo farà.



Bergamo-Bertini, maggio 2005
Poi, la partita termina 1-1, e Bertini non riesce a smuovere la casella "quella giusta“.
Anche questa telefonata, come la precedente non è stata giudicata rilevante da Auricchio e dai i suoi uomini.
Questa è peggiore, perché conferma e aggrava la prima, per il comportamento di Facchetti, riferito da Bertini a Bergamo.
Prima discutono delle proteste interiste nella partita, Bergamo dice che all'Inter sono sempre un po' insofferenti.
Bertini racconta la visita di Facchetti all'inizio della partita dentro lo spogliatoio, per ricordargli il suo score 4-4-4.
Parla di "quel fare sempre... veramente, a volte è imbarazzante" e aggiunge che "non è stato piacevole, non è stato piacevole".

Dunque Bertini "è un ragazzo intelligente, ha capito ora come si cammina, ci è voluto un po' a capire...", così come Rodomonti sapeva quanto difficile fosse arrivare in alto e, se avesse voluto restarci, avrebbe dovuto guardare a chi "sta dietro".  Per carità, nessuno vuole insinuare che il designatore o gli arbitri fossero condizionati dalle telefonate del dirigente ma, a distanza di otto anni dalla Farsa, dove sta la cupola moggiana? Si è disintegrata dentro il Tribunale di Napoli, nonostante le condanne. E' per questo che dobbiamo rinfrescare la memoria a tutti ogniqualvolta qualcuno continua a sostenere le sgangherate litanie auricchiane o a far finta che ciò che le suddette litanie hanno ignorato non esista. E non solo per la Juventus e per la sua Storia, ma ancora di più per la Storia di questo disgraziato paese.

Qui la prima parte: Repetita iuvant (Vol.1)