"Una farfalla batte le ali a Pechino e a New York arriva la pioggia invece del Sole". (Jurassic Park, S. Spielberg, 1993)

Continuiamo la nostra miniserie di articoli dedicati alla sentenza di primo grado di Calciopoli con particolare riferimento alle condanne subite dall’ex direttore generale della Juventus, Luciano Moggi.

Prima di affrontare il capo d’imputazione G, l’altra condanna dovuta alla “dottrina Meani”, ovvero la teoria delle ammonizioni preventive per fiaccare la squadra avversaria in vista della successiva partita contro la Juventus, ci occupiamo delle accuse relative al capo F, in cui Moggi, Giraudo, con Bergamo e Pairetto “compivano atti fraudolenti che, alterando la corretta e genuina procedura di sorteggio del direttore di gara valida per il campionato di calcio di serie A 2004/05 e quella per la designazione degli assistenti del direttore di gara, erano finalizzati a predeterminare il risultato dell’incontro di calcio Juventus/Lazio 2/1, risultato perseguito anche mediante la designazione fraudolenta di una terna arbitrale (Dondarini direttore di gara, Baglioni e (...) assistenti) adoperandosi Dondarini e Baglioni per il raggiungimento di un risultato comunque favorevole alla squadra di cui Moggi e Giraudo erano i massimi dirigenti”.

Anche se nell’accusa si parla di sorteggi, in realtà con questo capo d’imputazione, in cui naturalmente non potevano mancare conversazioni con esponenti del processo di Biscardi e su cui, vedremo, i giudici faranno un po’ di confusione, introduciamo nelle nostre analisi la teoria “dell’influenza di Moggi sulla formazione delle griglie”, la quale troverà poi il suo culmine nell’ultimo capo di accusa di frode sportiva, Q, quello per intenderci della famosa grigliata “vediamo chi ha studiato meglio", fatta tra Moggi e Bergamo, e che permise agli inquirenti di “scoprire” le schede svizzere.

Come vedremo a breve, questo capo è pieno di arrampicate ed imprecisioni e, se ci passate il termine, assomiglia un po’ ad una supercazzola.
Innanzitutto va precisato che “si ipotizza la turbativa dell’incontro con risultato 2-1 tra la Juventus e Lazio, svoltosi il 5/12/04“, tuttavia “va premesso che l’accusa contesta alterazione di sorteggio e designazione, e non indica la condotta di gara attraverso la quale si sarebbe perseguito lo scopo di favorire la Juventus, intendendo così espressamente collocare la frode al tempo della formazione della terna arbitrale, nella quale sarebbero stati inseriti, per rendere favore, l’arbitro e l’assistente.
Si è già detto che il sorteggio truccato è un mal riuscito espediente dell’accusa per generalizzare l’ipotesi accusatoria, e, dunque, un tal elemento non può essere utilizzato neppure per questa partita
” (pag. 122, nelle motivazioni della sentenza). Sembrerebbe tutto chiaro, almeno per la parte relativa al sorteggio (quella della designazione dei guardalinee la vedremo successivamente) ed invece, con un colpo di teatro, i giudici tirano fuori il coniglio dal cilindro: “residua, però, il momento della formazione della griglia. Questo, ad avviso del Collegio è un antecedente che è solo reso meno efficiente dal mancato concorso del sorteggio truccato, poiché consente comunque l’accesso dell’arbitro gradito al sorteggio, con la possibilità di abbinamento alla squadra manifestante il gradimento” (pag. 123).

E così, anche qui, per riuscire a condannare Moggi il tribunale di Napoli si dovrà spingere sul terreno del reato di pericolo e per giustificarlo in questa circostanza si sono addirittura spinti oltre ciò che fecero nel precedente capo d’accusa presentato ai nostri lettori, e sinceramente non lo pensavamo possibile. Ed invece, il tribunale stima di poter affermare “che sono stati acquisiti al processo elementi sufficienti per condannare, poiché dal contenuto delle conversazioni telefoniche si ricava che all’epoca i designatori fecero accedere Dondarini al sorteggio per quella griglia inserendo nella relativa valutazione il gradimento di non legittimato a manifestarlo, Moggi, circostanza, questa, che, comunque, nella visione del tribunale, sembra possa ricadere nella previsione della norma penale, potendosi decifrare la sia pur marginale potenzialità a incidere sulla partita, posto che ogni arbitro, con il suo bagaglio di cognizioni, è pur sempre diverso dall’altro, diversa ne è la capacità, che non va confusa con la buona fede, che si presume per tutti, e ciò non solo perché questa è la regola, ma perché, com’è stato ampiamente dimostrato al dibattimento, la dinamica del gioco del calcio aumenta a dismisura il rischio dell’errore. Non importa, dunque, che al dibattimento è emerso, con specifico riferimento a questa partita, che in nessun errore ebbe ad incorrere Dondarini, a danno di questi o quello, se il contenuto delle intercettazioni telefoniche consente di affermare che su quel campo Dondarini avrebbe anche potuto non esserci' (pag. 123). Siamo sostanzialmente all’astrazione dell’astratto, un po’ alla stregua dell’effetto farfalla, “puo’ il batter d’ali di una farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas?”

Detto del fatto che in questo capo d’imputazione non c’è la presenza di sim svizzere, l’ex-dirigente bianconero che negli anni portò alla Juventus buona parte dei 50 campioni che oggi ornano lo Juventus Stadium con la propria stella viene condannato per le seguenti telefonate:
- La 841 del 21/9/04, Dondarini-Pairetto, una telefonata assolutamente decontestualizzata, ovvero quella dei “50 occhi ben aperti” relativa alla partita Sampdoria-Juventus, archiviata dalla Procura della Repubblica di Torino e vecchia di mesi rispetto alla gara incriminata nel capo F.
- La 1045 del 20/9/2004, tra il designatore arbitrale Pairetto e l’ osservatore arbitrale di quella partita, De Marchi, che discutono della prestazione del guardalinee Baglioni.

Queste due telefonate ad avviso dei giudici, “per quanto distanti nel tempo della partita di cui al presente capo F sono rappresentativi di designatori ufficiali e ufficiosi favorevolmente disposti nei confronti di Dondarini e Baglioni” (pag. 139). Entrambi in pratica colpevoli di essere ben considerati.
Quindi c’è una serie di telefonate che testimoniano dei preparativi e dell’avvenuta cena di Natale con mogli a seguito tra Moggi, Giraudo, Bergamo e Pairetto a casa di quest’ultimo, incontro giudicato dal tribunale “inopportuno, per quanto prenatalizio” (pag. 139)
- La 6014 dell’1/12/04, tra l’altro designatore arbitrale, Paolo Bergamo, e consorte
- La 5542 del 2/12/04, tra Moggi e consorte
- La 6366 del 3/12/04, tra Bergamo e consorte

E poi la famosa telefonata 8781 del 3/12/04 alle ore 11:53, utilizzata per affermare che almeno la designazione dei guardalinee fosse truccata, in cui Moggi anticipa la segretaria pavoneggiandosi di conoscere già il risultato del sorteggio arbitrale e delle designazioni dei guardalinee appena conclusesi. Telefonata oltretutto che venne spesso portata dai media a supporto della bufala dei sorteggi alterati, convinzione diffusa quest'ultima, basti ricordare i titoloni come (“ecco come truccavamo i sorteggi”, una storica prima pagina del giornale rosa milanese, ora trasferitosi nella periferia di Crescenzago).
Infine l’immancabile conversazione dell’ex direttore bianconero con Fabio Baldas, esponente del Processo di Biscardi, la 10159 del 3/12/04, in cui, come di consueto, Moggi “difende” Dondarini cercando di minimizzare le polemiche intorno alla direzione arbitrale e di riflesso sulla Juventus. Particolare da far drizzare i capelli e anche indicativo di questo disarmante giudizio penale è il fatto che quest’ultima telefonata nelle motivazioni è stata invece utilizzata dai giudici perchéil progressivo 10159 del 6/12/04 getta luce sul momento di formazione delle griglie (pag. 139).

In generale, il capo F sembra per ora il più avventuroso, quello in cui un battito di farfalla provoca un incredibile terremoto giudiziario. Oltretutto, l'arbitro della partita, Dondarini, durante il processo d'appello con rito abbreviato è stato completamente assolto da ogni accusa. La volontà dei giudici di esporsi a motivazioni di tale debolezza deve però probabilmente essere visto in funzione anche della necessità di trovare stampelle per l’accusa al capo A, quello dell'associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva. Difatti il capo d’accusa argomento del presente articolo rappresenta l’unico di tutta la sentenza in cui i giudici siano riusciti in qualche modo a far entrare nelle motivazioni di una condanna di Moggi per frode sportiva gli incontri fisici, “fuori dalle sedi istituzionali” (pag. 426), tra i dirigenti juventini e quelli arbitrali (c’è anche un riferimento ad una “convocazione” di Pairetto nel capo Q, ma non vi è prova dell’avvenuto incontro). Anticipiamo che tali incontri sono stati poi utili nel capo A per condannare Luciano Moggi. Il capo A, il castello di carta costruito, come si può vedere, su un altro castello di carta, sostanzialmente poggia proprio su questi incontri, oltre che su altri elementi come le schede straniere, “il continuo e prolungato chiacchierare sulla rete telefonica nazionale” (pag 427) ed il presunto rapporto amichevole di Moggi con alcuni arbitri. L’accusa di associazione per delinquere la analizzeremo però soltanto alla fine della serie di articoli dedicati alle frodi sportive. Ne mancano ancora tre, il capo Q, Juventus-Udinese, e i capi G ed I, Fiorentina-Bologna, influenzata dalla “dottrina Meani”, e la successiva Bologna-Juventus, condanne, queste ultime due, di cui ci occuperemo nella prossima puntata.

Puntate precedenti:
SPECIALE CALCIOPOLI: A5, Il "salvataggio" della Fiorentina
SPECIALE CALCIOPOLI: Z, La Roma-Juventus dei "traditori"
SPECIALE CALCIOPOLI: O, La partita di Abeijon
SPECIALE CALCIOPOLI: M, Vuoi mettere Kakà
SPECIALE CALCIOPOLI: B, Il pugno di Jankulovski