Chievo-Juve 2002: la Signora suona la "quinta"

lippiPer anni i tifosi dell’Hellas, quando la loro squadra era in Serie A ed il Chievo una realtà sì in forte crescita, ma molto, molto più in basso nel panorama calcistico italiano, hanno cantato un coro in dialetto veronese che voleva dire: “Il Chievo verrà in serie A quando gli asini voleranno", che stava a significare qualcosa d’impossibile. Il 27 gennaio 2002, la Juventus di Lippi, ospite del Chievo per la prima volta in Serie A, non trovò gli asini, ma una squadra tostissima, che metteva in mostra un gioco fluido e a tratti spettacolare, ma che stava attraversando un periodo non brillantissimo: una sola vittoria nelle cinque precedenti sfide. Dopo aver conquistato addirittura la testa della classifica tra ottobre e novembre, la squadra allora allenata da Luigi Del Neri cercava riscatto contro la Signora del calcio italiano. Un Del Neri che però non si lasciò andare a dichiarazioni belligeranti, anzi il tecnico friulano elogiò ripetutamente i bianconeri svelando un sogno, che nove anni dopo si sarebbe trasformato in realtà: “Vorrei allenare Del Piero. E’ un campione che sa restare defilato, questo dimostra che è anche un grande uomo". Al periodo di massimo splendore del Chievo corrispondeva invece una Juventus in crisi di risultati e gioco (6 partite senza vittorie), crisi cui Lippi riuscì a porre un freno grazie ad alcuni accorgimenti tattici: lo spostamento di Thuram nel ruolo di terzino destro, quello di Nedved a trequartista “atipico” in grado di svariare su tutto il fronte d’attacco e il rispolveramento di due “vecchietti” come Conte e Ferrara, che seppero dare esperienza e cattiveria ad una squadra apparsa spesso molle, e che erano stati accantonati troppo in fretta; senza dimenticare il grande contributo, in zona goal, di Trezeguet che, nelle precedenti sei gare di campionato era stato autore di altrettante reti. Queste modifiche permisero ai bianconeri di ottenere cinque vittorie in sei gare e di rosicchiare punti sulla coppia di testa Inter-Roma. A proposito dello smagliante stato di forma del bomber franco-argentino, Lippi dichiarò: “Mai un solo giocatore ha fatto la fortuna di una squadra. Certamente uno scudetto deciso sul filo dei gol realizzati dai grandi attaccanti sarebbe un romantico ritorno al passato, ma sarebbe pure un fatto insolito per il calcio moderno”. Curioso notare come queste dichiarazioni non avrebbero trovato conferma nei fatti, visto che Trezeguet sarebbe stato autore, a fine torneo, di 24 reti senza rigori, tutte importantissime per la conquista del 26esimo scudetto e per il titolo di capocannoniere.

Il posticipo serale del Bentegodi di ritorno divenne dunque un notevolissimo banco di prova per la squadra di Lippi che, nonostante il difficile impegno riuscì già nelle fasi iniziali del match a imporre il proprio gioco e ad andare in vantaggio al 18’ con Ferrara, abile a sfruttare una sponda di Trezeguet da calcio d’angolo. Il Chievo andò vicino al pareggio due volte con Luciano, prima al 21’ con una girata in avvitamento ben respinta da Buffon, e poi al 34’ con diagonale di poco a lato dopo uno scambio con Perrotta. All’inizio del secondo tempo la Juve raddoppiò (47’) grazie ad un'autorete di Moro che infilò Lupatelli con una ginocchiata su cross di Del Piero. Al 55’ lo stesso Del Piero avrebbe potuto chiudere il match su rigore, ma il capitano bianconero si fece ipnotizzare da Lupatelli ed un incontro che sembrava chiuso si riaprì invece dopo 3 minuti: lancio di Corini per il taglio di Marazzina che, a due metri dalla linea di fondo, sulla destra, mise il pallone alle spalle di Buffon sul primo palo, per il gol dell'1-2. Furono ancora Del Piero e Moro i protagonisti dell’1-3 che avrebbe posto fine alla gara al 72’: il difensore clivense, infatti, colpì la palla con la mano su cross di Nedved, causando un secondo rigore che non venne, alla seconda occasione, sbagliato da Del Piero, che insaccò con un destro potente a mezz’altezza.

Fu la quinta vittoria di fila per la squadra di Lippi che vedeva la vetta della classifica, allora appannaggio della Roma di Capello, lontana solo tre punti. Pur senza brillare, la Juve impose comunque la propria supremazia concedendo al Chievo solamente il gol del momentaneo 1-2 e qualche sfuriata di Luciano e mostrando la propria superiorità anche a dispetto delle solite polemiche per le decisioni arbitrali (in particolare nei due casi da rigore). Una vittoria fondamentale, che fece fare un salto di qualità importante a Nedved e compagni, i quali a loro volta cominciarono ad assumere una grande consapevolezza nei propri mezzi grazie soprattutto alla continuità di risultati. Continuità che ci si attendeva anche lo scorso anno, sempre a Verona, dopo la vittoria all’ultimo secondo contro la Lazio, e che ci si attende quest’anno dagli uomini di Conte, dopo la bellissima vittoria contro il Milan. L’attuale tecnico bianconero in quella fredda sera di gennaio era in campo, pronto a sradicare palloni dai piedi degli avversari, per poi far ripartire l’azione con la grinta e la giusta cattiveria che lo hanno sempre contraddistinto in maglia bianconera, la stessa grinta e la stessa cattiveria con cui cercherà di fare capire ai propri ragazzi che espugnare il Bentegodi potrebbe rappresentare una tappa significativa per la Juventus 2011-2012.