La differenza fra progetto e projettò... capire gli errori per non ripeterli

blanc cobolliRicordare il passato serve per il futuro, così non ripeterai gli stessi errori: ne inventerai di nuovi (Groucho Marx).
Anni fa, su queste colonne l’ottimo Gobbopugliese si chiedeva: Il progetto esiste? Che roba è?
Sono appena finiti i cinque anni che Blanc ha indicato più volte come l’orizzonte temporale necessario per ricostruire una Juve forte come quella del 2006 e i risultati, purtroppo per noi, sono sotto gli occhi di tutti.
Il projettò si è dimostrato un fallimento totale che ci ha portato, per la prima volta dopo 20 anni, fuori dalle Coppe Europee (farse giudiziarie a parte, ovviamente) e lontano anni luce dai top team europei ed italiani.
Siamo pure stati superati (con pieno merito) da squadre come Udinese, Napoli e Lazio, che hanno risorse molto inferiori alle nostre ma, probabilmente, un management più capace e un “progetto” di lavoro più efficiente.

Penso quindi che la conclusione dei cinque anni previsti dal projettò, assieme al contestuale annuncio che per tornare a vincere ci vorranno almeno altri tre anni, sia un'ottima occasione per analizzare retrospettivamente il “projettò” originale e cercare di capire quali ne siano stati i punti deboli e gli errori strutturali, in modo da evitare di ripetere gli stessi errori (sperando che, come dice Groucho Marx, questo non sia un motivo per inventarne di nuovi).

Partendo dagli inizi, il primo annuncio del “projettò” fu l’8 settembre 2006, in un'intervista alla Gazzetta comparsa il giorno della trasferta di Rimini in serie B.
L’annuncio di un progetto, per me che lavoro come responsabile di progetto in una multinazionale, sembrò una cosa assolutamente naturale e logica, ma evidentemente avevo avuto un eccesso di fiducia sulle capacità di chi ne era stato messo alla guida...

La definizione di progetto che viene data dai testi sacri, ovvero dal Project Management Body Of Knowledge (PMBOK), la Bibbia per tutti coloro che fanno il mio lavoro, è il seguente;
“Un progetto è una iniziativa temporanea intrapresa per creare un prodotto unico”:
- l’aggettivo “temporaneo“ implica che il progetto ha un inizio e una fine definiti (meno male, altrimenti ci trovavamo Blanc per l’eternità).
- l’aggettivo “unico” implica che il prodotto si differenzia in qualche modo da tutti quelli fatti in passato (e, infatti, mai si era dovuti risalire dalla serie B per tornare al vertice).

Se le premesse teoriche erano tutte corrette, è allora naturale chiedersi le ragioni del fallimento: per trovare una possibile risposta, basta semplicemente leggere i paragrafi successivi del PMBOK (eh già, leggere solo la definizione e usarla per riempirsi la bocca con i giornalisti non basta, caro signor Blanc).
La caratteristica principale dei progetti è la “elaborazione progressiva”, ovvero il fare continuamente cicli di pianificazione successivi e ripetuti ad ogni nuova informazione ricevuta (stato di avanzamento), “procedendo per passi ed aumentando in modo continuo per incrementi”.
Ecco, giudicando da esterno, questo passaggio mi sembra proprio sia mancato nel nostro projettò:
- nel primo anno si è sicuramente raggiunto l’obiettivo intermedio prefissato (risalire in serie A)
- nel secondo anno, l’obiettivo fissato non era ufficialmente noto a tutti, ma immagino fosse quello di tornare a lottare per il vertice, ed è stato secondo me perfettamente raggiunto.
Fino a qui dunque, il projettò pareva funzionare perfettamente e cicli di ripianificazione successiva non parevano necessari, almeno dal punto di vista dei risultati sportivi.

Dal terzo anno, però, abbiamo assistito a un calando impressionante di risultati sportivi e alla totale mancanza di un qualunque tentativo managerialmente ben strutturato di invertire la direzione negativa che il progetto aveva preso.
Eppure non era difficile; come si migliora una squadra che ha lottato per il vertice sino a fine stagione? La risposta è molto semplice, basta comprare uno o due (secondo il budget disponibile) Campioni veri, quelli con la C maiuscola, gli unici in grado di perfezionare una squadra già buona e portare quell’ultimo miglioramento per niente banale che c’è fra il lottare per il vertice e il raggiungere l’obiettivo prefissato della vittoria.
E invece chi arrivò? Meglio tralasciare i nomi, altrimenti mi torna l’ulcera …. tanto purtroppo tutti ricordate chi è arrivato.

L’anno seguente si provò ad applicare nuovamente il concetto, ma purtroppo si fece confusione fra due termini apparentemente simili, “costoso” e “campione” e così si comprarono due giocatori molto costosi (anche perché strapagati), ma che non erano e non sono campioni (anche se su Diego ammetto di essermi illuso e sbagliato).
E tutto andò ancora peggio …
Poi l’anno successivo, nel maldestro tentativo di rimediare, si comprarono tutti i giocatori i cui procuratori passavano davanti ai portoni dalla sede, facendo l’esatto contrario di quello che la logica e la teoria suggerivano, senza nemmeno prendere spunto dall’esperienza di altri “onesti” team che avevano seguito questo approccio fallimentare in passato, risultando sempre Perdenti (come da loro DNA).
E i risultati non potevano che essere quelli che poi si sono verificati, come ampiamente predetto da chiunque avesse un minimo di visione e di esperienza manageriale.

Speriamo che queste esperienze negative servano da lezione per il futuro e che, già da questa campagna acquisti, si facciano le scelte corrette (dopo il giusto arrivo dei parametri zero, devono arrivare solo Campioni che siano però tatticamente perfettamente funzionali al nuovo progetto… e qui ho qualche dubbio sulla funzionalità di Pirlo, che è sicuramente un Campione, per il modulo tipico di gioco di Conte, che è sicuramente un ottimo Allenatore).

Altra lezione sicuramente da imparare per il futuro è l’importanza dei “deliverables”, ovvero i risultati intermedi del progetto, quelli che segnano il passaggio da una fase all’altra.
In teoria, la conclusione di una fase di progetto è uno dei passaggi più importanti del progetto stesso, perché prevede la revisione dei risultati ottenuti e dell’andamento generale del progetto stesso per capire se sia più saggio e corretto iniziare un progetto nuovo oppure se sia possibile proseguire con il progetto originale, magari apportando gli opportuni interventi correttivi.
Questo passaggio mi sembra che, a partire dal terzo anno del projettò, sia completamente mancato.
A quel punto, il fallimento era palese, così come l’impossibilità di raggiungere gli obiettivi fissati (tornare a vincere) nei tempi prefissati (entro i cinque anni) e quindi la buona pratica manageriale avrebbe suggerito di interrompere subito il projettò e disegnarne uno completamente nuovo, cosa che non mi sembra sia stata mai considerata.
Il vantaggio di questa scelta, anche se drastica, sarebbe stato quello di evitare di perdere un ulteriore anno (come invece è stato fatto con la gestione Del Neri), anche se avrebbe avuto lo svantaggio di doversi presentare un anno prima davanti agli azionisti e ai tifosi ad ammettere il fallimento (cosa che ha correttamente fatto Andrea quest’anno).
Il sospetto che mi viene è che in realtà, dopo il secondo anno, non fossero stati posti obiettivi intermedi per il projettò (se dopo due anni torni a lottare per il vertice ma prevedi di vincere solo al quinto, quali obiettivi concreti ti fissi per il terzo e quarto anno?) e che questo abbia reso quindi impossibile la verifica intermedia del projettò e il suo riallineamento al piano iniziale.
Se così fosse, si tratterebbe di una mancanza incredibile, capace da sola di minare alla base le probabilità di successo dell’intero piano.

E quindi, per non ripetere i vecchi errori, la supplica per Andrea (in cui continuo a riporre fiducia nonostante il pessimo primo anno) è di avere il coraggio di:
- fissare obiettivi intermedi; facile quello per il 2011-12, tornare nell’Europa che conta, ma ci vuole il coraggio di fissarne anche uno più ambizioso per l’anno seguente, tipo lottare fino all’ultima giornata per il titolo, magari con l’aggiunta di pianificare l’acquisto di almeno un Campione (già affermato ai massimi livelli o pronto ad esplodere) all’anno;
- verificare l’andamento del piano ogni anno, avendo il coraggio di riconoscere subito gli eventuali errori o fallimenti e di intervenire prontamente per risolverli, variando il piano (ricordiamo che, secondo i modelli teorici, questo non significa cambiare l’obiettivo finale del piano, ma solo il percorso per arrivarci).

Caro Andrea, noi abbiamo ancora fiducia in te, cerca di dimostrare che questa fiducia è ben riposta e mostra il coraggio (perché riconosco che ne serve tanto) per applicare nel dettaglio tutte le teorie di gestione manageriale che servono a garantire (o almeno facilitare) il successo del Progetto di Rinascita cui tutti noi teniamo così tanto.