La litania di Marotta e il coraggio di Andrea

marotta“Coglieremo le opportunità che si presenteranno anche se non sempre ce ne sono che permettono di incrementare la qualità della squadra. Non andremo comunque a fare investimenti cospicui, perché terremo per la prossima estate la parte consistente. Lavoreremo di fantasia”. Le avrete certamente riconosciute. Parole e musica di Giuseppe Marotta per un disco che suona a mo di litania ogni volta che gli si chiede se e come la Juventus interverrà nella finestra di mercato invernale. Non me lo voglio nemmeno immaginare Marotta a rovistare nel virtuale outlet del calcio fra i banconi delle seconde scelte altrui, quando non proprio delle terze. Ma come si può pensare di rafforzarsi davvero aspettando l’occasione buona o l’ultimo giorno di calciomercato?

Noi crediamo che sia tutta colpa di Calciopoli e della gestione post farsa proclamata da John Elkann con tanto di benedizione di Montezemolo e Boniperti. Ma ora il rischio sempre più forte è che il ritorno di un Agnelli, Andrea, al vertice della società bianconera si confonda con le simpatiche gestioni Cobolli Gigli-Blanc che tanto sono piaciute e hanno divertito soprattutto gli anti-juventini d’Italia. E’ vero che l’inversione di marcia del nuovo presidente riguardo all’atteggiamento della società su Calciopoli c’è stato, anche se a oggi è difficile capire quale sia l’efficacia delle azioni intraprese, ma è il nuovo progetto tecnico quello che preoccupa. I risultati arrivati alla boa del girone di andata sono infatti simili, se non peggiori, rispetto alla tanto vituperata Juventus allenata da Ferrara.

Colpisce la distanza fra l’ambizioso obiettivo di centrare la qualificazione alla prossima Champions League e la consapevolezza di essere alle prese con una squadra monca di alcuni tasselli. Mancano ancora alcuni pezzi in grado di assicurare il salto di qualità e dare continuità agli apprezzabili risultati ottenuti, almeno fino a Natale, dall’organizzazione di gioco voluta dal nuovo tecnico Del Neri. Non si tratta di una constatazione figlia delle due sonore sconfitte maturate contro Parma e Napoli, bensì di una certezza che affonda le sue radici in un calciomercato estivo condotto con l’input di rinnovare, tagliando i costi degli ingaggi, nonché di presentare una squadra all’altezza della situazione entro fine luglio in modo da potersi giocare i preliminari di Europa League. Un calciomercato in cui sono state inevitabilmente alternate quelle che a oggi sembrano buone operazioni, secondo il parziale responso del campo (Krasic, Quagliarella, Storari, Aquilani, Bonucci) ad altre che lasciano più o meno perplessi (Martinez, Motta, Traoré, Lanzafame in entrata, Diego, Trezeguet, Giovinco, Ekdal in uscita), ma che ha soprattutto lasciato l’impressione di un lavoro non ancora concluso.

Le deficienze di questa Juventus erano note sin dalla chiusura del mercato estivo. Un puzzle da completare per la difficoltà di arrivare a due cursori di fascia da inserire nella linea difensiva, ma anche per l’incapacità di assicurarsi le prestazioni di una prima punta come Borriello che nell’ultimo giorno di calciomercato scelse di andare alla Roma. Pensiamoci un attimo a dove potrebbe essere in classifica oggi la Juventus con una coppia d’attacco Borriello-Quagliarella. Sono 18 i gol segnati dai due fin qui, ma purtroppo la metà sono stati realizzati da Borriello per la Roma. Quanto all’attacco bianconero, tolti i 9 gol di Quagliarella, fra Iaquinta, Del Piero e Amauri sono solo 7 le marcature messe a segno. Una bella differenza di rendimento che va anche oltre i dati numerici.

Ebbene con una consapevolezza del genere ci si poteva aspettare che il mercato di riparazione servisse per completare al meglio il mosaico della squadra, vista anche l’ottima classifica (almeno fino alla vigilia di Natale) e la possibilità di inseguire traguardi magari imprevisti solo qualche mese fa. Come? Non certo aspettando le occasioni dell’ultimo giorno, tipo i Borriello che poi vanno altrove, salvo poi dire. “Stiamo a posto così”. Ci si aspettava invece che dicembre servisse per condividere con l’azionista di maggioranza l’esigenza di anticipare parte della spesa del budget previsto per il calciomercato estivo dando un’accelerazione al piano industriale. Sarebbe stato auspicabile iniziare l’anno con un paio di innesti già definiti per puntellare una rosa con troppi elementi precari, facendo così il possibile per limitare il rischio di compromettere quanto di buono fatto fin qui.

Tralasciando ogni velleità di scudetto, consideriamo invece che mai come quest’anno, nel campionato italiano, ci sono almeno 7-8 squadre potenzialmente attrezzate per qualificarsi alla prossima Champions League, e il confine fra una possibile qualificazione e finire invece tagliati fuori da questo traguardo potrebbe essere estremamente labile. Vista l’assoluta necessità di raggiungere l’obiettivo stabilito, anche per via dei molti giocatori presi in prestito con diritto di riscatto (Aquilani, Pepe, Quagliarella, Motta) ci si aspettava il coraggio di entrare al supermarket invernale del calcio per andarsi a prendere subito quel paio di acquisti necessari. Invece siamo di fronte a una Juventus che si arrabatta fra un trentatreenne preso a parametro zero e chissà quali altre operazioni di fantasia. Può diventare difficile, davanti a questa realtà di cose, percepire la volontà di costruire un futuro vincente da parte della nuova presidenza. E quando Andrea Agnelli fa logicamente squadra parlando di “compattezza” ed esaltando l’assoluta identità di vedute con il cugino e la massima fiducia in Marotta corre il rischio di appiattirsi fra i drammatici errori strategici del passato e quelli operativi del presente.

Per costruire la miglior Juventus possibile per il futuro c'è da affrontare oggi un passaggio importante che può accelerarne o rallentarne la corsa. Forse servirebbe un atto di coraggio, magari una forzatura rispetto a decisioni già prese e condivise. Sarebbe imperdonabile fra qualche mese ritrovarsi al palo e rimpiangere di non aver premuto sull'acceleratore oggi.