BATTIBECK! La casta diva

battibeckPALAGRUZA
Caro Battitore,
fatico a credere che per chiudere la Bottega Newventus bisognasse disfarsi di Bettega Juventus. Per dirla alla tua maniera: ora si entra in strane logiche di potere, e io l'unica cosa che conosco è il potere della logica. Non ha senso alcuno scaricare chi si è precipitato lì solo per la Juventus, e nel momento più duro, all'annuncio dell' irreversibilità del coma. Ogni rivoluzione, si dice, ha il suo peccato originale: io credo (e spero) che questo basti e avanzi. Ovvio, a lasciar perdere Margherita. Concedimi un po' di realismo però: è sempre meglio che lasciar vincere l'Inter.
La storia quindi ricomincia. Noi nel punto più basso della nostra storia, loro nel punto più alto, lo Zenit del loro film di serie Zeta.
La storia, questo me lo concederai, è una grandissima puttana. Noi siamo stati giudicati, grazie a una provvidenziale fuga di notizie, come sempre archiviata. Loro, con le intercettazioni tenute da parte, godono della prescrizione, che non si discute, per carità. Spero tu stia dalla mia parte mentre chiedo giustizia almeno su questo: la procura di Torino, per altri fatti quella di Genova, di Parma e tante altre, come prassi, passano tutte gli atti alla FIGC, dicono: reati non ce ne sono, ora giudicate voi. Quella di Napoli, per quanto concerne l'Inter, no. Perché? Quanto deve diventare grande questo perchè? Perché non si viene mai a sapere niente delle fughe di notizie? Perché? Questo, almeno questo, deve essere spiegato a tutti noi. Ce lo meritiamo. Non c'entra Moggi, né Giraudo, né i rancorosi. E' una questione minima di civiltà.
Poi: bravo Mourinho, bravo Milito, bravo Balotelli. Tutto quello che voi. Ma come sono arrivati lì? Altro che peccato originale. A cinque anni dal più grande scandalo dell'Italia del dopoguerra - quello di Telecom - e a cinque anni da un'indagine giudiziaria fondata non solo sulla lettura ma, oggi scopriamo, addirittura sull'attiva consulenza di quel faro di civiltà che è la Gazzetta dello Sport, Tronchetti Provera è sempre di più uno dei "buoni" e moraleggia su tutto. Quegli altri sono sempre i "cattivi", una "banda di truffatori". Alla faccia dei giornalisti terzi e imparziali. Imparziali non lo so, ma terzi quell'anno ci sono arrivati di sicuro.
Che facciamo noi? Aspettiamo il giudice a Berlino, a Bruxelles o forse aspettiamo davvero Godot, mentre gli altri godono, e così sfacciatamente?
Cosa mi aspetto dal domani? Da Robben Arijen a Robben Island, la strada è ancora lunga, l'estate sicuramente calda e chissà mai che qualcosa mi faccia passare tutta questa rabbia. Non sono mica pirla, però: questa volta altro che Italia e Gazzette, passo l'estate in mezzo all'Adriatico, in un faro a Palagruza, così vicino alla penisola, eppure così distaccato. Da lì si trova, dicono, la giusta prospettiva per guardarci. Dicono che quando è proprio bello, lontana lontana si vede l'Italia. E sembra proprio bella. Ma succede veramente di rado.
Ci vediamo a settembre, Battitore.


CONTRO TUTTI E CONTRO TUTTO: IL MASSIMO
Carissimo,
adesso che la musica è finita, non bisogna arrendersi agli istinti più beceri, che sempre accompagnano gli unti dai complotti. Più terra terra, bisogna alzarsi in piedi e applaudire l’Inter. Lo so, nel pacchetto Inter è compreso pure Tronchetti Provera, che in tempi non sospetti chiamavo «affettuosamente» Marco Tronchetti Proverà (a vincere qualcosa), e il solo pensiero dell’applauso nel mucchio, non meno infìdo dello sparo, mi rende feroce. Se mi chiedessi mai la classifica dei Distratti, lo metterei al primo posto, tallonato da Franco Carraro. Però quattro scudetti sono quattro scudetti. Capovolgi la situazione: noi al posto loro, la Juventus sul pullman scoperto e l’Inter a meno ventisette. Quanti di noi, a parità di tutto, avrebbero avuto la sensibilità di tenderne almeno uno - cito, a caso, quello di cartone - alle pargolette mani dei Proveriani? Mi risponderai: tutti, che diamine; non siamo mica come loro! A parole, è facile. Mi fai venire in mente la parabola di Lucianone, così come me la insegnarono al catechismo: per voto palese, lo avrebbero ignorato persino in Zimbabwe; per voto segreto, lo avrebbero eletto presidente di tutto.
Siamo in Italia, non scordartelo mai. E in Italia molto è possibile. Piuttosto, stiamo dietro a Palazzi e ai suoi palazzinari. Il secondo cofanetto di intercettazioni sembra una confezione di Viagra. Da La vita agra di Luciano Bianciardi al Viagra e basta di un popolo allo sbando: ti prego (se no, ti frego), non chiamarlo progresso. Un campionato che muore è sempre un pezzo di vita che si stacca, felice o malinconico in base alla classifica. Nelle nostre condizioni, addirittura mortificante. Ricordo l’estate del 2006, quando diventammo campioni del Mondo e si celebrò un processo sportivo che, a sua volta, avrebbe giustificato un processo. Rammento quanti proposero, inviperiti com’erano, di fermare il calcio, dimenticando che fermare il calcio, in Italia, significa fermare la vita. Negli Stati Uniti lo avrebbero bloccato, certo, ma laggiù hanno il baseball, il basket, il football e l’hockey su ghiaccio. Si ferma il basket? Il popolo si tuffa nelle altre piscine; e così via. Il calcio è unico. Trasporta milioni di sogni e sogni di milioni. Riempie le settimane al di là di ogni ragionevole spudoratezza. Il calcio siamo noi: se lo uccidessi, non ammazzeresti soltanto l’azienda impuatata, ammazzeresti anche le altre, le cosiddette «parti lese». Pugnaleresti te stesso.
Non andammo al Tar e ci attaccammo al tram. Il problema è che quando il campionato sbaracca mi dispiace. Dovrei essere meno romantico, lo so: e meno orfano, già che ci siamo. Ma è più forte di me. Mi farebbe comodo una damigiana di anestesia: oppure che, quando mi stendo metaforicamente sul lettino dei rimpianti e dei rimorsi, Abete parlasse di Calciopoli/2 per almeno un’oretta. Un giorno, la combinazione riuscì e mi dovettero svegliare con le cannonate. Però, sia chiaro, ai Mondiali tiferò per i nostri. Ce ne sono sempre, hai notato? Anche dopo vendemmie così stitiche, così traditrici. Non so dove passerò l’estate, ma so come la passerò: a spasimare per degli avanzi e a fare la ola ogni volta che Palazzi aprirà un fascicolo. Dovrebbe toccare alla casta diva, secondo i calcoli di Ruggiero Palombo (!). Nel frattempo, sotto con il manuale delle giovani Marotte. Amici sampdoriani mi hanno garantito che è piacevole e istruttivo. Non resta che fidarmi, ridotto come sono.
A proposito: l’hai sentito, Moratti? «L’Inter ha vinto contro tutti e contro tutto, come sempre». Ora, contro tutti è auspicabile, dal momento che lo stabilisce la formula del campionato. Contro tutto, lo urlava anche il Berlusca. Penso a Lazio-Inter e qualche dubbio mi viene: contro tutto? Che noia, mamma mia; o che nausea: scegli tu.
Carissimo, buone vacanze a te e buon lavoro ad Andrea Agnelli.
Il Battitore Libero

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