La Dea Sbendata

calciomercatoPissi-pissi bau-bau da Genova. Mercoledì 24 marzo 2010, verso metà pomeriggio, le prime voci avevano iniziato a rincorrersi con sempre maggior frequenza: stasera finisce 2-2. Poi, una volta dentro alla Nord, le voci erano diventate ancora più insistenti, culminando nelle imprecazioni di un ministro della balconata perché, a quel punto, era troppo tardi per uscire a farsi una giocata e rientrare in gradinata per gustarsela dal vivo, magari fingendo pure di incitare la squadra a prendersi i tre punti. Mica siamo in discoteca, che ti timbrano la manina e tu fai avanti e indietro finché ti pare.
Certo è vero che le partite, poi, una volta che sono terminate, se le leggi con la lente del sospetto, le traduci come vuoi. Chiedete a un interista.
Però tant'è che Genoa-Palermo, mercoledì 24 marzo 2010, è finita 2-2 anche per gli almanacchi. E chi vi scrive, di certezze, ne ha almeno due: il rigore di Sirigu su Criscito, all'ultimo secondo dell'ultimo minuto di recupero, e la bolletta con la giocata della gola profonda. Uno talmente cretino da piazzare mille euro secchi sul risultato finale. Cretino ma pro tempore, visto che il giovedì mattina passa in ricevitoria, esibisce la bolletta e di euro se ne ritrova in tasca dodicimila.
Ora, ammesso e non concesso che qualcuno stia ancora lavorando alacremente sulle vagonate di sospetti che la legalizzazione delle scommesse ha portato in dote al calcio, la riflessione che scaturisce da questa breve novella non vuole essere moralista né bacchettona. Semplicemente troverei simpatico, per dirla alla Moratti, che perlomeno le partnership commerciali tra le società di calcio e quelle di scommesse venissero inibite ovunque. E' una questione di opportunità. O, se preferite, di conflitto di interessi, una materia sempreverde in politica, qui da noi, ma inesorabilmente secca, per non dire mummificata, in troppi altri settori.
A tal proposito, tra l'altro, le voci più o meno attendibili sul possibile ingresso della francese BetClic come prossimo main sponsor della Juventus - BetClic che in ogni caso figura già tra gli sponsor istituzionali dei bianconeri -, oltre a perdere indecorosamente il confronto con l'accordo-monstre siglato nel 2005 da Romy Gai e Antonio Giraudo con Tamoil, riporterebbero anche alla luce la tanto proclamata questione etica, sfociata nel celebre e omonimo codice varato dal C.d.A. della Newventus immediatamente dopo Calciopoli. Un codice, quello etico, di una società che sembrava avere accettato di rinunciare alla competitività in campo e fuori, pur di primeggiare nella simpatia, nella trasparenza e, come tutti i perdenti, nelle questioni di principio di ispirazione De Coubertiniana.
In un periodo storico nel quale, a livello europeo, i tentacoli di certi risultati un po' stravaganti stanno sempre più accarezzando campionati e campionatucoli di diverse nazioni, non sarebbe male spingere, per dirla questa volta alla Galliani, con decisione nei confronti dell'"amico" Platini (qui le sue dichiarazioni sul tema), per provare a mettere qualche paletto in materia di contiguità tra chi dovrebbe bendare la fortuna e chi, al contrario, nonostante la benda, può ugualmente agire senza troppi impedimenti per orientarne la postura. Se non nella sostanza, che è materia assai complessa, andrebbe fatto almeno nella forma.
La battaglia persa sul tema del fair play finanziario, dopotutto, non deve scoraggiare la Newventus dai buoni propositi. E' nata per questo. Né moralismo né etica dozzinale, ripeto; né, tanto meno, pretestuosità.
In fondo non siamo stati certo noi, juventini "vintage" con un debole per i tempi in cui si sorrideva poco ma si vinceva parecchio, a rovesciare l'ordine delle priorità fino al punto di pretendere di guardare tutti dall'alto verso il basso. Nonostante, su tutti i fronti, in basso come oggi non ci fossimo mai arrivati.

Altrimenti tanto vale vendersi il petto alla Philip Morris. Oppure - perché no? - alla Smith&Wesson. E andare fino in fondo, con fierezza, verso l'ennesima scommessa persa.