Speciale: Cemeteries of London

vomitevole

Dopo l'ennesima vergognosa prestazione di quella che ormai ci stiamo abituando a chiamare Newventus, i polpastrelli prudono. Ecco alcune opinioni dei nostri redattori, tra cui spicca quella illustre di Emilio Cambiaghi (aka Dr. Zoidberg).

Una batosta salutare?

Quattro gol che fanno perdere le staffe ai tifosi e mettono a nudo le contraddizioni interne del leggendario e sempre più ineffabile "Projettò". Che sarebbe finalmente ora di svelare, perché qua non è che si capisca molto. Se fino a un anno fa si marciava sul refrain del "migliorarsi di anno in anno", dalla serie B al terzo posto fino al secondo con eliminazione tutto sommato dignitosa agli ottavi di Champions League, la realtà odierna sembra più appropriata per la sceneggiatura di un film apocalittico. O per un libro di barzellette, se siete dei buontemponi amanti della risata come il nostro AmministratoreDelegato-DirettoreGenerale-Presidente".
E a proposito di smile e risate, ci sarebbe proprio da ridere per non piangere nel confrontare titoloni e interviste trionfalistiche di inizio stagione, tra mercati scoppiettanti e frizzanti idee tattiche di giovani allenatori debuttanti, con una squadra che a marzo della stessa stagione sportiva si ritrova eliminata da Coppa Italia, Champions ed Europa League, e che lotta domenica dopo domenica con il Palermo per aggiudicarsi il quarto posto valido (ma ancora per poco) per la qualificazione ai preliminari di quella che fu la Coppa dei Campioni. Una squadra che rispetto a quegli ottimistici miraggi estivi si ritrova ad aver fallito la bellezza di quattro obiettivi su tre. Roba da far ammattire persino Cartesio. O "Descartes", se Blanc preferisce.
E mentre Ranieri sta avanti e sembra una lepre irraggiungibile all'orizzonte, la Juve deve aggrapparsi al suo “Zatterone” per non affogare nel mare delle sue contraddizioni e inadeguatezze, tecniche e gestionali.
Di sicuro la sconfitta altisonante contro il Fulham avrà un doppio, salutare effetto. Da un lato contribuirà ulteriormente ad aprire gli occhi ai sempre più esigui seguaci del "guardiamo avanti", e che ora avanti vedono soltanto e sempre più vicino, un grosso muro di mattoni contro cui la Newventus si sta andando a schiantare insieme al suo "Projettò". Dall'altro inchioda sempre più proprietà e dirigenza alle loro responsabilità, delle quali prima o poi dovranno rendere conto. Agli azionisti soprattutto, ma anche ai sempre più inviperiti tifosi. Una volta un signore dall'accento d'oltralpe parlò di cinque anni per poter rivedere ricostruita la vecchia Juve. Ridendo e "smileando" siamo arrivati al quarto. E in comune con la gloriosa squadra che fu c'è solo un signore dai capelli bianchi con l'increscioso compito di tentare di calmare i riottosi di Caselle.
“Comunque vada sarà un disastro” cit.
Ora che non c'è più l'appiglio della coppetta da vincere per salvare faccia e poltrona e foraggiare la piazza, sarebbe auspicabile che la dirigenza provasse a salvare il salvabile (leggasi quarto posto, ma dove siamo finiti!) e poi, a fine stagione, togliesse il disturbo, non prima di aver pronunciato queste fatidiche parole: “Il Projettò è fallito”. E come ricompensa le si risparmierebbero gli accostamenti con la corazzata Potemkin di fantozziana memoria.
Un fallimento palese già nel momento in cui si era deciso di esonerare Ciro Ferrara, ma che adesso sta assumendo dimensioni al di là dell'accettabile, e che proprio per questo non lascia occulte scappatoie a chi, di questa situazione di mediocrità che si protrae dal sempre più lontano 2006, è il principale artefice.
Una parola per finire su chi però di fatto ha sposato il “Projettò” ben prima che fosse sbandierato davanti a microfoni e sui giornali, quando a guidare la Juventus c'era ancora gente di profonda esperienza in campo calcistico e soprattutto aveva un progetto industriale serio.
Se davvero questo “giocattolo” costoso rappresenta solo un peso e non suscita interesse, passi la mano a qualcuno le cui nozioni calcistiche vanno oltre il sapere che “Zaccheroni è l'allenatore della Juve”, le cui analisi sono un po' più articolate di “tutti i momenti sono importanti”, e che per questa squadra nutra un qualche sentimento tale da non fargli rispondere sbrigativamente che “non ha tutte queste grandi dichiarazioni da fare sulla Juve”.
PaulMcCartney

 

L'anabasi delle responsabilità

La realtà è che mi piacerebbe scrivere di Juve. Vorrei tanto parlarne e mostrare il petto gonfio d’orgoglio, ma l’ennesima débâcle di questa entità deforme che ne porta abusivamente il nome mi costringe a un’ulteriore riflessione, a un’anabasi interpretativa piuttosto audace ma, in fin dei conti necessaria per chi, come me, è in cerca di conforto.
Guardiamo indietro agli ultimi, sciagurati, mesi di questa stagione. I tifosi si sono sbizzarriti nel trovare un colpevole, si sono scagliati contro uno, nessuno e centomila, ondeggiando tra ipotesi di rifondazione, cambi tecnici, proposte e sogni per il prossimo mercato. Pensiamo ora all’oltraggio patito ieri sera in terra londinese e cerchiamo, per quanto possibile, di individuare un responsabile.
I senatori e i vecchi? La loro lentezza e macchinosità, il loro lucidare il cadreghino in vista dei Mondiali? Certo, può essere, hanno le loro colpe. I tecnici? Sicuramente. Ferrara prima (con il suo codazzo di wishful thinkers) e Zaccheroni ora, tra inesperienza e contingenza, hanno o stanno mancando l’obiettivo.
I giovani? Senza dubbio. Tra velleità di fenomenismo e inevitabile ingenuità ci eravamo illusi di ottenere di meglio. L’insostenibile pochezza della rosa? Ovvio, coi mattoni d’argilla si fanno le capanne, non le fortezze dell’Imperatore. I brasiliani e i nuovi acquisti? Lapalissiano. I medici e i preparatori? Che te lo dico a fare. I dirigenti? Ci mancherebbe, non spariamo sulla Croce Rossa.
Il re è morto, evviva il re, avanti un altro. Ma siamo sempre punto daccapo: in questo gioco della bottiglia non vi è una logica, se non quella ferrea della presa di coscienza, dell’ennesima e umiliante constatazione del fallimento.
La Juventus F.C. è una corte dei miracoli, un ospedale psichiatrico senza direttore, un quadro dell’Arcimboldo senza la frutta, un’informe carcassa che nemmeno il più sordido sognare del più rancoroso nemico avrebbe potuto concepire.
Se non vi è senso alcuno, non rimane che posare lo sguardo da un’altra parte. E perdonate il volo metafisico che sto per fare ma, una volta spento l’ingegno, non mi rimane che appellarmi alla celeste dote dei sensi.
La spiegazione di cotanto sfascio non può che risiedere lassù, dove si puote ciò che si vuole, dove – come un amico ama definirli – gli dei del calcio manovrano i gangli del destino. Sono loro che ci deridono, che ci illudono e che, beffardamente, diffondono un messaggio di solenne semplicità: non può chi ha distrutto questo club, chi lo ha esposto al ludibrio, chi ha avallato le oscenità giuridico-sportive e si è compiaciuto di tutte le malignità che ha dovuto subire, pensare di poterne prendere ora il comando e di raccogliere facili successi. Ciò che stiamo subendo ora è il contrappasso per la loro protervia, la punizione per la loro ostinata sfacciataggine, il giusto premio per chi ha camuffato la propria pochezza e non ne ha voluto prendere coscienza.
Se pensate che una tale deduzione appartenga all’iperbole, ve lo riconosco, ma concedetemi almeno di godere della sua consolante coerenza, dal momento che, diversamente, mai mi risulterebbe comprensibile la preoccupante regolarità con cui le circostanze hanno smentito (e schernito) quanto di buono ci si era illusi di poter fare.
Dalle fanfare del mercato estivo ai deludenti esiti dei suoi protagonisti, dai proclami di riscatto ai sistematici disastri che ne sono susseguiti, dagli annunci di grandeur (il francesismo è voluto) ai metodici minor cessat, il percorso – e la precisione con cui si è realizzato – è stato sempre lo stesso.
Non sappiamo come finirà questa disastrosa annata, ma le premesse paiono indirizzarsi verso la conferma di questa ciclicità. Non ci resta che attendere fine stagione e i suoi verdetti, con la speranza di trovarne anche uno, definitivo, di colpevolezza.
Dr.Zoidberg


Il risultato perfetto.

Ho gioito ieri mattina quando mi sono alzato e ho controllato sul nostro sito il risultato tra la squadra di uno degli allenatori falliti dell’Inter e la Newventus di John Elkann. La Newventus è stata sbattuta fuori dalla brutta copia della Coppa Uefa allo stesso modo con cui era stata sbattuta fuori dalla Champions League. 1-4 con goal di Trezeguet, il miglior marcatore stagionale che, secondo le fanfare estive, era da “spedire” per lasciar posto a quelli del “SambaJuve”. I lettori del nostro sito sapranno che sono un grandissimo tifoso personale di David Trezeguet (vedi qui, qui e qui), probabilmente conoscono anche i motivi per cui considero la sconfitta della Newventus un risultato positivo. In una lettera aperta a Jean-Claude Blanc e a Giovanni Cobolli Gigli, pubblicata su Tuttosport il 29 agosto 2006, alla vigilia del ritiro del ricorso al TAR, scrivevo: “Il ricambio dei vertici della Juventus deve essere inteso come un segnale da parte della società leader in Italia verso le istituzioni, teso a guidare tutto il movimento calcistico e non una resa alla volontà popolare.”
E ancora: “Non rinunciate a percorrere ogni via legale affinché emerga la verità. Non accettate alcun patteggiamento con chi ha cercato di eliminarci e di macchiare indelebilmente il nostro nome e la nostra storia. Dal vostro atteggiamento dipenderà l’immagine della Juventus negli anni a venire, la possibilità di mantenere la stima, la vicinanza e l’affetto dei vostri tifosi e la possibilità di averne di nuovi. Non preoccupatevi di dove giocheremo, ma dell’immagine che della Juventus rimarrà al termine di questa vicenda. La salvaguardia della storia, dell’onore e della dignità valgono ben più di uno o due anni di serie B.”
A quattro anni di distanza, ribadisco che, nella mia modesta opinione, il risultato del campo è secondario rispetto alla salvaguardia di un secolo di storia e dei fantastici dodici anni che hanno preceduto Farsopoli; avrei accettato volentieri il rischio della C in cambio del mancato ritiro del ricorso al TAR, figuriamoci cosa mi interessa la finta Coppa Uefa.
Liberarsi di coloro che lasciarono uccidere la Juventus nel 2006 per prenderne il comando e che l’hanno trasformata nella barzelletta d’Italia varrebbe bene un fallimento completo in questa stagione: ma sì, fuori anche dalla prossima Europa League.
Dato per scontato infatti che, per quanto riguarda Farsopoli, John Elkann sta dalla parte dei nemici della Juventus che fu, e che dei tifosi rancorosi come noi se ne frega, da grande manager quale viene descritto avrà almeno fissato degli obiettivi sportivi minimi da raggiungere per non togliere il disturbo? Avrà considerato gli effetti negativi sulla sua immagine che la sciagurata gestione della Newventus produce in un numero crescente di tifosi Juventini?
I numeri di gradimento sulla società, dal sito www.juworld.net che riportavamo nel dettaglio qualche mese fa, sono ulteriormente scesi (4% il dato odierno, 9,74% il gradimento medio degli ultimi 3 mesi). Esisterà un limite inferiore raggiunto il quale Elkann se ne va?
Quanto in basso dobbiamo arrivare? Alla serie B conquistata sul campo? Ovunque l’asticella dei risultati sportivi sia stata fissata da John Elkann per andarsene da solo, dai suoi suggeritori per consigliarlo a dimettersi, dai suoi tutori per obbligarlo a dimettersi... ovunque sia stata fissata quell’asticella, mi auguro che la Newventus non la superi. Fino a quel momento per me il risultato perfetto sarà la sconfitta con goal di Trezeguet, che belli i Cimiteri di Londra.
Pucciogoal87