Il Corrierone e l'informazione libera e corretta

giornaliEgregio dottor De Bortoli,
mi permetto di manifestarLe la mia piena (per quanto modesta) solidarietà per gli attacchi a cui il Corriere della Sera è stato sottoposto in questi ultimi giorni, da Lei raccontati nel suo editoriale "Un'informazione libera e corretta". Il testo che Lei ha scritto è infarcito di passaggi memorabili come il seguente: “L’informazione è corretta se fornisce al lettore tutti gli elementi necessari per formarsi, in piena libertà e senza condizionamenti, un’opinione. Non lo è quando amplifica o sottostima una notizia chiedendosi prima se giova o no alla propria parte o al proprio padrone.
Così come è assolutamente condivisibile il passaggio in cui si lamenta che: “Gli avvenimenti sono spesso manipolati, piegati alla bisogna. Trionfa la logica dell’attacco personale, della delegittimazione morale.” Ciò è evidentemente disdicevole, e chi cerca di fare un’informazione libera e corretta non dovrebbe mai farlo. “Purtroppo, però,” come ricorda, “le regole di base di questa professione sono saltate. Chi non si mette un elmetto e si schiera è un traditore o un venduto, non un professionista al servizio del proprio pubblico.” E ciò ovviamente è grave, perché “Una buona e corretta informazione, scriveva Luigi Einaudi, che collaborò a queste colonne, fornisce al cittadino gli ingredienti, non avariati, per deliberare, per essere più responsabile e libero. E non un tifoso ancora più assetato del sangue dell’avversario. Noi restiamo fedeli a questo spirito, nel rispetto dei valori costituzionali e nel tracciato storico di una tradizione liberale e democratica. Al Corriere, che ha le sue idee, si rispettano quelle degli altri. Altrove no. “
Ecco, sulla base di queste Sue considerazioni, ripeto, condivisibilissime e stimabilissime, sento il bisogno di farLe presente che tre anni fa, il Corriere della Sera, allora sotto un’altra direzione, si rese responsabile, tra le altre - ahimè molte - testate, di una campagna di stampa che può essere portata a esempio di cattiva informazione, di ingredienti avariati forniti al cittadino. Stiamo parlando ovviamente della stagione di Calciopoli, durante la quale il Corriere non si preoccupò minimamente di formare il cittadino alla libertà e alla responsabilità, preferendolo nella veste di “tifoso assetato del sangue dell’avversario”.
Il giornale che Lei dirige (e che, le do atto, non dirigeva allora) non si trattenne dalla tentazione di manipolare gli avvenimenti, piegandoli alla bisogna, amplificando e sottostimando i fatti a seconda che giovassero o meno all'effetto da creare nel lettore. A questo proposito, il nostro sito ha ampiamente documentato le modalità di distorsione e mistificazione operate in molti articoli del Corriere tramite, ad esempio, abili operazioni di taglia e cuci di conversazioni telefoniche.
Quello attorno al 2005 e al 2006 fu un periodo alquanto bizzarro. Si potrebbe ribattezzarlo la "stagione delle intercettazioni", con scandali fotocopia uniti da curiose somiglianze: le oscure fughe di notizie, i suffissi in -opoli (da Bancopoli a Vallettopoli), le "esecuzioni mediatiche" in serie (da Fazio a Consorte, da Fiorani a Corona, senza tralasciare il "furbetto" Ricucci bloccato nella sua scalata al gruppo editoriale a cui il Corriere appartiene), entità e personaggi ricorrenti a incombere dietro le quinte, come la fosca sagoma della Security Telecom e di certe Procure dalla fuoriuscita documentale disinvolta, o l'ombra di certi rinomati avvocati d'affari e importanti azionisti del Corriere nelle vesti di beneficiari.
In un momento in cui il processo sulle attività illecite della Telecom in svolgimento a Milano sta per entrare nel vivo, sarebbe auspicabile che il giornale da Lei ora diretto si rendesse fautore, proprio in nome di quella "informazione libera e corretta" a cui si richiama, di una copertura puntuale, dettagliata e aderente alla cronaca processuale, senza badare al fatto che alcune verità possano o meno risultare scomode ad alcuni dei Suoi azionisti di riferimento.
E' giunta l'ora di iniziare a rivedere criticamente la "Stagione delle intercettazioni", forse la più oscura del decennio che sta finendo, affinché la Cronaca possa consegnarla correttamente alla Storia del nostro Paese.

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