Fa' il mestiere che sai, che se non arricchisci camperai!

elkann blancChe la Liga sia diventato il primo campionato di calcio al mondo, forse insieme alla Premier League inglese, ci sono pochi dubbi oramai e, a dimostrarlo, così come avviene un po' in tutti i settori, è il fatto che fa moda. Il triplete dell'anno scorso del Barcellona, oltre alla risposta di mercato di quest'anno del Real Madrid, ne è la prova tangibile e, la tendenza che ne scaturisce, almeno nel caso del Barça, è la scelta di un allenatore giovane, ex giocatore e bandiera del club.

Due dei maggiori club italiani, Juventus e Milan, hanno seguito l'impronta affidando la conduzione tecnica a Ferrara e Leonardo, entrambi militanti di lungo corso nelle rispettive squadre e nei rispettivi staff. Insomma, non si poteva trovare di meglio, Leonardo è passato da valido scopritore di talenti al difficile compito di farli rendere sul campo, Ferrara invece dal dirigere una difesa in linea ad impostare anche schemi offensivi.

Al proposito, non si offenda nessuno, considerando le differenze strutturali tra i club citati, l'azzardo è e rimane tutto italiano. Se analizziamo il percorso dei club del recente periodo scopriamo che, a prescindere dalla bravura dei tecnici scelti, il Barcellona se lo può permettere, mentre il Milan e la Juventus proprio no.

Il Barcellona è una squadra in evoluzione, in continua evoluzione che, con una conduzione intelligente, ha saputo valorizzare enormi talenti formati nella cantera, come Valdés, Iniesta, Xavi, Puyol, Messi, fino ad arrivare all'ultimo pulcino, Pedrito. Le annate 2007 e 2008 hanno portato ulteriore linfa, di quella buona, al già valido telaio e la rosa è stata integrata con giocatori del calibro di Henry, Piqué, Alves, Keita, Touré ed Abidal; nel 2009 basti pensare unicamente all'acquisto di Ibrahimovic per comprendere le ambizioni del club catalano.

Poco mi interessa l'involuzione del Milan, tanto meno le difficoltà finanziarie del Cavaliere e le scuse di Galliani. La situazione è chiara, il gruppo è segnato e senza più stimoli, dopo aver vinto molto, nemmeno Gattuso riesce più a garantire la grinta necessaria. Quello che più mi preme è il paragone tra Barcellona e Juventus, che in un'ipotetica crescita o ricostruzione partivano da situazioni analoghe.

Nel 2006, subito dopo la purga, la Juventus ripartiva da una situazione molto simile. Dopo aver perso metà squadra titolare ed aver riguadagnato la serie A in un solo anno, nonostante tutto, c'erano ottime basi di partenza per ricostruire un grande gruppo. Molti senatori sono rimasti in bianconero: Buffon, Camoranesi, Nedved, Del Piero, Trezeguet, Zebina, Chiellini, integrati da ottime seconde linee come Zanetti, Marchionni e Legrottaglie. Contando anche l'apporto del settore giovanile, la cantera bianconera, si poteva inoltre contare su promettenti ragazzi come Giovinco, De Ceglie, Palladino, Marchisio, Marrone e altri. Riguardando la panchina, l'allenatore è uno tosto, Didi Deschamps, orgoglioso basco senza peli sulla lingua.

Citerei in prospettiva, perché è importante, il "vero" progetto giovani della precedente gestione che ha portato i ragazzini bianconeri, oltre che a vincere tutto, ad essere parte della creazione di una fucina di talenti, ben allenati e ben seguiti nel tempo da gente esperta come Gasperini, Chiarenza e Maddaloni.

Questa era la base di partenza, poche chiacchiere, un'ottima base di partenza.

Se dobbiamo tirare le somme di 3/4 anni di "lavoro" della nuova amministrazione, partendo pure dal 2006 fino a ieri sera e tenendo in considerazione, come piace a loro, il quinquennio che si sono dati come termine ultimo per tornare a vincere, non ci siamo proprio. A parte il fatto che la legislatura annunciata, più che un percorso lavorativo, suona tanto come un'assicurazione del posto di lavoro, mi chiedo ancora oggi, da inesperti pallonari, come siano riusciti a stabilire che servisse un lustro per ricominciare a vincere. I 5 anni, diciamolo chiaramente, servivano come cuscinetto per poter sbagliare, con calma e senza disturbi esterni.

Il periodo ranieriano coincide con una parvenza di Juventus: un terzo ed un secondo posto in campionato, oltre a qualche buona prestazione in Champions League, confermano l'illusione di un trend a salire, a migliorare, con il tecnico sempre scelto dagli inesperti. In realtà sono gli ultimi colpi di orgoglio di una Juventus che fu, è l'inerzia di una mentalità derivata dall'organizzazione mirata a vincere, è il risultato degli ultimi cromosomi vincenti di un DNA imposto, tanto quanto lo stile. Il periodo ranieriano è servito semplicemente per sfiancare e disperdere le ultime energie dei pochi campioni rimasti, e consegnare in mano a Ferrara, novello ed inesperto allenatore di Serie A, una squadra consumata ed involuta, anche nel DNA.

Per imparare un mestiere è importante avere due cose fondamentali: un maestro ed il tempo di imparare. Ferrara oggi non ha né un maestro (Maddaloni che gli può insegnare?) né tantomeno il tempo, perché i 5 anni li hanno scialacquati altri per apprendere il mestiere: Secco ha dovuto fare 2 anni di tirocinio prima di azzeccare un acquisto, Cobolli Gigli ha perso 2 anni per studiare la storia della Juventus, 1 per capire le regole del calcio e quest'ultimo lo sta dedicando a memorizzare i nomi dei giocatori delle giovanili. Montali ha fatto apprendistato da noi affrancandosi dal bager e dalle schiacciate per passare a parlare di veroniche e rabone; ed infine Blanc ha dovuto assimilare in fretta e furia l'italiano per leggere e portare avanti il progetto del nuovo stadio.

Io credo, con enorme dispiacere, che prima di rivedere una squadra vincente e convincente passerà parecchio tempo, non so quanto ne servirà a John Elkann per capire come rappresentare degnamente la Juventus, ma anche lui, non avendo approfittato della saggezza del nonno, continuerà ad aver bisogno di maestri e tutori, ed è questa la cosa più preoccupante.