CAMPI MINATI - Lo strano caso di Capitan Del Piero e i Mister Simpatia

campi minati"La commemorazione è un rito di passaggio.
I compagni notano la gioia del guerriero della luce e pensano: “perché fa questo? Potrebbe deludersi nel suo prossimo combattimento. Potrebbe attirare la furia del nemico”.
Ma il guerriero conosce il motivo del proprio gesto. Egli trae beneficio dal miglior regalo che la vittoria è in grado di dare: la fiducia.
Il guerriero celebra l’anno che è passato per avere più forze nelle battaglie del domani."

Paulo Coelho

Il calcio è un mondo fatto di guerrieri. Lo ha capito bene Alessandro Del Piero, che ha fatto della figura di Achille il suo "avatar" in occasione dei Mondiali di Germania. Secondo la filosofia giapponese, un guerriero segue la via della spada fino alla morte, nel tentativo di perfezionarsi continuamente, di superare la paura e trovare in quel modo il senso della vita: vivo per combattere, il resto non conta.

Questo ragionamento può essere esteso a tutti i più grandi campioni, eroi, o guerrieri che hanno fatto la storia dell'umanità e se è vero che gli atleti sono diventati i nuovi gladiatori della nostra società è indiscutibile che Del Piero rappresenti l'eroe epico dei tifosi bianconeri. La sua presenza, ingombrante finchè si vuole, ha rappresentato per la Juventus quindici anni di soddisfazioni e di successi, la certezza per il tifoso di stare assistendo a qualcosa di irripetibile e memorabile: nessuno riuscirà mai a vestire la maglia numero dieci come ha fatto Alessandro Del Piero, così come nessuno in egual misura sarà in grado di vestire la maglia numero dieci di Michel Platini o di Omar Sivori.

Campioni unici ed inarrivabili, che solo due-tre generazioni potranno ricordare nella loro grandezza, lasciando a chi non ha avuto la possibilità di ammirarli il rimpianto di un ricordo che appartiene a qualche filmato sbiadito trovato su internet o negli archivi Rai. Quei filmati non rappresentano ciò che quei campioni hanno significato per tutti quelli che hanno avuto occasione di vederli, non rappresenteranno mai le emozioni di vivere il momento in cui dal vivo si è esplosi dalla gioia per un successo, si è pianto per un fallimento, si è condiviso con chi si ama attraverso un abbraccio qualcosa di tanto effimero eppure incredibilmente reale come un gol, un gesto tecnico, un trionfo.

Chiedete di Italia - Germania 4-3, di Italia - Brasile 3-2, di Magath, del 5 maggio: chi c'era, chi l'ha vissuto, potrà dirvi che non c'entra niente con quanto potrete rivedere in mille replay o archivi storici.

Per questo motivo, sentire attaccare Del Piero ha l'effetto di un sacrilegio: è come attaccare la grande Juventus, quella che ora non c'è più. Nessuno ha mai attaccato Platini. Nessuno ha mai attaccato Sivori o Boniperti. Persino Zidane e Baggio erano semi-intoccabili. Del Piero è stato invece sempre il bersaglio preferito dei critici, a volte a ragion veduta, e forse questo l'ha reso immortale agli occhi di chi ha assistito alle sue mille resurrezioni. Oggi il re è morto. Domani, con una magia delle sue, potrebbe ancora una volta zittire gli araldi che inneggiano alla rivoluzione. Niente contro di loro, se non fosse che la rivoluzione non porterà a un nuovo re (un campione di quelli veri), ma a una repubblica fatta di tanti giocatori mediocri adatti a fare il proprio compito, non la differenza (pensino bene, i critici di Del Piero, a Iaquinta, Quagliarella, Cassano o Giovinco e facciano un paragone più ragionato).

Niente contro di loro, qualcosa contro chi ha abbandonato, insieme alla Juventus, un campione a un destino fatto di declino inevitabile. Del Piero è una bandiera della Juventus, non "la" bandiera, così come Boniperti è stata una bandiera, non "la" bandiera. Al massimo entrambi rappresenteranno la bandiera per una generazione, il ricordo di un'epoca fatta di trionfi e di soddisfazioni, di un periodo storico ben definito.

Questo è l'unico errore che Alessandro può commettere: pensare che la Juventus inizi e finisca con lui. Chi l'ha fatto, prima di lui, ha rinnegato 12 anni di Juventus e con essi i tifosi della Vecchia Signora. Nessuno è immortale. Nessuno è perfetto.

L'errore più grande però, non è loro. E' di chi ha sfruttato la loro grandezza per risplendere di luce riflessa, per mascherare i propri errori, per continuare a "tirare a campare" senza puntare a crescere e diventare grandi.

In fondo è lo stesso errore che venne fatto anche da Umberto e Gianni Agnelli, quando pensarono che sarebbero bastati Moggi, Giraudo e successivamente Capello a garantire i trionfi alla squadra bianconera, mentre era purtroppo evidente che senza una proprietà che anche in futuro garantisse una presenza e un amore forte, le cose sarebbero andate in maniera diversa. Troppa fiducia in quel caso passato. Incompetenza congenita in questo presente fatto di nomi messi sui giornali tanto per far passare il tempo: Diego, Silva, Villa, Xabi Alonso... Almiron, Poulsen, Tiago e Andrade le realtà con cui confrontarsi a fine mercato.

Forse questo sarà l'anno di Van der Vaart e Cassano: nomi a prezzo di saldo mentre chi un tempo stava a guardare fa il bello e cattivo tempo in Italia e sul mercato.

Allora occhi puntati su Del Piero, per colpa dell'egoismo di Achille, ma la colpa è da un'altra parte. E' di quel Claudio Ranieri che ha deciso di cambiare ruolo al capitano, mettendolo a fare il centravanti per far spazio a sinistra a Giovinco. E' colpa dei gol che inevitabilmente arrivano sempre dalla fascia sinistra, dove il solo Molinaro, orfano di Nedved, si trova a coprire i buchi a metà campo e non riesce più ad effettuare una diagonale perchè costretto a stare troppo avanzato. E' colpa di chi per far giocare Giovinco deve lasciar fuori Camoranesi e mettere Salihamidzic, perchè garantisce più copertura. E' colpa di chi fa giocare Tiago al posto di Nedved, perchè almeno si riesce a piazzare sul mercato per raccattare qualche soldo e comprare il bidone di turno.

E' colpa di chi ha pensato di rimpiazzare Zambrotta, Cannavaro, Thuram, Emerson, Vieira, Mutu e Ibrahimovic con Molinaro, Andrade, Mellberg, Tiago, Poulsen, Almiron e Iaquinta e spera di rimpiazzare Nedved, Del Piero e Camoranesi con Giovinco, Pippo e Pietro Gambadilegno.


Allora giù le mani da Del Piero, vecchio testardo che ancora mi ricorda quella Juventus, quando in campo corre e lotta, quando non si arrende all'età e all'evidenza, quando vince la classifica dei marcatori, quando tira le punizioni nel sette, quando è irritante per la sua cocciutaggine, quando non ce la fa più, quando non vuole uscire, quando manda a quel paese Ranieri. Chi non lo fa, per un motivo o per un'altro? Forse solo i nostri dirigenti, che hanno in mente un progetto tutto loro.

Giù le mani da Del Piero, mentre la voglia di metterle addosso a chi il ricordo di Del Piero e di quella Juventus ha distrutto e continua a distruggere comincia a diventare irresistibile.

 

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