Il calcio parlato del Bel Paese

campoMe lo ricordo "Tutto il calcio minuto per minuto". La domenica non vedevo l'ora che iniziasse. Uscivo di casa la domenica pomeriggio con i miei per andare chissà dove, ma l'unica cosa che contava era quella di portarmi appresso la radiolina. La gente mi fermava per strada e mi chiedeva i risultati. Io, pieno di orgoglio, incominciavo a scandirli uno per uno cercando di capire per che squadra tifasse chi avevo davanti. Nella mia fantasia già pensavo quanto sarebbe stato bello avere quel "tutto il calcio minuto per minuto" alla televisione. Poter saltare da uno stadio all'altro per vedere un gol e poi passare ancora a un'altra partita. Un giorno chissà... pensavo. Quanti anni sono passati e ogni tanto ci penso a quel calcio che vivevo come la più bella delle poesie. Enrico Ameri dal campo centrale, Sandro Ciotti per il secondo campo collegato e poi giù giù fino al collegamento con il campo della serie B con Ezio Luzzi. A ogni interruzione stile "Scusa Ameri...", il cuore che sembra fermarsi in attesa di capire chi aveva segnato, se c'era un rigore o altro. Le interruzioni ci sono anche adesso, in televisione si può passare da un campo all'altro con una pigiata al telecomando e godersi una partita in alta definizione con un mega schermo piatto. Non avrei mai osato aspettarmi così tanto in quella età in cui si fantastica di tutto. Oggi c'è proprio tutto quello che potevo desiderare da bambino. Non c'è più però quella magia, quella suspense di aspettare "90° minuto" per vedere finalmente in televisione i gol e poi alle 7 di sera la trasmissione di un tempo di una partita del pomeriggio. Il primo ricordo nitido che ho di una partita televisiva è Juventus-Inter 3-0, campionato 1971-72. Solo molti anni più tardi ho scoperto che in quella partità fu "il Barone" Franco Causio a segnare una tripletta con il tedescone Helmut Haller geniale ispiratore. Era il 23 aprile 1972. La Juve con quella vittoria riprese il comando della classifica quando mancavano solo altre tre partite e lo mantenne fino alla fine. Vinse il suo quattordicesimo scudetto con un punto di vantaggio su Milan e Torino. Con ogni probabilità dev'essere stato quel pomeriggio di aprile a farmi innamorare della Juventus. Un amore vero nato attraverso un cassone Telefunken in bianco e nero e arrivato fin qui, nell'era del satellitare, mille canali, schermo piatto, mega screen. Tutto è cambiato. C'era sempre troppo poco calcio in quel Telefunken, tanto che poteva succedere che una partita di Coppa dei Campioni della mia Juve non venisse trasmessa affatto. Oggi è impensabile perdersi una partita del genere, ma ci si può anche trastullare con le amichevoli estive trasmesse e commentate come se si trattasse di veri e propri eventi. Non finisce qui perchè al calcio giocato si è affiancato sempre più prepotentemente "il calcio parlato". Palinsesti televisivi pieni di nulla cercano l'acme di ascolti con teatrini sempre uguali in cui si azzuffano guelfi e ghibellini del calcio nostrano. Si parla poco della bellezza dello sport che tanti amano. Si cerca invece la vivisezione della partita con innaturali rallentatori alla ricerca di un momento detonante di discussioni in cui vince chi spara più decibel. E poi il mercato del bestiame a sei e sette zeri in cui fantasticare la compravendita di nababbi della pedata e cercare di fare i seri per spararle sempre più grosse. E' questo il calcio che vive oggi nelle televisioni. E'uno sport ucciso non da scandali farseschi, ma da un modo ignobile e perverso di fare informazione. La voglia di audience e quella di apparire a far da traino a un enorme vuoto. Troppe le dichiarazioni sopra le righe di addetti ai lavori ad uso e consumo di becchini del calcio vero, quello giocato! E poi l'uso beota di certi salotti televisivi dove si caricano a palla milioni di telespettatori. Tutti contro tutti ad affossare sempre di più la cultura del calcio nel Bel Paese.