Caso ultras-Balotelli: alcuni pareri autorevoli

tifosiDicono la loro Christian Rocca, Oliviero Beha, Roberto Beccantini e Trillo.  

"La razza, quel che chiami così, è solo questa grande accozzaglia di poveracci del mio stampo,
cisposi, pulciosi, cagoni, che son cascati qui inseguiti da fame, peste, tumori e freddo,
arrivati già vinti dai quattro angoli della terra. Potevano mica andare più in là perché c'era il mare.
E' questa la Francia, questi sono i Francesi."

L. F. Céline, da "Viaggio al termine della notte".



Juve-Udinese e la trasferta di Bordeaux hanno scatenato il solito polverone mediatico. Nel mirino i tifosi della Juve, che ora devono difendersi da una nuova infamante etichetta: "razzisti". La questione, ovviamente, è molto più complessa e sfaccettata di quanto da più parti, in modo spesso palesemente interessato, si sta cercando di fare apparire. Per questo motivo abbiamo deciso di sollecitare l'autorevole parere di Christian Rocca, Oliviero Beha (che sulla questione si era già espresso in un articolo per "Il fatto") e Roberto Beccantini. Quanto a noi, spazio a Trillo.



Gli idioti juventini che insultano Mario Balotelli, uno dei più formidabili calciatori italiani, sono dei deficienti assoluti esattamente quanto i tifosi delle altre squadre che urlano "rossoneri ebrei" o "Napoli colera". Non è razzismo, è mancanza di cervello. Balotelli non lo fischiano perché è di colore, ma perché è bravissimo. Lo insultano perché è fragile, perché se la prende (giustamente) e perché quando non ne può più molto spesso reagisce limitando il suo estro. Lo insultano, insomma, perché lo temono. Ripeto: sono dei deficienti. Noto, però, che i giornali stanno montando un caso soltanto adesso che i deficienti sono i tifosi della Juve. "Rossoneri ebrei", "Napoli colera" e altre cose di questo tipo si sentono ogni domenica in tutti gli stadi, specie in quelli "onesti", senza dimenticare i buu interisti a quel giocatore di colore del Messina che arrivò a chiedere il cambio. Non vorrei che sbriciolate a una a una le accuse di Farsopoli, i giornali volessero tentare una rivincita con questa storia del razzismo. Sono d'accordo con Aldo Cazzullo: Balotelli va portato in Nazionale. Ma non perché nero né per far capire agli italiani idioti che gli italiani di colore esistono. Lo vorrei in Nazionale perché è calciatore straordinario. Anzi, lo vorrei alla Juve. Pare che a Milano si siano stancati di lui. Se a Torino ci fosse una società capace, lo prenderemmo al volo.
Christian Rocca.


[...] Quindi mettiamo in fila alcuni elementi della questione: Mario Balotelli innervosisce e indispettisce "anche il suo tecnico" per gli atteggiamenti che tiene in campo e a volte fuori, un "crimine" contro se stesso se è vero che è un talento di Dio che rischia di andare sprecato. Il punto è che è nero, è questo che inscaffala come sommamente "razzista" ogni coro contro di lui. Anche se chi lo sbeffeggia sostiene che ce l’hanno proprio con lui, Mario persona, e lo stesso sarebbe se fosse giallo, pellerossa o barese. Avete letto bene, barese. Il pensiero infatti corre a Cassano, che ha fatto delle “balotellate” in passato. Sarebbe stato razzista prendersela con lui come di questi tempi con Balotelli? E quando il deputato europeo leghista Matteo Salvini, un paio di mesi fa, intonava cori contro i napoletani, solitamente bianchi, era razzista oppure no? Oppure era semplicemente un politico ignaro del suo ruolo e delle sue responsabilità, ignaro perfino del fatto che fa parte di una maggioranza di governo che ha licenziato una legge che dovrebbe far sospendere le partite quando si registrino episodi di razzismo negli stadi?[...]
Oliviero Beha, brano tratto da "Proviamo col silenzio stampa" (clicca qui per leggerlo tutto) pubblicato su Il Fatto del 28-11-09


Il problema non è il razzismo delle curve. Il problema siamo noi. La società, prima delle società. Gli italiani, prima dei tifosi italiani, i peggiori al mondo. Il colore della pelle ma anche il colore della maglia: vedasi la metamorfosi censoria di Massimo Moratti dai cori interisti contro Zoro ai cori juventini contro Mario Balotelli. Balotelli sarà indisponente, sarà provocatorio, sarà tutto quello che volete, ma resta un mezzo: il fine è la sua pelle. In caso contrario, gli imbecilli non canterebbero «non ci sono negri italiani».
Questo è razzismo. Obiezione: solo lui, mica Muntari. E allora? Se mi trovassi di fronte a due persone e ne uccidessi soltanto una, sarei o non sarei un assassino? Aveva ragione Capello: gli ultrà sono così padroni delle curve da permettersi persino il lusso del razzismo di esportazione. Capello, a onor del vero, batteva anche un altro tasto: la certezza della pena. In Italia manca: multa alla Juve, zero al Bologna, zero al Cagliari (quando giocò l'Inter e vennero presi di mira Balotelli ed Eto'o). Tocca ai dirigenti e, soprattutto, ai giocatori intervenire. Toccherebbe ai giornali prevenire (ah ah ah). Umile proposta in vista di Juventus-Inter. Coro della curva Scirea: «Se saltelli evviva Balotelli». E poi, naturalmente, vinca il migliore.
Roberto Beccantini.


Odio, non razzismo. Dopo domenica sera, sono tutti talmente presi dalla necessità di stare dalla parte dei giusti da confonderli senza pudore. Perché è più comodo, forse fa più chic. Perché odiare è assai più facile che essere razzisti, è alla portata di chiunque. Per essere razzisti bisogna possedere un minimo di cultura, bisogna sapere cosa significhi, mentre per odiare basta avere un istinto. E un istinto ce l'abbiamo tutti, quindi meglio evitare. "Razzismo!".
Mi ci gioco una mano: provate a chiedere a cento capi-curva dove giochi Birkenau e quelli, dopo un attimo di panico, vi risponderanno di levarvi dalle palle, che per loro esiste solo la maglia e la raccolta Panini non la fanno più da anni. Mathausen? Giocava nell'Inter, quella dei record (e dell'ultimo scudetto serio vinto sul campo, ovviamente).
Una civiltà che si rispetti fra un nero e un imbecille lavora sodo per migliorare il secondo, non per compatire il primo. Ma debellare l'odio è un'impresa talmente sovrumana che perfino Dio non sa più a chi chiedere aiuto, figurarsi Abete o Platini.
Meglio chiamarlo razzismo, dunque, che oltre a fare figo, per combatterlo servono sì più telecamere, ma molto meno ingegno. E arrivederci in Sudafrica, sperando che gli ultras non finiscano, con il proprio razzismo, per guastare anche l'idillio di laggiù.
Trillo

 


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