I piagnoni si squagliano e la Juve è campione d'inverno

PianginaQuindicesima giornata. Reduce da un combattutissimo mercoledì di Coppa Italia con la Fiorentina, l'11 gennaio la Juve regola in casa il Vicenza con il minimo sforzo, senza lasciare una sola occasione da rete ad avversari in evidente soggezione. La sconfitta di San Siro non ha lasciato alcun segno.
Già in apertura la Juve va all'arrembaggio con un gioco piacevole ed aggressivo che il Vicenza fatica a contenere. Sfiorano il gol un vivacissimo Del Piero, Conte con uno dei suoi inserimenti e Ferrara che sfiora la traversa di testa su corner di Zidane. Spingono Di Livio da destra e Dimas da sinistra, e proprio il portoghese pesca Inzaghi oltre la linea della difesa vicentina. Quando Pippo cerca di accentrarsi, Dicara lo chiude con un ginocchio atterrandolo: rigore netto, che Del Piero trasforma con freddezza (27') alla destra di Brivio, realizzando il 17simo gol stagionale. Sia Alex che Inzaghi si gettano subito alla ricerca del gol della sicurezza. Il Vicenza si vede solo al 41' con una punizione di Ambrosini. La ripresa non offre grandi emozioni: la Juve controlla facilmente un Vicenza sfiduciato e cerca il raddoppio senza troppi affanni. Dopo i cambi di Lippi (Pecchia e Pessotto per Di Livio e Conte) e di Guidolin (Firmani e Ambrosetti per Baronio e l'evanescente Maspero), al 31' arriva il raddoppio con Ferrara mette dentro con una mezza girata la respinta di Brivio a una punizione di Del Piero. Il portiere vicentino, ostacolato, si arrabbia con l'arbitro, ma a torto, perché l'ostacolo era Canals, un suo compagno.
L'Inter riesce a mantenersi a + 4 grazie a un sofferto 0-1 a Piacenza, giunto grazie uno strepitoso acuto individuale di Moriero, ma il Piacenza avrebbe meritato almeno il pareggio. Nel primo tempo i nerazzurri stentano e i padroni di casa conquistano il centrocampo grazie all'ottima prova di Mazzola, Scienza e Piovani, con Bordin a fare diga per le avanzate di Simeone. L'Inter patisce il gran ritmo del Piacenza e non riesce a imporre la propria superiorità. Addirittura, si vede il vecchietto Vierchowod anticipare regolarmente Ronaldo, con le buone e a volte con le cattive.
Nella ripresa l'Inter appare subito più intraprendente e Ronaldo si procura subito una punizione da ottima posizione, che poi Sereni gli para. Al 18' la prodezza di Moriero che compie uno slalom irresistibile fra quattro avversari e insacca nell'angolino. Il Piacenza non ci sta e va all'attacco: prima Vierchowod sfiora il palo di testa, poi anche Valtolina sfiora il bersaglio, ma soprattutto al 41' è Scienza ad andare vicino al pareggio, con un colpo di testa ravvicinato su cui Pagliuca compie un miracolo. Dopo un palo esterno di Moriero in contropiede e un'azione di Ronaldo che impegna Sereni, il Piacenza perde Mazzola, punito con un'espulsione un po' eccessiva per un fallo su Ronaldo. Nonostante ciò, al 47' arriva l'occasione più grande per pareggiare: cross pericoloso da sinistra e Zanetti affossa Rastelli. Rigore netto, mentre la palla arriva a Murgita, a due passi dalla porta, che cerca di correggere a rete, ma Pagliuca compie l'ennesimo miracolo. I Piacentini protestano con veemenza, il vantaggio non è stato concretizzato, ma l'arbitro non concede il penalty.
Negli spogliatoi, Rastelli non ha dubbi: "L'arbitro ci ha detto che non ha fischiato il rigore perché ha concesso la regola del vantaggio, ma se poi non c'è il gol, che vantaggio è?". Come lui Piovani: "Certi rigori si danno, sempre". Vierchowod: "Regola del vantaggio? Non esiste. Quel rigore c'era, ho visto una spinta di Zanetti. Comunque l'Inter me l'aspettavo così: si fa attaccare perché davanti ha giocatori che possono risolvergli sempre la partita. E poi è il loro anno, ormai s'è capito. La marcatura su Ronaldo? Mi ha aiutato molto tutta la squadra e comunque, anche se ho 17 anni più di lui, un po' di velocità mi è rimasta...".
Reduci da un'umiliante 0-5 nel derby di Coppa Italia, grazie a 3 punti ottenuti con molta fortuna, i nerazzurri s'illudono di essersi ripresi dallo shock infrasettimanale. In realtà, hanno sofferto molto, suscitando le solite perplessità sul piano del gioco. Tanto è vero che, oltre a Moriero, l'altro protagonista della giornata è stato Pagliuca.

Per commentare la vittoria della Juve a Bologna, la penultima giornata d'andata in programma il 18 gennaio 1998, lasciamo volentieri la parola all'inviato della Gazzetta dello Sport:
"Troppo forte questa Juve, ridisegnata per l'ennesima volta da Lippi, per questo Bologna orfano di tutto, non solo della fantasia del suo uomo guida, ma anche di quelle componenti necessarie per fare una squadra di calcio. Nel primo tempo un pubblico incredulo aveva la sensazione di assistere ad un allenamento dello squadrone contro una servizievole formazione di allievi. C'è da dire, a parziale scusante del Bologna, che la Juve attuale mette paura. La sosta natalizia è come se avesse ricaricato le pile a tutti i bianconeri. Il primo tempo con l'Inter a San Siro era stato un segnale chiaro, non illusorio. Era mancato il gol, poi la prodezza di Ronaldo in combinazione con Djorkaeff aveva annacquato i progressi enormi evidenziati invece ampiamente ieri. C'è uno strapotere fisico che lascia allibiti da parte di tutti gli juventini. Persino Di Livio, che dopo l'infortunio appariva appannato, è tornato a muoversi con la sua consueta alacrità, corre anche Zidane, ma soprattutto Inzaghi e Del Piero appaiono incontenibili. Quest'ultimo ha costituito certamente la sorpresa più eclatante: ha sfornato numeri su numeri a velocità superiore. Il suo genio irrorato da scatti, guizzi e corse travolgenti. In parole povere, incontenibile." Sentiamo anche il parere del tecnico del Bologna, Renzo Ulivieri: "Juve mostruosa, troppo forte: fin dall'inizio ci ha superati sul piano fisico e tecnico. Dopo 20' non c'è stata più partita. E poi Del Piero e Inzaghi sono stati semplicemente meravigliosi. Nella ripresa ho portato l'attacco più avanti e anche noi abbiamo fatto qualcosa di buono". E infine uno dei futuri accusatori della "cupola moggiana", il presidente Gazzoni Frascara: "Abbiamo perso contro una grande Juve".
Poco da aggiungere, dunque, se non che, rileggendo queste parole, l'1-3 finale (Inzaghi al 11' e al 20', Del Piero 59', Kolyvanov 93') sembra addirittura riduttivo.
A San Siro, invece, proprio nel giorno in cui si sarebbe dovuta laureare campione d'inverno con una giornata d'anticipo, l'Inter crolla in casa col Bari, confermando tutti i dubbi sulle condizioni di forma e le perplessità delle ultime uscite. A batterla è un Bari reduce da una striscia di 4 partite senza sconfitte, l'ultima delle quali proprio a San Siro contro il Milan. E' vero che per tre quarti di gara l'Inter non rischia mai, ma più che altro per l'atteggiamento rinunciatario del Bari, dove il promettente Zambrotta non affonda e Masinga e Guerrero non creano grandi problemi alla retroguardia nerazzurra. L'apparente rassegnazione degli ospiti illude la capolista, che spreca 3 palle gol con Ronaldo nei 6' iniziali, mentre Zanetti per poco non replica la prodezza di Moriero a Piacenza. In verità, per tutto il resto della gara, l'Inter si dimostra arruffona e inconcludente, e al 77' Masinga la punisce, prima anticipando di testa West su cross di Volpi, poi ribadendo a rete la corta respinta di Pagliuca. La reazione dell'Inter è velleitaria e per poco non arriva il raddoppio degli ospiti con Volpi. Nel finale, Moriero e persino Pagliuca, salito per un calcio d'angolo, non riescono a riacciuffare il pareggio.
Così, a una giornata dalla fine dell'andata, la Juve si porta a -1, annullando gli effetti dello sfortunato scontro diretto. "Bisogna rivedere qualcosina. Non si deve puntare solo su Ronaldo", commenta Moratti. Pagliuca, invece, non resiste alla tentazione di evocare le solite risibili recriminazioni arbitrali: "Quel gol era irregolare, ma è stata più irregolare l'Inter. Avevo la mano sopra il pallone, poi Masinga ha calciato." La sua protesta non ha alcun fondamento, perché quando Masinga gli ruba la palla per spingerla in rete, non ha il possesso del pallone. Continua Pagliuca: "Inter depressa? Depressa non direi, ma sicuramente neanche su di morale. Se questa è stata e sarà una brutta botta ve lo saprò dire domenica prossima, dopo la partita di Empoli. Intanto si può già dire che è in questi momenti che si vede se e quanto una squadra è davvero una grande squadra: bisognerà essere bravi e reagire, si ricomincia un po' daccapo".

E puntualmente, la settimana dopo, la reazione non arriva. E' il 25 gennaio, si gioca l'ultima d'andata, e per laurearsi "campione d'inverno" l'Inter deve espugnare Empoli. Ricorriamo ancora a un inviato della Gazzetta: "[...] Dopo i complimenti agli uomini di Spalletti per la loro superiore velocità, con un'idea di gioco di squadra che i nerazzurri non forniscono mai e con una serie di prestazioni individuali di rilievo, da Fusco a Tonetto, da Esposito a Cappellini, diventa spiacevolmente doveroso mettere il dito nella piaga dei tanti, troppi, mali di questa irriconoscibile Inter, che chiude in grave affanno un gennaio di poche luci e molte ombre."
Infatti, l'Empoli va subito in vantaggio, al 3', con una deviazione volante di Esposito su cross di Bianconi, e l'Inter non si riprende più. "Priva di orgoglio, perché priva di forze e di brillantezza atletica, la squadra di Simoni è tutto fuorché una squadra, anche se nella circostanza il tecnico, nel lodevole tentativo di imporre la propria superiorità, corregge l'Inter sul modello della Juve. Fuori un difensore - Galante - ecco un attaccante in più - Branca - come nuova "spalla" di Ronaldo, con Djorkaeff travestito da Zidane a galleggiare tra le due punte [...] Ma, al di là del nuovo assetto tattico, l'Inter fallisce sul piano individuale, perché a parte il rientrante Winter che ingaggia un bel duello con Bonomi, tutti gli altri fanno scena muta. [...] Così mentre tutti i nerazzurri portano la palla rallentando la manovra, l'Empoli corre, gioca e spreca più volte la possibilità di raddoppiare: con Esposito che manca l'aggancio da ottima posizione; con Bonomi la cui girata finisce fuori di poco; e con Cappellini la cui deviazione di testa è troppo alta. Tutti aspettano il risveglio di Ronaldo, ma ogni volta che gli arriva la palla, come quando viene smarcato alla perfezione da Branca, il brasiliano sbaglia nel peggiore dei modi, non riuscendo neppure a tirare!". E dopo aver sfiorato più volte il raddoppio, i toscani chiedono invano l'espulsione di Bergomi per un intervento da ultimo uomo su Cappellini. Lo stesso copione nella ripresa, dove i padroni di casa colpiscono anche un palo, finché, a pochi minuti dalla fine, l'appena entrato Recoba pesca un jolly incredibile, sorprendendo da 50 metri il portiere empolese Roccati.
L'Inter conquista immeritatamente un punto, ma perde la testa della classifica in virtù del concomitante successo casalingo della Juve con l'Atalanta. Nonostante un terreno in pessime condizioni, e malgrado un Atalanta molto combattiva, che non concede un metro, soprattutto nella propria metà campo, riuscendo a limitare i pericoli nel primo tempo (la prima occasione arriva solo al 45', con una bellissima girata al volo di Inzaghi), nella ripresa la Juve stringe letteralmente d'assedio gli ospiti. Gli Orobici resistono 10 minuti, poi Mirkovic abbatte in area Inzaghi che sta deviando a rete un traversone di Del Piero: rigore netto, che però Alex si fa deviare in angolo da Fontana. Fa nulla, l'assedio continua, e al 20' Davids s'incunea in un nugolo di avversari, libera Del Piero che, invece di concludere, serve per l'accorrente Conte, che dal dischetto del rigore spedisce in rete, superando anche l'opposizione di Inzaghi, la cui posizione di fuorigioco passivo suscita proteste negli ospiti. I quali però in seguito, nell'unica azione d'attacco di tutta la gara, riacciuffano il pareggio con Caccia, a 20 minuti dalla fine. Nuovo assedio della Juve, diretto da un magistrale Zidane, che già poco dopo il pareggio ristabilisce le distanze deviando di testa un traversone di Di Livio e nel recupero trafigge Fontana con un bolide dei suoi, per il 3-1 finale. "A questo punto tutti s'inchinavano, Atalanta compresa, a tanta Juve", conclude il suo pezzo l'inviato della Rosea.
A questo proposito, così celebra i campioni d'inverno Candido Cannavò, il futuro fustigatore di "Moggiopoli": "Il Fenomeno? Adesso è Lippi Se si potessero vedere in parallelo, come avviene nel replay di certi slalom, la Juve e l'Inter di ieri, si realizzerebbe la rappresentazione teatrale del sorpasso sul traguardo d'inverno. Da una parte una vera squadra, dall'altra una vera pena attorno al tenero, irriconoscibile Ronaldo. La Juve ha macinato un'Atalanta tutt'altro che remissiva, l'Inter a Empoli (complimenti ai poveri) macinava le proprie ambizioni lanciando vacui palloni verso l'uomo della provvidenza, diventato di colpo un oggetto misterioso. Al cospetto di questa doppia immagine, il sorpasso della Juve trova logica, senso di giustizia e ovazioni. Zidane firma per tutti, con due gol, l'operazione che cambia faccia a un campionato tutto da godere. Pur incantati da Ronaldo, siamo stati tra i primi a segnalarne la vulnerabilità tecnica e umana. La straordinaria frenesia atletica del suo gioco, con quelle immagini che scappano via in una scia di stupore, si basa su una magica "freschezza perenne" che poco si concilia con gli straimpegni e le tentazioni cui il ragazzo è sottoposto. Ronaldo è tipico individualista naturale. Se i muscoli pompano, è capace di tutto. Se le fibre muscolari sono in affanno, anche la mente si spegne. Si può puntare una stagione di vertice soltanto su un ragazzo di 21 anni, fenomenale per quanto sia? L'Inter è dinanzi a questo inquietante interrogativo. "Buttate la palla avanti, tanto ci pensa lui". Lo slogan tramonta. Simoni ci ha provato, ma il gioco dell'Inter non è cambiato. Il benedetto "più Ronaldo" è diventato un deprimente "meno". Nell'abissale distanza piomba la Juve: squadra dalla testa ai piedi. Il Fenomeno? Lippi. L'Inter da primato non finisce a Empoli. E' bello immaginare che ricominci con gli strilli di Moratti e con il gol "mostruoso" di Recoba: nuovo confine alle meraviglie del calcio."

Ma nel girone di ritorno Recoba non si ripeterà più. Tutt'altro discorso, invece, per gli strilli evocati dal profetico Candido. Anche se non nel senso che intendeva lui.

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