C’era una volta…

Agnelli e ElkannCon quella vena di razza italiana
che è vivace e battagliera
è naturale che poi siamo noi
che possiam cambiar tutto
a patto che si lasci tutto come era.

Si Può, Giorgio Gaber


Ovviamente, come era lecito aspettarsi, il gol regolare annullato al Catania ha scatenato il solito ginepraio di polemiche farlocche proprio di ogni errore arbitrale a favore della Juventus, come da almeno vent’anni a questa parte. Sarebbe facile smontare uno dei tanti articoli usciti in questi giorni (ad esempio il capolavoro di Paolo Ziliani), ma questa volta voglio proprio raccontarvi una storiella.
C’era una volta un paesuncolo, bagnato su tre lati dal mare, in cui abitava una particolare razza di esseri umani, una razza che ignorava la più elementare regola di rispetto altrui e che viveva quotidianamente senza il bisogno anche solo di cercare un qualsiasi tipo di morale. In questo posto, una cerchia ristretta di individui più benestanti e scaltri prendevano amabilmente per i fondelli una ben più grande massa di disgraziati, i quali, ignari di tutto, continuavano a dare la massima importanza alla loro principale passione: il gioco del pallone. Questo gioco, quindi, nelle logiche dei più scaltri, era di massima importanza, tanto è vero che la stragrande maggioranza delle principali squadre era di proprietà proprio degli appartenenti a quella stretta cerchia. Una squadra su tutte, però, spiccava sulle altre per superiorità, blasone, risultati e per numero di campioni presenti nella sua rosa. Era la squadra della famiglia che da anni regnava su quel paese e il re, per vezzo personale, amava circondarsi, appunto di campioni, per godersi una delle sue più grandi passioni: il gioco del calcio.
Ma un brutto giorno il re morì e poco dopo morì anche suo fratello, gli ultimi due grandi tifosi di quella squadra, rimasta così ormai nel cuore solo del giovane principe, figlio del fratello del re. Il nuovo re, cugino del principe, non era infatti granché interessato al gioco del pallone e, mentre la squadra macinava scudetti, si lasciò mal consigliare da alcuni suoi cortigiani (alcuni dei quali in combutta con i padroni delle squadre che regolarmente buscavano dalla squadra del re) e prese alcune decisioni sbagliate. Era successo che gli altri appartenenti alla cerchia avevano deciso di distruggere quella magnifica squadra, facendo credere alla gente, grazie alla totalità dei giornali e delle televisioni di loro proprietà, che quella squadra corrompesse gli arbitri: tutto ciò dopo un certosino e decennale lavoro che prevedeva l’esaltazione e la moralizzazione degli errori a favore di quella squadra e al contempo l’occultamento degli errori a beneficio delle altre squadre o a sfavore della squadra del re. Tutto ciò fu possibile grazie al contributo della quasi totalità dei giornalisti del paesuncolo che, lasciando la deontologia professionale nel cassetto, si comportavano come i più beceri tifosi del Bar Sport in alcuni casi o come i più servili zerbini degli interessi dei propri editori in altri. Fu così che, grazie a ridicoli e completamente illogici processi sportivi, la squadra del re fu smembrata, retrocessa nella seconda serie e privata di due titoli stravinti sul campo, senza che il re facesse alcunché per fermare la macchinazione. Gli uomini del fratello del vecchio re vennero sostituiti da un ambiguo cortigiano e da un mercenario francese, il cui unico sport di cui capisse qualcosa era il tennis, affiancati da uno staff tecnico completamente inadeguato. Gli appartenenti alla cerchia fecero credere ai disgraziati che in quel modo il calcio sarebbe stato ripulito, ma in realtà non cambiò niente, se non che ai posti di comando furono messi gli uomini dei burattinai, lasciando tutto come prima.
Negli anni successivi alla farsa, però, i tifosi della squadra del re, disperati per aver perso una così grande passione, iniziarono a scavare nei documenti di quei processi fasulli e, con costanza e applicazione, riuscirono a dimostrare che la squadra del re non aveva corrotto nessun arbitro e che i tornei erano stati tutti regolari. Tutto ciò fu confermato da un processo serio, con difese e testimoni, partito dopo la scabrosa vicenda.
Nel frattempo sul campo l’ex squadra del re, gestita da cotali luminari, non era più lei e inanellò per quattro lunghi anni figuracce cui non era mai stata abituata, mentre le squadre della cerchia vincevano campionati su campionati che senza quella grande macchinazione non avrebbero mai vinto. Però ad un certo punto il principe, fino a quel momento in disparte, prese in mano le redini della sua amata squadra con l’obiettivo di farla tornare a porre in essere ciò che le era più naturale: vincere. Così, chiamò ad allenare il vecchio Capitano della squadra del re il quale, oltre ad essere innamorato quanto il principe della sua squadra, era anche il miglior allenatore in circolazione. Fu così che, grazie al furore agonistico secolare ritrovato e al gioco spumeggiante donati dal Mister, insieme a nuovi campioni presi dal principe, la squadra tornò a vincere il titolo addirittura senza perdere neanche una partita. E per quanto riguarda la grande macchinazione, il principe smise di porgere pedissequamente il capo come i suoi predecessori e diede ragione ai tifosi rivendicando ufficialmente i due titoli illegalmente sottratti, che sentiva sinceramente della sua squadra.
Però il nuovo successo faceva esplodere di nuovo il fegato di coloro che avevano preso batoste per tanti anni prima della macchinazione: rosi dal fatto che la squadra del re non era definitivamente morta come loro avrebbero voluto, ripresero a sguinzagliare giornali e tv con il solito giochetto dell’errore arbitrale, sperando di creare, presso i disgraziati innamorati del pallone, nuovo odio (non che ce ne fosse poco…) per la squadra del re.
A questo punto mi piacerebbe sapere come dovrebbe finire questa storiella. Però una mezza idea ce l’ho: prendere seriamente in considerazione gli interventi di Nino Ori e di Paolo Battesini all’ultima assemblea azionisti. Anche perché, la fervida mente dello scrittore potrebbe intrecciare la trama ipotizzando magari che tra i principali sponsor della Federazione della cerchia ci fosse l’azienda principale del re, o che ad ogni infamante e quotidiano articolo la società capeggiata dal principe, che così bene aveva fatto, stava facendo e avrebbe fatto per la squadra del re, non battesse ciglio. Immaginate quanto potrebbe dispiacere a tifosi così appassionati e che così tanto avevano fatto per la squadra del re…
Infine, per quanto riguarda i quintali di letame gratuito buttati sulla Juventus dopo Catania, so rispondere solo come il peggiore dei “gobbidimerda”: godo. Perché è vero che siamo stufi di questa situazione, ma nulla fa godere uno juventino come i fiumi di bile che scorrono sotto 49 giornate da imbattuti. Anzi, dirò di più, la partita di sabato prossimo mi piacerebbe tanto vincerla con un bel gol regolare, vorrei che fosse negato un rigore alla squadra avversaria e mi piacerebbe che sul capovolgimento di fronte ne venisse assegnato uno alla squadra del re, che i giocatori avversari, distanziati di 4 punti, facessero capannello attorno all’arbitro e che l’allenatore avversario, tornando negli spogliatoi dopo l’espulsione, gridasse: ”Non si fa così!”. Déjà vus letterari.

P.s. ogni riferimento a cose o persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.