Il dossier Sion – Affaire à suivre

giustizia sportivaIn Svizzera circola la convinzione, a torto o ragione, che i vallesani siano gente di montagna con la testa dura. Il vulcanico presidente del FC Sion, Christian Constantin, confermerebbe l’immaginario collettivo, almeno per quanto riguarda la testardaggine. Quello che è certo è che l’ex-portiere di riserva e compagno di Othmar Hitzfeld nel Lugano è un personaggio molto controverso nell’ambito del calcio elvetico. Ne sa sicuramente qualcosa Albertino Bigon, che sotto la sua presidenza allenò la squadra del “double” Campionato-Coppa Svizzera nel 1997 ma, dieci anni dopo, tornato sulla panchina dei vallesani, subì l’onta dell’esonero a pochi mesi dall’insediamento, salvo poi essere richiamato poco dopo, ed in seguito nuovamente cacciato dopo tre mesi. Ma ne sa qualcosa anche Paolo Casarin, che durante la partita di ritorno di Coppa UEFA del ‘97, Spartak Mosca-Sion (l’andata vinta dai russi per 0-1), in qualità di delegato UEFA dovette controllare su uno sgabello e con un metro di fortuna l’altezza delle porte dello stadio Luzhniki, sotto il diluvio e con 12 mila tifosi piegati dalle risate. Accertate le dimensioni non regolamentari, Constantin fece ricorso chiedendo partita vinta a tavolino per 3-0. Il 2-2 ottenuto sul terreno di gioco non sarebbe bastato alla squadra vallesana per passare il turno. Per la cronaca, l’UEFA decise di far rigiocare la partita. Non soddisfatti della decisione, i dirigenti della squadra svizzera insistettero per il 3-0 a tavolino, ma alla fine della controversia, rimasta quella volta nel solo ambito sportivo, la partita venne nuovamente disputata in un altro stadio moscovita e vinta dallo Spartak per 5-1.
Accusato di malagestione finanziaria Constantin fu costretto ad abdicare al termine di quella stagione. Il suo ambizioso progetto, fallito, di portare la squadra in pianta stabile fra le prime otto d’Europa aveva comportato un indebitamento significativo per un club elvetico, 13.4 milioni di Franchi Svizzeri (Sfr), ca. 10 milioni di Euro, difficili da smaltire. La Città di Sion si interessò della questione facilitando un piano di salvataggio attraverso la versione confederale del Chapter 11 (ovvero la richiesta di protezione nei confronti dei creditori) rimettendoci quasi un milione di Franchi Svizzeri, denaro dei contribuenti. La squadra finì in Serie B e visse anni tribolati fino al fallimento vero e proprio nel 2003, con relegazione d’ufficio in Prima Divisione (la Serie C svizzera). Ironia della sorte, dopo il fallimento fu proprio Constantin a rilevare la società. Al termine di una battaglia legale contro la Federazione Svizzera (FS), battaglia che sconfinò, nonostante la clausola compromissoria, in ambito della giustizia ordinaria, Constantin riuscì a far iscrivere la squadra al campionato di Serie B. In piena stagione il torneo venne allargato a 17 squadre e vennero disputate diverse partite infrasettimanali, le famose settimane inglesi, per recuperare sulla tabella di marcia e finire in tempo la stagione.
La storia di Constantin alla guida della squadra vallesana passa poi per qualche vittoria in Coppa Svizzera, per una condanna penale per aggressione ad un arbitro durante la partita della stagione 2004/05 della Serie B svizzera, Kriens-Sion, e per esoneri di allenatori in serie (27 mister alla guida tecnica dal 2003 ad oggi, una media di tre all’anno! Zamparini, con “soli” 20 nello stesso periodo è un dilettante a confronto), cimentandosi anch’egli per un paio di periodi a fare da allenatore-traghettatore. Così arriviamo alla cronaca dei giorni nostri e alla battaglia di questa piccola realtà calcistica, per farsi riammettere, a suon di timbri e carta bollata, al torneo di Europa League contro il volere di tutto il Gotha del calcio mondiale. Ma vediamo come si è arrivati a questa situazione ingarbugliata.
A febbraio 2008, i vallesani mettono sotto contratto il 35enne portiere Essam El-Hadary, nonostante egli abbia un regolare contratto fino al 2010 firmato l’anno precedente con la squadra egiziana dell’Al-Ahly. Ottenuto dalla FIFA il nulla osta provvisorio al trasferimento in terra svizzera, il portiere debutta nella squadra elvetica ad aprile e rimane una stagione e mezza prima di rientrare in Egitto a fine maggio 2009.
Ad aprile 2009, a quasi un anno dal ricorso presentato dall’Al-Ahly, la Camera di Conciliazione della FIFA decide di punire il Sion con una multa-indennizzo a favore degli egiziani e il blocco della campagna trasferimenti per le due successive sessioni di mercato. Gli svizzeri accusano i dirigenti africani di non aver tenuto fede alla parola data durante un incontro antecedente la firma del giocatore per paura della reazione dei propri tifosi. Di conseguenza, a giugno 2009, non prima di aver tentato invano di ricusare il giudice, accusato di intrattenere rapporti privilegiati con la società egiziana – la comunicazione della sanzione da parte della FIFA era sui media egiziani prima della comunicazione ufficiale – e non prima di aver tentato di sfruttare un errore di notifica – il ricorso dell’Al-Ahly era stato rivolto alla società amatoriale e non a quella professionistica – fa ricorso al TAS. La sentenza (Panel presieduto dal prof. Massimo Coccia) arriverà dopo un anno (il 1° giugno 2010) e confermerà il giudizio precedente dichiarando l’irricevibilità del ricorso.
A questo punto, siamo a luglio 2010, il Sion, incurante delle voci di una possibile esclusione delle squadre svizzere da ogni contesto internazionale, si rivolge al tribunale civile svizzero arrivando fino al Bundesgericht (la Corte di Cassazione svizzera) contestando l’illegittimità delle decisioni prese dal TAS e vari vizi di forma. Ma il 12 gennaio 2011, come già avvenuto nell’ambito della giustizia sportiva, anche quella ordinaria darà torto ai vallesani su tutta la linea condannandoli al pagamento delle spese processuali sostenute dalla FIFA per un ammontare di 11.000 Franchi Svizzeri.
Nel frattempo però Constantin ottiene, a fine luglio 2010 una parziale vittoria allorquando, e dopo un rifiuto iniziale, la Commissione Tesseramenti della Federazione Svizzera dà il beneplacito al trasferimento dei giocatori acquistati durante la sessione estiva motivandolo con il ritardo della comunicazione del TAS rispetto all’inizio del mercato estivo. Nella sessione invernale 2010/11 per la prima volta dalla sanzione FIFA il Sion non effettuerà trasferimenti, tuttavia acquisterà sei giocatori nella campagna trasferimenti successiva. Il 30 luglio 2011 la richiesta di tesseramento dei sei nuovi giocatori viene respinta dalla Commissione Sportiva d’Appello della Federazione Svizzera e rimandata alla riapertura del prossimo calciomercato con la motivazione che le due sessioni di blocco previste non fossero ancora trascorse. Il presidente Constantin e i suoi avvocati sostengono il contrario sulla base di calcoli che sommavano anche alcuni sotto-periodi durante tutta la fase della diatriba in cui la società non svolse attività di compra-vendita di giocatori e ricorrono nuovamente al TAS.
Il resto è cronaca dei giorni nostri: ad inizio agosto i sei giocatori, appellandosi al diritto di poter esercitare la propria professione avendo un regolare contratto, citano la Federazione Svizzera davanti al Tribunale Civile di Martigny e ottengono il tesseramento provvisorio, decisione poi confermata definitivamente dal Tribunale stesso a fine settembre. Il giorno successivo alla citazione in giudizio la Federazione squalifica i giocatori per un turno di campionato, per aver infranto la clausola compromissoria, impedendo così loro di giocare la partita contro il Basilea. Nel frattempo, vista la decisione del Tribunale Civile, avviene il ritiro del ricorso al TAS. A metà agosto parte però una denuncia di Constantin, in seguito archiviata, contro i segretari generali UEFA e FIFA, Gianni Infantino e Jérôme Valcke (denuncia poi accompagnata dalla dichiarazione di voler denunciare anche i presidenti Platini e Blatter se fosse venuto a conoscenza di un loro coinvolgimento nella faccenda), accusati di aver, tramite lettera scritta, minacciato la Federazione Svizzera di esclusione dalle competizioni internazionali, se non fossero riusciti a far desistere il Sion.
Quindi la decisione della Commissione Disciplinare dell’UEFA di escludere gli svizzeri dalla Europa League, giustificata dal divieto di utilizzare i sei giocatori nelle partite contro il Celtic. Avendo costoro però regolare tesserino emesso dalla Federazione Svizzera in seguito alla disposizione del Tribunale di Martigny, il presidente decide per un nuovo ricorso al TAS e anche al Tribunale Cantonale Vodese.
Poi il ricorso vinto dalla squadra elvetica davanti al Tribunale Cantonale, che ne dispone il reintegro nel torneo ed il recupero delle partite con Rennes, Udinese e Atletico Madrid tra dicembre 2011 e febbraio 2012 e condanna la UEFA al pagamento delle spese processuali sostenute dai vallesani per un ammontare totale di 55.000 Franchi Svizzeri, oltre ad altri 1000 di indennizzo per ogni giorno trascorso senza rendere esecutivo il reintegro.
Infine il ritiro del ricorso al TAS contro la squalifica dell’UEFA, ritenendo che la decisione del Tribunale Cantonale fosse già di per sé sufficiente per ottenere il reintegro.
Ora la decisione del Comitato Esecutivo dell’UEFA che prende atto della sentenza del Tribunale Cantonale ma si dichiara incompetente e rimanda tutto al TAS a cui si è rivolto con procedura d’urgenza per dirimere la questione, specificando di essere disposto ad accettarne il verdetto qualunque esso sia. In parallelo, il Comitato d’Urgenza della FIFA esorta la Federazione Svizzera a rendere esecutiva la decisione della Commissione Sportiva d’Appello di non tesserare i sei giocatori del Sion, ora che la squadra ha ritirato il ricorso al TAS, e di assegnare la sconfitta a tavolino a ogni partita in cui essi abbiano preso parte nel campionato svizzero. Affaire à suivre.
Quello che emerge da questa storia è la conferma, ancora una volta, che il confine tra regolamenti sportivi e leggi ordinarie è molto labile ed incerto e decisioni in ambito sportivo possono essere legittimamente contestate in ambito di diritto civile o amministrativo senza nemmeno dover attendere il termine del percorso sportivo. Il presidente del Sion, incurante delle reali o presunte minacce ricevute dalla propria Federazione e dagli organismi sportivi internazionali, ha intrapreso una battaglia legale riuscendo per ora a dare forti spallate e sonori schiaffi ai funzionari UEFA e alla FIFA, mettendo a nudo tutte le contraddizioni di un regolamento internazionale seduto sopra le leggi nazionali. Tale coraggio invece è purtroppo mancato alla dirigenza/proprietà della Juventus durante la farsa del 2006, allorquando la FIFA minacciò di escludere il calcio italiano dalle competizioni internazionali se il club bianconero non avesse ritirato il ricorso presentato al TAR. A quel punto il consiglio d’amministrazione della squadra bianconera preferì piegarsi e ritirare all’ultimo istante un ricorso più che legittimo e con ottime prospettive di venir accolto, e così facendo di fatto condannandosi definitivamente all’immeritato anno di Serie B.
Ora la Juve sotto l’attuale presidenza di Andrea Agnelli ha finalmente deciso di rialzare la testa e chiedere il conto per lo scempio avvenuto ai danni di una squadra allora ai vertici del calcio mondiale, con una gestione economico-finanziaria virtuosa ed una visione strategica di ampio respiro. Il percorso intrapreso è certamente più cauto, diciamo più “istituzionale” rispetto all’approccio “da elefante in un negozio di porcellana” adottato dal vulcanico presidente vallesano. Andrea Agnelli per ora si è limitato ai vari esposti in ambito sportivo minacciando ulteriori passi soltanto qualora non dovesse vedersi riconosciute le sue richieste dagli organismi sportivi. La strategia è di ampio respiro e, data la resistenza della FIGC a suon di dichiarazioni di incompetenza, non è escluso che si arrivi a testare anche in questo caso i limiti dell’ordinamento sportivo.
In conclusione, le ragioni sono differenti, i percorsi sono differenti, i pesi specifici dei due club sono differenti, lo stile dei due presidenti è certamente e per fortuna differente. Insomma universi paralleli che in comune hanno poco, se non che dall’altra parte ci sono i soliti attori di una commedia sportiva a cui molti ormai non credono più.