Quagliarella show. La Juve resta in corsa

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La “pareggite” che ha colpito la Juventus in queste ultime settimane si interrompe nell’occasione che in molti avevano definito da “dentro o fuori”.
Del Neri sfata il tabù Cibali (imbattuto in 17 gare giocate nell’intero anno solare), mantiene le distanze da chi lo precede e porta a casa tre punti fondamentali per la sua classifica.
Una partita divisa in tre frazioni: la prima, quella iniziale, interamente dominata dal Catania, che parte sorprendendo la Juventus con dinamismo e intensità, creando più volte i presupposti per passare in vantaggio contro una squadra lenta e imprecisa, incapace di costruire qualcosa di decente e che si limita a rifugiarsi nello schema “palla a Krasic” (che ormai tutti conoscono e puntualmente rimediano raddoppiando sul serbo) oppure in una sterile sequenza di lanci lunghi.
Nel frangente soffre Sorensen, in difficoltà al cospetto del piccolo Martinho e poco protetto da Krasic, mentre Aquilani ripete la scialba prova offerta contro la Fiorentina.
La seconda frazione del match, iniziata all’incirca alla mezz’ora del primo tempo e durata fino al quarto d’ora della ripresa, coincide con il momento in cui il Catania rifiata e la Juve colpisce tre volte (e altre volte potrebbe farlo) con il cinismo della grande squadra.
Il primo “colpo” alla partita arriva da Pepe, autore di un’ottima gara a prescindere dal gol (il terzo del suo campionato, peraltro splendido); il secondo e il terzo colpo (altrettanto splendidi) sono opera di Quagliarella, il quale, zitto zitto, raggiunge le posizioni nobili della classifica dei marcatori, affiancando Ibrahimovic e altri attaccanti più celebrati.
E dire che il napoletano, che si è giovato della buona assistenza di Iaquinta (a sua volta più altruista e meno testardo del solito), poteva addirittura raggiungere i capocannonieri Eto’o e Cavani, se solo avesse trovato un assistente più attento del signor Pugiotto.
Perché, tralasciando il pasticcio combinato dalla difesa juventina in occasione dell’immediato pari provvisorio di Morimoto (il gol del giapponese è una vera e propria sagra degli orrori, conclusione compresa), l’episodio che poteva cambiare la partita è proprio quello che nega la tripletta a Quagliarella, un gol fantasma (forse il più bello della serata) sul quale ora sarebbe legittimo attendersi le stesse polemiche che infuriarono ai tempi del famoso “gol-non gol” di Pellissier in quel Chievo-Juventus del 2005.
E guai a chi chiamerà in causa l’alibi del “tanto non è stato un episodio decisivo”, perché non lo è diventato esclusivamente per via delle prodezze di Quagliarella e compagni, capaci di mettere due gol fra loro e il Catania, perché nella terza e ultima fase della partita, complici gli ingressi di Ricchiuti e Antenucci, i siciliani riprendono a spingere creando qualche pensiero a Storari.
Ed è il momento in cui la Juve torna a soffrire quello in cui si capisce che la squadra è in continuo progresso, perché Del Neri opera alcuni accorgimenti (Sissoko per lo spento Aquilani, più responsabilità a Melo che, in effetti, cresce alla distanza) e, dopo pochi minuti di assestamento, sono più i bianconeri a sfiorare il quarto gol (mancato solo per errori clamorosi di Del Piero e Krasic, quest’ultimo tanto efficace, nella ripresa, in fascia quanto sbadato sotto porta) di quanto il Catania si avvicini ad accorciare le distanze.
Ora, sciopero permettendo, domenica a Torino arriva la Lazio, che è a tiro d’aggancio, e a questo punto, se quella di Catania era la partita da “dentro o fuori”, la prossima inevitabilmente lo sarà ancora di più.

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