Quanto ha perso la Juve?

meloQuanto ha perso la Juve?
Potrebbe essere questo il nuovo slogan per i tifosi di questa schifezza che qualcuno si ostina a chiamare ancora Juventus.
Tanto ormai ci abbiamo fatto l’abitudine e, per il tifoso che, ormai assuefatto alle figuracce della sua squadra, la domenica decidesse di vivere la famiglia e non 90 minuti di tristezza (allo stadio o davanti alla tv), suggerire di modificare la classica domanda: “Quanto ha fatto la Juve?” in un più pertinente: “Quanto ha perso la Juve?”, ci sembra decisamente doveroso.
Un’accoglienza a base di fischi e uova marce lanciate contro il pullman della squadra anticipava quello che si sarebbe visto e sentito durante la partita. La pazienza del pubblico, e non ci riferiamo solo al tifo organizzato, è finita.
Cori e striscioni per Andrea Agnelli, addirittura per il mai troppo rimpianto guerriero Pavel Nedved.
Contestazione che, oltre ad essere “pro”, è soprattutto “contro”: “Secco, Blanc, Fassone e Patania: e i soldi degli Agnelli volano via!” recitava uno striscione esposto in curva Nord, nel momento in cui la Juve mostrava di essere la stessa cosa impalpabile vista nelle ultime settimane.
E a fine partita, i cori indirizzati da tutto lo stadio e un chiaro e inequivocabile “Dirigenza, vaffanculo!” cantato a squarciagola da un nutrito gruppo di tifosi all’esterno dell’impianto rappresentano in pieno il pensiero degli appassionati juventini.
Ai giocatori la curva Sud riservava uno striscione: “di spalle... per una squadra senza palle”, rivolgendo le terga alla squadra al momento del suo ingresso sul terreno di gioco.
Ma il peggio per quei fantasmi in bianconero doveva ancora venire, e si manifestava in un crescendo direttamente proporzionale al passare dei minuti, un crescendo fatto di inviti a trovare un lavoro vero e a tirare fuori gli attributi, il tutto condito da fischi assordanti all’indirizzo degli uomini simbolo dell’operato di questa dirigenza: Melo, Diego e Tiago, gli acquisti più eclatanti e sin qui rivelatisi gli elementi più impresentabili.
Insulti a Cannavaro, per il quale evidentemente i tifosi hanno esaurito il credito di non belligeranza concessogli (fra mille mugugni) ad inizio stagione, quel Cannavaro che non riesce a tenere Martinez (mica Cristiano Ronaldo...), rimediando pure un’ammonizione pesante che lo terrà a riposo per la prima partita dell’anno nuovo.
Mugugni e lamentele anche indirizzati a Grosso, che somiglia sempre più alla copia sbiadita del mediocre Molinaro.
Ma è il “bidone d’oro 2009”, Felipe Melo, a vincere per distacco la gara dei fischi e degli insulti ricevuti. Il brasiliano sbaglia il possibile e anche l’impossibile, ma non è una novità, e il pubblico lo becca sonoramente.
Dagli spalti di un “Olimpico” tutt’altro che gremito (vuoi per il freddo, vuoi per l’indifferenza che questa orribile Juve suscita) si levavano imprecazioni chiare (anche a chi osservava l’evolversi della partita dal divano di casa), e il principale obiettivo di questi insulti era il centrocampista della Seleçao, cui Ferrara riservava una nuova, clamorosa bocciatura alla mezz’ora, rimpiazzandolo per scelta tecnica con il riesumato Salihamidzic.
Di Brazzo si erano perse le tracce dopo una fugace apparizione all’esordio in campionato contro il Chievo, e il bosniaco, autore del gol del pareggio, scomparve dalla circolazione dopo l’ennesimo guaio muscolare che lo portò a preferire le cure del santone tedesco Muller-Wohlfahrt a quelle dello staff medico bianconero.
Il 32 enne ex Bayern, furbo e intelligente (tanti anni in Baviera e tanti trofei vinti da protagonista conteranno pure qualcosa?) entrava in partita creando più pericoli ad Andujar di quanti ne abbia creati in tutta la partita lo scandaloso Amauri, che a sua volta chiudeva con l’ennesima prestazione indegna un 2009 a dir poco vergognoso.
Appena usciva il "tronista bisunto", e subentrava Del Piero, la Juventus creava subito un’opportunità con il capitano in veste di suggeritore e Trezeguet si immolava in uno scontro con il portiere catanese.
David rimaneva a terra a lungo e accusava capogiri per i minuti successivi, fastidi che ne hanno di certo pregiudicato la lucidità nell’occasione che avrebbe potuto cambiare il risultato della gara.
Ma, avendo Ferrara (a proposito, anche lui entra di diritto nel libro dei record: 5 sconfitte nelle ultime 6 partite la Juve non le aveva mai totalizzate nella sua storia recente) esaurito le tre sostituzioni, il francese rimaneva stoicamente in campo, ed è ancora più singolare che uno come lui, accusato in passato di non essere propriamente un cuor di leone, dia l’esempio ad una truppa di pavidi figuranti.
E’ il segno dei tempi: colui che passava per essere il più timido della Juve che fu si dimostra il più coraggioso di questa inguardabile creatura voluta dal Nuovo Corso Simpatia.
Una squadra di tiaghi, dieghi e meli, bravi a parole o nemmeno con quelle, col portoghese al terzo anno di scena muta consecutivo, che commette un fallo da rigore da dilettante puro e al quale càpitano due palle decenti tradotte in assist al portiere avversario con la solita, deprimente mollezza; per non parlare del giocatore “strappato al Bayern Monaco e pagato meno degli acquisti del Real Madrid”, che ancora una volta combina meno in 96 minuti di quanto produca Giovinco in venti.
Diego sparisce per decine di minuti e quando riappare non incide minimamente: il cross per Salihamidzic non può bastare, non possiamo ignorare che si giocava contro l’ultima in classifica che non vinceva a Torino dal 1963 (altro record da aggiornare per la gioia degli statistici).
Izco (l'ennesimo Carneade elevato al ruolo di Eroe di giornata contro la Juventus), giustiziere dei poveri Gobbi a tre minuti dalla fine del tempo regolamentare, ricorderà a lungo questo evento, questa sua novantesima partita in serie A nella quale ha segnato il suo primo, storico quanto facile gol. L’esperimento della Juve "made in Brazil" è completamente fallito, bisogna che chi di dovere si prenda le proprie responsabilità e lo riconosca, se ha le palle per farlo.
Dubitiamo fortemente della cosa.
E’ il crollo fragoroso di un progetto fasullo e sostanzialmente inesistente, che ha calpestato la storia della più grande società di calcio italiana.
Non c’è nulla da salvare, non c’è niente di buono in questo progetto iniziato nel maggio del 2006, quando questi principianti trovarono “conti a posto, eccellenza tecnica e organizzazione impeccabile” (citazione di Cobolli, assemblea azionisti 2008) e appena ci misero le mani distrussero il possibile, andando molto oltre.
E’ inutile girarci intorno, ma si torna sempre lì, alle macerie che qualcuno ha lasciato che si accumulassero sulla Juventus nell’estate del 2006, affidandosi a mediocri dirigenti, mediocri tecnici e mediocri calciatori.
E le operazioni marchettare per salvare la faccia operate in settimana, le voci fatte circolare su Bettega e il richiamo al capezzale della Juve agonizzante di Andrea Agnelli (mosse suggerite presumibilmente per altri fini dall’entourage del cugino pallido e senza passione) hanno provato invano ad anestetizzare il rancore della tifoseria, rancore che oggi si è prontamente (e giustamente) riversato su chi vive la Juve con la stessa passione della proprietà (zero), e ci riferiamo a chi appena ha un momento libero se ne va in vacanza, come accaduto spesso a Blanc in momenti di crisi societaria, e come è accaduto proprio ieri pomeriggio a Secco, avvistato sulle nevi del Sestrière in un frangente in cui star vicino alla squadra sarebbe servito.
Alla Juve un tempo c’era chi capiva di calcio e lavorava 20 ore al giorno, c’era chi metteva garanzie personali per garantire acquisti che la proprietà non finanziava per questioni (presumibilmente) di gelosia, c’era chi portava avanti progetti concreti a 360°, c'era chi organizzava tutto alla perfezione e una volta liquidato è riuscito a strappare la vetrina del Mondiale per club ai giapponesi.
Meditate, tifosi juventini, e dopo aver riflettuto traete le vostre conclusioni, cioè se dobbiamo accontentarci di questi impiegati alla Fantozzi con lo stipendio da manager.
E nel frattempo, per completare il percorso di conversione cui certi personaggi ci hanno sottoposto come tifosi juventini (da coloro che provocavano nei tifosi avversari invidia e complessi di inferiorità ci stanno trasformando in vittime di questi complessi), ci tocca sentire le prediche e le parole buoniste di Mihaijlovic e persino di Ranieri, che compatiscono la Juve come fece una settimana fa Almiròn (Almiròn: vi rendete conto?) quando chiese scusa per il gol del 3-1 siglato sabato scorso.
Ma a fondo, e forse ancora più in basso del fondo, ci andiamo se, al cospetto del perennemente stralunato e confuso Nostro Signore dei Disastri Blanc, lasciamo che sia un antijuventino di indubbia fede come Sconcerti a porre la domanda che ogni juventino dovrebbe fargli da tre anni: “Ma allora, se dite che dovete lavorare di più significa che non avete lavorato abbastanza o avete lavorato male. Quindi ci sta dicendo che il problema non è la squadra ma siete voi?”.
Blanc, come suo solito, risponde fischi per fiaschi, abusando del termine “qualità” senza nemmeno contestualizzarlo.
Al solito.
Speriamo che il 2010 si porti via certi personaggi e ci restituisca una Juventus più vicina all’immagine della vera Juve.
Perché ciò accada è necessario che molto cambi in società.
Anzi, deve cambiare tutto.
Preghiamo tutti insieme perché in qualche modo ciò avvenga.
Buon Natale a (quasi) tutti, perché augurare buone feste a "qualcuno" non ci riesce proprio.


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