A Madrid finalmente la luce

Del PieroDov’eravamo rimasti? Ah, già, all’aurora intravista dopo la partita con la Roma, una metafora che Ranieri si è divertito ad utilizzare in progressione: dalla notte fonda di Napoli al lento ma costante avvicinamento alle ore diurne. Real Madrid, Torino, Bologna, Roma e ancora Real Madrid, i punti che hanno segnato il fermarsi delle lancette. Fondamentale la vittoria di Torino contro i campioni di Spagna: in un momento drammatico quel successo ha creato un entusiasmo del quale hanno beneficiato tutti, anche chi non giocava mai.
E’ sintomatico il rilancio di giocatori che mai nelle passate stagioni avevano minimamente convinto. Parliamo di Tiago e Marchionni, oggetto misterioso fino ad una settimana fa l’uno, abbonato all’infermeria più che al campo (in tre anni) l’altro. Ebbene, sono loro due che simboleggiano il momento di questa squadra.
Convinto e continuo, grintoso e tatticamente preziosissimo, il portoghese ha comandato il centrocampo in modo intelligente e dettando i tempi alla perfezione; evidentemente il sapere di essere stato scelto da Bettega (come dichiarò Blanc durante la recente assemblea azionisti, scaricando su Bobby Gol la responsabilità della scelta di siffatto bidone) ha potuto su di lui più di quanto abbiano potuto 15 mesi di abulìa e imbarazzante inconsistenza. Tre gare e un crescendo da non credere, sembra il cugino di Fabregas con la maschera di Diabolik. Visto l’andazzo, speriamo che Blanc ripeta la stessa strategia con Knezevic, ovviamente quando costui tornerà abile e arruolato, anche se come impresa la vediamo un pochino più complicata.
Marchionni, alla quinta gara consecutiva in due settimane e ancora miracolosamente integro, copre e e riparte, propiziando il primo gol e garantendo raddoppi ad un Mellberg acciaccato. Paradossalmente la Juve al “Bernabeu” ha giocato meglio di quanto fatto a Torino, dove la partita venne vinta principalmente di cuore e carattere, schiacciando il Real Madrid all’inizio e lasciando l’iniziativa alle “merengues” per il resto del match. Stasera invece la squadra di Schuster non è stata fatta giocare, con una Juve cortissima e concentrata, pronta a ripartire e a far malissimo appena i centrocampisti in maglia bianca tentennavano a causa della staticità delle punte.
Bravissimi i due centrali (1 tiro in tutta la gara concesso al duo Raùl-Van Nistelrooy, autore l’olandese a metà della prima frazione), ottimo Molinaro (il fenomeno annunciato Sergio Ramos si consolerà con una delle sue celeberrime uscite in discoteca) e sorprendente Mellberg, che aveva di fronte l’uomo più cercato (Drenthe, sosia brutto del rapper 50 Cent e sostituto dell’acciaccato Robben, una grazia ricevuta…) ma anche quello tecnicamente più scarso. Ma nel breve il vantaggio del caraibico era innegabile, quindi un bravo ad Olof ci sta tutto. Centrocampo decisivo, bravo a stringersi alla difesa in fase difensiva e pronto a ribaltare l’azione con il solito Nedved generoso e intelligente, Sissoko ancora croce e delizia dagli inizi pasticciati ma bravissimo a gestirsi nel momento di maggior bagarre senza limitare la sua straripante fisicità. E poi Tiago e Marchionni, dei quali abbiamo già detto.
Due parole sulla gara di sacrificio del bisonte Amauri, che ha avuto poche occasioni per realizzare ma ha tenuto impegnata la difesa madridista fino allo sfinimento, e meritati applausi per Alessandro Del Piero, che una notte così non l’aveva mai vissuta, nemmeno negli anni più belli. Due gol al “Bernabeu”, e che gol, una gara da punto di riferimento costante e un tentativo nel finale dove rischia di realizzare il gol più bello con la palla che esce di un soffio. Per lui, una standing ovation che uno stadio così riserva solo ai grandissimi. Chissà Casillas cosa penserà di lui: il portiere spagnolo si sarà fregato le mani alla notizia dell’infortunio di Trezeguet, suo abituale castigatore. Non aveva fatto i conti con il suo storico partner d’attacco, che probabilmente avrà avuto deleghe speciali dal compagno convalescente. Una condizione fisica e mentale in grande crescita, quella di Del Piero come quella di tutta la squadra, e forse il segreto sta soprattutto in questo. Una Juve che a tratti riesce pure a fraseggiare a casa di chi fa del palleggio la propria filosofia.
E qui finiscono i tanti meriti della Juve e iniziano i grandi demeriti della squadra di Schuster, che dimostra di allenare male e preparare le partite ancora peggio. Poca reattività, molta supponenza e convinzione che prima o poi il gol arriva solo perché ti chiami Real Madrid. Che puntualmente finisce ko come già gli capitò la scorsa stagione contro la Roma. Si salva il solo Cannavaro, che in difesa regge la baracca quando i terzini fungono da ali e a centrocampo l’efebico Guti prova col suo sinistro monocorde ad innescare le punte in versione mummificata. Ma è un copione scontato. E ora, la faccenda per le “merengues” si complica, dovendo vincere a Minsk per rintuzzare l’assalto dello Zenit (salito a 4 punti, meno due dai madrileni), che giocherà in casa contro una Juve tranquilla. Ma per oggi, giusti elogi alla Juve, vittoriosa al “Bernabeu” dopo più di 40 anni (allora segnò Sivori, anche se nella “bella” di Parigi i madridisti si qualificarono al turno successivo) e già matematicamente qualificata per gli ottavi (unica tra le italiane, per ora). In questa serata, i complimenti vanno anche all’ex Mr Tinkerman, che, più per necessità che per altro, si è trovato obbligato a schierare con continuità una formazione di un certo tipo, lasciando da parte bizzarri esperimenti e cervellotiche soluzioni. E sembra che la miscela sia quella giusta. Ora vediamo di confermare i progressi col Chievo, come il saggio ed evangelico Legrottaglie ammonisce dopo questa sua serata memorabile. D’altronde, uno come lui che si considera rinato dopo un’esperienza mistica, potrebbe non parlare così?

LE ALTRE - La due giorni europea ha sancito una certezza: di squadre perfette e imbattibili non ce ne sono. Da nessuna parte. Barcellona e Sporting già qualificate, ma i catalani perdono l’occasione di chiudere i conti per il primato nel girone contro il modesto Basilea, così come Liverpool e Atletico Madrid ripetono la gara dell’andata e concludono con un pari, rimandando di una giornata la matematica certezza dell’accesso al turno successivo e soprattutto la decisione sulla vittoria nel raggruppamento. La Roma si rimette in corsa addirittura per il primo posto battendo il superfavorito Chelsea, sceso presuntuoso all’“Olimpico” e tornato in Inghilterra con la consapevolezza che dovrà ancora sudare contro Bordeaux e Cluj. Tutte possono ancora dire la loro, in questo gruppo, come pure in quello dell’Inter, con il Werder Brema a 2 punti ma non ancora spacciato, e gli uomini di Mourinho che brillano per allegria difensiva (5 gol negli ultimi 3 giorni, complimenti per la proverbiale organizzazione difensiva del portoghese) e riescono nell’impresa di non aver ancora chiuso una pratica che all’atto del sorteggio era parsa come una sorpresa stile uovo pasquale.
La Fiorentina prenota un posto in Coppa UEFA. La squadra di Prandelli mostra limiti di esperienza già denotati in questo inizio di stagione e Lione e Bayern se ne vanno come da pronostico, mentre il Villarreal e il Manchester Utd continuano nel loro testa a testa rallentando a vicenda contro avversari palesemente inferiori., ma la qualificazione è cosa praticamente fatta. Infine, l’Arsenal spreca l’occasione di chiudere il conto contro lo spacciato Fenerbahce, anche perché il Porto risponde alla sconfitta patita in casa dalla Dinamo Kiev andando a vincere in Ucraina. Tutte e tre sono ancora in gioco.

PARLA ALEX - «Sono strafelice - dice Del Piero intervistato dalla Rai -. Abbiamo vinto qui, abbiamo fatto una grande gara e ho fatto gol. Si vive per queste emozioni e sono felice che il pubblico mi abbia regalato questo grande applauso. Sono contento, qui è uno stadio pazzesco, abbiamo giocato una partita importantissima che volevamo vincere e ci siamo riusciti». Maradona, in tribuna, ha detto che non invecchi mai: «Felice di aver vinto davanti a lui, speriamo che Maradona venga più spesso a vederci. Sono orgogliosissimo, anche perché dopo la grande punizione davanti a Platini adesso questa di fronte a Maradona. Credo che la paternità mi abbia giovato. E poi credere molto in me stesso. Se usi poi l'esperienza e ti alleni con costanza questi sono i risultati. Non dimentico la B: l'ho affrontata col sorriso sulle labbra. Avevo deciso così e così ho fatto, a testa alta. Sapevo che saremmo tornati qui, in Champions.».


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