Ostellino

Gli ultimi sviluppi del processo di Napoli fanno discutere. Così abbiamo chiesto a Piero Ostellino, che già in passato ci aveva concesso una gustosissima intervista, di tornare a parlare di Calciopoli e della stampa italiana.

Direttore, abbiamo letto con piacere la Sua intervista su Calciopoli rilasciata a Tuttosport. Le ammissioni di Auricchio in tribunale, riguardo ai pochi riscontri effettuati, e alle fonti con cui si sono accertati i fatti, tra cui spiccava la Gazzetta Dello Sport, hanno sconcertato anche Lei?
Più che sconcertato mi hanno letteralmente scandalizzato, perché il colonnello che aveva il compito di andare a vedere le partite per vedere se fossero truccate, in realtà non ci andava e leggeva i giornali, e quindi come inquirente lascia parecchio a desiderare.
Ma c'è un aspetto ancora più preoccupante: poiché lo stesso colonnello Auricchio dice che si basava su quello che riportavano i giornali, questo suscita un altro sospetto ben più grave, e cioè che siano stati i giornali tra gli artefici di questa congiura nei confronti della Juventus, e che quindi i giornalisti sportivi italiani abbiano la coscienza piuttosto sporca.

L'incerta deposizione di Auricchio ha risvegliato l'interesse di parte della stampa per le faccende del 2006. Dopo quattro anni, secondo lei, c'è la serenità adatta per ridiscutere davvero quanto successo allora?
Più che la serenità io credo che ci siano dei fatti nuovi, che inducono i peccatori di allora a ricredersi, secondo una logica tipica degli italiani, e cioè se volessi definire in qualche modo l'atteggiamento della stampa di fronte a questi fatti nuovi, lo chiamerei un nuovo 8 settembre, in altre parole, tutti a casa ci siamo forse sbagliati come sempre succede.

La Sua intervista è stata ripresa da RadioRadio, e nell'occasione, Luigi Ferraiolo, presidente dell'USSI, ha commentato: "E' l'opinione di un tifoso fazioso. Non possiamo dare fiato a tutte le trombe. Pure io se parlo di economia dico cose inesatte. La vicenda si è chiusa con le sentenze sportive". Vuole rispondergli?
Innanzitutto che il signor Ferraiolo evidentemente non conosce e sa di non conoscere la questione. In secondo luogo, che si scriva di economia o che si scriva di sport, un buon giornalista è quello che va a cercare le notizie, non quello che si ferma al bar sport. Mentre i giornalisti sportivi italiani nella stragrande maggioranza si sono fermati al bar sport. Quindi il signor Ferraiolo dovrebbe innanzitutto vergognarsi, per il semplice fatto che di fronte a quello che era successo nel 2006 (ad esempio i grandi movimenti delle azioni della Juventus, che potevano suscitare almeno qualche sospetto, la partecipazione che si presumeva ci fosse da parte della stessa Juventus, con il suo silenzio assenso nei confronti di quello che stava succedendo), poteva per esempio chiedersi quanto incideva sulle sorti della Juventus la faida che era in corso all'interno degli eredi sia dell'avvocato Agnelli sia del dottor Umberto. Un giornalismo serio avrebbe fatto questo, non si trattava di difendere la Juventus, si trattava di andare a cercare i fatti, cioè appurare quale fosse la situazione. I giornalisti sportivi italiani non l'hanno fatto e il signor Ferraiolo invece di prendersela con me dovrebbe vergognarsi.

Ferraiolo, nel suo impeto giustizialista, dice anche che "la vicenda si è chiusa con le sentenze sportive". In realtà sappiamo - e dovrebbe saperlo anche il presidente dell'USSI - che esiste un articolo del Codice di Giustizia Sportiva che prevede, anche a distanza di anni, la revisione delle sentenze qualora emergano fatti nuovi.
Secondo Lei, un'eventuale assoluzione di Moggi al processo di Napoli, potrebbe aprire le porte ad una revisione delle sentenze che condannarono la Juve?

Dovrebbe riaprire le porte, se fossimo in un paese dove il diritto non è invece il rovescio. Il signor Ferraiolo dimentica che la sentenza di condanna della Juventus è stata definita da un alto dirigente della stessa FIGC "interprete di un diffuso sentimento popolare": quando una sentenza interpreta un diffuso sentimento popolare vuol dire che il processo si è tenuto al Bar Sport e non in un tribunale.

I maggiori quotidiani sportivi nazionali [tranne Tuttosport, ma è di parte (cit. Auricchio)] da quattro anni danno credito (eufemismo) al teorema secondo cui i sorteggi arbitrali del campionato 2004-05 sarebbero stati truccati. Dato che i giornalisti sportivi erano materialmente incaricati di estrarre le palline, ritiene che si possa parlare di Calciopoli come di uno straordinario fenomeno di outing collettivo?
Outing inconscio. E siccome i giornalisti hanno l'abitudine di dire tutto e il contrario di tutto, non si accorgono nemmeno quando dicono qualcosa che finisce per nuocere alla loro stessa reputazione. Lo spettacolo offerto dal giornalismo sportivo ieri e oggi è semplicemente penoso.

Nel suo ultimo editoriale sul CorSera, a proposito di intercettazioni, ha sostenuto che "molti italiani ne auspicano l'aumento e plaudono alla loro divulgazione come una garanzia democratica"; riguardo al feroce moralismo che di solito si accompagna alla loro divulgazione, lo ritiene figlio di "una malintesa idea di democrazia liberale, come utopico sistema di «perfezione» morale e politica". Questa "sindrome italiana", nel rapporto tra democrazia e libertà individuali, è stato il retroterra culturale per una lettura manichea di Calciopoli, secondo molti uno scontro tra buoni e cattivi. Tale visione ha trovato di recente dignità letteraria con una fiction in onda su La7, che ha la pretesa di raccontare Calciopoli come uno scontro tra sceriffo e banditi, senza neanche attendere la fine del processo. Un imputato andrebbe protetto anche da questo?
L'imputato deve essere protetto sempre. Il Parlamento inglese l'aveva stabilito nel 1671 se ricordo bene con l'habeas corpus. Da noi si è convinti che l'habeas corpus sia un purgante, quindi è inevitabile che gli Italiani ragionino così: che poi l'imputato venga addirittura assolto, o comunque non gli vengano addebitate tutte le malefatte che gli erano state addebitate dal Bar Sport, questo non conta nulla per questa gente, per il semplice fatto che si è partiti da un presupposto, che le partite non erano truccate ma veniva in qualche modo truccato il campionato. Come questo fosse possibile nessuno è riuscito a spiegarlo se non una sentenza che fa semplicemente ridere o piangere.

Parafrasandola, "a fessa è sempre in mano a e' criature". Come da lei previsto, Jaki non si è effettivamente dimostrato capace di governare la Juve. Ritiene possibile un rientro a breve di Andrea Agnelli nell'organigramma della società?
Io lo auspicherei, perché innanzitutto è un ragazzo che andava a vedere le partite, e quindi si presume che almeno sappia che sono in 22 quelli che prendono a calci un pallone , mentre ho il sospetto che Jaki non sia mai andato a vedere una partita, o ci sia andato poche volte e ancora adesso non abbia idea se sono 22 o 55. Questa evidentemente non è colpa sua, semplicemente a lui della Juventus e del calcio non gliene può fregare di meno. Ma allora il problema continua ad essere quello di prima, cioè se si è distrutta una società per una faida familiare io mi chiedo se coloro i quali l'hanno distrutta non si pongano il problema non dico nemmeno morale ma semplicemente finanziario delle conseguenze che ne sono derivate.

Che fine ha fatto la Juve?
La Juve ha fatto una pessima fine per il semplice fatto che era una società organizzata e oggi non lo è più.