Nel leggere le motivazioni della sentenza d'appello di Calciopoli mi è venuto in mente quanto scritto di recente da Marcello Foa:
 
Quel che conta è stabilire il primo “frame” per delineare a un pubblico che non ha familiarità con temi ....., una cornice di giudizio forte, indicando dov’è il Bene e dov’è il Male, possibilmente con il supporto di filmati o foto emozionanti, e di personaggi eroici, esaltanti; insomma creando un contesto, che consenta di umanizzare ...... puntando sulla percezione più che sull’analisi.

Compiuto questo passo, occorre rafforzare la narrazione accentuando la valutazione morale, non fosse che grazie all’unanime indignazione ........ Quando il “frame” è consolidato i media istintivamente tendono a non recepire o comunque a relativizzare gli elementi distonici, ......

Non c’è costrizione, non c’è complicità. E’ un automatismo ben noto agli spin doctor, veri artefici di queste operazioni, i quali sanno usare a proprio vantaggio la psicologia, i limiti, la consuetudini, l’innata tendenza al conformismo della stampa mainstream, di destra, di centro e di sinistra.

Ieri, oggi e, statene certi, domani.

 
Un'esposizione che si adatta alla perfezione a Calciopoli. Il frame individua subito nel 2006 in Moggi il Male e nei suoi rivali il Bene. Ogni altra prova di segno contrario rinvenuta in questi lunghi otto anni non scalfisce il frame. Il Bene rimane il Bene ed il Male rimane il Male. E le motivazioni della Corte d'Appello di Napoli sono il capitolo finale che si inserisce alla perfezione in questo frame.
 
Per la Corte d'Appello l'associazione esiste a prescindere dal fine ultimo e dal concretizzarsi dello scopo per cui l'associazione sarebbe stata costituita. L'associazione è pericolosa in sé e va punita penalmente. A nulla vale il fatto che l'associazione non abbia mai realizzato quello che avrebbe dovuto essere il suo scopo ultimo: favorire la Juventus. A nulla vale il fatto che l'associazione non abbia mai neppure realizzato un fatto prodromico necessario a favorire la Juventus: non c'è sorteggio truccato, non c'è arbitro corrotto, non c'è passaggio di denaro e non ci sono minacce e violenze ad arbitri ed avversari (se si considerano rilevanti le urla a fine partita negli spogliatoi come fa la Corte si intuisce la pochezza dell'accusa).
 
L'associazione esiste, questa è la statuizione della Corte. Esiste perché la Juventus non aveva le televisioni (ebbene sì, è questo uno dei moventi addotti dalla Corte per la nascita dell'associazione) e perché Moggi e Giraudo per combattere altre forze rilevanti impegnate nel campionato hanno bene pensato di metter su un'associazione da operetta. Con una rete segreta di sim svizzere a fare da sistema di collegamento: "Stasera mi chiami tu?" "No dai chiama tu".
Sim svizzere ammantate di segretezza, ma che per oltre un mese sono state intercettate senza esito alcuno (fatto troppo spesso dimenticato).
Sim svizzere che a dire della Corte sono elemento fondante dell'associazione, si legge nelle motivazioni: "Il possesso delle sim rappresenta un elemento ineludibile dell'associazione". Abbiamo quindi saltato il fosso: possedere una sim straniera è elemento ineludibile dell'associazione. La Casoria è definitivamente cancellata, pensate che si era spinta ad affermare che "Nessuno dirà mai che usare una sim svizzera è reato".
 
Ma l'associazione da operetta ne ha combinate di ogni, ha chiuso Paparesta nello spogliatoio, ha fatto cene con i designatori, ed udite udite ha colloquiato spesso con Baldas e Biscardi per aggiustare la patente a punti degli arbitri nel "Processo del lunedì"!
Tutte cose che pensavamo che mai avrebbero trovato ribalta in un'aula di tribunale, ed invece sono alla base delle motivazioni della sentenza d'appello. Episodi ripescati e ammantati di valenza criminale per dipingere la pericolosità dell'associazione!
 
Motivazioni che sono palesemente cristallizzate al 2006, il dibattimento non ha scalfito l'accusa, ed il fatto che si siano persi per strada quasi tutti gli arbitri accusati è secondario anche per la Corte: l'associazione era pericolosa, punto.
Le testimonianze di segno contrario sono scivolate sulla Corte come acqua fresca. I notai non potevano certamente autoaccusarsi, le testimonianze di Zamparini, Cellino e Zeman non sono state solo opinioni personali ma in qualche modo hanno avvalorato l'accusa. Monti e Gianfelice Facchetti offrendo testimonianze concordi sono attendibili. L'assistente che ha scagionato Dattilo invece è stato ignorato (giusto per citare l'episodio più grottesco di tutta Calciopoli). Tutte le telefonate scartate e ripescate non trovano menzione nelle motivazioni, tranne che per ribadire che tutto era agli atti e le difese non sono state ostacolate come scritto nella sentenza di primo grado.
 
Per la Corte le ammonizioni mirate erano poi reali e segno di appartenenza del povero arbitro di turno all'associazione. In un'esposizione contorta la Corte afferma ad esempio che aver espulso Jankulovski, anche se su segnalazione altrui, è la certificazione di Dattilo quale associato. E poi Dattilo aveva la sim svizzera. Oddio, in verità la sim svizzera gli viene attribuita ben due mesi dopo quella fatidica Udinese-Brescia, un associato preterintenzionale, ma non vorrete mica spaccare il capello in quattro?
E di stravolgimenti simili e di reinterpretazioni ad hoc delle risultanze processuali ve ne sono molte nelle motivazioni.
 
L'associazione c'è, perché ci doveva essere. Il Frame iniziale l'aveva previsto. Non verrete mica rivedere otto anni di articoli servizi televisivi e radiofonici. Non verrete mica vedere il 90% dei giornalisti italiani che in qualche modo han trattato il tema calciopoli essere costretti a dire "ci siamo sbagliati"?
Dunque assistiamo quasi con distacco all'ennesimo episodio di Calciopoli, consapevoli che il disegno iniziale si sta portando a compimento, il Bene sta trionfando ed il Male sta per essere definitivamente sconfitto. L'ultima parola spetterà alla Cassazione, ultimo ostacolo per la piena realizzazione del quadro di Calciopoli. La speranza, anche se fievole, è che la Cassazione non voglia credere a tutte queste balle da bar dello sport e che cancelli otto anni di gogne mediatiche e di pagine non troppo esaltanti della giustizia italiana. A breve avremo una risposta, allorquando la Suprema Corte sarà chiamata a giudicare il processo Giraudo. La Cassazione darà l'ultima pennellata al quadro o lo distruggerà?