agricolaOrmai noi tifosi della Vecchia Signora siamo diventati come Giano Bifronte, il dio romano in grado di vedere davanti e dietro. Non passa giorno senza dover volgere lo sguardo al passato per difendere la nostra storia recente. Buon ultima è arrivata l'intervista concessa dal Prof. D'Onofrio al sito 24ore.com il 30 ottobre scorso. Ricordiamo che il professore fu perito al processo doping contro la Juve, che vedeva imputati il dott. Agricola ed il dott. Giraudo, rispettivamente medico sociale ed amministratore delegato della Juventus, e che in primo grado Agricola venne condannato proprio sulla base di una sua perizia, la quale però venne successivamente sconfessata in Appello. Il processo si è chiuso con l'assoluzione piena quanto all'accusa di doping, con sentenza della Cassazione lo scorso 30 marzo 2007 (vedi il nostro dossier doping).
Il prof. D'Onofrio, eminente ematologo, nell'arco della sua carriera è stato chiamato più volte nelle aule di tribunale a fornire importanti pareri scientifici.
Spulciando vecchi articoli troviamo questo scritto di Tosatti, pubblicato sul 'Corriere della sera' del 29 novembre 2004 (all'indomani della condanna di primo grado):
“Dal processo appena concluso appare evidente che la condanna non si basa su prove certe o riscontri relativi alla somministrazione di epo. Risulta decisiva l'opinione in proposito del perito d' ufficio voluto dal giudice Casalbore, il romano D'Onofrio, il quale aveva espresso pareri diversi nei processi per Conconi e per Pantani [in realtà Tosatti in questo secondo caso si era confuso: si trattava del processo al dott. Ferrari a Bologna e non di Pantani. ndr]. Nonostante una contraddizione così macroscopica il giudice unico Casalbore ha creduto al proprio perito, condannando Agricola.”
Ma passiamo all'attualità, e cioè all'articolo di 24ore.com. Afferma il prof D'Onofrio:
....Premetto che tutto quello che Le dirò riguarda il doping del sangue, perché è quello il mio campo. L’antidoping delle urine è un altro discorso. C’è sempre da fare la distinzione tra quella che è la ricerca di una sostanza nelle urine, che può essere positiva o negativa, e il discorso del doping del sangue, che va approfondito attraverso lo studio dei profili ematologici. Attraverso i valori che si possono vedere dagli esami si può in qualche modo interpretare una situazione di uso di sostanze, anche se non è possibile individuarle e questo dipende dalla natura di questo particolare tipo di doping....”
“Analizzando questi valori e valutando l’andamento generale, alcuni casi specifici in cui c’erano dei movimenti di emoglobina e tenendo conto come parametro principale dell’antidoping la stessa emoglobina, ho fatto la perizia. La domanda era se quei valori erano fisiologici o meno: quei valori non erano fisiologici, in generale potevano essere indicatori di una stimolazione esterna. Nel primo grado il giudice ha ritenuto che sia la mia perizia sia quella del Professor Muller fossero sufficienti per condannare il medico Agricola e non l’amministratore delegato Giraudo, che erano i due imputati. Mentre poi in appello c’è stata una sorte di insufficienza di prove. Il giudice scrisse che la mia perizia era fragile.”

Attenzione! D'Onofrio afferma che “si può in qualche modo interpretare una situazione di uso di sostanze”, chiarendo quindi che non esiste la certezza assoluta che dalla sola analisi dei dati ematologici si possa dedurre l'uso di sostanze dopanti. Cioè in determinati casi si può intuire l'uso di sostanze dopanti. Nel caso del processo Juve si poteva farlo? Ci risponde lo stesso D'Onofrio.
Leggiamo in un'intervista concessa a 'Cycling Pro' del dicembre 2007, in cui si parla di doping e passaporto biologico:
L'errore ci può essere sempre. Nel caso del processo contro il calcio Parma, ad esempio c'era un problema di calibrazione degli strumenti, in quello della Juve un caso di errata conservazione dei campioni”.
Cioè i campioni non erano utilizzabili!
Ma ritorniamo alla “contraddizione macroscopica”, come ebbe modo di definirla Tosatti. Sempre nell'intervista concessa a 'Cycling Pro' si legge:
D “Chi era l'imputato?”
R “Il dott. Michele Ferrari”
D “Come dovevate assisterlo?”
R “Beh dovevamo capire se le variazioni dei parametri ematici nelle schede degli atleti sequestrati presso il suo studio potevano o no essere considerati naturali”
D “Potevano o no?”
R “ Tecnicamente potevano, perché erano raccolte ed analizzate con un metodo opposto rispetto a quella che è una corretta prassi analitica. Ferrari faceva i prelievi in maniera sporadica, magari teneva le provette a casa per ore prima di portarli al laboratorio, che non era sempre lo stesso. In questo caso, ogni anomalia può essere giustificata. Non dovemmo faticare troppo, dunque”.

Ovvero l'esatto contrario rispetto a quanto ha affermato il prof. D'Onofrio nella perizia del processo Juve!
Riassumendo, nel caso della Juve:
- i campioni prelevati erano viziati da una “errata conservazione”;
- non vi sono stati prelievi costanti secondo “una corretta prassi analitica” (i casi sospetti riguardavano i soli Conte, i cui dati analizzati sono successivi all'infortunio muscolare della finale di Champions League di Roma, e Tacchinardi, anch'egli reduce da infortunio muscolare, due soggetti quindi in una situazione “anomala”, i cui valori ematologici sono influenzati dagli infortuni, come è emerso in fase dibattimentale);
- i laboratori utilizzati non sono mai gli stessi (emblematico il caso di Conte, per cui sono state controllate le analisi realizzate da almeno tre laboratori diversi).

Insomma, se vi erano tutti questi vizi, bene hanno fatto la Corte d'Appello prima e la Corte di Cassazione poi, a ritenere fragile la perizia del prof. D'Onofrio.
Ricordiamo il pronunicamento della Corte sul punto: “i valori utilizzati dal perito nell’ambito del criterio della 'differenza critica' rientravano nei limiti della media generale, cosicché tutte le modificazioni individuate nella perizia rappresentavano sostanzialmente dei casi di asserita anormalità circoscritti in un contesto di normalità.


Nel video sottostante, vi riproponiamo una famosa sequenza del processo di primo grado, quella in cui l'avvocato Chiappero e Giraudo lasciano l'aula sdegnati allorché si rendono conto che le loro obiezioni sul metodo adottato da D'Onofrio nella sua perizia non verranno prese in considerazione dai giudici:

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