PalazziBabele, l’antica Babilonia, fu una popolosa metropoli dell’antichità caratterizzata da una grande multietnicità, il che diede lo spunto per il sorgere della leggenda della Torre di Babele, mai ultimata perché, si narrò, gli addetti alla costruzione parlavano tutti lingue diverse; e il termine Babilonia viene metaforicamente usato oggi con una connotazione negativa, di una società in cui regnano confusione e vizi.
Ed ora può diventare anche la metafora esemplare di quell’altra città del vizio che è Scommessopoli.
Dove le lingue diverse sono già presenti nel meleto che ha fatto da culla al mostro dalle mille teste: meleto che non ha infatti le sue radici in Italia, ma nella lontana Singapore di Eng See Tan detto ‘Dan’: i rami del melo erano invece i cosiddetti ‘Zingari’, calciatori e faccendieri di area slava, le onde di quei ruscelli di denaro che poi il lavoro delle mele faceva uscire a fiumi.
E le mele di cui importa a noi erano italiane, anche se il rapporto Eurogol ha recentemente tracciato la carta geografica del malanno e ha tirato un po’ di somme: 680 gare alterate, di cui 380 in Europa e le rimanenti soprattutto in Asia e in America Latina.
Ma in questa babele l’esperanto che permetteva di capirsi era il denaro, che traduceva i desiderata delle teste del mostro in risultati a comando.

Tuttavia, se il linguaggio del denaro riusciva a raggiungere i suoi scopi, si è subito capito che meno fortuna aveva il linguaggio della giustizia; perché qui è stata la vera babele: giustizia domestica, quella del circolo della caccia, e giustizia ordinaria parlavano due lingue diverse; apparentemente sembrava fosse solo perché le regole del circolo della caccia erano più restrittive rispetto alla giustizia ordinaria, ma presto si è visto che la faccenda era ben più complessa; per la giustizia domestica bisognava fare in fretta e chiudere la faccenda prima dell’inizio del campionato; però, una volta sistemata la questione Conte, ogni fretta è sparita, tant’è vero che di Mauri, un indagato la cui posizione, anziché alleggerirsi, sembra essere sempre più accuratamente vagliata dalla Procura di Cremona, Palazzi pare proprio non volersi occupare; di tanto in tanto il suo deferimento sembra imminente, e poi improvvisamente Palazzi svolta e si dirige altrove: adesso il suo carrozzone si è nuovamente diretto verso BariDue, quel Bari che i media non omettono mai di etichettare come ‘il Bari di Conte’, dove uno dei maggiori indiziati è Cristian Stellini, spesso presentato come il vice di Conte, anche se non lo è mai stato, al massimo è stato assistente tecnico, e a Bari era addirittura un semplice giocatore (addirittura nelle ultime convocazioni di Palazzi è definito addirittura ‘ex allenatore Bari’).

E la confusione delle lingue ha minato anche la Torre costruita da Palazzi che, fidando nella ‘comodità’ delle confessioni dei ‘pentiti’ (delle conseguenze più che delle proprie colpe), aveva inondato il mondo del calcio di deferimenti con richieste pesantissime, a punire un mare di illeciti: questo avrebbe dovuto significare che la giustizia domestica era stata in grado di fare un repulisti dei ‘cattivi’ che avevano ammorbato l’aria del nostro calcio, così bello e puro dopo Calciopoli e la cacciata del mostro Moggi. E le mele marce, trasformate in ramazze dal mago Palazzi, erano state ripagate con pene irrisorie rispetto al numero di partite truccate e al ruolo svolto, quello di intermediari con la criminalità internazionale: basti pensare che per il primo superpentito, Vittorio Micolucci, la squalifica (patteggiati in tutto 18 mesi per i primi due filoni cremonesi) è già terminata il 14 febbraio scorso ed è già rientrato in campo domenica col Giulianova (che milita in Eccellenza).
Nella torre di Palazzi che è successo? Che i vari piani hanno iniziato a parlare anch’essi lingue diverse: diverse da quella della Procura federale, di cui hanno smontato vocabolario e grammatica, ma anche tra loro. Con la Disciplinare a rifiutare patteggiamenti e a far affiorare le prime assoluzioni (Bonucci, Pepe..), con la Corte di Giustizia Federale che, pur spesso allineata alla Disciplinare, ha fatto i suoi distinguo, addirittura mettendo in dubbio, sia pur ufficiosamente, tramite le inopportune esternazioni di un suo membro (peraltro sanzionate con un buffetto), la bontà del capo di imputazione: quello di Conte, cui è stato ridotto un capo d’accusa, ma confermata la durata, perché, a dire di Sandulli, il teorico del circolo della caccia, altro che omessa denuncia… era un illecito bello e buono, quando poi, scava per scava, per salvare un brandello di omessa denuncia il Tnas avrebbe dovuto aggrapparsi alla plausibilità o meno dell’accadimento. E quanto poi la plausibilità di un fatto simile sia una strana fantasia è dimostrato non solo dal fatto che solo per Conte fosse tale, mentre tutti gli altri tecnici hanno potuto girare tranquilli senza la telecamerina attaccata alla fronte evocata dal tecnico bianconero nella sua conferenza stampa, ma anche dalle parole del Trap, che ha vissuto una situazione del genere, ancor più paradossale (“Eravamo primi in classifica a una giornata dalla fine del campionato, abbiamo perso e in 5 minuti abbiamo subito 3 goal. Mi sono detto: 'E' impossibile'. poi ho letto che forse i giocatori si erano venduti la partita. E io ho detto: 'Impossibile, perché conosco i miei giocatori'. Mancavano 90 minuti e avremmo rivinto il campionato... in 5 minuti 3 goal: incredibile! Cinque minuti, tre goal. Allora ho detto: o sono idioti o drogati. O si sono venduti la partita. Ma non avevo le prove…”).

Ma tant’è. Il Tnas in realtà si è trovato di fronte ad un problema: nella sua lingua le confessioni dei pentiti apparivano via via meno attendibili una pagina dietro l’altra. Ma c’era un ma: le condanne, giustificate o meno che fossero, erano già state in parte scontate e il tempo è un galantuomo mica un gambero. Bisognava metterci una pezza a colore e allora, dopo l’assurdità della plausibilità per Conte, si è presa la strada della derubricazione (solo tre i proscioglimenti: Gheller, Fontana e Alberti), che portava a ‘legittimi’ sconti che apparentemente salvano capra e cavoli: solo apparentemente, perché i mesi di rabbia e i danni professionali patiti da molti sventurati finiti nel calderone gridano vendetta; e comunque la Torre di Palazzi è minata alla fondamenta.
Per non incorrere in un’ulteriore bocciatura, nel caso del Napoli, ci ha pensato la stessa Corte di Giustizia federale a derubricare, sferrando così una prima picconata al principio della responsabilità oggettiva, una riforma ante litteram insomma.

Ora Palazzi è alle prese con BariDue, una bella gatta da pelare, le audizioni sono già entrate nel vivo e vedremo come si regolerà, a quale vocabolario si atterrà.
Si è già portato avanti col lavoro il nuovo presidente del Coni, Giovanni Malagò, il quale, appena eletto, ha evidenziato la necessità di “analizzare il discorso legato al terzo grado di giustizia che è stato ribattezzato uno 'scontificio' e non va bene".
Però per fare questo sarà indispensabile abbattere la Torre di Babele: impresa non facile, visto che dovrebbe comportare l’allontanamento di chi l’ha progettata e costruita, gli stessi ingegneri e architetti e le stesse maestranze che hanno realizzato la cupola farsopolesca, che è crollata senza seppellire i suoi artefici, ma lasciando in macerie il calcio italiano.

 

Twitter: @carmenvanetti1