Juve-Hellas ’00: quando Trezeguet e Zidane batterono i veronesi

Era il 26 novembre 2000 quando Juve e Verona si affrontarono all’ottava giornata di campionato. La squadra allora allenata da Ancelotti si trovava in una situazione tutt’altro che rosea: fuori al primo turno di Coppa Italia per mano del Brescia, fuori dal primo turno di Champions League dopo le sciagurate sconfitte per 3-1 contro Amburgo e Panathinaikos, non rimaneva che indirizzare tutti gli sforzi verso il campionato. Anche qui però, le cose non erano apparivano positive; dopo le due vittorie iniziali contro Napoli e Bari, fece seguito una sola vittoria ( in trasferta a Reggio Calabria) nelle successive cinque, facendo così perdere ai nostri contatto con la vetta della classifica, occupata dalla Roma di Fabio Capello, capace d’inanellare 6 vittorie e una sola sconfitta in 7 giornate, distante 6 punti. Anche Atalanta, Udinese e Bologna precedevano i bianconeri, assestati al quinto posto in classifica.

Non bastasse già il rendimento non esaltante della squadra, corsi e ricorsi storici negativi aleggiavano dalle parti di Torino, come nemmeno la famosa nuvola di Fantozzi: solo una settimana prima infatti, Del Piero e compagni avevano impattato 0-0 a Brescia contro la squadra allenata da Mazzone che solo qualche mese prima, con il suo Perugia, aveva “consegnato” lo scudetto alla Lazio, battendo i nostri nella “piscina” del “Curi”. In quella domenica di fine novembre arrivava invece il Verona, capace a tre giornate dalla fine del campionato precedente, d’infliggere una sconfitta (2-0 con doppietta dell’ex primavera Cammarata) dolorosissima alla Juve, facendole perdere punti che sarebbero stati decisivi nella corsa scudetto con la Lazio.
Il problema principale sembrava essere la mancanza dei gol degli attaccanti, ben evidenziato proprio dal pareggio a reti bianche a Brescia, in una partita in cui i nostri crearono quasi una decina di palle gol. Anche le fredde statistiche confermavano questo trend negativo: Inzaghi in campionato non segnava dal 12 marzo, Del Piero dal 1 ottobre, mentre spesso e volentieri Kovacevic e Trezeguet scalpitavano in panchina.

Contro il Verona era giunto il tempo di cambiare, per sconfiggere non solo la squadra di Perotti, ma anche l’atavico problema del gol: fuori Del Piero e dentro Trezeguet, oltre al riabilitato Montero. Ad Inzaghi venne invece concessa un’ulteriore chance. Il centrocampo venne affidato a Conte, Tacchinardi e Davids, mentre Pessotto e Birindelli presidiavano le fasce. Da parte veronese i pericoli maggiori erano rappresentati dal 18enne Alberto Gilardino e dai due giocatori di maggior talento: Adrian Mutu e Mauro Camoranesi, che avremmo apprezzato di lì a qualche anno con la maglia bianconera.

Sarebbe stata una vittoria solida, netta più di quanto il risultato stesso (2-1) non avesse espresso. Che la gara fosse nata sotto una buona stella lo si era capito già dopo un quarto d’ora quando la Juve aveva già creato tre nitide palle gol: dapprima con un’incursione di Conte, poi con un tiro d’Inzaghi stoppato in scivolata da Oddo, e infine con un sinistro da fuori di Davids, che trovò però la sicura opposizione di Ferron. La Juve dovette aspettare il 38’ per sbloccare la gara con un colpo di testa di Trezeguet su traversone di Birindelli. Gol che, per dinamica, ricordava quello che il francese aveva fatto contro il Milan a San Siro, capace di sfruttare il crossa dalla fascia: ne avremmo visti a ripetizione grazie alle qualità aeree di Trezegol.

Al 13’ del secondo tempo Conte andò vicino al gol, ma sulla sua deviazione fu ancora bravo Ferron, che invece non poté nulla su una magistrale punizione di Zidane, battuta alla Platini aggirando la barriera. Il doppio vantaggio ebbe un effetto soporifero sui nostri facendo riemerger un Verona che fin lì si era dimostrato davvero poca cosa. Al 36’ Van Der Sar fu bravo su Adailton, mentre al 44’ nulla poteva su una conclusione ravvicinata del brasiliano a conclusione di una confusa azione nata da calcio piazzato. Nel recupero ci pensò poi Montero a deviare di testa una conclusione di Melis, evitando così un’atroce beffa.