Il silenzio degli indolenti

L'assordante silenzio da parte della società Juventus in merito al caso Chiellini merita qualche riflessione. E innanzitutto una premessa: scrivo queste righe poche ore prima di Parma-Juventus. E' probabile che nella classica intervista pre partita chiederanno a Marotta un commento sulla vicenda e lui, sostanzialmente, si accoderà alle parole pronunciate venerdì da Antonio Conte.

I fatti però sono accaduti mercoledì sera e, finché non ci ha pensato il mister (che ha risposto alla domanda di un giornalista), nessun alto dirigente della Juventus F.C. S.p.A. aveva sentito l'impellenza di difendere un tesserato della Juventus che era stato volgarmente infamato da un Presidente di un'altra squadra che, en passant, ricopre anche la carica di Consigliere Federale.

Ci si chiede il perché di tanta indolenza, e se sia normale che una società seria ometta di prendere le difese di un suo tesserato sottoposto ad un simile attacco. Sarebbe bastata anche una nota della società sul sito ufficiale, se non si voleva (ma chissà poi perché) l'esposizione diretta del Presidente o dell'Amministratore Delegato. Bastava un segnale, qualcosa che desse l'idea di una presenza. E, credo, sarebbe stato anche un atto dovuto nei confronti del calciatore. Invece nulla di tutto ciò, finché  non è toccato al solito Conte indossare l'elmetto e partire a testa bassa, come sempre.

E' il caso, forse, di allargare un po' il campo e interrogarsi sul modo di comunicare della Juventus. L'indolenza nei confronti dei continui attacchi ricevuti, da parte dei media o degli addetti ai lavori, è oramai la regola. Bravissimi a comunicare sui social media quando si tratta di cazzate, spariscono quando il gioco si fa duro. E a fare la faccia cattiva tocca sempre ad Antonio Conte, che sta catalizzando più antipatie di Mourinho proprio perché è l'unico che non lascia correre nulla e ribatte con puntiglio da vero gobbo. Ma quanto può durare questo gioco? Per quanto tempo Conte accetterà di coprire tutte le voragini comunicative della società, fungendo ora da Presidente, ora da Amministratore Delegato, ora da Addetto Stampa? Per quanto tempo ancora dovrà essere manager alla Ferguson solo quando c'è da dare le sberle e semplice allenatore per tutto il resto del tempo?

La comunicazione della Juventus è storicamente ancorata allo snobismo sabaudo, al ritenersi così superiori a tutti gli altri da non doversi abbassare a rispondere a nulla, perché il calcio è popolato da personaggi troppo infimi per il nobile lignaggio della real casa. E' incredibile come la farsa (tutta mediatica) del 2006 non abbia insegnato nulla da questo punto di vista e, anche se non si volesse considerare quell'evento drammatico con le sue conseguenze, rimarrebbe comunque assolutamente anacronistico per il calcio del XXI secolo, sempre più mediatico, l'atteggiamento di continuo lassaiz-faire cui è improntata la comunicazione di Corso Galileo Ferraris. Ma la cosa ancora più incredibile è che anche in larga parte della tifoseria questo modus operandi trovi sempre più seguaci. Nelle discussioni sul web si trovano molti tifosi che, per lealismo societario o reale convinzione, sostengono che non ci si può abbassare a rispondere a un personaggio come Pulvirenti. E' il mito del sangue nobile, del non mischiarsi alla plebe, che è riaffiorato dopo una brevissima parentesi combattiva seguente ai fatti del 2006.

Si tratta di una malattia genetica della nostra tifoseria, difficile da estirpare perché affonda le sue radici nella storia e in una sorta di malinteso stile Juve da preservare. C'era stato, come accennato, un periodo di falso spirito combattivo, ma che oggi si può dire fosse strettamente legato all'ingiustizia di Calciopoli, alla retrocessione e alla susseguente rabbia per una Juventus non competitiva. La presenza di Andrea Agnelli e (soprattutto) le vittorie hanno riportato in brevissimo tempo le cose al loro storico posto, hanno rassicurato la tifoseria e le hanno restituito antiche certezze e vecchi difetti. Se l'assenza della società sul caso Chiellini si fosse verificata all'epoca di Cobolli Gigli e Blanc sarebbe dilagata l'indignazione, sarebbe stato difficilissimo trovare qualcuno disposto a sostenere che era giusto lasciare perdere, non intervenire, non "abbassarsi al loro livello". Adesso c'è un Agnelli, ci sono le vittorie, è ritornata la puzza sotto il naso, il vecchio snobismo di un tempo. Ci si è risieduti, anche perché non si era abituati a stare troppo tempo in piedi.
In tutto ciò l'unico a cantare fuori dal coro è rimasto Antonio Conte. Chissà per quanto tempo, ancora.