La memoria obbedisce sempre al cuore

HeyselIl 29 maggio non è un giorno come gli altri. E' il giorno in cui, 28 anni fa, una maledetta notte di follia sterminò 39 persone, togliendo senso a tutto il resto, lo sport, il calcio, il pallone, il gioco. Rimangono solo vergogna, dolore, silenzio, memoria. Per non dimenticare. E perché non accada mai più.

Eppure i segnali non sono incoraggianti. L'odio e la follia non accennano a morire. Li rivediamo germogliare tutte le volte in cui negli stadi italiani sentiamo quei cori e vediamo quegli striscioni e quelle magliette che inneggiano alla tragedia dell'Heysel (piuttosto che ad Ale&Ricky et similia): sono sale sulle ferite sempre aperte, perché le ferite dell'anima non si rimarginano mai. Li rivediamo anche quando assistiamo a scene di ordinaria (sì, purtroppo è così) violenza che ritraggono l'accoglienza a base di sassate e bastonate riservata ai pullman della Juve in trasferta o la mobilitazione delle forze di polizia per prevenire e sedare episodi di delinquenza pura in prossimità di alcune partite. Li rivediamo quando sugli spalti i tifosi, invece di ammirare il gioco della loro squadra e sostenerla con cori festosi, pensano a farsi un'assurda guerra sugli spalti, come accaduto recentemente a Bergamo.

Non è quello il calcio che vogliamo; anzi, semplicemente, quello non è il calcio.

Nell'attesa che il calcio ritrovi se stesso, ci portiamo nel cuore il ricordo dei nostri 39 angeli dell'Heysel, che vi trovano posto insieme a quanti non dimenticheremo mai: Ale&Ricky, l'Avvocato, il Dottore, Gaetano Scirea, Andrea Fortunato e tutti gli altri nostri eroi.

 

 

 

 

Twitter: @carmenvanetti1