Il discorso del Presidente agli Azionisti

Agnelli«La Juventus è Campione d’Italia.

La Vostra società è Campione d’Italia.

Per troppo tempo i Presidenti della Juventus, incluso chi vi parla, hanno dovuto affrontare questa assemblea per commentare, spiegare e analizzare i risultati economici della società, senza avere nel cuore il calore che una vittoria come quella che abbiamo vissuto da pochi mesi porta con sé.

Per troppo tempo i colori bianconeri hanno cercato la strada che li riportasse dove la storia li ha collocati. Se il calcio fosse ancora un fenomeno come quello di trenta, venti o forse anche solamente dieci anni fa, oggi tutti noi potremmo passare un paio d’ore in un’atmosfera conviviale fatta di sorrisi e di pacche sulle spalle.

Ma il calcio non è più questo: il calcio è un fenomeno che si sta evolvendo rapidamente e in certi casi anche drammaticamente.

Il calcio è diventato un comparto industriale importante, che ha sì la caratteristica principale di condizionare l’umore di milioni di persone, ma ha subìto un’evoluzione che lo ha portato ad essere un fenomeno che, partendo da un gioco, muove miliardi di euro nel mondo. Sarebbe un errore oggi pensare che un’industry di questa portata non debba fare fronte alla crisi che sta colpendo duramente l’economia mondiale e in particolare quella italiana.

Nella stagione che ci porterà a celebrare il novantesimo anniversario del coinvolgimento della mia famiglia, credo sia opportuno riflettere insieme sul fatto che la Juventus, quella che oggi è la vostra Juventus, ha sempre promosso i cambiamenti principali del movimento calcistico italiano ed internazionale. È una missione cui questa gestione non intende sottrarsi.

Quando ho ricevuto da questa assemblea l’incarico di Presidente avevo in testa chiarissimi alcuni passaggi di questo cambiamento, che credo sia giusto oggi condividere con voi.

Il primo era cambiare la società e la squadra.

Si tratta di un percorso in continua evoluzione, ma in 30 mesi abbiamo saputo tutti insieme bruciare le tappe. Come ho già ricordato nella lettera a voi indirizzata poche settimane fa, a nome di tutto il Consiglio d’Amministrazione, è giusto oggi dire grazie a voi azionisti poiché ci avete garantito le risorse necessarie per ripartire, per creare quella discontinuità che era necessaria dopo aver approvato il peggior bilancio della storia bianconera. Lo avete fatto in massa e integralmente, seguendo l’esempio dell’azionista di maggioranza Exor, il cui supporto quotidiano non è mai venuto meno.

I numeri che avete oggi davanti ai vostri occhi testimoniano che la situazione è drasticamente mutata, anche se sappiamo che il percorso è ancora molto lungo e irto di difficoltà.

Alcuni giorni fa mi sono imbattuto in una frase di Winston Churchill che diceva: “I problemi della vittoria sono più piacevoli di quelli della disfatta, ma certo non sono meno ardui”. Ebbene lo scudetto sul petto dei nostri ragazzi non ci deve mai far dimenticare il nostro mandato: vincere, raggiungendo un equilibrio economico finanziario per garantire alla società, e quindi sia ai suoi azionisti sia ai suoi milioni di tifosi, una prospettiva di medio-lungo termine adeguata alla Juventus.

Il bilancio sottoposto oggi alla vostra approvazione presenta numeri su cui riflettere: la perdita è dimezzata e contiamo di proseguire nel percorso di risanamento.

La società è cambiata radicalmente in questi due anni. Quella che Marotta e altri prima di lui definirono la “squadra invisibile” è quasi totalmente mutata, così come quella che scende in campo ad ogni partita.

Dopo 17 anni di attesa e di gestazione, lo Juventus Stadium è oggi una realtà davanti agli occhi di tutto il calcio italiano e ha iniziato a dare i suoi frutti, sia sul fronte dei risultati sportivi, sia sotto il profilo della contribuzione al margine del conto economico. Ma non ci siamo fermati. Dal JMuseum al JCollege, il liceo per i nostri ragazzi del settore giovanile: sono tanti i fronti di attività che ci vedono quotidianamente impegnati a costruire il futuro della Juventus.

Pochi giorni fa abbiamo presentato un progetto per la riqualificazione dell’area della Continassa che ospiterà, oltre allo stadio anche la sede e il centro di allenamento.

Confido che la passione, la dedizione, l’esperienza e la voglia di combattere di questo gruppo dirigente possano presto portarvi risultati economici migliori di quello che vedete oggi, ma ho la sensazione che il cammino proceda nella giusta direzione.

“La vita è come andare in bicicletta: devi stare in equilibrio” lo disse Einstein, che sapeva poco di calcio ma è una regola cui nessuno né nel calcio né nel nostro Paese potrà sottrarsi. Si tratta di capire quale sia il punto d’equilibrio….

E qui arriviamo al secondo punto: bisogna cambiare il calcio italiano e posizionarlo a livello europeo.

Il calcio italiano si trova oggi di fronte ad un bivio. Dopo i fasti degli ultimi trent’anni, stiamo oggi vivendo un declino rapidissimo che non accenna a diminuire. Il suo modello di sviluppo è bloccato da alcuni fattori che riflettono molto fedelmente la crisi in cui versa il Paese.

Non ho grandi dubbi su quale sarà tra vent’anni il club italiano più amato. La Juventus avrà ancora milioni di tifosi e i colori bianconeri continueranno a colorare le sciarpe degli stadi.

Ma quali stadi?

Tutti noi dobbiamo chiederci che cosa sarà diventato il calcio italiano tra alcuni anni. Molte nazioni hanno vissuto un declino calcistico, ma nessuna ha avuto un crollo così veloce. Siamo in presenza di un tracollo strutturale che non può essere spiegato solamente con la crisi economica.

I Presidenti, i media e in generale gli osservatori ci chiedono se sosterremo questo o quel candidato alla guida della Lega di serie A o della Federazione Italiana Giuoco Calcio. Nessuno, purtroppo, si domanda che cosa si debba fare per adempiere a questi due importanti incarichi.

Il name-dropping ha sostituito progressivamente i contenuti, anzi, oggi viene addirittura confuso con essi.

Quale candidato sostiene la Juventus? Sostiene una riforma strutturale del calcio professionistico, che non può più vivere essendo trattato al pari del movimento di base. Chi sostiene il contrario condanna l’Italia alla marginalità europea e mondiale. Questo non significa interrompere i meccanismi di solidarietà o rinnegare le istituzioni: vorremmo semplicemente che la locomotiva, perché di questo si tratta, fosse in grado di procedere al pari delle altre.

I campionati di serie A e B rappresentano l’unico vero patrimonio sportivo ed economico del movimento: senza di essi il calcio continuerà ad essere lo sport più amato e praticato, ma sarà un fenomeno locale. L’Italia nel 1997 era prima nel ranking Uefa e seconda per numero di spettatori allo stadio e per fatturato. Oggi siamo quarti: Inghilterra, Spagna e Germania si stanno distanziando e presto Francia e Portogallo li seguiranno.

Riforma dei campionati, del numero delle squadre professionistiche e del settore giovanile. Riforma dello status del professionista sportivo, oggi regolato da una legge del 1981. All’eopca avevamo vinto solo due mondiali e la Juventus aveva solo una stella sul petto. Riforma della legge Melandri, senza tornare alla contrattazione individuale, ma con una migliore applicazione dei principi da essa stabiliti. Tutela dei marchi. Legge sugli impianti sportivi. Riforma complessiva della giustizia sportiva, che non può trattare investimenti da milioni di euro come le dispute di un piccolo circolo sportivo.

Queste sono le tematiche su cui vorremmo confrontarci, non sulle liste di nomi da eleggere con meccanismi di governance cervellotici e appartenenti ad una cultura che i fatti hanno dimostrato essere una cultura della conservazione e del declino.

Il mondo del calcio si sta evolvendo, ma non aspetterà l’Italia: questa è una presunzione mortale. I nostri tecnici e i nostri migliori talenti hanno nuovi palcoscenici su cui cimentarsi: dal Brasile alla Cina, dalla Russia al mondo arabo. Siamo tutti noi a doverci adeguare.

Un grande poeta e compositore, Bob Dylan, scrisse molti anni fa: “Then you better start swimming or you’ll sink like a stone, ‘cause the times they are a changin” . I tempi stavano cambiando e non hanno smesso.

La Juventus non intende affondare come una pietra, ma il suo punto di galleggiamento sarà quello del calcio italiano, con cui vuole dialogare e trovare soluzioni. Con urgenza».